di Giorgia TERRINONI
“Ci sarà sempre qualcuno che tira giù un mio pupazzo, mi ruba un cesso d’oro o si mangia la banana, tutto ciò alla fine aiuta una certa narrativa che ruota attorno al mio lavoro”.
Questa affermazione – che circola sul web – viene attribuita a Maurizio Cattelan che pare l’abbia pronunciata mentre sorseggiava un tè a New York.
L’immagine dell’artista padovano che sorseggia un tè serve probabilmente a sottolineare la calma atarassica con la quale si è rapportato alla notizia che una sua recente opera, Comedian, è stata avidamente assaporata dal collega David Datuna in occasione dell’ultima edizione di Art Basel Miami Beach (5 – 8 Dicembre 2019). Una flemma intellettuale che da sempre caratterizza Cattelan, rendendolo a taluni particolarmente irritante!
Qualche fatto prima di andare avanti, perché le cronache nostrane sono state impegnate ad accaparrarsi virtuosistiche interpretazioni sull’evento, dando per scontato – con una snoberia oggi alquanto anacronistica – che la maggior parte della popolazione presenzi, anche solo virtualmente, alla sfilata milionaria dell’arte che si tiene ogni anno a Miami Beach. Per farla breve è accaduto che lo scorso 4 Dicembre la galleria Perrotin abbia presentato all’edizione americana della fiera Art Basel un’opera di Maurizio Cattelan intitolata Comedian.
Trattavasi di una vera banana fissata al muro con una banda di scotch argentato. Con un tempismo non proprio da velocista – dal momento che, prima, ha permesso a parecchi visitatori d’immortalarsi di fianco all’oggetto del desiderio – un artista newyorkese di nome David Datuna si è avvicinato al frutto, l’ha rimosso dalla parete e, dopo averlo sbucciato, ha iniziato a gustarlo definendolo infine ‘delizioso’. A questo punto Datuna – artista non proprio noto ma che, ad oggi, tutti fingono di conoscere alla perfezione – ha guadagnato quella che immagino essere solo una temporanea celebrità quantificata in termini di visualizzazioni su Instagram. Poco importa che lì per lì sia stato forzosamente allontanato dalla fiera; per il suo gesto non ci saranno conseguenze legali, né Monsieur Perrotin né Cattelan hanno alcuna intenzione di procedere in tal senso. Inoltre, c’è da dire che Comedian era già (!) stata venduta per 120 mila dollari prima di essere addentata. Ma anche il collezionista sapeva di poter stare tranquillo perché, insieme all’opera, aveva acquistato anche le istruzioni per gestirla: la banana, infatti, può essere rimpiazzata all’infinito, trascorsi dieci giorni dalla sua permanenza su una parete.
Quanto al cesso d’oro menzionato nella citazione in apertura, Cattelan fa riferimento all’episodio del suo furto avvenuto lo scorso settembre al Blenheim Palace – una maestosa residenza di campagna nei pressi di Oxford adibita a museo – dove uno dei suoi preziosi water era esposto in mostra. Il cesso d’oro – tra l’altro funzionante ed utilizzabile – si chiama America e, come anche Comedian, è un multiplo. Esso è apparso per la prima volta nel 2016 nei bagni del quinto piano del Guggenheim Museum di New York, sorta di memento mori rivolto all’America che ha eletto/eretto Donald Trump e nella quale, tutto sommato, l’artista mostra ormai di essere estremamente a proprio agio.
Enunciati i fatti, mi piacerebbe ora passare brevemente attraverso la pletora di commenti e interpretazioni che hanno riempito – almeno un po’ – la vacuità che ruota intorno all’evento proposto dalla triade Cattelan – Comedian – Datuna. Quelli meno nobili, ma più divertenti, parlano di “desistenza sessuale”: complici la goliardia fieristica e l’amico di vecchia data Perrotin, il satiro Maurizio non avrebbe fatto altro che appendere una proiezione del suo pisello al muro. Quelli più nobili, ma più stucchevoli, riesumano le salme di Duchamp e di Warhol, il primo per il valore dell’idea e per l’appropriazione, il secondo perché è stato immenso regista della celebrità e della citazione.
Mi vien da pensare che è forse arrivato il momento di lasciar riposare in pace i demoni di Duchamp e Warhol! Di smettere di tirarli in ballo ogni volta che si vuole conferire struttura a quello che appare come il risultato della digestione del Postmoderno. Il Postmoderno masticato, digerito e defecato in un ciclo senza fine, però confezionato come fosse una pietanza inedita. Mi si potrebbe obiettare l’entusiasmo che, in passato, ho espresso nei riguardi del lavoro di Cattelan. A questa eventuale obiezione risponderei semplicemente che non lo NON rinnego, che ho amato molte delle idee dell’artista prima ancora che le sue opere.
Ma oggi, in un mondo dal quale sta scivolando via persino l’integrità materiale, un artista dall’ingegno brillante che si presta in modo ebete all’ennesimo show onanistico – probabilmente pianificato, perché ogni accadimento è concatenato secondo una tempistica perfetta – allestito per una manciata di porconi milionari o presunti tali, m’interessa davvero poco.
Mi piace di più allora l’azione che il solito genio della bomboletta – alias Banksy – ha regalato pochi giorni fa a Ryan, un senzatetto di Birmingham, che abita una panchina di Vyse Street, quartiere delle gioiellerie. Nel video che Banksy ha pubblicato sul suo profilo Instagram e che è ben presto diventato virale l’uomo, dopo aver bevuto, sistema una busta che gli funge da cuscino e si sdraia sul suo giaciglio. Nel momento in cui l’inquadratura si allarga, su un lato della panchina, compaiono due renne disegnate sul muro di mattoni, colte nell’atto di spiccare il volo e portare Ryan verso il cielo. A commento del video un post recita: “Dio benedica Birmingham. Nei 20 minuti in cui abbiamo filmato Ryan su questa panchina, i passanti gli hanno dato una bevanda calda, due barrette di cioccolato e un accendino – senza che lui chiedesse mai nulla”. Poco importa che, alcuni giorni dopo, un vandalo/writer sia intervenuto ridicolizzando le renne – ed evidentemente anche i senzatetto – corredandole di due nasi rossi. Banksy è da sempre abituato alla guerrilla che i writers muovono sugli altrui graffiti.
Credo che lo spettacolo allestito al Jewellery Quarter di Birmingham, in cui danzano insieme passato (il mito di Babbo Natale), presente (gli ultimi) e futuro (i bambini) non necessiti di molte altre parole, come è stato il caso invece di quelle impiegate per trovare un senso all’horror vacui della banana di Cattelan.
Giorgia TERRINONI Roma 14 dicembre 2019