di Giulio de MARTINO
Nel riaperto Palazzo Braschi – dal 4 maggio e fino al 26 settembre 2021 – si può visitare la cospicua mostra: “Roma. Nascita di una Capitale (1870 – 1915)”.
Palazzo Braschi ospita il «museo storico» della città di Roma, non un museo d’arte: vi si espongono quadri, disegni e busti non per far navigare la fantasia dei visitatori sulle rotte degli artisti o per scatenare la loro visionarietà. Le opere d’arte, insieme a cimeli e documenti, sono lì per evocare in forma obbiettiva e documentata un evento o un personaggio del passato, per questo la visita richiede tempo, attenzione e metodo.
Le vicende della città di Roma nei primi quarantacinque anni della sua storia come «capitale del regno d’Italia» costituiscono un tema da far tremare le vene e i polsi per la sua complessità storica. Si tratta anche di un arduo cimento espositivo per il poderoso accumulo di interpretazioni, mitizzazioni e ricostruzioni che hanno accompagnato quegli anni. Non è lontano, ad esempio, il vasto ciclo di mostre, convegni e pubblicazioni che fu prodotto da istituzioni e istituti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia nel 2011.
Friedrich Nietzsche osservò – nelle Considerazioni inattuali (1876) – che la sua epoca era afflitta da una «malattia storica»: dalla ossessione identitaria e da un gusto funereo per il monumentalismo che alimentavano lo spirito nazionalista. Per nostra fortuna, ad alleggerire il peso della vita sociale, è intervenuta, tra ‘800 e ‘900, la gioiosa «Fin de siècle» che, di giorno come di notte, pose fine nelle grandi città d’Europa e d’America alla plumbea stagione delle lotte politiche e delle guerre fra i popoli europei del «secolo lungo», come E. J. Hobsbawm definì l’Ottocento. Ci fu spazio, con l’elettricità, i café chantant e il cinematografo, per la Nightlife dei divertimenti e per un rinnovato slancio estetico. Come vedremo, la «Belle Époque» trova spazio anche nell’esposizione romana.
La mostra di Palazzo Braschi, pur cominciando con la vicenda Risorgimentale, propone una rivisitazione non pedante della vita di Roma alla fine dell’800. Al fine di «destratificare» gli eventi e i loro protagonisti esibisce una discreta originalità di linguaggi e di documenti. Il monumentalismo e il verismo patetico vi compaiono solo come reperto storico e traccia ineludibile del gusto del tempo. Siamo di fronte, insomma, a un allestimento scorrevole e a una impaginazione ripartita per aree tematiche e per tipologie di opere e documenti.
Nel febbraio del 1871, quando, con la legge n. 33, Roma diventò ufficialmente la nuova capitale del Regno d’Italia, la città non era propriamente moderna e progredita. La vecchia capitale pontificia contava circa 230.000 abitanti ed era caratterizzata da grandi ville nobiliari circondate da parchi e da insulae urbane intervallate da miseri casali. Era una sorta di grande borgo nel quale spiccavano antiche vestigia romane e in cui si svolgeva ancora la transumanza dei pastori e delle loro greggi. Vengono quindi subito in luce drammi, arretratezze, contraddizioni. Solo in un secondo momento, compariranno innovazioni e slanci futuristici,
Nell’ultimo quarto dell’800 si avviò la modernizzazione della città. Si sviluppò, però, tra contraddizioni e conflitti, contrasti ideologici e politici. Bisognava ridimensionare il passato papalino e controriformistico della città e collocare le ingenti sopravvivenze antiche e medievali in armonia con le grandiose e innovative realizzazioni rinascimentali e barocche.
Anche la tormentata vicenda risorgimentale reclamava una adeguata celebrazione. Si mise mano ad un radicale riassetto urbanistico – con grandi demolizioni – per consentire l’insediamento degli apparati politici e amministrativi, ma anche per creare la nuova dimensione borghese della vita quotidiana: dedicata ai commerci, agli svaghi, allo sport, al tempo libero. Cambiamenti significativi si registrarono nel campo dell’istruzione, della sanità pubblica, delle infrastrutture urbane. Una realtà di Roma adeguata al livello internazionale si palesò soltanto negli eventi programmati per l’esposizione celebrativa del primo cinquantenario dell’Unità d’Italia nel 1911, quando la città avrebbe superato il mezzo milione di abitanti.
Gabriele D’Annunzio, giunto nella capitale, aveva scritto: «Era il tempo in cui più torbida ferveva l’operosità dei distruttori e dei costruttori. Insieme con nuvoli di polvere si propagava una specie di follia edificatoria, con un turbine improvviso» (1883). Da quel polverone sarebbe sorta la Roma capitale, città europea e moderna. In realtà, sulle due sponde del Tevere, si andarono a disporre «due Roma» l’una intrecciata all’altra: la «Roma dei romani» e la «Roma degli italiani»: la città millenaria che conservava i passaggi di una storia difficoltosa e a volte drammatica, i suoi ceti sociali divisi e gerarchizzati, e la nuova città, la Capitale, con quartieri borghesi e parchi pubblici, istituzioni e uffici, impiegati e sartine, leader politici e sindacali, giornalisti e imprenditori provenienti da tutta l’Italia.
Per facilitare l’itinerario dei visitatori, la mostra è stata divisa in sezioni cronologiche e tematiche, ognuna introdotta da pannelli storici che illustrano il focus espositivo: ROMA PRIMA DELLA BRECCIA; 20 SETTEMBRE 1870: LA BRECCIA e L’ASSALTO; LA NUOVA CAPITALE. I PROTAGONISTI; UNO SGUARDO SOCIALE: TERRITORIO E POPOLAZIONE; SULL’ ONDA PERENNE” DEL TEVERE. Nella sezione SOFFIA SU ROMA UN VENTO DI BARBARIE non si sottace che artisti, scrittori e letterati disapprovarono i piani regolatori del 1872 e del 1883, che – scrisse sempre l’immaginifico D’Annunzio – cambiarono l’aspetto millenario della città come un «vento di barbarie».
Tuttavia, tra ingegneri e speculatori, tra fotografi e archeologi, la città si impegnò in un vorticoso DEMOLIRE E COSTRUIRE che cercò di integrare CITTÀ ANTICA E CITTÀ MODERNA. Nelle sezioni DAL VITTORIANO ALL’ALTARE DELLA PATRIA e CREARE NUOVI MITI si illustra lo sforzo della capitale e delle classi dirigenti di dotarsi di una propria identità simbolica e di oggettivare in statue e monumenti i miti politici e culturali di una nazione storicamente giovane, ma anche bisognosa di riappropriarsi di una storia preunitaria millenaria e spesso divisiva.
L’ardito progetto di conciliare l’antico e il moderno fu sintetizzato da Francesco Crispi in occasione del “giubileo laico” del 1895 quando affermò che «il concetto del monumento a Roma è superiore a qualunque altra considerazione. Roma è la capitale d’Italia. Roma colle sue due civiltà, col suo doppio passato, deve raccogliere tutte le grandi memorie dei suoi eroi, di coloro che si sono battuti ed hanno cooperato alla formazione dell’unità italiana; Roma è la sede necessaria di tutti questi monumenti».
La seconda rivoluzione industriale e la Roma parigina di fine Ottocento – con i fenomeni della folla e dei consumi metropolitani – sono illustrate nelle sezioni: LA “ROMA BIZANTINA”; GIUSEPPE PRIMOLI: REPORTAGE DALLA CAPITALE; PASSEGGIATA IN CITTÀ e MONDANITÀ E TEMPO LIBERO.
Il riferimento è, innanzitutto, alla rivista di arte e cultura “Cronaca Bizantina” – pubblicata tra 1881 e 1885 dall’editore Angelo Sommaruga – e la mostra si caratterizza per l’uso della fotografia d’epoca come forma di racconto della vita di città. Il conte Giuseppe Napoleone Primoli (1855 – 1927) scattò migliaia di immagini di Roma tra il 1888 e il 1905 nella convinzione che il mezzo fotografico riuscisse meglio della pittura a catturare l’istante, a documentare il presente e la contemporaneità che si sviluppavano fra contrasti e choc.
Nella sezione UN’ALTRA ROMA. GLI ANNI DI NATHAN la Capitale sembra trovare finalmente la sua cifra metropolitana e il giusto «melting pot» di passato e presente. Ernesto Nathan (1845 – 1921) fu sindaco di Roma ebreo, mazziniano e massone dal novembre 1907 al dicembre 1913 elaborando, nel 1909, un innovativo Piano Regolatore, concordato con il governo Giolitti. Disse nel 1907:
«Guardiamo all’avvenire … a una grande metropoli ove scienza e coscienza indirizzino … rinnovate attività artistiche, industriali, commerciali … guardiamo attraverso la breccia di Porta Pia».
Nathan fu alla guida di un’alleanza tra Unione liberale, repubblicani, radicali e socialisti e trasformò radicalmente il volto della capitale. Oltre allo sviluppo dell’istruzione, l’incremento dei servizi pubblici con la municipalizzazione dei trasporti e dell’energia elettrica, istituì nuovi musei a Castel Sant’Angelo, alle Terme di Diocleziano; sopra il Mausoleo di Augusto costruì un auditorium da 3000 posti per le stagioni musicali dell’Accademia di Santa Cecilia. L’Esposizione Universale del 1911 gli consentì di inaugurare il monumento a Vittorio Emanuele, il Palazzo di Giustizia, la Passeggiata archeologica, la Galleria nazionale d’arte moderna, il Giardino zoologico, l’Ippodromo e lo Stadio Flaminio, i nuovi ponti Vittorio e Risorgimento.
La mostra si conclude, un po’ tristemente, con la sezione VERSO LA GUERRA: INTERVENTISTI E NEUTRALISTI nella quale, al di là dei contrasti ideologici e valoriali, Roma capitale si rivela – in simbiosi con la sua potente vitalità e il suo edonismo epicureo – come il palcoscenico dei drammi della storia nazionale italiana, assimilandone e conservandone la memoria e le tracce, spesso maestose e ancor più spesso dolorose.
Giulio de MARTINO Roma 9 maggio 2021
LA MOSTRA
Roma. Nascita di una capitale 1870 – 1915
DATE 4 maggio 2021 – 26 settembre 2021
SEDE. Museo di Palazzo Braschi, Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II, Roma
PROMOSSA da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e a cura di Flavia Pesci, Federica Pirani e Gloria Raimondi, si avvale di un
COMITATO SCIENTIFICO. Vittorio Vidotto, Maria Vittoria Marini Clarelli, Bruno Tobia, Elisabetta Pallottino, Federica Pirani, Gloria Raimondi, Nicoletta Cardano, Rita Volpe.
ORGANIZZAZIONE. Zètema Progetto Cultura.
Il catalogo. Curato da Federica Pirani, Gloria Raimondi e Flavia Pesci è edito da De Luca Editori D’Arte.