La Casa Romana del Museo Barracco riapre dopo 20 anni grazie al progetto di valorizzazione “Li-Fi”

di Nica FIORI (foto di Francesca Licordari)

C’è voluto un progetto innovativo di visita per rendere accessibile dopo 20 anni la domus romana nei sotterranei del Museo Barracco, dal 6 gennaio fino alla fine di febbraio 2022, dal venerdì alla domenica.

Progetto Li-Fi Museo Barracco

Il progetto, promosso da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e presentato dalle aziende To Be Srl, DB Ingegneria dell’immagine Srl e Tecno Electric Srl, utilizza il sistema “Li-Fi” (acronimo di Light Fidelity), una modalità di visita con tecnologia senza fili che sfrutta l’impiego della luce LED per trasmettere contenuti multimediali a smartphone o tablet. Più precisamente, il corpo luminoso Li-Fi svolge il ruolo di trasmettitore, mentre il dispositivo mobile, dotato di telecamera, quello di ricevitore. In questo modo si realizza una rete dati ad altissima velocità con una caratteristica molto importante, ovvero la direzionalità, perché i dispositivi comunicano solo se illuminati dalla luce emessa dal corpo illuminante, garantendo così un elevato livello di sicurezza.

L’utilizzo di questa tecnologia nel Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco ha visto la definizione e creazione di un breve ma significativo percorso, opportunamente illuminato dai faretti Li-Fi, costituito da alcuni punti di interesse presenti al piano terra e al primo piano del museo, oltre che nella domus sotterranea.

I contenuti sono fruibili anche in una modalità pensata per persone ipovedenti o non vedenti, costituita da tracce audio realizzate a partire da contenuti testuali, ma speriamo che funzioni realmente, perché nel giorno della presentazione alla stampa non era di fatto funzionale su alcuni modelli di iPhone.

Tecnologia a parte, l’apertura della casa romana sotto il museo è un’occasione da non perdere per immergersi in quell’affascinante Roma sotterranea, che ci riempie di emozione per la sua stratificazione plurimillenaria. Si tratta di resti di grande importanza archeologica, sia per l’entità di quanto conservato, sia per l’ubicazione nel cuore dell’antico Campo Marzio, che si caratterizzava in età imperiale per i suoi sontuosi edifici pubblici.

Domus romana del Museo Barracco, colonna con scanalatura tortile

La scoperta fortuita della domus risale al 1899 nel corso dei lavori di parziale demolizione dell’edificio rinascimentale – la cosiddetta Farnesina ai Baullari (già Palazzo Regis) che dal 1948 ospita il Museo Barracco –, demolizione resasi necessaria per l’apertura del nuovo asse viario di Corso Vittorio Emanuele.

Scendendo per oltre 4 metri al di sotto dell’attuale piano stradale entriamo in una struttura architettonica, costituita da parte di un porticato, le cui colonne in origine circondavano un’area centrale scoperta (peristilio), sulla quale dovevano affacciarsi i diversi vani della domus.

Questo cortile porticato, elemento caratteristico dell’architettura pubblica e privata romana, è conservato per un’ampia porzione, dove restano in piedi varie colonne (ma solo alcune intere) con basi e capitelli. Si sono conservati un pavimento marmoreo, vari elementi di arredo riferibili a fontane o bacini (del resto l’acqua era un elemento importante delle ricche domus romane) e una mensa ponderaria, ovvero un bancone utilizzato per verificare le misure di capacità impiegate per le merci negli scambi commerciali.

Domus romana del Museo Barracco, ambiente con vasca
Domus romana del Museo Barracco, colonne in marmi colorati

È proprio la grande quantità di marmo che salta subito agli occhi, da un lato perché profuso sia nell’alzato architettonico che nella pavimentazione e negli arredi, dall’altro per la presenza di varie tipologie di marmi pregiati, tra cui, oltre a quello bianco più comune, il giallo antico, il cipollino, il pavonazzetto e altri.

L’edificio subì modifiche e importanti ristrutturazioni nel corso del tempo, con il reimpiego di materiali di recupero, ovvero asportati da edifici in disuso, secondo una prassi diffusa sin dall’epoca tardo-imperiale. Molti degli elementi che osserviamo risalgono all’età augustea e giulio-claudia, mentre la maggior parte delle strutture e, con esse, l’ultima fase di vita documentata, risale invece al IV sec. d. C.

Molto discussa è l’identificazione dell’edificio, che doveva essere quasi sicuramente pubblico, perché caratterizzato da una valenza architettonica lussuosa. Secondo un’ipotesi, potrebbe trattarsi di una delle sedi (o meglio, di alcuni suoi ambienti) delle celebri quattro fazioni di aurighi, che competevano nel Circo, sedi a noi note dalle fonti antiche con il nome di Stabula quattuor factionum. Più probabilmente poteva essere un emporium e questo spiegherebbe la presenza della mensa ponderaria.

I limiti di ciò che vediamo sono, in realtà, quelli moderni dovuti alla fondazione dell’edificio rinascimentale sovrastante ed entro questo spazio i pezzi marmorei più pregevoli sono stati musealizzati, perché qui rinvenuti, ma non si sa esattamente da dove provenissero. Ci colpisce in particolare un fregio capovolto a girali d’acanto, i trapezofori che sostengono una vasca (non pertinente), una colonna a scanalatura tortile con il suo capitello, mentre altri capitelli sono rovesciati e fungono da basi.

Domus romana del Museo Barracco, fregio con giralidi acanto

È stata individuata una soglia di passaggio e parte di una grande lastra in marmo pregiato (in origine circolare), che fa pensare alla presenza di un vano importante. Nei pavimenti, in particolare in quello di uno stretto corridoio laterale al cortile interno, si nota un motivo tipico dell’opus sectile (realizzato con marmi di reimpiego) che forma un quadrato entro un altro disposto a rombo.

Domus romana del Museo Barracco, vasca su trapezofori
Domus romana del Museo Barracco, pavimento in opus sectile

Su una parete vi erano altri marmi disposti in verticale a formare un rivestimento in opus sectile con marmi più sottili, dei quali rimangono le impronte, e vi erano anche resti di affreschi che sono stati staccati.

Ricordiamo che il museo ospitante (a ingresso gratuito) trae il proprio nome dal barone Giovanni Barracco (Isola Capo Rizzuto, 1829 – Roma, 1914), un parlamentare che, essendo appassionato di archeologia, mise su una prestigiosa collezione scultorea negli ultimi decenni dell’Ottocento, per donarla poi nel 1902 al Comune di Roma, che la collocò nel 1904 in un edificio realizzato da Gaetano Kock, poi abbattuto. Piccolo di dimensioni, ma non d’importanza, il Barracco è considerato un vero gioiello sia dal punto di vista architettonico (il progetto è di Antonio da Sangallo il Giovane), sia da quello artistico, con 380 opere straordinarie che vanno dall’arte egizia, a quelle assira, cipriota, fenicia, etrusca, greca e romana, per terminare con alcuni pezzi medievali, come il mosaico dell’Ecclesia Romana (XII secolo), proveniente dall’antica Basilica di San Pietro.

Museo Barracco, sala scultura greca

Già nel cortile di accesso, il visitatore è accolto da alcuni leoni egizi e al primo piano ci si immerge nelle atmosfere affascinanti dell’antico Egitto, la cui arte Giovanni Barracco prediligeva, perché “più calma, più elegante, più ideale”.

Museo Barracco, sala scultura egizia

I pezzi, esposti secondo un ordine cronologico, sono stati acquistati sul mercato antiquario e in qualche caso recuperati a Roma, come è successo per la rarissima sfinge con la testa della regina Hatshepsut (XVIII dinastia), proveniente dall’Iseo Campense.

Museo Barracco, Sfinge di Hatshepsut

La rarità del pezzo è dovuta al fatto che le raffigurazioni della regina (l’unica donna faraone di un regno il cui trono era rigidamente riservato a figure maschili) furono abrase dal suo tempio presso Tebe e le statue distrutte dal suo successore.

Altri pezzi interessanti sono la stele del dignitario Nefer, un ritratto di Ramsete II in età giovanile, la clessidra di Tolomeo Filadelfo, e le splendide lastre assire provenienti dai palazzi di Ninive e Nimrud, ma anche le sculture greche del grande Policleto, un rilievo con Menadi danzanti e alcuni originali ellenistici.

Degne di interesse sono anche alcune raffigurazioni di Bes, un dio d’importazione egizia dall’aspetto di nano mostruoso, il cui culto ebbe ampia diffusione in epoca greco-romana.

Museo Barracco, statue di Bes

Unica pecca del museo è che, trattandosi di un edificio cinquecentesco con scale strette, non tutto è accessibile ai portatori di handicap. Il piano terra è l’unico totalmente agibile e, oltre a conservare alcuni pezzi autentici, è stato arricchito di un piccolo museo virtuale dove è possibile avere un panorama completo della collezione, con guide e planimetrie per i non vedenti in Braille, disponibili per consultazione in italiano e in inglese. Sempre al pianterreno è possibile accedere (su appuntamento) alla Biblioteca Barracco, strettamente legata alla collezione archeologica, e alla Biblioteca Pollak, comprendente oltre 2500 volumi appartenuti a Ludwig Pollak, che fu il primo direttore onorario del museo e che morì nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1943. Alla sua figura il Museo Barracco dedicò un’interessante mostra qualche anno fa, congiuntamente con il Museo Ebraico, evidenziando il suo importante operato nel campo dell’archeologia.

Nica FIORI  Roma  9 gennaio 2021

Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco. Corso Vittorio Emanuele 166/A – Roma

Ottobre – maggio: da martedì a domenica ore 10 – 16 (ingresso consentito fino alle 15.30); ingresso gratuito. Giorni di chiusura: lunedì, 1° maggio

060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00), www.museiincomune.it; www.museobarracco.it