La chiesa di Sant’Angelo a Nilo e il “bassorilievo pittorico”di Donatello “una storia di basso rilievo sì bella, che infinite lode se le convengono.”

di Francesco MONTUORI

Migranti su About

 M.Martini e F. Montuori

Lungo  Spaccanapoli 

DONATELLO  A  NAPOLI

Lungo Spaccanapoli, in prossimità di San Domenico Maggiore, si incontra la piazzetta Nilo con l’omonima chiesa (fig.1).

Fig.1 Sant’Angelo a Nilo, mappa di Spaccanapoli
Fig.2 La chiesa di Sant’Angelo a Nilo

La chiesa di Sant’Angelo a Nilo fu costruita per volere di Rinaldo Brancaccio, cardinale di Napoli dal 1385, in forme gotico-catalane; è ad una sola navata e presenta nella controfacciata un sontuoso organo in stile tardo barocco. Venne riadattata nel 1709 dall’architetto Arcangelo Guglielmelli, che conservò all’esterno l’ingresso laterale in marmo del 1400 e, sul portale principale, i battenti in legno (fig.2).

Vi ebbe la sua sede l’omonimo Seggio, un portico che poteva servire come luogo di riunione per gli abitanti del quartiere che dibattevano degli affari pubblici; ciascun Seggio aveva il suo stemma e su quello della piazzetta Nilo spiccava un cavallo di bronzo in campo d’oro (fig.3)

Fig.3 La chiesa di Sant’Angelo a Nilo, facciata

Il nome della piazzetta e della chiesa sita nel vicino largo Corpo di Napoli è svelato dal legame con il fiume egiziano, il più lungo che si getta nel mare mediterraneo con un imponente delta; una statua ellenistica rappresentante le fattezze simboliche del fiume Nilo, un vecchio barbuto che regge nella mano destra il corno dell’abbondanza (fig.4);

rinvenuta nelle vicinanze ed ora collocata al centro nella piccola piazza, testimonia dell’antica presenza nel I secolo a.C. di una comunità di mercanti originaria di Alessandria d’Egitto che venerava il lungo fiume. Cessato il culto alessandrino e scioltasi la comunità la statua fu ritrovata nel XII secolo priva della testa. Nel 1657 un restauro restituirà al corpo la testa barbuta del fiume e il basamento su cui la scultura era poggiata.

Fig.4 Statua in marmo del fiume Nilo

All’interno, sull’Altare maggiore della piccola chiesa di Sant’Angelo a Nilo (fig.5),

Fig.5 Interno della chiesa

si può ammirare il dipinto raffigurante San Michele Arcangelo opera di Marco Pino, allievo del Beccafumi, pittore senese, studioso attento delle forme michelangiolesche.

La figura del San Michele che contrappone le braccia alle gambe, crea il movimento a serpentina della figura (fig.6).

Fig.6 Altare della chiesa, Marco Pino, San Michele Arcangelo
Fig.7 Il monumento del Cardinale Brancaccio

Alla destra dell’Altare della chiesa è collocato il sepolcro del cardinale Rinaldo Brancaccio, realizzato dal fiorentino Donatello, da Michelozzo e dal suo allievo Pagno di Lapo Portigiani, allora ancora diciottenne; il monumento funerario fu scolpito a Pisa fra il 1427 e il 1428 e quindi inviato a Napoli con un battello via mare (fig,7).

Fig.8 Donatello con Michelozzo, Monumento al cardinale Brancaccio

L’impianto a baldacchino con il defunto appartiene ancora la tipologia dei monumenti tardogotici ma l’arco che si erge sorretto da due colonne laterali in marmo riflette ormai la cultura rinascimentale e riveste un’importanza fondamentale per l’arte napoletana; Donatello vi ritrasse la Vergine Maria seduta in trono mentre ascende al cielo con l’aiuto di un gruppo di angeli (fig.8).

Il cardinale Brancaccio è ormai scomparso il 27 marzo del 1427, quando parte dell’opera a lui dedicata era ormai realizzata. Scrive Luca Mozzati come fosse altamente probabile che il committente dell’opera fosse Cosimo dei Medici, nominato esecutore testamentario da parte dello stesso Rainaldo Brancaccio.

Tra il 1425 e il 1433 Donatello attraversa un periodo di comune produzione con l’architetto e scultore Michelozzo; col suo concorso creò i mausolei di papa Giovanni XXIII nel Battistero di Firenze e del cardinale Brancaccio a Napoli.

Michelozzo, l’ideatore del monumento del cardinale Brancaccio, immaginò il sepolcro con un impianto a baldacchino, caratteristica questa che rimanda alla tradizione tardo gotica. L’arco a tutto sesto è sorretto da due colonne corinzie al di sopra delle quali si elevano due coppie di lesene che fiancheggiano l’arco. Oltre all’ideazione dell’impianto dell’opera si ritengono del Michelozzo la figura della Madonna col Bambino e i due santi ai lati.

Il monumento è organizzato su tre distinti livelli: alla base tre cariatidi, personificazione della virtù, sorreggono il sepolcro con due stemmi ai lati su cui è disteso il cardinale; sopra il sepolcro, al secondo livello, due angeli, fra cui è la scritta commemorativa, sostengono il drappo dietro al quale sono, al terzo livello, la Madonna col Bambino con ai lati gli angeli. Chiude la rappresentazione un timpano mistilineo in cui è inserito il Dio Padre, con ai lati angeli musicanti.

E’ questa l’unica opera che vi sia a Napoli del grande scultore. Sono con sicurezza di Donatello la figura di destra che solleva il sipario, la testa del cardinale Brancaccio disteso sul sarcofago ed il rilievo dell’Assunzione della Vergine, scolpita al centro del sarcofago, seduta su uno sgabello coperto da un lungo telo decorato. Donatello ritrasse la Vergine Maria seduta in trono mentre ascende in cielo con l’aiuto di un gruppo di angeli; la scelta di ritrarre la scena dell’Assunzione è poco usuale e si ritiene sia stata realizzata su esplicita richiesta del cardinale (fig.9).

Fig.9 Donatello. La Vergine Maria ascende al cielo

Donatello scolpisce il bassorilievo dell’Assunzione della Vergine che adorna il fronte dell’urna, al centro del sepolcro, realizzata utilizzando la tecnica dello stiacciato con grande perizia; in pochi millimetri di profondità il maestro fiorentino restituisce la profondità della scena e le figure appaiono quasi fossero state scolpite con profondi rilievi.

Durante il secondo decennio del 1400 Donatello sviluppò questa innovazione, davvero rivoluzionaria per la tecnica delle figure a rilievo; il rilievo a stiacciato si basa sulla variazione di spessori infinitesimali, assai vicini all’opera grafica. Tramite sottili giochi di luci e di ombre, Donatello dispose le figure in un’apparente profondità, attraverso uno studiato gioco di sovrapposizioni, figure disposte una dietro l’altra in modo assolutamente innovativo. Nella Vita degli artisti Giorgio Vasari riconobbe che Donatello portò l’arte del rilievo a un nuovo e più alto livello:

“Fece ancora, e fu mandata a Napoli, una sepoltura di marmo per un arcivescovo, che è in Sant’Angelo di Seggio di Nilo; nella quale son tre figure tonde che la cassa del morto con la testa sostengono, e nel corpo della cassa è una storia di basso rilievo sì bella, che infinite lode se le convengono.”

Il senso della luce e dell’atmosfera che, con l’aiuto della prospettiva brunelleschiana, avvolgono ed animano le figure, le azioni e gli spazi, culmina in Donatello nell’invenzione del “bassorilievo pittorico”. Il paesaggio e le architetture, la luce del sole e l’ansia notturna, nelle sottilissime gradazione degli schiacciati, si incorporano alle figure e alle azioni e le esaltano. Sulla portata di questa invenzione, basti considerare che, senza il bassorilievo pittorico di Donatello, non potrebbero in tutto spiegarsi neppure la pittura di Masaccio.

Donatello ancor vivo ebbe grande fama. Come Giotto un secolo prima, egli fu spesso chiamato in altre città italiane per renderlo più belle e più famose. Nell’opera di Donatello tutto è nuovo; egli non ricorreva a uno schema nitido e piacevole, ma piuttosto a un effetto duro e realistico.

Come le innovative pitture di Masaccio, Donatello volle sostituire  alla raffinatezza dei suoi predecessori una nuova e vigorosa osservazione della natura umana. I maestri fiorentini del primo quattrocento non si accontentavano più di ripetere le vecchie formule degli artisti medioevali: le statue gotiche si allineavano ai lati dei portali in teorie calme e solenni, simili a creature di un mondo ultraterreno.

Fig.10 Donatello, il David del Bargello
Fig.11 Donatello, il David del Bargello (part.)

Le sculture di Donatello poggiano invece solidamente sul terreno, i piedi piantati nel suolo; i volti sono energici e determinati, diversi dalla bellezza serena dei santi medioevali. Come i greci e i romani che tanto ammirarono, essi studiarono attentamente la figura umana chiedendo ai modelli di posare per loro negli atteggiamenti desiderati.

E’ questo nuovo metodo che conferisce alla sua opera realismo e concretezza.

Fig.12 Donatello, San Giovanni seduto
Fig.13 Donatello, Giosuè

L’indipendenza assoluta delle espressioni e degli atteggiamenti, un realismo che non indietreggia davanti ad alcuno scrupolo, un vigore che non si smentisce mai, ecco ciò che caratterizza l’opera di Donatello nel periodo migliore della sua produzione, l’epoca del David del museo del Bargello (fig.10 e 11),  del San Giovanni seduto (fig.12), del Giosuè (fig13)

Così, nel Rinascimento, la magnetica personalità di Donatello sembra ispirare delle idee e delle forme come se venissero da un altro tempo, da un altro pianeta, da un’altra società; idee che convergono con gli esperimenti del Brunelleschi nel definire le forme di una nuova razionalità.

Francesco MONTUORI  Roma 6 Febbraio 2022