di Leonardo ROCCO
- La Premessa.
Stiamo assistendo finalmente ad un primo avvicinamento dello Stato Italiano agli altri paesi leader del mercato dell’arte per quanto attiene la circolazione delle opere d’arte.
Pur accogliendo favorevolmente le nuove normative, per ultimo il decreto n. 367/2020 firmato dal ministro Dario Franceschini (che ha abrogato il precedente decreto Bonisoli), occorrono, tuttavia, ulteriori iniziative che tutelino non solo il patrimonio culturale nazionale, ma anche gli interessi del privato, sicché l’Italia possa essere considerata con maggior favore dagli investitori stranieri.
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La soglia di valore.
La recente introduzione della soglia di valore pari ad € 13.500, al di sotto della quale non è più necessario richiedere il rilascio dei vari attestati di circolazione (la quale prevedeva la presentazione fisica del bene), ma è sufficiente una semplice autodichiarazione, snellisce – e non poco – tutta quella procedura che per ottenere quegli stessi atti imponeva diversi mesi di attesa, “ingolfando” di fatto il tutto il circuito Ministeriale, che si vedeva sovraccaricato di richieste, alcune delle quali del tutto ultronee (come poteva essere, ad esempio, il piccolo oggetto di antiquariato della nonna di ottant’anni fa).
L’innovazione sta nel fatto che la soglia di valore è da intendersi per qualsiasi opera d’arte, anche successiva ai 70 anni dalla morte dell’artista.
Tale circostanza agevola sicuramente il lavoro di tutti gli operatori del settore, dai privati alle case d’asta, che avranno l’opportunità di trattare con più libertà le opere al di sotto della soglia stessa.
Il Ministero ha, dunque, precisato le modalità di presentazione dell’autodichiarazione-autocertificazione: preliminarmente accedendo al portale “SUE” e, successivamente, depositando la copia cartacea della richiesta telematica presso l’Ufficio Esportazioni, che la convaliderà; inoltre, ha descritto le modalità con le quali possa essere stimato il valore del bene e la documentazione da allegare:
“a) nel caso in cui la cosa sia stata oggetto negli ultimi tre anni di una compravendita all’asta o tramite un mercante d’arte, le necessarie fotografie della cosa e la fattura da cui risulti il prezzo di aggiudicazione ovvero il prezzo di vendita della cosa, al netto di commissioni (di vendita e di acquisto) e di oneri (quali, a titolo esemplificativo, diritto di seguito, se previsto, imposte, spese di trasporto e di assicurazione);
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b) nel caso in cui la cosa sia stata oggetto di cessione fra privati negli ultimi tre anni, le necessarie fotografie della cosa e una copia del contratto sottoscritto dalle parti o in mancanza, una dichiarazione congiunta delle parti resa davanti a un pubblico ufficiale abilitato a riceverla da cui risulti il prezzo di acquisto;
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c) nel caso in cui la cosa sia destinata all’estero per essere venduta all’asta, una fotocopia della pagina del catalogo d’asta da cui risulti la data dell’asta con le necessarie fotografie ed una stima massima della cosa non superiore ad euro 13.500, se disponibile, ovvero del mandato a vendere o del contratto di deposito sottoscritti dalle parti con l’indicazione di una stima massima della cosa non superiore ad euro 13.500 o, in alternativa, una valutazione sottoscritta della casa d’aste;
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d) in ogni altro caso, il valore dichiarato della cosa potrà essere comprovato, in alternativa: 1. dalla stima di un perito iscritto all’albo dei consulenti tecnici di un tribunale; 2. dall’ufficio esportazione su presentazione fisica della cosa”.
All’autocertificazione dovranno inoltre essere allegate le fotografie del bene, come previsto dai moduli allegati al decreto n. 246/18, nonché l’attestato di autenticità e provenienza del bene di cui all’art. 64 d.lgs. 42/04.
Persiste, tuttavia, la possibilità per lo Stato di “notificare” i beni al di sotto della suddetta soglia, che presentino
“un interesse artistico, storico, archeologico, o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”.
La procedura di dichiarazione di interesse culturale in tal caso sarà la seguente: entro 10 giorni dalla presentazione della autodichiarazione l’Ufficio Esportazione, se reputa che il bene possa avere tale particolare interesse, potrà chiedere la presentazione fisica dello stesso; nei successivi 30 giorni l’Ufficio avvierà, quindi, il procedimento di “notifica”, dandone notizia all’interessato; entro 60 giorni dalla presentazione dell’autodichiarazione, la Direzione Generale competente per materia dovrà concludere il procedimento di dichiarazione di interesse culturale.
Da un’analisi della norma sembrerebbe, dunque, che il termine dei 10 giorni per la richiesta di presentazione del bene sia perentoria circa la possibilità da parte dello Stato di esperire il procedimento di interesse culturale. Spirato tale termine, si deve ritenere che vi sia stato il mancato esercizio della “notifica” da parte della Pubblica Amministrazione e, pertanto, il proprietario del bene possa liberamente procedere all’esportazione della propria opera.
Restano esclusi da tale nuova disciplina non solo le cose (aventi interesse culturale) di valore superiore ai 13.500 euro (per le quali continuerà ad applicarsi la disciplina prevista dall’art. 68 d.lgs. 42/04), ma anche tutti quei beni indicati all’allegato A, lettera B, n. 1 del d.lgs. 42/04 (ovvero reperti archeologici, smembramento di monumenti, incunaboli, manoscritti, archivi).
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La soglia temporale.
Altresì favorevolmente deve accogliersi il recente innalzamento della soglia “temporale” dai 50 ai 70 anni, al di sotto della quale i beni che siano opera di autore non più vivente non potranno essere oggetto di provvedimenti di blocco all’esportazione. Anche in questo caso (come per le opere di valore inferiore ad € 13.500), tuttavia, persiste la possibilità da parte dello Stato di procedere, entro sessanta giorni dalla presentazione dell’autocertificazione, alla notifica di cui sopra in merito ai beni di autore deceduto la cui esecuzione risalga tra 50 e 70 anni fa (indipendentemente dal valore economico) “che presentino un interesse artistico, storico, archeologico, o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”.
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Profili critici.
Orbene, ad avviso di chi scrive, pur apprezzando le finalità delle nuove normative di snellire le procedure di circolazione delle opere, tuttavia, vi sono ancora alcuni aspetti, che andremo di seguito a specificare, che limitano fortemente il mercato dell’arte italiano, relegandolo a fanalino di coda dell’Unione Europea.
Benché possa condividersi l’obiettivo di accrescere il proprio patrimonio culturale nazionale – che di per sé stesso è già attualmente vastissimo – la rigidità delle norme di cui agli artt. 59 – 62 del Codice dei Beni Culturali e, precisamente, la “notifica” del bene culturale e il conseguente diritto di prelazione dello Stato sugli oggetti d’arte e da collezione, pone vari problemi nell’ottica del mercato dell’arte.
In particolare, il prolungato stato di incertezza in cui il bene culturale viene a trovarsi in seguito all’avvio della verifica dell’interesse culturale per lo Stato e il successivo procedimento di prelazione, costituisce di certo un deterrente per chiunque voglia richiedere un attestato di libera circolazione o voglia cimentarsi nell’acquisto o nella vendita di un’opera ubicata all’interno del territorio italiano. Infatti, il valore di mercato di un bene notificato tende inesorabilmente al ribasso. Per non parlare dell’ormai cronica mancanza di fondi, che solo in rarissimi casi si traduce nell’acquisto effettivo del bene da parte dello Stato. La stessa ampiezza delle norme in questione, poi, che non circoscrivono i beni che possono essere oggetto della notifica suddetta – come invece accade in altri paesi, quali ad esempio la Svizzera e gli Stati Uniti, che hanno stabilito un elenco dettagliato dei beni culturali di significativa importanza che non possono uscire dal paese – di certo non aiuta.
Non dimentichiamoci che uno dei fondamenti dell’Unione Europea è la libertà di circolazione delle merci, e tali devono essere considerate le opere d’arte, così come più volte interpretato dalla Corte di Giustizia dell’UE. Tuttavia, l’art. 36 del TFUE ammette la deroga della c.d. “eccezione culturale”, che permette agli Stati Membri di prevedere limiti alla loro importazione ed esportazione laddove vi sia una giustificazione nella protezione del proprio patrimonio culturale. Ma tale deroga deve essere intesa quale, appunto, eccezionalità al principio suddetto.
Tali circostanze non solo destano preoccupazione per gli operatori del settore, ma limitano enormemente il mercato dell’arte italiano, che conseguentemente suscita poco appeal sui collezionisti stranieri. Difatti questi ultimi guardano con maggiore favore verso i mercati di quei paesi ove il diritto di prelazione in favore dello Stato non è previsto dalla legge (Germania e Regno Unito) o è previsto a condizioni meno onerose per i privati (come in Francia), oppure è limitatissimo (come in Svizzera). Ma vi è di più. Negli altri paesi la soglia di valore per i dipinti è nettamente superiore: 180.000 sterline in UK, 150.000 euro in Francia e 300.000 euro in Germania.
Purtroppo a pagarne le spese, oltre che i privati, è lo Stato stesso. Gli introiti derivanti dal mercato dell’arte sono enormi, e gli altri paesi lo sanno bene.
Conseguentemente, se tali ragionamenti valgono per le opere di un certo valore (sicuramente oltre la soglia di € 13.500), non si comprende per quale motivo persista la possibilità dello Stato di “notificare” le opere al di sotto la suddetta soglia. Ci si aspettava, ad avviso di chi scrive, un “via libera” di tutte le opere di non rilevante valore. Lo stesso dicasi per le opere di autore deceduto da meno di 70 anni, che dovrebbero essere avulse dalla suddetta normativa.
Occorrerebbe, inoltre, innalzare la suddetta soglia di valore, adeguandola a quella prevista negli altri Stati Membri dell’Unione Europea.
Avv. Leonardo ROCCO Roma 22 novembre 2020