di M. Lucrezia VICINI
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Il ritratto rientrava con ogni probabilità nella decorazione cinquecentesca del piano nobile del Palazzo Capodiferro, inserito nel contesto per volontà dello stesso cardinale Capodiferro (1502-1559) in nome dei buoni rapporti di amicizia che lo legavano al papa Giulio III. Il pontefice viene ancora raffigurato, in maniera non ufficiale ma nella veste di San Giuseppe, nella cappella del Palazzo, entro la lunetta con l’Adorazione dei pastori.
Affresco ad olio su muro, il dipinto è stato distaccato dalla parete di appartenenza in un momento imprecisato, forse durante l’arco di tempo che ha interessato i lavori di ampliamento del palazzo promossi da Bernardino Spada(1594-1661), dal 1633 al 1661, o anche successivamente. Di fatto non risulta menzionato come opera a sé nell’inventario dei suoi beni ereditari del 1661.
Si rintraccia per la prima volta nell’inventario dei beni mobili del 1759, tra le opere della terza sala del Museo. E’ descritto in pessime condizioni di conservazione all’interno di una cornice e con l’attribuzione a Tiziano:
Un quadro di palmi 4 e 5 in piedi con cornice color di noce con varii intagli dorati rappresentante Giulio III, in pessimo stato, opera del Tiziano, 40 scudi (1).
Non identificabile con precisione nel Fidecommesso del 1823, nell’Appendice al Fidecommesso del 1862 si ritrova menzionato tra le opere della prima sala come: Ritratto di Papa Giulio III Scipione Gaetano (2). Con gli stessi dati ricompare nella ricognizione inventariale di Pietro Poncini del 1925 e nella coeva stima di Federico Hermanin che valuta lire 25.000 (3). Dal 1951, in occasione del ripristino del Museo per la sua riapertura al pubblico, fu da Zeri esposto nelle seconda sala, dove ancora si trova.
Una riproduzione fotografica dei Fratelli Alinari conservata presso l’archivio fotografico del Museo (n.28940) mostra il dipinto prima del formato attuale, ancora un tutt’uno con la parte di intonaco distaccato che appare lesionato in diversi punti e alterato da numerosi ritocchi. Una condizione precaria riportata peraltro già da Federico Zeri nella scheda del catalogo del 1954 (4), dedotta dalla visione sia della medesima immagine che di un’altra Anderson, non più esistente.
Lo studioso, stando alla datazione delle due referenze fotografiche, databili tra il 1910 e il 1925, suppone che il dipinto sia stato riadattato proprio in questo periodo, quando sono stati rimpiccioliti i margini e annullata quasi del tutto la cornice ovale, aggiunta successivamente, forse nel sec. XVII su un dipinto che originariamente doveva essere di forma quadrata, come sostiene Bruno (5).
L’attribuzione a Scipione Pulzone (Gaeta, circa 1550-Roma, 1598), avanzata concordemente dalla critica interessata (6) viene respinta proprio da Zeri (7) per motivi cronologici (Giulio III morì nel 1555) e per dati stilistici che indirizzavano verso un pittore della generazione precedente a quella del Gaetano. Lo studioso evidenza piuttosto i rapporti con i modi di Jacopino del Conte, Marcello Venusti e Girolamo Siciolante, senza tuttavia proporre con certezza a nessuno di loro l’affresco, rimanendo fermo nell’ambito della Scuola romana del sec. XVI.
Cannatà (8) rifiuta il tradizionale accostamento a Scipione Pulzone e non rimane convinto sul riferimeno a Girolamo Siciolante. Riferimento che appare possibile invece per Francesco Petrucci (9) per la sintesi tra cultura raffaellesca e veneziana operata nel dipinto, cui era solito orientarsi il pittore e per il tipico schema compositivo.
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Anche la scrivente propenderebbe a favore del Siciolante sia per i rapporti stretti che l’artista ebbe con il cardinale, sia per le effettive somiglianze stilistiche dell’immagine, già individuate da Bruno (10) con lo Studio di una testa virile del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e con i Ritratti dei committenti posti ai lati della pala con l’ Adorazione dei pastori del pittore in Santa Maria della Pace del 1560-63.
Allievo di Perin del Vaga, Girolamo Siciolante da Sermoneta (Sermoneta, 1521-Roma, 1643) è documentato a Roma dal 1543, precisamente a Piazza Farnese (11) La sua arte risente di vari influssi, da Jacopino del Conte a Pellegrino Tibaldi con i quali collaborò nelle decorazioni con le Storie di Clodoveo nella chiesa di San Luigi dei Francesi, a Baldassarre Peruzzi. Godette fama anche di buon ritrattista.
Il Capodiferro, annoverato tra i più stretti conoscenti di Papa Giulio III insieme alle più importanti famiglie romane, i Caetani, i Colonna, i Massimo, doveva aver valutato la bravura del pittore mentre dipingeva l’appartamento di Paolo III in Castel Sant’Angelo negli anni 1543-44 e 1547 e non poteva non avvalersene quando si trattò di decorare le stanze del suo Palazzo.
Già il Vasari nelle Vite (12), nel tratteggiare la figura del Siciolante gli attribuisce in Palazzo Capodiferro la decorazione di “un salotto molto bello de’ fatti degl’antichi romani”, un ciclo di affreschi ora in stato di frammenti che inizialmente si riteneva riferito alle imprese di Alessandro Magno, ma che secondo Hunter (13) appare più legato a episodi della vita di Scipione. Anche se, Urcioli (14), ritornando sulla iconografia, riconsidera che si tratti della storia di Alessandro Magno, come aveva sostenuto Neppi.
Siamo in pieno 1550. Il 30 maggio di questo anno infatti Siciolante sottoscrisse con il Capodiferro, già nunzio pontificio in Francia presso la corte del re Enrico II, il contratto per la decorazione della “sala d’angolo” del suo palazzo
Il Siciolante lavorò in questa stanza detta “dei fatti degli antichi romani” con aiuti, e con Francesco de Credenza, pittore e doratore spagnolo che si occupò della realizzazione del soffitto ligneo, talvolta assegnato a lui stesso, che potrebbe comunque averlo progettato (15). Di lui restano alcune imponenti immagini, come la figura allegorica della Fortuna o dell’Abbondanza sulla parete a destra entrando (16). Nel frattempo il pittore aveva sposato Lucrezia Stefanelli, nipote dell’agente del Capodiferro, Giovan Giacomo de Lavezzoli (17), evento che avvalora l’amicizia tra l’artista e il cardinale
Fu probabilmente durante i lavori che il Capodiferro decise di far immortalare dall’artista o da un suo stretto collaboratore nelle stanze del suo palazzo la presente immagine di Giulio III, divenuto papa con questo nome proprio nel mese di febbraio del 1550.
Giulio III, al secolo Giovanni Maria Ciocchi Del Monte (Monte San Savino, 1487-Roma, 1555) fu creato cardinale nel concistoro del 1536 da Paolo III ed eletto papa il 7 febbraio del 1550, dopo 10 settimane di conclave nel quale aveva fatto parte lo stesso Capodiferro.
A questa data il Palazzo del cardinale era ultimato nelle parti essenziali per poter essere decorato anche internamente. Con motu proprio, il 14 aprile del 1550 Giulio III concesse al Capodiferro il permesso di ampliare il modesto slargo che sussisteva davanti all’edificio, iam fere ad ultimum constructionis, con l’obbligo di abbattere alcune abitazioni addossate al fianco del palazzetto Missini-Ossoli, et cospicuam plateam ibi facere. Insorte però delle controversie con i vicini che si vedevano danneggiati dalla disposizione, venne ulteriormente concesso a lui e ai suoi successori, in perpetuo, che dai vicini, presenti e futuri, non fossero mai aperte verso la piazza, che rimaneva di privata pertinenza del Palazzo, né porte né finestre di alcun genere (18). Del provvedimento si avvarrà cento anni dopo il Cardinale Spada per decorare la facciata di fronte al Palazzo di finte finestre, di una meridiana e di un nicchione trattato a bugnato, opera del Borromini, racchiudente un’erma di ninfa di stucco che versa acqua dai seni in una vasca sottostante, ora in copia (19).
Intorno all’amicizia tra il Capodiferro e Giulio III, reputato il più conviviale tra i pontefici, esistono varie testimonianze. Spesso il cardinale era ospite del papa a tavola nei palazzi apostolici, e talvolta suo compagno nella cavalcata nella vigna, una vigna fuori porta del Popolo, sulla via Flaminia, ai confini con la quale anche il cardinale ne possedeva una (20). Il Capodiferro ricambiava al papa l’ospitalità nella propria abitazione. Il 26 agosto del 1554 è documentata la sua presenza nel palazzo Capodiferro quale ospite a pranzo (21). Ma ciò che particolarmente li univa era l’amore per la cultura dell’antico. La scelta del nome pontificale Giulio III da parte del Del Monte, rimanda al suo grande predecessore rinascimentale: Giulio II della Rovere (1503-1513).
Anche il Del Monte conservava inalterato l’interesse per la cultura rinascimentale. Intorno al 1552 il papa donò al Capodiferro una grande statua romana, databile tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., la statua di Pompeo, cosiddetta a causa del luogo di rinvenimento nel quale in antichità si trovavano le abitazioni del condottiero romano e che collocò nell’aula magna del Palazzo dove ancora oggi campeggia.
La solida amicizia che li legava, è ancora testimoniata dal grande stemma del papa sorretto da efebi, fatto apporre dal cardinale nella decorazione in stucco della parete del cortile del Palazzo, di fronte all’ingresso, accanto a quello del re Enrico II di Francia.
Nel dipinto il papa è raffigurato in posa ufficiale di tre quarti verso lo spettatore, con la classica mozzetta e camauro di velluto che dà ampio risalto al volto illuminato, dall’espressione compiaciuta. Il solido impianto compositivo, organizzato su basi diagonali, si definisce con valori naturalistici nella stesura della barba fluente e dei lineamenti marcati, nella levigatezza dell’incarnato, maniere che avvicinano alla citata l’immagine allo Studio di testa virile del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (n.7271 F recto) e ai ritratti dei committenti posti ai lati della pala con l’Adorazione dei pastori del Siciolante nella Cappella del Presepe in Santa Maria della Pace, del 1560-63.
Maria Lucrezia VICINI Roma 2 Marzo 2025
NOTE
1) Zeri F., La Galleria Spada, Firenze 1954, p. 163 n. 683; Cannatà R.,Vicini M.L. La Galleria di Palazzo Spada. Genesi e storia di una collezione, Roma 1992, p. 172, n. 683
2) Cannatà R., Vicini M.L. cit 1992, p. 189
3) Cannatà R., Vicini M.L. cit. 1992, pp. 193-196
4) Zeri F., cit. 1954, p. 116
5) Bruno R., Revisioni e verifiche ricostruttive in “Critica d’Arte” XXI 1974, p.76
6) De Montault X., Les Musées et Galeries de Rome, Roma 1870, p.441; Hermanin F., Inventario di stima per l’acquisto della Galleria Spada da parte dello Stato Italiano, 12 settembre 1925 in Archivio della Galleria Spada. Anche in Cannata R., Vicini M.L. cit. 1992 in appendice; Porcella, A., Le pitture della Galleria Spada, Roma, 1931, p.169; Hermanin F., Wiederoffnung der Gemaldegalerie in Palazzo Spada, in “Phantheon”, luglio 1931, p.XLII; Lavagnino E., La Galleria Spada in Roma, Roma 1933, pp. 3,13; Carmassi, L., Un busto di Papa Giulio III nel Museo di Villa Giulia a Roma, in Bollettino d’Arte, 1932-33, p. 448
7) Zeri F., cit. 1954, p. 116
8) Cannatà R., La Galleria di Palazzo Spada, Roma 1995, p.78
9)Petrucci, F., in Papi in Posa. 500 anni di Ritrattistica Papale. Catalogo della Mostra a cura di Francesco Petrucci, Roma 2005,p.66
10) Bruno R., cit., 1974, pp.77-79
11) Carloni L.Pittori maceratesi a Roma nella seconda metà del cinquecento, in Simone de Magistris. Un pittore visionario tra Lotto e il Greco, Catalogo della mostra a cura di V.Sgarbi. Venezia 2007, p. 97
12)Vasari G., Le Vite(1550 e 1568) a cura di Barocchi P.-Bettarini V., Firenze 1984, p. 161,VI , 1987 pp.220 e s.
13)Hunter, J., Girolamo Siciolante pittore da Sermoneta(1521-1575), Roma, 1996, p. 6 nota 20
14) Urcioli S., Palazzo Spada. Il percorso ritrovato.Nuovi studi sulle decorazioni cinquecentesche, Roma 2017
15)Redin Michaus G., Pedro Rubieles, Gaspar Becerra y los pintores espagnoles en Rome 1527–1600, Madrid 2007, p. 83
16) Cannatà R., Gli ambienti cinquecenteschi e i primi interventi del cardinale Bernardino Spada, in Palazzo Spada. Le decorazioni restaurate, a cura di Cannata R., con scritti di Lolli Ghetti M., Vicini M.L., Roma 1995, pp. 1-57; Ulisse A., Girolamo Siciolante da Sermoneta nella cultura artistica della maniera moderna. Opere, committenza, cronologia. Università degli Studi di Padova.Corso di Dottorato di Ricerca in Storia Critica e Conservazione dei Beni Culturali, Ciclo XXXI, Coordinatore Prof.ssa Vittoria Romani. Anno 2018; Amadio S., Girolamo Siciolante, sub voce. Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 92, 2018
17)Masetti Zannini G.L. Pittori della seconda metà del Cinquecento in Roma, Roma 1974, pp. 101-104;
18) Neppi L., Palazzo Spada, Roma 1975, p. 16
19) Lolli Ghetti, M.”Al S.r Fran.co Borromino che ce ne parli”..Il restauro del prospetto seicentesco di Palazzo Ossoli. Mario Lolli Ghetti/ Fabrizio Tarquini Roma 1993/1994
20) Neppi L.., cit, 1975, p. 44
21) Neppi L., cit. 1975, p. 44-75