di Silvana LAZZARINO
SULLA SCIA DEL GRANDE CRETTO DI GIBELLINA L’OPERA DI BURRI RISUONA COME UNA FERITA CHE TRAFIGGE L’ANIMA
La mostra “La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina” è in corso a Roma al Museo Carlo Bilotti- Aranciera di Villa Borghese fino a 9 giugno.
Insieme a Lucio Fontana può essere considerato l’artista italiano più importante del Novecento e iniziatore dell’Arte Povera: è Alberto Burri che con la sua opera si inserisce nel panorama dell’Informale proiettato ad una rappresentazione astratta di tipo segnico con cui definire la realtà nei suoi diversi aspetti con una connotazione originale. Nato a Città di Castello (Perugia) il 12 marzo del 1915 e morto a Nizza il 13 febbraio del 1995, dopo la laurea in medicina e successivamente all’esperienza della guerra si dedica all’arte passando dalla gestualità pittorica dell’espressionismo astratto di stampo americano e dall’arte informale europea, ad una diversa concezione di rappresentazione che privilegia l’uso di materiali insoliti, “poveri” e industriali in modo del tutto nuovo. Predilige materiali quali: sabbia, catrame, iuta, plastica per giungere alla fine degli anni quaranta ai “paesaggi del materiale” dipinti in rilievo dall’aspetto bidimensionale che condizioneranno gli artisti di diversi movimenti come gli esponenti del Neo Dadaismo, dell’ Arte Processuale e dell’ Arte povera.
Un’arte materica quella di Burri,
che trova precedenti nei collage dei cubisti, nel polimaterismo futurista, nella teoria della ricomposizione (“ready-made”) di Duchamp e ancora negli assemblaggi di Arp e nel materismo di Jean Fautrier. La sua pittura materica fa vivere materiali quali: sabbie, iuta, catrame, plastica, ferro, legno, insoliti e inconsueti a rappresentare se stessi nella loro essenza, creando strappi, cuciture, crepature, bruciature e combustioni quasi a mettere alla prova la resistenza della materia che cambia e si trasforma in rapporto allo spazio e alla luce circostante. Lacerazioni, increspature che fanno intravedere un senso di vuoto e sospensione drammatica. Sono queste lacerazioni, o meglio ferite, a fare da filo conduttore alla mostra a lui dedicata in corso a Roma presso il Museo Carlo Bilotti- Arancieradi Villa Borghese dove sarà visibile fino al 19 giugno 2019.
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale -Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra “La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina” prende lo spunto dall’intervento realizzato da Burri con l’opera di Land Art più grande al mondo: il Grande Cretto per la città di Gibellina distrutta dal terremoto del 1968 nella Valle del Belice. In occasione della ricostruzione del paese aveva ricoperto le macerie con un’enorme gettata di cemento come fosse un sudario bianco che ingloba i restii ricalcando la planimetria della vecchia Gibellina.
Prodotto e realizzato da Magonza editore, il progetto espositivo itinerante, curato da Massimo Recalcati con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, ad iniziare da questo intervento, ripercorre l’attività di Burri attraverso un percorso in cui sono presentati i suoi lavori più significativi in linea con la poetica della “ferita” che secondo Massimo Recalcati è presente in tutta l’opera dell’artista. Burri da forma alla ferita incidendo la materia a creare strappi, lacerazioni, crettature, bruciature giungendo a rappresentazioni inedite che invitano a riflettere su un’origine e un processo di recupero dello spirituale.
La ferita è presente ovunque dai Cretti ai Sacchi, dai Legni ai Catrami come un continuo aprissi di fessure, lacerazioni infinite inarrestabili.
Come scrive in “Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina”, Massimo Recalcati: nei Legni la ferita è generata dal fuoco e dalla carbonizzazione del materiale ma, soprattutto, dal resto che sopravvive alla bruciatura. Nelle Combustioni, lo sgretolamento della materia, la manifestazione della sua umanissima friabilità, della sua più radicale vulnerabilità, viene restituita con grande equilibrio poetico e formale. È ciò che avviene anche con le Plastiche dove, ancora una volta, è sempre l’uso del fuoco a infliggere su di una materia debole ed inconsistente come la plastica, l’ustione della vita e della morte.
Culmine della mostra sotto il profilo interpretativo sono le fotografie sul Grande Cretto realizzate da Aurelio Amendola,
fotografo per eccellenza che ha raccolto le immagine legate a Burri, alle sue opere e al suo processo creativo. Gli scatti di Amendola presenti in mostra sono stati realizzati in due riprese nel 2011 e nel 2018. E’ presente anche il video di Petra Noordkamp in cui viene ripresa l’opera di Burri e il paesaggio circostante, restituendo un racconto poetico e dalla grande sapienza tecnica. Il video è stato prodotto e presentato nel 2015 dal Guggenheim Museum di New York in occasione della grande retrospettiva “The Trauma of Painting”.
Ad accompagnare questa interessante mostra, patrocinata dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, dalla Regione Lazio e dalla Regione Sicilia, dal Comune di Gibellina e dalla Fondazione Orestiadi, è il volume della Casa editrice Magonza stampato su carta di pregio e di grande formato con testimonianze e ricerche inedite su Alberto Burri, la sua opera e Il Grande Cretto di Gibellina. Un nuovo testo di Massimo Recalcati raccoglierà gli sviluppi ulteriori della sua ricerca, insieme a interventi di storici dell’arte quali Gianfranco Maraniello e Aldo Iori.
Burri presenta un percorso artistico rivoluzionario
che sintetizza aspetti informali, contenuti minimali facendo uso di diversi materiali di varia provenienza in combinazioni ora semplici e lineari, ora complesse e multiformi.
Dopo la tappa romana di Villa Borghese, la mostra sarà a Riva del Garda al MAG- Museo Alto Garda da giugno ad ottobre in collaborazione con il MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Silvana LAZZARINO Roma aprile 2019
La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina
Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese, Viale Fiorello La Guardia 6, Roma
Orario :Ottobre – maggio da martedì a venerdì e festivi ore 10.00 – 16.00 (ingresso consentito fino alle 15.30). Sabato e domenica ore 10.00 – 19.00 (ingresso consentito fino alle 18.30). Giorni di chiusura: 1 maggio. Giugno – settembre da martedì a venerdì e festivi ore 13.00 – 19.00 (ingresso fino alle 18.30). Sabato e domenica ore 10.00 – 19.00 (ingresso consentito fino alle 18.30). Fino al 9 giugno 2019
Ingresso libero
Per informazioni: Info 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00) http://ww.museocarlobilotti.it