La “Flagellazione” nella chiesa di Santa Maria in Monticelli a Roma. Secondo Claudio Strinati è un’opera di Mario Minniti

di Francesco CARACCIOLO

In questi ultimi giorni il prof. Claudio Strinati (fig. 1) è stato protagonista di uno scoop che ha attirato l’attenzione dei suoi followers nonché dei suoi estimatori sui social, grazie ad un video, della durata di 1 minuto e 15 secondi, trasmesso il 3 febbraio sul suo canale facebook dove il grande storico dell’arte ed ex soprintendente romano ha lanciato una proposta di attribuzione riferita ad un affresco staccato raffigurante la Flagellazione di Cristo, ubicata nella seconda cappella della navata destra della chiesa di Santa Maria Monticelli, nel Rione VII in centro storico a Roma.

Strinati, dopo aver esaminato la questione dell’attribuzione da cui è nata una disputa molto accesa che dura ormai da tantissimi anni, ribadisce la sua convinzione, maturata da moltissimo tempo, che l’affresco possa essere stato eseguito da Mario Minniti (1577- 1640), pittore siciliano, amico e modello di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (1571-1610).

Intanto c’è da dire che l’affresco non è stato sempre lì dove è collocato attualmente, ma esso è stato rinvenuto nel 1860 durante un restauro sotto un dipinto della prima cappella della navata a sinistra; poiché la scoperta ha destato l’entusiasmo e la curiosità di numerosi artisti ed intellettuali romani di quell’epoca, l’affresco con la scena della Passione di Cristo raffigurante la Flagellazione (fig. 2) fu strappata dalla parete della prima cappella della navata a sinistra e ricollocata su un rudimentale telaio per poi essere esposta nella sede attuale a guisa di pala d’altare all’interno della seconda cappella destra che compare nel video del prof. Strinati.

Flagellazione, affresco, Roma, Santa Maria in Monticelli

Colpisce innanzitutto la composizione equilibrata della scena evangelica che ci riporta immediatamente alla mente il capolavoro di Sebastiano del Piombo, l’artista veneto che giunge a Roma nel 1511 su invito di Agostino Chigi, realizzando alcuni tra i più notevoli capolavori del Rinascimento maturo a Roma, tra cui, per l’appunto, la Flagellazione di San Pietro in Montorio (fig.3), eseguita tra il 1516 ed il 1524 con la tecnica della pittura ad olio sul muro.

3 Sebastiano del Piombo, Flagellazione, Roma, San Pietro in Montorio

Spiega in proposito Giorgio Vasari:

“Il Cristo alla colonna, che fece in San Piero a Montorio, infino ad ora non ha mai mosso et ha la medesima vivezza e colore che il primo giorno: perché usava costui questa così fatta diligenza, che faceva l’arricciato grosso della calcina con mistura di mastice e pece greca, e quelle insieme fondate al fuoco e date nelle mura, faceva poi spianare con una mescola da calcina fatta rossa, o vero rovente, al fuoco. Onde hanno potuto le sue cose reggere all’umido e conservare benissimo il colore senza farli far mutazione”.

Un’altra versione di straordinario valore artistico dello stesso soggetto è stata eseguita da Guido Reni intorno al 1640 , ovvero durante l’ultimo periodo di attività del pittore bolognese, in cui le forme anatomiche sono rese più evanescenti attraverso l’utilizzo di tonalità sempre più spente e monocromatiche (fig. 4).

4 Guido Reni, Flagellazione, Bologna, Pinacoteca Nazionale

Quanto all’attribuzione riferita al pittore Minniti, la questione rimane aperta. Ad oggi appare piuttosto difficoltoso ricostruire gli anni romani dell’artista siracusano tanto più che la maggior parte delle sue opere sono collocabili agli anni del suo rientro in Sicilia avvenuto nel 1605, quindi tre anni prima del soggiorno di Caravaggio a Siracusa (il Moir fa riferimento al periodo compreso tra il 1603 ed il 1604 in cui Minniti si sarebbe spostato in Sicilia).

Il corpus delle opere di Minniti ha avuto un tentativo di ricostituzione e di catalogazione attraverso gli studi sistematici di Giuseppe Agnello e di Santi Luigi Agnello, ma non meno fondamentale risulta l’apporto del Susinno, come fonte antica, per ricostruire la vita e l’attività del pittore. Mario Minniti, secondo il resoconto del Susinno, era a Roma già nel 1593 dove stette a bottega presso Lorenzo Carli siciliano, citato quest’ultimo per aver accolto anche Caravaggio nella sua bottega negli anni oscuri dei suoi esordi in cui era povero e bisognoso.

Del periodo siciliano del Minniti conosciamo invece diverse opere che mostrano un’aderenza al naturalismo caravaggesco con un accento più marcatamente patetico e popolaresco in cui la componente disegnativa appare ancora molto ben radicata; nelle opere isolane Mario Minniti indugia soprattutto nell’allungamento quasi innaturale della figura umana, utilizzando pennellate filamentose e una certa teatralità dei gesti dei personaggi laddove, per alcune composizioni affollate quali il Miracolo della Vedova di Naim del Museo regionale di Messina (fig. 5), non manca affatto il riferimento puntuale alla pittura di Carlo Saraceni.  

5 Mario Minniti, Miraolo della vedova di Naim, Messina Museo Regionale
6 Mario Minniti, Cristo risorto, Agira (Enna)

Se invece confrontiamo il Cristo Risorto (fig. 6) del dipinto di Agira in provincia di Enna, in cui Minniti mette in atto un dramma quasi popolaresco e troppo carico di pathos, con la Flagellazione di Santa Maria in Monticelli, s’intuisce quanto siano diametralmente opposte le concezioni artistiche di entrambi gli artisti che hanno concepito queste due scene legate alla Passione di Cristo.

Strinati nella sua dissertazione ignora gli studi precedenti che si sono focalizzati sull’affresco romano, descritto finanche dal Catalogo generale dei Beni Culturali che cita l’opera con queste parole :

 

 

’opera è stata eseguita da Antonio Carracci nel primo decennio del Seicento. E’ stata rinvenuta durante un restauro sotto un dipinto della prima cappella della navata sinistra.”

Quindi gli studi si concentrano piuttosto sulla figura artistica di Antonio Carracci, pittore dalla vita assai breve ed avventurosa. Di questo artista, figlio di Agostino, pittore bolognese legato all’Accademia degli Incamminati, sappiamo veramente poco soprattutto se vogliamo ricostruire una sua attività artistica svoltasi per la maggior parte a Roma; Antonio nacque a Venezia negli anni ’80 del Cinquecento  ed ebbe come padrino di battesimo il Tintoretto. Altre brevi notizie si deducono grazie alle citazioni del Mancini, del Baglione e del Malvasia, i quali non riescono a fare chiarezza circa la vera data di nascita del pittore che, stando alle fonti, morì nel 1618 e fu seppellito nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a Roma. Uno studio più approfondito condotto da Simone Andreoni sottolinea invece il contributo a livello artistico fornito dal pittore Antonio Carracci in un ciclo di affreschi incentrati sulle Storie della Passione all’interno della chiesa di Santa Maria in Monticelli: lo studioso mette in evidenza soprattutto i caratteri stilistici del Carracci che in Santa Maria in Monticelli realizza una delle sue prime opere indipendenti a Roma all’indomani della morte dello zio Annibale Carracci con il quale ha collaborato nel ciclo di affreschi a Palazzo Farnese; oltre a citare le prime fonti che nominano l’affresco, Andreoni mette a confronto la Flagellazione prima e dopo il restauro, ma fa riferimento anche alla situazione strutturale e conservativa della chiesa romana che, a causa di infiltrazioni dovute alle piogge e all’umidità, ha necessitato di un intervento radicale di ristrutturazione patrocinato dal pontefice Clemente XI entro il 1715. Comunque l’affresco della Flagellazione costituisce un esempio di quella temperie artistica che coincide largamente con l’influenza dei pittori di stampo classicista in stanza a Roma nel primo decennio del ‘600 ove operarono Guido Reni, l’Albani, Domenichino e i Carracci, costituendo un’alternativa molto valida e convincente rispetto al naturalismo di stampo caravaggesco molto influente in quegli anni nel panorama artistico romano. Pertanto si può datare la Flagellazione di Santa Maria in Monticelli agli anni ’10 del Seicento.

Fonti