La Fontana dei Fiumi alla mostra del Bernini: dalla esposizione dei modelli nuove conferme iconografiche

di Marcello Fagiolo*

*In occasione della Mostra “Bernini” alla Galleria Borghese – che ospita fra l’altro per la prima volta tutti i grandi modelli della Fontana dei Fiumi – abbiamo il piacere di riproporre le pagine dedicate da Marcello Fagiolo -che ringraziamo- a piazza Navona (da Roma barocca. I protagonisti, gli spazi urbani, i grandi temi, De Luca editori d’arte, Roma 2013).

 

Nella copertina del volume un fotomontaggio evidenzia i raggi di sole dorati che caratterizzavano all’inizio la Fontana dei Fiumi.

Bernini e la Fontana dei Fiumi in piazza Navona[1]

Piazza Navona, dove sorgeva il palazzo di famiglia di Innocenzo X Pamphili (1644-55), diviene l’epicentro della strategia papale (la piazza, fra l’altro, viene inserita nel 1644 nel percorso della via papalis in occasione del Possesso). I progetti e gli interventi di Borromini, Bernini, Pietro da Cortona (nonché di altri protagonisti come i Rainaldi) ridefiniscono la piazza come Corte dei Pamphili, dove si prevedeva fra l’altro di trasferire la Curia con gli uffici giuridico-amministrativi, nonché come restituzione antiquaria del “Circo Agonale” (in realtà, Stadio di Domiziano; fig. 3)

fig 3
fig 4

Il Circo, l’Euripus e la Meta sudante

La storia moderna dell’arredo urbano di piazza Navona è indirizzata al recupero e alla risignificazione del “Circo Agonale” (ritenuto anche “Circo Flaminio” o “Circo di Alessandro Severo“; fig. 4). Più volte in questo progetto pluridecennale di restituzione antiquaria si punta sul dualismo di elementi concepiti come “mete” circensi. Per una nuova risignificazione della ‘spina’ e delle ‘mete’  bisogna arrivare a Innocenzo X, il quale fin dall’inizio pensa al recupero dell’invaso circense nella sua triplice valenza di ‘foro’, di ‘corte’ e di complesso ‘palatino’. Nelle varie fasi del suo piano, il papa completava la ‘spina’ del Circo, rinnovava e sistemava la grande ‘isola pamphilia’ col Palazzo di famiglia messo in collegamento con la ‘basilica palatina’ di S. Agnese e col Collegio adiacente. In questo modo non soltanto piazza Navona “il più bel Teatro di Roma, ritornava alla primiera sembianza” (Lualdi)[2], ma si meditava per di più di trasferire in questo novello Palatino o “Palazzo Maggiore” la curia pontificia.

La Fontana dei Fiumi va intesa come monumento trionfale, se consideriamo la sua struttura ad arco quadrifronte roccioso e se poniamo mente alle restituzioni antiquarie di antichi archi quadrifronti sormontati da cuspidi piramidali o coniche (così venivano talvolta restituiti i due massimi esempi romani del Foro Boario e di Malborghetto).

E’ stato chiarito, del resto, che l’Obelisco agonale non è tanto un monumento sacrale come gli obelischi sistini, bensì un monumento politico che esprime il primato del papa vittorioso e trionfante sull’Urbe e sull’Orbe quadripartito: “i Fiumi, che rappresentano le quattro parti del mondo, non potevano riunirsi se non a Roma e sotto l’insegna di un papa romano […] La Fontana è simbolo di dominio sul mondo […] Ogni Fiume è subordinato all’obelisco, così come i prigionieri nei monumenti celebrativi sono sottomessi al loro vincitore […] Il dominio Pamphili dona coesione a tutto il mondo”[3]. O almeno si tratta del primato della Propaganda fide, e cioè della missione evangelizzatrice che a metà ‘600 segnava l’auspicio di una egemonia del cristianesimo nei quattro Continenti, col conseguente “esterminio di tutte le sette heretiche et idolatre[4].

L’abbinamento obelisco-fontana costituisce a sua volta un tipo di “meta” del tutto particolare, da mettere

fig 5

in collegamento con la Meta sudans, il misterioso monumento presso il Colosseo situato all’incirca in uno dei quattro vertici della “Roma quadrata” sul Palatino, all’incrocio delle quattro regiones della città regia e nell’intersezione di cinque delle quattro regiones augustee. La Meta sudans (fig. 5) va considerata nella sua stretta correlazione sia col “lago” neroniano della Domus Aurea, sia con un altro fondamentale edificio per lo spettacolo, il Colosseo: e tale correlazione verrà più tardi esplicitata nel progetto di Carlo Fontana di erigere una nuova fontana – a imitazione esplicita della Meta sudans – all’interno dell’anfiteatro da lui riconsacrato come “Tempio dei martiri“.

La “Meta sudante” veniva ricostruita dagli antiquari come sovrapposizione di un elemento geometrico (la

fig 6b

vera e propria meta conica) a un basamento con ricco apparato scultoreo. Tra le reinterpretazioni moderne vanno ricordate le due mete progettate da Ligorio nella tiburtina Villa d’Este, connotate dal doppio simbolismo delle “colonne d’Ercole” e della “montagna della Virtù“. Nella stessa villa tiburtina vanno ricordate – per la loro connessione con la Fontana dei Fiumi – le due fontane seicentesche con scogliere a guisa di rustici archi quadrifronti (fig. 6b).

In un progetto di iscrizione dedicatoria, riportato dal Kircher, la Fontana dei Fiumi viene definita “meta di romana magnificenza[5]; un secolo dopo viene più esplicitamente descritta come novella meta sudante: “Sorger Meta or si mira alta d’onore, / in cui quattro gran Fiumi con stupore / apron dai lati all’Acque ampio sentiero[6]. Un altro poeta così amplificava il rimando alla grandezza della civiltà imperiale, rivitalizzata dal berniniano teatro delle acque: “E Roma, a cui soggiacque il Mondo intero, / allor gioì, mirando in sé rinato / un monumento dell’Antico Impero[7].

Va ricordato poi che la ‘spina’ del circo pamphiliano verrà accresciuta ed enfatizzata più volte in occasione delle feste, e soprattutto nella Pasqua del 1650 col ‘circo cristiano’ allestito da Carlo Rainaldi per la festa spagnola della Resurrezione (fig. 2), e nel 1729 in occasione della nascita del Delfino di Francia.

fig 2

La stessa planimetria della Fontana (figg. 10) dimostra visivamente che la fontana con la montagna quadripartita  è una vera e propria immagine parlante delle Quattro Parti del Mondo (con la sua vasca ovale a guisa di mappamondo) e insieme delle ricostruzioni geografiche dei Quattro Fiumi del Paradiso Terrestre (vedi soprattutto il polo artico, descritto nella cartografia del Mercator, 1585-95, come un’isola dominata da una montagna sacra, una “rupes nigra et altissima” da cui discendono i quattro fiumi che confluiscono nel mare artico delimitato da America, Europa, Asia; fig. 12). Si aggiunga che la disposizione in diagonale dei quattro Continenti appare in sintonia col numerale “X” di Innocenzo, corrispondente al simbolismo del numero 10 (X) e del “X” platonico.

fig 11 Bernini Fiumi

La scogliera: fra Terra e Acqua

La scogliera di piazza Navona si pone come sintesi di Terra e Acqua, Montagna e Caverna, maschile e femminile. Si può dire che, per sua stessa natura, la scogliera è il risultato della immersione della Terra nell’Acqua, e anzi più esattamente si pone come Terra modellata dal Mare, con le sue straordinarie concavità che sembrano scavate dalle onde oltre che solcate sensualmente dallo scalpello berniniano (non a caso Gianlorenzo riservò a se stesso la modellazione della scogliera, affidando invece agli allievi i Fiumi, apparentemente più importanti).

Questo procedimento è a mio avviso una metafora dell’operazione scultorea che doveva sembrare quanto mai affascinante a Bernini, convalidando in un ulteriore e inaspettato senso la sua affermazione di essere “molto amico dell’acqua“. Del resto, la stessa materia, il travertino, veniva considerata una materia quasi vivente, modellata dalla escavazione dell’Aniene.

In tal senso appare del tutto plausibile il riferimento alle teorie di Alberto Magno sulla virtus mineralis delle

fig 13

pietre, se non alla vis lapificativa teorizzata da Kircher[8]. Sappiamo che la genesi progettuale della Fontana dei Fiumi procede dalla Geometria di blocchi ordinati fino al Caos naturalistico. L’affollatissimo disegno di Lipsia (fig. 13) può essere considerato come una simulazione didattica di tale procedimento, mettendo a confronto le diverse tappe di un ragionamento evoluzionistico che conduce dalla linearità assoluta (basamento monolitico giocato su allargamenti e restringimenti del blocco di pietra) alla tettonicità progressivamente più complessa (dal sistema trilitico dei blocchi fino a una struttura di pseudo-archi) e infine alla progressiva naturalizzazione della struttura a quattro contrafforti, sulla quale prendono posto i Fiumi in diverse formazioni. In questa simulazione, il punto di rottura fra astrazione e organicità sembra dato dalla crepa obliqua che si apre nella soluzione trilitica (all’estrema destra in alto), come in una folgorazione improvvisa. Alla prima sfida dell’obelisco che posa sul falso si aggiunge così, attraverso questo coup de foudre, la seconda sfida del taglio in diagonale che sommuove e sembra rendere precaria la tettonicità del basamento. Come ho già avuto modo di notare, il sottile ragionamento per absurdum si complica in questa tavola didattica mostrando un capzioso ragionamento obliquo “in falso”, o come si diceva allora “in barocco”, alternando la volontà di costruzione con uno “stupefacente” principio di de-costruzione, di distruzione dell’equilibrio prestabilito, di dissacrante furor naturalis. Alla fine del processo la roccia ‘folgorata’ si anima e acquista fremiti di vita nelle peonie, nei fichidindia, nei cedri e nella palma squassata dal vento: la geometria viene infine come esorcizzata definitivamente dal prorompente vitalismo che salda i tre regni della natura. E’ stato osservato che sarebbe stato “Linneo a formulare l’idea da cui Bernini era partito: Lapides crescunt, vegetabilia crescunt et vivunt, animalia crescunt, vivunt et sentiunt[9]. Il minerale, il vegetale e l’animale sembrano evolversi anche attraverso il diverso trattamento della materia, che si distende a ondate o si corruga e increspa fino a elevarsi nel candore dei quattro colossi e a sublimarsi nella doratura metafisica della Colomba pamphilia[10].

Se consideriamo la complessità di questo ragionamento progettuale, apparirà come un’operazione

fig 14

scarsamente utile la ricerca di possibili modelli per la roccia traforata. Potremmo enumerare svariati “archi naturali”, quasi operazioni della natura artifex ovvero arcoscenici rustici nei quadri di Carpaccio e di Bosch, di Claudio Lorenese e di Salvator Rosa. Potremmo ricordare il Parnaso traforato nel celebre quadro di Mantegna al Louvre (il monte fa da basamento a Marte e Venere) ovvero l’esempio più congruente della Fontana di Pegaso a Bomarzo con la rupe traforata dell‘Elicona immersa appunto in un circolare bacino acquatico. La scena rocciosa viene talvolta sperimentata in forme effimere, dalla montagna girevole dell‘Ade di Leonardo (sul retro appariva la caverna di Plutone) fino a esempi come la montagna allestita per l’ingresso di Enrico II a Rouen (1550) o come i due Archi di trionfo rocciosi eretti nel 1571 a Parigi alle due estremità del ponte Notre Dame con statue di Fiumi per l’ingresso di Carlo IX ed Elisabetta d’Austria (montagne sormontate dalla Nave di Parigi, a guisa di Arca sull’Ararat, e da Europa, fig. 14)[11] o il Parnaso traforato nell’apparato per le nozze del duca del Württenberg (Stuttgart, 1609) o la Grotta di Vulcano nelle scene di Alfonso Parigi per le Nozze degli Dei (Firenze, 1637) o la montagna traforata con la grotta del centauro nell’apparato del 1637 in piazza

fig 15

Madama a Roma per l’elezione imperiale di Ferdinando III (da notare il brulicare di serpenti, uccelli e vegetazione sulla roccia; fig. 15).

Si può dire che la Fontana dei Fiumi rappresenta la summa ermetica dei quattro Elementi, collocandosi in un filone di macchine cosmogoniche che va da Les Raisons des forces mouvantes di Salomon de Caus (1615) fino alle invenzioni di Athanasius Kircher. Le “forces mouvantes” sono appunto i quattro Elementi, dominati dalla potenza dell’Acqua, e in tale contesto acquista particolare pregnanza il nesso Montagna-Fiume-Caverna (figg. 16-17): Salomon de Caus presenta ad esempio, all’interno di un Fiume colossale sdraiato sulla montagna, la grotta di Orfeo dove convivono, ammaliati dalla musica, animali domestici, belve e mostri (fra i quali il leone, il serpente e il drago che meno di quarant’anni dopo trasmigreranno nella Fontana dei Fiumi)[12].

Gli animali berniniani sembrano incarnare la classificazione pliniana di animali terrestri, acquatici e aerei.  Il quarto elemento, il Fuoco, appare suggerito, secondo la testimonianza del Lualdi, dall’ardore della sete che guida alcuni degli animali (quasi in parallelo all’ardente sete di mistero racchiusa nei geroglifici della Fontana). Ecco il Leone che “smorza l’ardentissima sete nell’acqua. Spirano le narici l’ardore. E benché siano impietrite le viscere, e perciò gelate, il sentimento però del volto mostra, ch’egli avvampa nel cuore[13]. E così pure il Dragone del Gange “corre dentro le acque a smorzare della sete i suoi ardori“.

Più in generale, l’emblema papale trionfa sugli Elementi dispiegati ai suoi piedi: il Fuoco (a cui allude l’obelisco in quanto simbolo del raggio infuocato del Sole[14]), l’Acqua (espressa materialmente dalla distesa tranquilla della vasca e dal profluvio di cateratte e zampilli), l’Aria (simulata dal vento che agita la palma), la Terra (la roccia vivente). “E non sarà ardito vedere il trionfo del papa anche sui Caratteri dell’uomo simboleggiati (per esempio nella Iconologia del Ripa) proprio dai quattro Elementi. E anche i Fiumi risultano connessi al culto religioso: il Nilo, per esempio, è sacro per le benefiche inondazioni, il Gange accoglie i riti dell’India ed è incarnazione del dio Visnù, il Rio de la Plata è via di comunicazione e fonte di vita. E soprattutto il Danubio, già percorso in antico dalla nave degli Argonauti, era divenuto in età moderna prima il tramite dell’avanzata dei Turchi e poi il canale della successiva riconquista cristiana; e si osservi che il Danubio, simbolo dell’Impero asburgico[15], è l’unico dei quattro Fiumi a protendersi verso lo stemma papale che rientra nella sua sfera geografica d’azione (fig. 25).

Fra il Danubio e il Rio della Plata è visibile un blocco obliquo di travertino (fig. 18), che irrompe sopra l’apertura della caverna, da identificare con un raggio solare, del tipo di quelli più volte impiegati da Bernini[16]; e si noti che l’obliquità  è un vero e proprio leit-motiv nella Fontana (a parte la Palma inclinata, le rocce dei prospetti nord ed est sono molto inclinate e sovrastano il livello del basamento dell’obelisco).

Il raggio di luce appare con grande evidenza sia nel modello ligneo di Bologna (databile al 1648, fig. 19a) sia nel modello bronzeo del Palazzo Reale di Madrid (databile al 1651 e ritenuto assai vicino alla fase esecutiva, se non posteriore; fig. 19b)[17]: e si può ipotizzare che quasi certamente era stato rifinito pittoricamente per evidenziare i filamenti luminosi – a somiglianza di quelli della Santa Teresa e della Cattedra –  nella dipintura policroma della Fontana che Bernini aveva affidato a Guidubaldo Abbatini e a Marc’Antonio Inverno[18] e che avrebbe ricoperto gran parte dell’opera con l’eccezione dei Fiumi, del Leone, del Cavallo e degli stemmi papali scolpiti nel marmo di Carrara. Qui doveva essere sicuramente impiegata la doratura di cui parlano i documenti[19], insieme a una ombreggiatura che desse corpo ai filamenti luminosi; e aggiungerei che la doratura – oltre che alle lettere delle iscrizioni celebrative nonché alla Colomba araldica – poteva essere applicata anche alle monete che caratterizzano il Rio della Plata (al posto forse di una argentatura che meglio avrebbe individuato il fiume “d’argento”). Va ricordato che Bernini aveva introdotto elementi dorati anche nella statuaria, dalla Santa Bibiana (che regge una palma dorata del martirio) fino alla Verità che stringe il Sole nel Monumento di Alessandro VII in Vaticano.

Il raggio scaturisce esattamente dallo spigolo sottostante l’obelisco e dunque sembra condividere il simbolismo solare della guglia, attestato in antico da Plinio (“obeliscos solis numini sacratos, radiorum eius in effigie…”) e più recentemente da Michele Mercati (il fine degli “Obelischi fu di onorare il Sole, rappresentando in essi misteriosamente i raggi solari…”)[20]. In effetti le fonti descrivono il Rio della Plata formando di maraviglia atto stupendo, rivoltando in su l’inarcate ciglia, la vaga piramide rimira…”; oppure “tiene il volto verso il cielo, come abbagliato dal Sole nascente[21]: e dunque questa gestualità – che può essere assimilata alla iconografia del san Paolo caduto sulla via di Damasco – appare come un tramite esplicito tra il raggio di travertino e il raggio simbolico di granito. Lo stesso Rio della Plata, sarebbe collegato secondo il Lualdi a una virtù di ferace illuminazione: “gli si deve quel nome per la fecondità ch’egli infonde nei campi, sopra dei quali come pioggia d’argento liberalissimo inonda[22]. Dove il ricordo mitico della pioggia d’oro di Danae sembra soppiantare l’origine mineraria del nome (le monete sparse sotto al “Fiume Argenteo” secondo Domenico Berninirappresentano le ricchezze delle sue Miniere”). Scrive ancora il Lualdi: “giace il simulacro di questo fiume, quasi prostrato, sopra di scabrosi macigni, per poter meglio vagheggiare la dorata colomba”[23]. Alla evidente comparazione solare della Colomba con l’Obelisco va forse aggiunto il simbolismo legato alla figura del Serpente che sembra rivolgere lo sguardo al raggio di travertino[24]: tra i simbolismi positivi del serpente è stato infatti sottolineato il possibile riferimento al papa in quanto re e “custode del mondo[25]. In relazione alla sua ‘muta’ stagionale, il Serpente veniva assimilato per di più a a un altro animale sacro, la Fenice, in quanto simbolo di rinascita e di rigenerazione: “dall’alte rupi precipitosa rovina, dove fra sassi sfranta, dalle ceneri sue, quasi Fenice, altro serpe rinasce…[26]. In conclusione si può affermare che il potere solare discende progressivamente senza soluzione di continuità dalla Colomba (Sapienza divina) all’Obelisco (sole simbolico) e al raggio di travertino, il quale sembra contrapporsi all’oscurità della caverna: e resta da chiedersi se quella caverna sia genericamente filosofico-iniziatica o se non alluda cripticamente alla grotta della natività illuminata divinamente, dove si salderebbero – secondo la comparazione delle religioni – il natale di Mitra e quello di Cristo “Sol Iustitiae”.

La scogliera berniniana, in senso più lato, partecipa di un misterioso universo semovente che andrebbe assunto come premessa per tante invenzioni berniniane fra teatro, festa e architettura “naturalizzata”. Questo teatro di elementi e di forze scatenate in taluni casi discende dalle scenografie fiorentine di Buontalenti e dei Parigi. Ma si pensi anche all’archetipo del Monte-Colosso-Città-Fontana legato al leggendario progetto di Dinocrate, narrato da Vitruvio, per una città in onore di Alessandro Magno.

Ho già cercato di dimostrare, poi, che la poetica della montagna e delle acque potrebbe rientrare nella teorizzazione della scena satirica. “Vitruvio, trattando delle scene – scrive il Serliovuole che questa sia ornata di arbori, sassi, colli, montagne, herbe, fiori et fontane“. Tale scena, che doveva imitare il Bosco e la Selva, si manifesta appunto nelle piazze e nei giardini romani con la mimesis di scogliere, di alberi e di fenomeni naturali come la Pioggia e il Diluvio (già evocati nelle fontane maderniane del Quirinale). Si ricordino soprattutto la mostra rustica dell’Acqua Paola in Vaticano, alternativa all’arco trionfale del Fontanone del Gianicolo (un teatro di scogli dominato da animali araldici), e l’altra rustica Fontana del Mascherone di Villa Borghese col suo arco ‘naturale’ a guisa di arcoscenico che inquadra il bosco aldilà di trasparenze acquatiche. Più vicina alla Fontana dei Fiumi – sia per la datazione che per il simbolismo – è la Fontana della Colomba ideata dall’Algardi per Villa Pamphili.

Il Lago, il Diluvio e la Naumachia

In piazza Navona si registra, col “Lago”, un esempio assai significativo di tangenza tra antichi e nuovi teatri d’acqua. Maurizio Fagiolo ha giustamente attribuito al Bernini l’invenzione del “Lago” (documentato per la prima volta nel 1652, e cioè un anno dopo l’inaugurazione della Fontana; fig. 22, 37)[27]:

fig 22

come è noto, lasciando tracimare l’acqua delle fontane, si otteneva l’allagamento della parte meridionale della piazza (verso S. Giacomo degli Spagnoli, dove era un avvallamento) per consentire a nobili e plebei di trarre refrigerio nella calura estiva, sguazzando nell’acqua a piedi o in carrozza. Lo spettacolare allagamento, riservato al sabato e alla domenica, fu reso possibile anche attraverso la parziale eliminazione degli aspetti più sconvenienti del mercato (editto papale del giugno 1651).

Rileggendo la descrizione della Fontana del Lualdi (1651), ho potuto riscontrare come l’idea del “lago” fosse presente fin dall’inizio nella progettazione idraulica (dovuta forse a Luigi Bernini, assistente di Gianlorenzo): si legge infatti, a proposito dello storione-delfino, che “questi con l’aperte fauci tracanna tutte l’acque, che dalle molte sorgenti dentro quel recinto si raccolgono: e fuori per occulto sentiero le tramanda per allagare il gran Foro, dove è più basso“.

Il corretto inquadramento del “lago” nel disegno di nobilitazione della piazza contribuisce a chiarire ulteriormente il significato della Fontana dei Fiumi. Il “lago”, talvolta chiamato “diluvio”, viene infatti a confermare il collegamento ideologico tra la Fontana berniniana e il diluvio universale. Fin dai giorni dell’elezione e incoronazione, Innocenzo viene visto dai cortigiani come nuovo Noè (“Huius saeculi Noe” si legge in una incisione allegorica del 1645) e Roma come arca di salvezza, mentre si consolidano le aspettative per la pace che avrebbe posto termine alla Guerra dei Trenta Anni. Sono eloquenti i soggetti di tre apparati effimeri in onore del papa[28]. Il primo, eretto per la incoronazione (4 ottobre 1644) davanti al palazzo dell’ambasciatore di Spagna, consisteva in un monte Ararat sormontato dall’Arca con in cima la colomba[29]; l’apparato venne forse riutilizzato in piazza di Spagna in occasione del Possesso (23 novembre)[30]. Più interessante il terzo apparato, eretto in piazza Navona per il Possesso:

fig 21

fu fatto similmente il Monte, et da basso in modo d’antri, ove erano aggiustati quelli stessi Tritoni di marmo della Fontana, in cima al monte ci era l’Arca scoperta di sopra, et Noè affacciato mezzo fuori, con le braccia aperte per ricever la Palomba, quale stava vicino al tetto dell’Eminentiss. et havea da scender per una corda, e dar fuoco all’Arca” (fig. 21)[31].  A parte l’evidente contiguità di queste montagne dell’Ararat con la scogliera berniniana, si può rilevare una ulteriore suggestione, cioè che la scogliera stessa costituisca una sorta di Arca, con la selezione dei suoi animali che popolano le rocce e le caverne in modo analogo sia all’apparato-isola sovrapposto in origine alla Fontana del Moro (coi Tritoni dellaportiani inseriti in grotte) sia al secondo apparato di piazza di Spagna (“in basso ci erano formati certi antri dentro d’ognuno delli quali stava un Drago per guardia“)[32]. È noto poi il progetto di Borromini per la Villa Pamphili con le idee dell’allagamento artificiale e dell’Arca di Noè con tre ordini di animali veri o finti.

Il “lago” contiene peraltro un ironico riferimento alle periodiche alluvioni o “diluvi” del Tevere che, straripando, trasformava le bassure del Campo Marzio in un paesaggio lagunare. E a questo si aggiungerebbe – secondo la tesi di Maurizio Fagiolo – il riferimento criptografico alle benefiche inondazioni del Nilo[33].

fig 23

È noto che lo spettacolo del “lago” si presenta come revival d’una tipologia teatrale antica, la Naumachia:la grande quantità d’acqua data dalle tre Fontane, procura in estate uno spettacolo assai singolare e divertente: on croiroit voir une Naumachie antique” (fig. 23)[34]. Si pensi che da uno spunto analogo, secondo D’Onofrio, era nata un’altra opera berniniana, la Barcaccia di piazza di Spagna, impiantata non lungi dal sito della Naumachia di Domiziano.

Lo stesso euripus del Circo Massimo – messo da Ligorio in riferimento con le Naumachie – era del resto destinato a combattimenti ludici: “era intorno alla cavea del Circo un euripo cioè canale d’acqua, nel quale alcuna volta straordinariamente combattevano animali marini, come Cocodrili portati dall’Oceano” (fig. 4)[35]. Il significato dell’euripus era così chiarito nella celebre epistola di Cassiodoro, riportata da Ligorio: “il ruscelletto dell’acqua rassomiglia il mare, et però i Delphini vi vanno di dentro notando“. Vanno ricordate inoltre le venationes acquatiche con coccodrilli e ippopotami che si svolsero nei circhi romani a partire dal tempo di Augusto. Tutte queste testimonianze possono dunque offrire un nuovo supporto antiquario per la presenza degli animali acquatici nella Fontana.

L’obelisco al centro della grande “nave” agonale (si pensi alla pseudo-etimologia popolaresca di “Navona”) potrebbe trovare un ulteriore riscontro archeologico nell’obelisco posto in antico al centro dell’Isola-nave tiberina: se ne veda la restituzione plastica ideata da Ligorio nella “Rometta” di Tivoli, con l’obelisco come albero di nave al centro di due getti d’acqua (anticipando in qualche modo i tre poli della ‘spina’ agonale). Ma piazza Navona poteva essere interpretata anche come “Arca”, a giudicare dalla già ricordata festa del 1644 in omaggio a Innocenzo X (cfr fig. 21). Per non parlare della fondazione mitica dei “ludi Agonales” da parte di Numa Pompilio, presunto antenato di Innocenzo X (Pamphilius=Pompilius).

Il lacus era uno dei più diffusi tipi di fontana nella Roma antica, citato più volte accanto alle fontes (sorgenti o fontane), ai castella aquae e ai salientes (le fontane a pilastro, come la Meta Sudante); nel periodo tardo-imperiale si contavano a Roma ben 1352 laci (contro soli 15 nymphaea), dal che si evince che il termine “lacus” era diventato egemonizzante, assorbendo evidentemente altri tipi di fontane. E dunque il “lago” di piazza Navona riassume gioiosamente svariati archetipi antichi nonché eventi naturali come lo straripamento, e tradizioni popolari come gli allagamenti delle piazze (un altro ‘lago’ si effettuava davanti a Palazzo Farnese).

Come gli obelischi di Sisto V erano consacrati alla Croce, così l’obelisco innocenziano viene riconsacrato attraverso il simbolismo battesimale dell’acqua e dell'”innocente” colomba (emblema dei Pamphili e di Venere oltre che attributo di Noè e immagine dello Spirito Santo). Leggiamo nella iscrizione di una medaglia papale che il presunto sangue versato dai martiri nei Ludi agonales (in realtà nello stadio si svolsero soltanto giochi ginnici e gare poetiche) sarebbe stato infine purificato dall’Acqua Vergine delle fontane: “abluto aqua virgine agonalium cruore“.

Nel foro-circo pamphiliano aleggia un simbolismo reiterato di morte-resurrezione, di trionfo del divino, di primato della virginalità e della purezza “innocente”. La Fontana esprime anche l’idea dell’Innocenza trionfante lungo l’asse cosmico che congiunge i tre regni del Cielo, della Terra e degli Inferi, secondo l’intuizione della suora domenicana Maria Porzia Vignoli: “O te felice, o Roma! / O te beata appieno, / mentre chiudi nel seno / quell’Innocenza altera, / ch’al Cielo, al Mondo, et agli Abissi impera[36].  A parte il simbolismo dell’Innocentia-Virginitas  (collegabile alla vergine-martire Agnese, e all’Aqua Virgo di cui la Fontana veniva a costituire la Mostra più monumentale, data l’incompiutezza del progetto di Bernini per la Fontana di Trevi) questo tipo di lettura parrebbe convalidare l’interpretazione ermetica della Fontana – attribuibile all’influenza di Kircher – come sovrapposizione di mondo elementare (scogliera), mondo angelico (fusto dell’obelisco) e intelletto divino (coronamento)[37]. Si aggiunga che il nesso Terra-Sole costituito dall’obelisco sulla montagna può ricondurre a sua volta al simbolismo mitraico dei santuari in grotta e alla iconografia di Mitra che nasce dalla roccia (ad esempio nel mitreo di S. Clemente; si pensi anche all’altra scena di Mitra che, come Mosè, fa scaturire l’acqua dalla rupe).

Il simbolismo ermetico-egizio va poi inserito nella particolare atmosfera di quiete dopo la tempesta e di rigenerazione che si colloca tra i due estremi della pace del 1648 e della perdonanza giubilare del 1650[38]. Allude a quest’ultima un progetto di iscrizione dedicatoria riportato da Kircher (“innocentius x / cum anno instaurandae iustitiae sacro / ex uno virginis aquae fonte / quatuor effudit fluvios / antiqui paradisi / hoc est / iustitiae specimen exhibet / et saeculum renovat“) dove l’aspettazione giubilare si salda con l’attesa del ritorno di Astrea e la nuova età dell’oro col paradiso terrestre[39].

fig 1 Veduta aerea di piazza Navona

 

DIDASCALIE

  1. 1. Veduta aerea di piazza Navona (foto G. Merlin).
  2. 2. Carlo Rainaldi. Festa della Resurrezione in piazza Navona (1650, incis. D. Barrière).
  3. 3. Giacomo Lauro. “Circo Agonale” (da Antiquae urbis splendor, 1613).
  4. 4. Pirro Ligorio. Restituzione dell’antico Circo Massimo (incis. M. Tramezino, 1553).
  5. 5. Giacomo Lauro. La “Meta sudans” presso il Colosseo (incis., da Antiquae urbis splendor, 1613).
6a-b. Villa d’Este a Tivoli. Le “Mete sudanti” progettate da Ligorio per le peschiere (particolare della incisione di E. Dupérac, 1573) e una delle due “mete” rustiche nel giardino inferiore (incisione di G. F. Venturini).
  1. 7. Fontana dei Fiumi (archit. Bernini, 1648-51; foto C. Marconi). Le statue del Danubio, che rende omaggio allo stemma di Innocenzo X (Antonio Raggi) e del Gange (Claude Poussin). cfr fig 25
  2. non riprodotta, 9 non riprodotta
  3. 10. Fontana dei Fiumi. Pianta zenitale (rilievo di D.M.T. Abbate).
  4. Veduta dall’alto della Fontana dei Fiumi (foto P. Piccioni, da A. Pandolfi 2012).
  5. 12. Gerardus Mercator. L’isola del Paradiso Terrestre coi Quattro Fiumi che scaturiscono dalla montagna (da Atlas, 1585-95).
  6. 13. Gianlorenzo Bernini. Studi per la Fontana dei Fiumi (disegno; Leipzig, Museum der bildenden Künste). Tavola ‘didattica’ con l’evoluzione progettuale dalla sovrapposizione di blocchi squadrati fino alla scogliera con aperture diagonali a guisa di ‘fulmini’.
  7. 14. Parigi, Arco trionfale effimero per l’ingresso di Carlo IX (incis. 1571). La montagna è sormontata da due Fiumi e dal Ratto di Europa.
  8. 15. Roma, apparato in piazza Madama per l’elezione dell’imperatore Ferdinando III (incis. 1637, partic.).
  9. Salomon de Caus. Montagna con Fiume colossale (da Les Raisons des forces mouvantes, 1615).
  10. 17. Salomon de Caus. Interno della Montagna precedente, con Grotta di Orfeo.
  11. 18. Fontana dei Fiumi. Lato occidentale col Rio della Plata e il Danubio (scultori Francesco Baratta e Antonio Raggi; foto C. Marconi). Da notare il blocco obliquo di travertino che si incunea in alto, folgorando la scogliera con un raggio di luce, in origine dipinto ad oro.
19a. Gianlorenzo Bernini. Modello ligneo della Fontana dei Fiumi (legno, con figure in terracotta; Roma, coll. priv.). Da notare il raggio solare sopra al Rio della Plata.
19b. Gianlorenzo Bernini (attrib.). Modello bronzeo della Fontana dei Fiumi (Madrid, Palazzo Reale; da D. Rodríguez Ruiz 2003). Da notare il serpente sovrapposto al raggio solare.
  1. Filippo Gagliardi (attrib.). La visita di Innocenzo X alla Fontana dei Fiumi (olio su tela, 1651; Museo di Roma).
  2. 21. Apparato pirotecnico per Innocenzo X in piazza Navona con l’Arca di Noè sul monte Ararat (disegno, 1644; Milano, collez. priv).
  3. 22. Giovanni Paolo Panini. Il “lago” di piazza Navona (olio su tela; Hannover, Niedersächsisches Landesmuseum).
  4. Giacomo Lauro. Naumachia Domitiani (da Antiquae urbis splendor, 1613).
  5. 24. Il “lago” di piazza Navona (antica fotografia). La fotografia dimostra come l’allagamento avvenisse soltanto nella metà meridionale della piazza, tra la Fontana dei Fiumi e il palazzo Pamphili a sinistra e S. Giacomo degli Spagnoli a destra.
  6. 25. Fontana dei Fiumi col Danubio che rende omaggio allo stemma papale e il Gange (scultori Antonio Raggi e Claude Poussin; foto C. Marconi).

 

[1] Ho trattato queste tematiche nei seguenti studi: Marcello e Maurizio Fagiolo dell’Arco, Bernini – una introduzione al Gran Teatro del Barocco, Roma 1966; M. Fagiolo Roma delle delizie. I teatri dell’acqua: grotte, ninfei, fontane, Milano 1990; M. Fagiolo, La scena delle acque, in M. Fagiolo dell’Arco (a cura di), Gianlorenzo Bernini regista del Barocco, cat. della Mostra, Milano 1999, pp. 137-46; M. Fagiolo, P. Portoghesi (a cura di), Roma barocca, cat. della Mostra, Milano 2006, pp. 69-71 e 200-207.
Una versione più ampia del testo è nel mio libro Roma barocca, 2013, al quale rimando per le referenze bibliografiche.
[2] Lualdi, 1651. È stato chiarito che gli eruditi di corte mettevano in collegamento il “Circo Agonale” coi ludi agonales fondati da Numa Pompilio, il quale veniva arbitrariamente ascritto alla gens pamphilia (per tale curiosa genealogia pamphiliana inventata da N.A. Caferri, vedi R. Preimesberger 1974, pp. 84-85).
[3] N. Huse 1970, p. 10. E’ stato già notato che l’Obelisco è di per sé una immagine della quadripartizione cosmica, con le facciate rivolte verso i punti cardinali e dunque verso le quattro parti del mondo (R. Preimesberger 1974).
[4] Per questo auspicio, allora formulato da M. Lualdi, vedi C. D’Onofrio 1986, p. 398.
[5] “INNOCENTIUS X / MARMOREO AQUAE VIRGINIS MONUMENTO / AEGYPTIORUM OBELISCUM IMPONENS / METAM POSUIT ROMANAE MAGNIFICENTIAE” (in A. Kircher 1650).
[6] A. Bracci 1754, p. 39.
[7] Da un sonetto di F. Battistini, in “Raccolta delle Belle Arti”, Roma 1789, p. 71.
[8] Si veda, oltre a N. Huse 1970, p. 14, Ph. Morel 1998.
[9] N. Huse 1970, p. 14. Viene qui ipotizzato un riferimento alla gerarchia degli animali teorizzata da Aristotele o alla classificazione pliniana degli animali acquatici, terrestri, aerei.
[10] Per l’interpretazione della Colomba come metafora di luce solare e come sintesi di “spiritus mundi” e di “spirito santo” vedi R. Preimesberger 1974, pp. 135-37.
[11] Vedi la cronaca di S. Bouquet, Bref et sommaire recueil, in E. Graham, W. McAllister Johnson 1974.
[12] Per una analisi dell’opera del De Caus rimandiamo a J. Baltrusaitis 1978, pp. 74-77.
[13] M. Lualdi 1651.
[14]  Si pensi alla forma simbolica della cuspide o “pyramidion” (con riferimento alla radice pyr=fuoco). Preimesberger (1974, pp. 110, 134) fa riferimento sia a Isidoro da Siviglia (coronamento dorato a guisa di fiamma, “quoniam sol plurimum in se caloris atque ignis habet”) sia a Michele Mercati (mescolamento dei quattro Elementi grazie alla vis generativa del Sole).
[15] Vedi R. Preimesberger 1974, p. 124.
[16] Si vedano ad esempio i raggi dorati della Santa Teresa e della Cattedra. Osservando con attenzione la Scogliera, si nota come i blocchi di travertino corrispondenti al raggio solare sono aggiunti e sovrapposti ai blocchi retrostanti (in particolare i due tagli orizzontali del raggio – che segnalano la consistenza dei blocchi di travertino – non coincidono coi tagli della roccia sottostante).
[17] Secondo D. Rodriguez Ruiz 2003 il modello di Madrid può riflettere il progetto esecutivo ovvero una ‘memoria’ della Fontana: in tal caso sarebbe stato eseguito appositamente come omaggio a Filippo IV (il cui stemma, non più esistente, sostituiva quello pamphiliano). Il bacino viene rappresentato in forma ovale, mentre il bacino del modello di Bologna (peraltro molto affine a quello di Madrid) è a pianta circolare.
[18] Il 9 giugno 1651 viene pagato con 10 scudi “Gio. Baldo Abbatini Pittore… per haver fatta dare, e dato di sua mano la tinta allo scoglio, palme e fogliami”; il 10 giugno 20 scudi a “Marc’Antonio Inverno indoratore… a conto dell’indoratura… alle quattro inscrittioni della guglia e della tinta che dà allo scoglio” (C. D’Onofrio 1986, p. 426).
[19] Vedi R. Preimesberger 1974, p. 144.
[20] Vedi R. Preimesberger 1974, p. 109.
[21] Per queste citazioni da Bernal di Gioya e Passeri, vedi R. Preimesberger 1974, p. 159.
[22] M. Lualdi 1651, cit. da N. Huse 1967, p. 89.
[23] M. Lualdi 1651.
[24] Si noti che nel modello bronzeo di Madrid il Serpente appare connesso al raggio molto più che nell’opera realizzata: la testa è molto vicina al raggio, mentre la coda vi si sovappone e lo oltrepassa.
[25] Così si evince dai “geroglifici” di Horapollo e di Pierio Valeriano (R. Preimesberger 1974, pp. 138-140).
[26] M. Lualdi 1651.
[27] M. Fagiolo dell’Arco 1982 e 1997.
[28] Per questi apparati (già segnalati da R. Preimesberger 1986) vedi M. Fagiolo dell’Arco 1977 (con S. Carandini), 1982 e 1997.
[29] Per questo apparato vedi R. Preimesberger 1986, p. 82.
[30] “Un Monte quale era quello di Armenia, dove si  fermò l’Arca, e da basso ci erano formati certi antri dentro d’ognuno delli quali stava un Drago per guardia, parte dell’Arma del detto Ambasciatore, et in cima al detto Monte doi Leoni […] e la Fama con una grandissima Tromba” (relazione di G.M. Bonelli de’ Rasori 1644, cit. da M. Fagiolo dell’Arco 1997, p. 335).
[31] Da G.M. Bonelli de’ Rasori 1644, cit. da M. Fagiolo dell’Arco 1997, p. 335.
[32] Dalla citata relazione del Bonelli Rasori, 1644. Il progetto iniziale berniniano, documentato dal disegno della Biblioteca Vaticana (Archivio Chigi) partiva proprio da una figura umana inserita nella grotta (per l’interpretazione del misterioso vecchio barbuto vedi R. Preimesberger 1974, pp. 116-19).
[33] Si rimanda a M. Fagiolo dell’Arco 1982 e 1997, oltre che alla più vasta interpretazione di tale tema proposta da V. Rivosecchi 1982 sulla base delle idee del Kircher.
[34] J. De Lalande 1769.
[35] P. Ligorio 1553.
[36] M.P. Vignoli 1651.
[37] Rimando alla interpretazione di V. Rivosecchi 1982, pp. 121-23 e fig. 150.
[38] “Si dovrà aggiungere che si sta approssimando il Giubileo della metà del secolo. In questo senso, l’allegoria della fine del Diluvio, in concomitanza con la piena del Nilo (un equivalente di fertilità e ricchezza), diventa un traslato della quiete che il regno pamphiliano vuole assicurare al mondo” (M. Fagiolo dell’Arco 1997, p. 154).
[39] Per uno sviluppo delle tematiche del Paradiso Terrestre e dell’Età dell’Oro, anche in rapporto al simbolismo del Serpente e della Palma, rimando a R. Preimesberger 1974, pp. 142-43. Per la connessione delle quattro parti del mondo col Paradiso Terrestre rimando anche alle mie osservazioni in M. Fagiolo, M. A. Giusti 1998.