“La forza ‘egocentrica’ dell’intuizione, la volontà ‘iconoclasta’ del libero arbitrio” nelle opere di Salvatore Scarpitta (Roma, Galleria Mattia De Luca, fino al 21 Giugno).

di Marco FIORAMANTI

UN OUTSIDER. E UN GRANDE RIGORE FORMALE

SAL – SALVATORE SCARPITTA

a cura di Luigi Sansone

Roma, Galleria Mattia De Luca

Siamo davanti alla prima retrospettiva romana – nelle splendide sale di Palazzo Albertoni Spinola, alle spalle del Teatro Marcello – di Salvatore Scarpitta, uno dei protagonisti dell’universo artistico internazionale del secondo dopoguerra. Conosco Luigi Sansone – raffinato esperto e curatore “personale” delle opere di Scarpitta – da oltre trenta anni e ogni volta che mi parlava di lui gli leggevo una certa emozione nello sguardo. Aveva ragione. Quel pittore dagli inizi figurativi di vaga impronta futurista (della serie: quando il dinamismo ti vortica dentro), decide poi di passare all’astratto finché un giorno, abbandonato il pennello, “il poeta in fasce” – come lo chiamo io – strappa la tela dipinta a olio e ne mette in tensione i brandelli, ridotti a fasce.

Era una necessità legata alla mia esperienza umana – racconta Scarpitta – la guerra mi aveva cambiato, la paura e la voglia di vendetta, dovevo correre il rischio di lasciare impronte. Volevo entrare in contatto con la natura nascosta e più difficile delle cose.

È il 1957 quando scatta la scintilla che lo renderà famoso. Inizialmente dipinte, poi lasciate monocrome, quelle bende intrecciate diventeranno il suo segno di riconoscimento. Grazie all’intuizione in primis di Plinio De Martiis (Galleria La Tartaruga, Roma) insieme al barone Giorgio Franchetti, noto collezionista, fu poi Leo Castelli a New York, con cui Scarpitta collaborò fino alla fine, a proclamarne definitivamente il carisma a livello internazionale.

MDL – Scarpitta – Gunner’s Mate – 1961 (Courtesy Daniele Molajoli)

Nonostante il nonno, siciliano, mosso da Palermo su un veliero nel 1859 alla volta degli States, e nonostante in America visse suo padre, scultore e insegnante d’arte, con l’allieva che divenne sua madre, Nadia Yarotsky, attrice hollywoodiana, nascere a New York quel 23 marzo 1919 al Children’s Hospital all’angolo tra la 63^ e Madison Avenue non lo fece mai sentire del tutto a casa.  Da una parte l’amore viscerale per le origini della sua famiglia, dall’altra il carattere effervescente e multi(in)disciplinare, e l’estrema difesa per i diritti degli Indiani, lui di yankee aveva ben poco.

MDL – Scarpitta – Senza titolo (Extramural n. 16) – 1958 (Courtesy Daniele Molajoli)
MDL – Scarpitta – Vulcania – 1960 (Courtesy Daniele Molajoli)

Il carattere grintoso ed esuberante dell’artista esce fuori già dagli anni dell’adolescenza. Il personaggio di Cosimo Piovasco di Rondò, un nome-una storia che tutti conoscono, quella del Barone rampante, prese forma proprio da Scarpitta. Pochi sanno che Italo Calvino si ispirò proprio alle gesta del giovane “Sal”, undicenne, quando l’amico Leoncillo, grande scultore e ceramista, nel 1956 gli raccontò l’antico evento: il ragazzo, per protesta col padre, si arrampicò un giorno su un albero inventandosi una sfida di resistenza. La notizia si sparse in un lampo. Restò su per trentaquattro giorni. Una ricca americana che abitava nelle case di Frank Lloyd Wright volle premiarlo con 1.500 dollari che suo padre utilizzò per un viaggio in Italia con l’intera famiglia.

MDL – Scarpitta – Toga – 1958 (Courtesy Daniele Molajoli)

Il ragazzo passa l’infanzia in California e resta folgorato dalle corse automobilistiche che diventeranno parte integrante del suo essere artista. A diciassette anni torna in Italia e si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Nel 1945, a Napoli, si arruola volontario nella Marina statunitense. Artista bilingue, diventa uno dei Monuments Men per la catalogazione delle opere trafugate dai nazisti. Diceva l’amico pittore Piero Dorazio:

Un paio d’anni dopo Salvatore riapparve con sua moglie Clotilde a via Margutta, nello studio di Turcato, e da allora fu integrato nella comunità degli artisti romani.

Dalla fine del 1958 torna a vivere a New York. Qui modifica la sua tecnica imbevendo le bende di resine plastiche per mantenere viva la tensione. Nel 1961 alla Dwan Gallery di Los Angeles presenta una nuova serie basata sulle X, rompendo lo schema fisso del rettangolo, aggiungendo poi cinghie, ganci e fibbie. Nel ’64 a New York, nel suo studio al 333 di Park Avenue South realizza con materiali di riciclo Rajo Jack, la sua prima macchina da corsa.

Pennsylvania, anni 90 (Courtesy Luigi Sansone)

Scrive Scarpitta:

Ad un certo momento, guardando tutti i quadri e riflettendo sulle varie esperienze americane ho capito che ci doveva essere nell’opera una maggiore innocenza e allora scelsi il giocattolo della mia infanzia, che era la macchina da corsa.

Le opere in mostra, elegantemente descritte dal vivo e commentate nei dettagli da Marco Zindato Researcher&cataloguer della galleria De Luca, possono essere definite nel loro insieme degli “oggetti-scultura”. Grande impressione desta negli occhi dell’osservatore la presenza di uno degli originali delle macchine da corsa. La passione di Scarpitta per le corse automobilistiche lo porta a realizzare nuovi “falsi” prototipi assemblando rovine di vecchie auto incidentate – in qualche modo rendendo omaggio al pilota – realizzando una vera e propria scuderia. In fondo, come le bende abbracciano il telaio, così l’automobile abbraccia e protegge l’individuo.

SAL – installation (Courtesy Daniele Molajoli)

Una vita davvero avventurosa da outsider. Il dinamismo creato inizialmente dalle bende e prima ancora sui dipinti dei corpi in movimento, si trasferiscono agli “oggetti di movimento” per eccellenza, macchine da corsa, sci, slitte.

SAL – installation (Courtesy Daniele Molajoli)

Scrive Luigi Sansone nella presentazione:

“Oltre a sviluppare ulteriormente il tema delle fasce si orienta in quattro direzioni principali: la geometrica realizzazione di opere con la significativa struttura a X; l’innesto vitale di materiali provenienti dal mondo delle corse automobilistiche nei lavori con le fasce; la costruzione di auto da corsa; la realizzazione di slitte e di strutture da traino ispirate al mondo dei nativi americani”.
SAL – installation (Courtesy Daniele Molajoli)

Una mostra questa che andrebbe visitata non solo dagli addetti ai lavori, ma da tutto il corpo insegnante&studente per comprendere la forza “egocentrica” dell’intuizione, la volontà “iconoclasta” del libero arbitrio e la convinzione profonda di una fede nel proprio agire per trasformare la società in una comunità più umana e tollerante.

Marco FIORAMANTI  Roma 2 Giugno 2024