di Giulio de MARTINO
Adolfo Porry-Pastorel – L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia.
A Palazzo Braschi, nelle sale di cortile, una mostra di non grandi dimensioni, ma di ottima qualità, si propone di analizzare il lavoro pionieristico di Adolfo Porry-Pastorel (1888-1960) e dell’agenzia fotogiornalistica V.E.D.O. (Visioni Editoriali Diffuse Ovunque) da lui fondata nel 1908.
Porry-Pastorel fu fotoreporter già a 20 anni: del ‘Messaggero’ e poi del ‘Giornale d’Italia’ e de ‘La Voce’. Fu sperimentatore, oltre che di nuove strategie informative anche di innovative tecniche di stampa e trasmissione delle immagini. Fu protagonista dell’ascesa della fotografia nella formazione della pubblica opinione, in competizione amichevole con il disegno e con il giornalismo della carta stampata. Memorabile il suo reportage sul ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti, il più grave caso di omicidio politico del primo ‘900 in Italia, momento di crisi per Fascismo e, fotograficamente, esordio della raffigurazione non disegnata o dipinta di eventi tragici e drammatici.
Le immagini di Porry-Pastorel – e poi di tanti suoi colleghi ed epigoni – hanno contribuito alla diffusione di quella acculturazione storica di tipo visivo ed emozionale che si è sviluppata – tra informazione e propaganda – anche in Italia con la Belle Époque e nei primi «ruggenti» decenni del ‘900
Pur avendo avuto Benito Mussolini come soggetto di tantissime immagini e servizi fotografici, resta difficile considerare Porry-Pastorel come il «fotografo del Regime» per la continua commistione, che si produce nelle sue immagini, tra cronaca popolare di costume e cronaca agiografica del potere.
Come si può comprendere confrontando le fotografie n. 3 e n. 4, l’immagine del Dittatore decontestualizzata diventa simile a una qualunque foto «pettinata» e ritoccata di argomento privato e familiare. D’altra parte, basta togliere la figura di Bottai comiziante dal suo splendido isolamento e giustapporvi, in modo velatamente buffo e veristico, il popolo che lo ascolta, per ottenere il risultato di mostrare come la propaganda sia, in realtà, basata sul consenso e sulla creduloneria.
Anche in molte fotografie che Porry-Pastorel consegnò alle tipografie e che diventarono emblematiche della rappresentazione iconografica mussoliniana – in mostra ci sono quelle del Duce impegnato, a torso nudo nella trebbiatura, durante la Campagna per il Grano – si può evidenziare l’ambivalenza del linguaggio fotografico. Esso produce insieme un «non-detto» – occultando nel fuori inquadratura gli elementi disturbanti – e un «supplemento di senso», mostrando, dentro l’immagine, la retorica stessa della fotografia e quindi la tecnica della sua produzione e costruzione semiologica da parte di fotografi e cineoperatori.
In realtà la foto giornalistica – oltre a ritrarre vip, star, autorità ed eroi della propaganda – insegna all’uomo della strada a mettersi in posa lui stesso e a farsi ritrarre, secondo il tipico stilema della pubblicità. Per questo, siamo, con Porry-Pastorel e con i suoi colleghi ed epigoni, al principio di una storia. Una storia che diventerà, nel dopoguerra italiano, quella di Cinecittà, delle strade di Roma e dei paparazzi e poi, negli anni ’60, la performance dei «quindici minuti di notorietà» che – come si dice abbia detto Andy Warhol – non dovranno essere negati a nessuno.
Giulio de MARTINO Roma 18 luglio 2021
La Mostra
LUCE-Cinecittà con Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Archivi Farabola, Archivio Vania Colasanti, Fondazione di studi storici Filippo Turati.
Al Museo di Roma a Palazzo Braschi dal 2 luglio fino al 24 ottobre 2021
Adolfo Porry-Pastorel – L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia
a cura di Enrico Menduni
80 immagini provenienti dall’Archivio storico Luce che conserva 1700 negativi di Porry-Pastorel e 180.000 immagini dell’Agenzia fotografica VEDO.
Servizi museali Zètema Progetto Cultura
Catalogo curato da Enrico Menduni, con indice bibliografico e regesto delle foto.
Edito da Electa e Luce-Cinecittà