La Madonna del Bosco di Niscemi in una stampa devozionale e il modello iconografico della Madonna del Bosco nella tradizione italiana.

di Maria BUSACCA

Il Fondo Luigi Capuana collocato a Casa Lazzaro in via Sant’Anna 8, una delle sedi del Parco archeologico di Catania, raccoglie fotografie e manoscritti dello scrittore verista ma si rivela anche fonte di fortuiti ma interessanti ritrovamenti: una stampa devozionale monocromatica di primi novecento, ripiegata in due ma tutto sommato ben conservata, è stata da me rinvenuta fra i fogli sparsi di Adelaide Bernardini (Narni 1872- Mineo 1944) scrittrice e poetessa moglie di Luigi Capuana (Mineo 1839 – Catania 1915), e raffigura La Madonna del Bosco di Niscemi con l’invocazione rivoltale trascritta nella fascia inferiore. Se la Bernardini fosse a lei devota, essendo Niscemi una località lontana geograficamente sia da Mineo che da Catania che la poetessa abitava e frequentava, o perché la stampa si trovi fra le sue carte, resta al momento un tassello da colmare. Come avviene che

“tutti o quasi i patroni hanno oltre la leggenda generale […] la leggenda locale, dovuta all’occasione della scoperta, dell’invenzione di un simulacro, e delineata, formata dal popolo devoto, eterno agiografo” (G. Pitrè, Feste patronali, p. 17),

anche questa devozione alla Madonna del Bosco trae le sue origini da un evento riferito come “miracoloso”. Scrive il notaio Andrea Sebastiano Pardo1 che il pastore Andrea Alma stava pascolando il gregge in Contrada Castellana nel feudo di Niscemi, in territorio nisseno, ma non vedendo più il suo bue Portagioia lo cercò a lungo, ritrovandolo infine inginocchiato tra i rovi lungo una sorgiva davanti ad un’immagine sacra dipinta: una Madonna con il Bambino, miracolosamente intatta nonostante lo scorrere dell’acqua; così la scena viene ritratta nella nostra stampa devozionale: in lontananza sulla sinistra si scorge una chiesetta, probabilmente la chiesa della masseria del feudo che ospitò subito il dipinto, poi trasportato nella nuova costruita in suo onore2, alla destra un boschetto, luogo del ritrovamento (fig. 1).

Fig. 1 – La Madonna del Bosco di Niscemi, stampa monocromatica, inizi novecento

Seppur trascritta da atti notarili, nella tradizione orale la vicenda subisce variazioni su tipologia di supporto, modalità del ritrovamento e circostanze.

Fig. 2 – La Madonna del Bosco di Niscemi, riproduzione devozionale del dipinto

La data riferita sarebbe il 16 o 21 di maggio nell’anno 1599, ma sull’origine del dipinto varie sono state le disquisizioni; esso viene descritto come icona  salvata dalla furia iconoclasta bizantina o dei Saraceni, secondo la tesi del padre cappuccino Cultrera 3 (in realtà nella Val di Noto non operarono scorribande iconoclaste), o come dipinto su seta, o come fazzoletto di seta con le cimase. La scena raffigurata nella nostra stampa esclude inoltre alcuni oggetti che nel racconto vengono riportati a testimonianza dell’eccezionalità del ritrovamento 4, cioè due candelieri con lanterne accese poggianti su una base di pietra e una croce posti ai lati dell’immagine, come si nota invece in altre stampe devozionali a colori (fig. 2). Il Marsiano, cui si deve finora l’unico scritto esaustivo sulla vicenda, sembra accogliere la tesi del ritrovamento dell’antica immagine dipinta sotterrata per preservarla dalla furia iconoclasta di Leone Isaurico, che ebbe inizio nel 726 d.C.; probabilmente custodita nella torre di avvistamento presidiata da soldati bizantini allora esistente in Contrada Castellana, sarebbe stata poi trafugata e nascosta da un popolano nella parte folta del bosco accanto ad una fonte d’acqua che servisse da riferimento per il futuro ritrovamento – avvenuto quindi a distanza di circa 873 anni – con accanto i due candelieri e la croce in pietra, tuttora conservati nella chiesa della Madonna del Bosco.

Le misure del dipinto in seta vennero annotate dal vescovo di Siracusa Giovanni Antonio Capobianco in occasione della sua prima visita pastorale il  26 gennaio 1654: palmi due e mezzo di altezza (cm. 63) e uno e mezzo in larghezza (cm. 38). Tuttavia il fatto che nonostante la presenza dell’acqua al suo rinvenimento l’immagine, dal supporto in seta facilmente deperibile, risultasse praticamente integra, e che così pure i candelieri in pietra non mostrassero segni di erosione o di danni da esposizione agli agenti atmosferici, mi fa propendere per la realizzazione di dipinto e candelieri coeva alla data del ritrovamento, l’anno 1599; la retrodatazione sarebbe stata giustificata solo nel caso si trattasse di icona dipinta su tavola, cosa da escludere però in base ai documenti riportati.

Siffatto simulacro in velo fu trasportato nella vicina chiesa di San Francesco, custodito entro un’edicoletta di legno dipinta con due sportelli chiusi a chiave e posta sopra l’altare maggiore del santuario, dove veniva sospeso per i soli angoli superiori.

Fig. 3 – La Madonna del Bosco di Niscemi, dipinto su tavola, sec. XVI fine

Nel mese di dicembre del 1769 avvenne un evento infausto: la sacra immagine venne portata in processione per implorare la fine della prolungata siccità, ma la sera del 145 il sagrista trascurò di spegnere le candele poste ai suoi lati, causandone la combustione. Grande fu lo stupore e il rammarico per l’accaduto e subito si pensò di sostituire il velo distrutto con una riproduzione “fedele” all’originale affidata ad un monaco calatino, del quale si è perso il nome, che quindi è la copia settecentesca olio su tela rivestita da coperta in argento tuttora esistente (fig. 3), venerata e portata in processione la terza domenica di agosto6.

Il riferimento iconografico di questa, come di altre Madonne legate a ritrovamenti miracolosi di vene o corsi d’acqua, va rintracciato nella tipologia della Madonna Odigitria o Madonna del buon cammino –  iconografia cristiana diffusa in particolare nell’arte bizantina del periodo medievale – o della Sedes Sapientiae o Regina Coeli 7, con la Vergine assisa e ammantata, e il Bambino reggente ora un rotolo di pergamena che allude alle Sacre Scritture, ora il globo sormontato dalla croce che allude alla diffusione del regno di Cristo su tutta la terra.

La devozione alla Madonna del Bosco è molto diffusa nel territorio italiano, lo stesso, con qualche variante, il modello seguito nella rappresentazione; una tra le più vicine geograficamente alla nostra è la Madonna di Buscemi, in territorio siracusano, ma altre se ne trovano a Francavilla Fontana (Brindisi), Montemilone (Basilicata), Imbersago (Lecco), o ad Alcamo (Trapani)  con la Madonna dei Miracoli.

Fig. 4 – Madonna del Bosco di Buscemi, affresco, sec. XVI

Il Santuario dedicato alla Madonna del Bosco patrona di Buscemi (fig. 4) si trova sul colle S. Nicolò, sotto il livello stradale; il terremoto del 1693 che fece crollare la chiesa antica e l’eremo risparmiò la porzione di muro con l’affresco, probabilmente risalente al XVI secolo, anche se rimaneggiato,  recentemente restaurato e riportato all’originaria pigmentazione. All’interno della chiesa la statua lignea databile alla fine del XVII secolo differisce dall’immagine dipinta perché, come nel nostro modello iconografico di Niscemi, ritrae la Madonna assisa in trono col Bambino stante su cuscino, entrambi nell’atto di poggiare le mani sul globo crucigero. Non sono rintracciabili episodi legati a vene d’acqua ritrovate intorno al santuario ma la posizione della chiesa eremitale ad un chilometro dal centro abitato rimanda più alla funzione di indicare la via, alla Madonna dell’Odigitria.

Le vicende legate a Maria Santissima della Fontana, (fig. 5) patrona della città di Francavilla Fontana (in dialetto francavillese “Matonna Tì La Funtana”) nella diocesi di Oria, territorio di Brindisi, hanno invece molti punti in comune con la nostra:

Fig. 5 – Maria Santissima della Fontana, tempera su tavola, sec. XIV ?

il 14 settembre 1310 il principe di Taranto Filippo D’Angiò, fratello di Roberto, si recò con la corte per una battuta di caccia a villa del Salvatore a Casevetere, borgo originario di Francavilla. Miracolosamente la freccia scoccata dal nobile Elia Marrese anziché colpire il cervo a cui era destinata, genuflesso ad una fonte, ritornò indietro. Fatta diradare la selva attorno alla fonte il principe scoprì una piccola grotta, nella quale era l’immagine della Vergine Maria con il Bambino in braccio; vi s’inginocchiò e  ordinò di edificare una chiesa in onore della Vergine, dando inizio al culto della Madonna sotto il titolo di Maria della Fontana8.

Il ritrovamento dell’immagine grazie all’intervento di un animale, che nell’ingenuità ferina o nell’istinto piegato da forze soprannaturali fornisce la fortuità all’evento, è quindi uno scenario comune che attinge anche alla mitologia. Dal punto di vista iconografico l’icona venerata è bizantineggiante, coeva con la narrazione del ritrovamento, secondo il modello dell’Odigitria, mentre il simulacro ligneo del XVIII secolo riporta nella specchiatura della base l’episodio del cervo e del cacciatore qui ritratto in vesti da soldato romano, e la fonte è sostituita da una fontana con puttini tipica dei giardini all’italiana.

Anche la Madonna del Bosco di Imbersago (fig. 6), conosciuta come la Vergine col fiume fedele ai suoi piedi, lega la sua fama all’apparizione avvenuta il 9 maggio del 1617 a tre pastorelli presso una fonte, in mezzo al bosco della valle detta Fontana;

Fig. 6 – Madonna del Bosco di Imbersago, olio su tela, sec. XVII

è raffigurata fra angeli musicanti nella zona superiore del dipinto, stante, col bambino in braccio mentre indica con la mano destra 9 un ramo di castagno apparso nel luogo in cui di norma era in agguato un pericoloso lupo. In basso il gregge formato da tre mucche si abbevera alla fonte e i pastorelli rappresentati secondo una prospettiva decrescente sono inginocchiati ai suoi piedi. Il numero tre ricorre più volte in questa vicenda miracolosa, tre sono i pastorelli, tre le castagne contenute nel riccio e tre le mucche, allusione al mistero della Trinità che i pastorelli nella loro ingenuità non riuscirono a sciogliere.

La bella ed espressiva statua lignea della Madonna del Bosco di Santo Stefano di Montemilone (Basilicata) (fig. 7), probabilmente della fine del Duecento, che  presenta riferimenti ai modelli compositivi della Madonna Odigitria, è venerata anche con l’antico nome di “Santa Maria Gloriosa”; oggetto di recente restauro, alle vesti decorate con stile bizantineggiante contrappone diademi che richiamano l’arte francese post-carolingia, visto l’influsso cluniacense. Si discosta dalle altre rappresentazioni fin qui riportate per datazione e tecnica, ma va annoverata nello stesso filone narrativo.

Fig. 7 – Madonna del Bosco di Montemilone, legno scolpito dipinto,
Fig. 8  Madonna dei Miracoli, olio su tela, sec. XVIII/XIX

In conclusione anche le vicende legate alla Madonna dei Miracoli o Maria Santissima dei Miracoli patrona di alcune località tra cui Alcamo, Mussomeli, Andria sono legate alla vicinanza di acqua. Ad Alcamo (fig. 8), in provincia di Trapani, il culto risale al 21 giugno 1547, data della apparizione della Madonna ad alcune popolane, tra cui una cieca e una sorda, intente a lavare i panni in prossimità di un torrente che scorre a nord della città; esse videro una donna con un bambino in grembo apparire mentre una raffica di sassi le investiva senza tuttavia provocare loro ferite o dolore, al contrario generando un senso di benessere e di subitanea guarigione.

Sul luogo investigarono i mariti delle donne e in seguito le autorità locali, che abbattendo un boschetto nelle vicinanze trovarono le rovine della “cuba”, un antico arco di mulino del quale si era persa memoria, e al suo interno un affresco su pietra di ignoto pittore presumibilmente del XIII secolo, raffigurante la Madonna col bambino Gesù,  in un primo tempo appellata “Madonna Fonte della Misericordia“, poi Madonna dei Miracoli. Il dipinto all’interno della chiesa, di fattura più recente, raffigura una Madonna Odigitria, patrona della Sicilia, con il Bambino in piedi sulle ginocchia in tenero atteggiamento nei confronti dalla madre, senza però alcun riferimento alla vicenda miracolosa.

Maria BUSACCA  Catania 28 Gennaio 2024

NOTE

1.Le notizie vengono riportate in Angelo Marsiano, Maria SS. Del bosco di Niscemi e il ritrovamento del quadro, Caltanissetta, Tipografia Lussografica, 1982, unica pubblicazione finora rintracciata sull’argomento, che cita fonti d’archivio e notarili sette-ottocentesche e tradizioni orali raccolte nel Settecento. Sul cognome del pastore sono stati trascritti Arma, D’Arma, Armao, ma dai registri nell’Archivio della Chiesa Madre di Niscemi questi cognomi ricorrono a partire dal Seicento, facendo propendere il Marsiano per la trascrizione Alma (p. 68-70)
2. La primitiva chiesetta venne riedificata tra il 1749 ed il 1758 da Silvestro Gugliara.Nella cripta sottostante ad unica navata si conserva un pozzo dove si narra scorra il ruscello in cui venne ritrovato il quadro.
3. Cultrera, La Madonna del Bosco in Niscemi, Catania, 1926
4. L’evento è stato celebrato anche in letteratura con la produzione di un dialogo musicato del canonico Giuseppe Scovazzo, Il Pastore della Castellanea, ossia la miracolosa invenzione della Sacra Immagine che ora va col titolo di Madonna del Bosco, Principale patrona di Niscemi, scene liriche da cantarsi, Caltagirone, 1863, musicato da Arcangelo Camiolo Tommasi, riportato anche da Giuseppe Pitrè in Feste patronali in Sicilia, Palermo, 1870-1913, (in: A. Marsiano, pp. 38-39).Il Pitrè riferisce la terza domenica di maggio come data del ritrovamento, giorno in cui si commemora con una piccola festa, ma erra nel considerare il 1599 la data di costruzione della chiesa a lei dedicata. (Marsiano, p. 30). A partire dal ritrovamento nel 1600 il feudo di Niscemi verrà chiamato anche di Santa Maria anche nei documenti d’archivio, e la chiesetta eretta sul luogo del ritrovamento di “Santa Maria al aqua Santa”.
5. Col Breve apostolico del 23 agosto 1332 di papa Giovanni XXII si concesse l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che avessero visitato l’immagine il 14 settembre di ogni anno.
6. La Madonna è sede della sapienza dell’Architetto divino e il globo ha preciso riferimento nelle Scritture: “Dio mi possedette qual principio delle sue azioni: prima delle sue opere; fin da allora fin dall’età più remota io (Maria) fui costituita dalle origini, dai primordi della terra. Quando non v’erano abissi io fui concepita… io ero accanto a Lui, quale architetto, ero tutta compiacenza dì per dì, ricreandomi in Sua presenza ogni momento ricreandomi nel globo terrestre e il mio compiacimento sta nei figli dell’uomo.” (Dai Proverbi, VIII, 22).
7. Festività martedì in Albis.
8. Vedi: Lara Maria Rosa Barbieri, Il Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago. Nel IV centenario dell’apparizione e del miracolo 1617-2017, Milano, 2018.” Nell’anno 1617 alli 9 maggio a ore 13 erano alcuni pastorelli, in numero di tre, dell’età dagli 8 ai 10 anni, della comune di Brisago [antico nome del paese di Imbersago all’inizio del XVII secolo, n.d.A.] con pecore ed altro bestiame nel mezzo di questo bosco in una valle, dove trovasi una viva fontana e questa valle chiamavasi Valle, o per dir meglio, Fontana, o valle del lupo, perché alcune volte quei pastorelli vedevano il lupo in questa valle, nella quale spesso assaltava le bestie. Accade che sopra questa fontana eravi una gabba, o come si dice una foresta di castano di tre rami, o pali, o stagie, sopra della quale alzando gli occhi uno di quei pastorelli vide un bellissimo riccio con le tinte castagne e, deposta la sacca pastorale, corse alla gabba a canto (sic) della fontana e, seguitato da un altro, salì, ruppe la rama del riccio e discese. Era questo riccio tutto verdeggiante aperto nel mezzo, con le sue castagne ben grosse e mature in numero di tre. Quei pastorelli, senza badare al riccio, levarono le tre vermiglie castagne, distribuitele fra di loro e poste nella saccoccia pastorale, raccolto il loro bestiame nell’ora ormai calda, si riavviavano alle loro case e quivi arrivati corsero a mostrare ai parenti il bel frutto, narrando loro d’averlo trovato nella valle del lupo del tal bosco pendente da un riccio spinoso e verde con le sue foglie nella rama d’una siepe sopra la tal fontana. Attoniti i parenti e credendo alla narrazione dei semplici pastorelli; corsero alcuni alla detta valle per cercare la vuota corteccia e conservarla, ma non la rinvennero per quanta diligenza usassero. Divulgatasi in poco tempo tale notizia fra il popolo, da tanti si giudicò che fosse una meraviglia di Maria, che da pastorelli idioti non fosse ben dichiarata, né capita […]” in:  Archivio Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago, Titolo XI, Miscellanea, Classe 2, Chronicus, vol. I, 1643-1907, f. 1

Maria BUSACCA Catania 28 Gennaio 2024