di Nica FIORI
In concomitanza con la mostra “Tempo barocco”, che ci affascina con le esuberanti creazioni di una fastosa stagione artistica nelle nuove sale espositive al pianterreno, Palazzo Barberini ospita al piano nobile un capolavoro secentesco di un pittore come Murillo, che è stato uno dei protagonisti del Siglo de oro in Spagna.
Si tratta della Madonna del latte della Galleria Corsini, la cui storia e restauro sono oggetto di una mostra di approfondimento a cura di Alessandro Cosma (fino all’11 luglio 2021).
Bartolomé Esteban Murillo (1617-1682), nato e vissuto a Siviglia, è noto per la dolcezza delle sue Madonne e dei volti infantili, che caratterizzano non solo le opere sacre, ma anche le scene di genere ambientate nei quartieri popolari della sua città, tanto che più volte è stato ribadito che la sua personalità artistica riflette l’anima e la cultura della Siviglia secentesca. Godette in vita di una fama straordinaria e ancora nel secondo Ottocento veniva posto da alcuni sullo stesso piano di Zurbarán e Velasquez, mentre successivamente andò incontro a un progressivo discredito, prima di ritornare a un giusto punto di equilibrio.
Nel capolavoro della Galleria Corsini, tutta la composizione è costruita intorno alla Vergine e al Bambino, inseriti in un’ambientazione all’aperto lasciata volutamente indistinta. I protagonisti sono caratterizzati da un aspetto tutt’altro che ricercato ed è proprio a quel carattere “popolare” che si deve, da parte dello storico tedesco Carl Justi, la fortunatissima definizione di Madonna zingara, che dal 1982 in poi accompagnerà il quadro.
Il titolo di “Madonna del latte” rimanda all’iconografia tradizionale della Virgo lactans, ma il pittore ha trasformato l’immagine devozionale in un episodio reale.
Quella che vediamo è una donna andalusa colta nell’intimità dell’allattamento, che viene interrotto dall’arrivo di qualcuno. Questa Madonna è una creatura di carne, ma conserva una sorta di superiore immobilità, un atteggiamento calmo e sereno. Pur mostrando il seno scoperto, cui poco prima doveva essere attaccato il Bambino, mantiene un che di pudico e il suo sguardo, congiuntamente con quello di Gesù, si rivolge allo spettatore esterno con un’espressione incantevole. Il magnetismo di quello sguardo ha colpito moltissimo nel passato i visitatori della Galleria Corsini, tanto che uno di essi, il celebre scrittore Gustave Flaubert, scrisse in una lettera all’amico Bouilhet nel 1851:
“sono innamorato della Vergine di Murillo della Galleria Corsini. La sua testa mi perseguita e i suoi occhi continuano a passarmi davanti come due lanterne danzanti”.
Pur non possedendo notizie sulla commissione e sulla destinazione originale dell’opera, questa può essere datata stilisticamente intorno al 1670-1675, essendo molto vicina nelle fattezze della Madonna alla precedente Santa Giusta eseguita per i Cappuccini di Siviglia. Probabilmente il dipinto lasciò la Spagna molto presto e alla metà del Settecento si trovava nella collezione di Giovanni Bernardino Pontici (1700-1764). Avvocato concistoriale e poeta arcade, Pontici fu per oltre trent’anni il segretario del cardinal Neri Maria Corsini (1685-1770), cui lasciò l’opera come legato testamentario.
E il cardinale Corsini la collocò nella sua camera da letto, evidentemente perché voleva rivolgere il suo sguardo, prima di addormentarsi e al momento del risveglio, a quell’immagine viva di tenerezza materna. C’è da credere che l’opera, pur lontana da approfondimenti spirituali o esaltazioni mistiche, fosse in grado di suscitare nel nobile prelato una forte attrazione, che andava al di là della maestria del pittore. Chissà cosa vedeva il cardinale nello sguardo della Madonna? Mi verrebbe da pensare alla Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, di dantesca memoria, visto che i grandi occhi del Bambino, a ben guardare, sembrano consapevoli di appartenere al Dio vivente e in grado di benedire, anche senza gesti apparenti, l’osservatore.
Il restauro della Madonna del latte, eseguito da Alessandra Percoco, è il primo intervento delle Gallerie Nazionali Barberini – Corsini finanziato dall’associazione Civita, grazie al progetto Vino Civitas, ed eseguito nel laboratorio di restauro delle Gallerie Nazionali di Arte antica a Palazzo Barberini.
Le delicate operazioni di pulitura hanno ridato leggibilità all’opera, recuperando anche particolari minuti, come i piccoli boccioli della pianta dietro Maria, e i delicati passaggi cromatici delle vesti.
Allo stesso tempo, le indagini diagnostiche non invasive hanno permesso di conoscere meglio la tecnica del pittore e i pigmenti impiegati, come nel caso del manto blu di Maria, che risulta ancora brillante nelle parti in lapislazzuli, mentre è alterato dove Murillo ha impiegato il più economico blu “smaltino”. Anche se lo stato di conservazione a occhio nudo poteva sembrare non particolarmente compromesso, in realtà un vecchio intervento di restauro aveva in parte cancellato strati di colore originale alterato. Sono stati rinvenuti, infatti, residui di cloro dovuti a una maldestra pulitura dovuta a un’errata interpretazione dello “smaltino”, che era stato considerato come uno strato invasivo di ridipintura.
Del resto il dipinto è stato restaurato più volte, a partire dal suo arrivo a Palazzo Corsini, dove venne sicuramente rifoderato prima dell’apposizione del timbro del fedecommisso Corsini ancora presente sul retro (1831). Con il passaggio alle Gallerie Nazionali, la tela venne restaurata nel 1904 e fu probabilmente in quell’occasione che al quadro venne adattata l’attuale cornice di stile seicentesco, in sostituzione di quella settecentesca visibile nelle foto storiche e ricordata dagli inventari. Negli anni Venti la tela fu studiata con il discusso metodo della “pinacologia”, che indagava lo stato di conservazione attraverso le foto a luce radente, e venne nuovamente restaurata nel 1925, nel 1963 e nel 1991.
L’indagine in RX sul dipinto ha reso possibile una scoperta, che getta nuova luce sull’operato di Murillo. Come si vede dalla radiografia in mostra, al di sotto dell’attuale strato pittorico era stato dipinto un San Francesco inginocchiato. Il viso del santo, che appare tra quelli della Madonna e del Bambino, è rivolto verso l’alto; le braccia sono aperte, con la mano sinistra poggiata su un libro e la destra che si intravede sotto il manto della Vergine. Vicino al margine destro appaiono le tracce di un albero. La composizione, pur giunta a uno stato avanzato di finitura, venne interrotta da Murillo per motivi ancora ignoti e la tela venne riutilizzata. Il pittore sivigliano dipinse direttamente sopra il San Francesco senza ulteriori preparazioni e reimpiegandone addirittura alcune parti, come l’albero per le ombre del muro o le pieghe del saio per la veste di Maria. Molte delle pennellate che definivano i contorni del libro e del saio, inoltre, risultano leggibili anche a occhio nudo.
In occasione di questa mostra è stato pubblicato il volume “La Madonna del latte di Murillo alla Galleria Corsini. Storia e restauro” (editore Marsilio), con le prefazioni di Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, e di Giovanna Castelli, direttore della Associazione Civita, e i saggi di Pablo Hereza, Alessandro Cosma, Chiara Merucci, Alessandra Percoco, Vega Santodonato, Marco Cardinali e Maria Beatrice De Ruggieri, Domenico Poggi e Anna Candida Felici.
Nica FIORI Roma 30 maggio 2021
“Occhi come lanterne danzanti. Storia e restauro della Madonna del latte di Murillo”
Roma, Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13
19 maggio – 11 luglio 2021
ORARI: martedì – domenica, ore 10.00 – 18.00. Ultimo ingresso alle ore 17.00. Sabato e festivi prenotazione obbligatoria
La prenotazione è obbligatoria il sabato e nei giorni festivi al seguente link: https://www.ticketone.it/city/roma-216/venue/palazzo-barberini-16406/
Oppure contattando il numero: 06-32810