di Emilio NEGRO e Nicosetta ROIO
Chi mai avrebbe potuto immaginare che un poco conosciuto organista della chiesa napoletana dell’Annunziata fosse l’autore del componimento musicale raffigurato nei Musici di Michelangelo Merisi del Metropolitan Museum? Invece è proprio così, come ha dimostrato la trentennale ricerca appassionatamente condotta da Domenico Antonio D’Alessandro, docente del Conservatorio di Musica Lorenzo Pirosi di Campobasso.
Fu dunque Pompeo Stabile, napoletano DOC e verosimilmente fratello del più noto compositore Annibale, l’autore delle note del fino a ieri misterioso brano che Caravaggio dipinse nella tela newyorchese. Un’opera straordinariamente famosa, nella quale sono ritratti quattro efebici adolescenti abbigliati all’antica, che nonostante il precario stato di conservazione è stata riprodotta sulle copertine di innumerevoli compact disc contenenti esecuzioni musicali generalmente coeve all’epoca del Merisi.
D’Alessandro ha spiegato con estrema chiarezza come l’osservazione di un’interessante copia di collezione privata svizzera derivata dal malridotto quadro del museo statunitense (tra l’altro recente oggetto di uno studio approfondito di Pierluigi Carofano, “Un’aggiunta alla fortuna figurativa dei Musici del Monte”, in Atti della giornata di studi Francesco Maria del Monte e Caravaggio, a cura di P.Carofano, Firenze, 2011, pp.161-175), in cui le note e i versi dipinti sullo spartito sono ancora leggibili (FIG.), ha consentito di accertare che la musica corrisponde a quella del madrigale a sei voci composto proprio da Pompeo Stabile su testo del grande poeta e umanista partenopeo Jacopo Sannazzaro.
“Ben può di sua ruina” è infatti l’incipit di uno dei sonetti in volgare del celebrato autore dell’Arcadia in cui si fa riferimento al volo tragico di Icaro, lo sfortunato figlio di Dedalo che, sordo agli ammonimenti paterni, morì precipitando in mare dopo che il sole aveva sciolto la cera con cui erano state assemblate le sue ali posticce.
I Musici furono eseguiti per il raffinato cardinale Francesco Maria Burbon Del Monte, musicologo assai noto a Roma e precoce committente del Caravaggio: essendo inoltre amante dei madrigali, molto probabilmente egli fornì le indicazioni necessarie al giovane pittore per riprodurre le note e i versi sulla tela; ma viene da sorridere pensando senza alcuna malizia che in fondo Pompeo Stabile è un illustre predecessore del maestro concittadino Antonio Scannagatti, il nikname adottato da Antonio De Curtis quando venne diretto da Steno nel divertentissimo Totò a colori (1952), in cui il grande comico di Napoli recitava la parte di uno squinternato compositore di “mosica”.
Tra le altre proposte interessanti avanzate dal D’Alessandro c’è anche quella di interpretare le parole del madrigale come ammonimento del cardinal Del Monte al Merisi, cioè come una sorta di esortazione a moderare l’esuberanza giovanile dell’irrequieto protetto: si tratta di una tesi plausibile, forse un po’ audace, poiché la vita del Caravaggio, volendo citare il napoletanissimo Eduardo Scarpetta, fu un cocktail ben assortito di “Miseria e nobiltà”, con grande prevalenza della prima a scapito della seconda. Come ribadito anche di recente (E.Negro-N.Roio, Caravaggio e il ritratto, Foligno-Roma, 2017, pp.44-45), non è però da ritenere scontato che l’intitolazione della copertina rettangolare visibile nelle due principali versioni note del Suonatore di liuto (quelle dell’Ermitage e del Metropolitan) – su cui è poggiato l’altro spartito con i fogli di analoghe dimensioni contenenti le note di uno dei quattro madrigali a quattro voci del musico fiammingo Jakob Archadelt -, sia da leggere “Bassus”: in ognuna delle due tele (la seconda è attribuita a Caravaggio dalla maggiore parte degli studiosi, ma non da tutti), il maestro lombardo potrebbe avere tracciato una lettera “L” maiuscola che, a causa degli svolazzi arabescati, è stata interpretata come se fosse la “B” di Bassus, mentre invece potrebbe essere l’iniziale della seconda parte del nome del musicista fiammingo Roland de Lassus (o Roland de Lattre), italianizzato in Orlando Lassus. La riproduzione delle note dell’Archadelt e del nome del Lassus non sarebbero casuali poiché i componimenti di entrambi erano noti nel bel mondo milanese e romano ed inoltre strettamente collegati ad un ricordo d’infanzia del committente, il marchese Vincenzo Giustiniani, come riportato da egli stesso nel suo Discorso sopra la musica: nella “mia fanciullezza mio padre…mi mandò alla scola di musica, et osservai ch’erano in uso le composizioni dell’Archadelt, di Orlando Lassus”.
Queste osservazioni amichevoli ovviamente non vogliono sminuire l’importanza del contributo di Domenico Antonio D’Alessandro e tantomeno quello degli altri intervenuti che hanno partecipato alla bella giornata di studi suddivisa in due sezioni: l’una mattutina, l’altra pomeridiana e che si è giovata della partecipazione straordinaria del Madrigalistic Ensamble – composto da Rosa Andreone, Lia Scognamiglio, Davide Troìa, Rosario Cantone, Leopoldo Punziano, Sergio Petrarca, Matteo Pigato, Diego Leverić, Giuseppe Guida e Maurizio Rea – che si è esibito in un imperdibile programma intitolato Madrigali e mottetti ‘dipinti’ da Caravaggio.
Le due sessioni sono state ben condotte rispettivamente da Maria Cristina Terzaghi, dell’Università degli Studi di Roma Tre, e da Francesco Cotticelli, dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Ha aperto la giornata l’intervento di Francesca Cappelletti dell’Università degli Studi di Ferrara dedicato a “Il suo cardinale”. Caravaggio a Roma fra il palazzo e la strada, che è stato opportunamente propedeutico allo svolgimento delle relazioni successive. È seguito Riccardo Gandolfi dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, con la relazione dal titolo “Desiderando il cardinal Del Monte un giovane”. Riflessioni sulla biografia di Caravaggio di Gaspare Celio, con cui ha ribadito le sue recenti scoperte proposte in anteprima a Roma (Università Sapienza, 1° marzo 2017, giornata di studi dal titolo “Sine ira et studio”. Per la cronologia del giovane Caravaggio, promossa dal Dottorato di ricerca in Storia dell’Arte con la collaborazione scientifica del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Roma Tre e della Bibliotheca Hertziana-Max Planck Institut für Kunstgeschichte). Ha concluso la mattinata Filippo Maria Ferro dell’Università di Chieti, che ha parlato de Il mondo di Caravaggio e i “nipotini” di Gadda, una conversazione ricca di vivide memorie, riferimenti letterari e citazioni cinematografiche. Alla ripresa pomeridiana si sono succedute la pregevole conversazione di Uta Felten dell’Università di Lipsia, intitolata L’eros, la morte e il sacro: Caravaggio nel cinema del Novecento e, prima di quella conclusiva del già ampiamente ricordato D’Alessandro, quella di Paologiovanni Maione del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli con il suo Tra polifonia e monodia: musica in conversazione tra Cinque e Seicento.
Seppure in sintesi, ciò è quanto scaturito dall’interessante incontro di studio dal titolo Intorno ai Musici di Caravaggio. Il contesto del tempo, le interpretazioni moderne, ben organizzato da Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio, tenutosi nella maestosa cornice napoletana di Palazzo Zevallos Stigliano nel pieno centro di Napoli (Via Toledo, 185). Qui, in una delle più belle sale che ospitano la ricca quadreria della monumentale dimora nobiliare che fa parte delle Gallerie d’Italia e attualmente è di proprietà del Gruppo Intesa San Paolo, proprio grazie al generoso mecenatismo della banca i Musici di Caravaggio del Metropolitan Museum di New York sono in prestito temporaneo fino a domenica 23 luglio 2017 in cambio del Martirio di Sant’Orsola, opera parimenti del Merisi a sua volta volata negli Stati Uniti.
di Emilio NEGRO -Nicosetta ROIO Napoli giugno 2017