La retrospettiva di un protagonista della “scuola romana” di fotogiornalismo: Nicola Sansone (al Museo di Roma in Trastevere, fino al 6 Maggio).

di Alessandra IMBELLONE

Si è aperta a Roma, nelle Sale del pianoforte del Museo di Roma in Trastevere, la retrospettiva di Nicola Sansone, uno dei pionieri del fotogiornalismo in Italia.

Una sessantina di fotografie, la metà di quante esposte a Brescia nel 2023 dallo stesso curatore, Renato Corsini, impegnato dal 2020 al lavoro di organizzazione e valorizzazione del ritrovato archivio del fotografo, creano un percorso diviso in tre tappe: Italia, America e Giappone. Siamo fra gli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, negli anni del boom economico, e quello di Sansone è uno sguardo sull’Italia che cambia, nei suoi contrasti tra modernità e arretramento.

In realtà le foto selezionate tendono particolarmente a mettere in luce la persistenza di usi e costumi di una cultura contadina, come mostra bene lo scatto di una donna con la cesta in testa che cammina lungo il golfo di Gaeta.

Nicola Sansone (1921-1984), napoletano, inizia nel 1949 l’attività di fotogiornalista nella quale presto coinvolge il fratello minore Antonio. Ricorda l’amico scrittore e fotografo Ermanno Rea (Napoli, 1927 -Roma, 2016)

“Nicola aveva realizzato la sua prima inchiesta nel 1949. Non aveva mai fotografato prima. Una mattina a Napoli, ottenuta in prestito una Leica, era andato a Resina a fare il turista. E da ‘turista’ si era accorto sia che «fotografia è bello», sia che la fotografia poteva essere anche una professione. Del resto era un figlio d’arte nel mondo della carta stampata. Il padre era stato a lungo direttore a Napoli del quotidiano cattolico ‘La Libertà’ e il fratello maggiore, Nino, approdato al marxismo, aveva fondato, finanziato e diretto a Bari ‘La Voce del Mezzogiorno’”.

Nicola e Mario (Caio Mario Garrubba, Napoli, 1923 -Spoleto, 2015) – racconta sempre Rea in 1960. Io reporter (2012) – erano stati a lungo compagni di classe in un istituto scolastico napoletano, erano cresciuti insieme, e insieme si erano ritrovati a Roma, sfaccendati e alla ricerca di se stessi (del cosiddetto ‘ubi consistam’). Acquistarono in società una macchina fotografica. Sansone anticipò Garrubba

“nella scoperta della macchina fotografica come strumento di scandaglio e di denuncia sociale”.

Nel 1951 Sansone è tra i fondatori del Collettivo fotografi associati, che, ribattezzato l’anno seguente Cooperativa Fotografi Associati, costituì il nucleo primordiale della cosiddetta “scuola romana” di fotogiornalismo. Con Garrubba, Pablo Volta (1926-2011), Caio Mario Franco Pinna (1925-1978) e Plinio De Martiis (1920-2004) la Fotografi Associati era la prima cooperativa italiana di fotogiornalisti indipendenti, nata con l’obiettivo di tutelare i soci dalle incertezze della vita del freelance e di rompere col mondo delle agenzie prendendo a modello la Magnum. Il modello era quello internazionale del fotoreportage, ma in Italia – in parallelo con il cinema neorealista – si sfruttò in maniera più dichiarata la possibilità che la fotografia riscattasse e nobilitasse la realtà imponendo di guardare ad essa da un altro punto di vista. I Fotografi Associati collaborarono con la stampa quotidiana e periodica d’area comunista, condividendo le stesse prospettive politiche e i medesimi modelli fotografici tra cui Cartier-Bresson e Eugene Smith. Con loro arrivarono nelle redazioni le immagini dure del sottosviluppo, nel Terzo Mondo ma anche in Italia.

Fotografi Associati era un tentativo di coniugare, nella difficile condizione di mercato dell’epoca, passione civile e impegno professionale; di conferire, contemporaneamente, per quel che era possibile, al lavoro dei fotografi quella dignità di testimonianza colta che il sistema italiano non contemplava.

L’esperienza ebbe fine nel 1954, ma nel 1957, con Calogero Cascio (1927-2015), Garrubba, Pinna e altri, Nicola e Antonio Sansone fondarono l’agenzia Realfoto, che ne rinnovava l’esperienza. Negli anni 50 e 60, Nicola Sansone e gli altri della “banda” della colonna romana della fotografia, sodalizio fra amici più che concreta impresa professionale, sono l’espressione di un modo di interpretare il giornalismo che, come riporta il fotografo Uliano Lucas

“getta il proprio sguardo oltre i consueti modi di utilizzare la fotografia della stampa italiana del tempo e scopre il linguaggio delle immagini come strumento di denuncia e di libertà, di rottura e di indipendenza”.

Il titolo della mostra, “Nicola Sansone. La fotografia come libertà” restituisce proprio il senso della libertà, la molla che ha fatto scattare in Nicola Sansone la passione per la fotografia: la libertà del viaggio, la libertà di rispondere alla sola committenza per lui possibile, quella della sua onestà intellettuale e della sua voglia di essere testimone di eventi. Per Sansone la fotografia non è stata una decisione professionale o l’identificazione di un mestiere da fare solo per necessità economica. È stata una scelta di vita, una necessità esistenziale alla ricerca di una propria identità.

Dell’Italia del dopoguerra i fratelli Sansone documentano gli aspetti sociali e culturali del Paese, le permanenze della tradizione e le trasformazioni, dunque le campagne e le periferie, le borgate, i nuovi luoghi di aggregazione. Il suo archivio racconta poi i protagonisti e i rituali della scena politica: congressi, incontri, conferenze di partito.

La mostra romana, benché dimezzata rispetto alla grande esposizione di Brescia che ha fatto seguito alla riscoperta dell’archivio Sansone, restituisce in una sessantina di fotografie in bianco e nero con stampa ai sali d’argento su carta baritata una voce e uno sguardo decisi di quella che fu, fra il secondo dopoguerra e il boom economico, una stagione di grande fermento culturale.

Alessandra IMBELLONE   Roma  23 febbraio 2025

Nicola Sansone. La fotografia come libertà

Museo di Roma in Trastevere

19 febbraio – 6 maggio 2025