di Nica FIORI
Ostia antica è indubbiamente una delle aree archeologiche più grandi e importanti d’Italia, tanto più suggestiva in quanto immersa in una rigogliosa pineta, secondo quella pittoresca concezione, in auge negli Anni Quaranta del secolo scorso, di unire il verde alle rovine. Fondata, secondo la tradizione, da Anco Marzio alla foce (ostium) del Tevere per proteggere le saline, fu un presidio militare prima di diventare il porto di Roma, marittimo e fluviale allo stesso tempo. Fu fiorente soprattutto in età imperiale, quando con l’imperatore Adriano raggiunse la sua massima espansione (I metà del II secolo d.C.), anche se erano stati già costruiti i porti di Claudio e di Traiano nell’area di Portus (nell’attuale Fiumicino), che sotto Costantino acquistò una sua autonomia amministrativa, avviando così il declino della città madre.
Passeggiare lungo il decumano massimo e le altre strade di Ostia permette di scoprire la storia urbana di questa colonia che era “porto e porta di Roma”, con la sua popolazione cosmopolita, il cui ruolo chiave era quello di provvedere al fabbisogno alimentare (e di altri prodotti di lusso, quali i marmi) della capitale dell’Impero, e aveva, pertanto, scambi commerciali e culturali con gli altri porti del Mediterraneo. Dall’area del Teatro a quella del Foro, dai thermopolia (punti di ristoro dove si servivano bevande calde) ai panifici, dalle terme ai magazzini, dalle insulae alle domus, dai santuari alle sedi collegiali, e perfino nelle tombe che sorgevano fuori dell’abitato, si può compiere un affascinante viaggio a ritroso nel tempo, che dovrebbe giustamente concludersi con la visita del Museo Ostiense, riaperto al pubblico dopo alcuni anni di chiusura.
Perché un museo possa rispondere ai moderni criteri promulgati dalle direttive ministeriali, bisogna rispettare molteplici esigenze quali la chiarezza, l’accessibilità, la sostenibilità, la flessibilità e praticità, l’estetica e anche l’originalità, evidentemente per permettere a ciascun contesto di emergere nella sua specificità: tutte cose delle quali si è tenuto conto nel lungo e complesso intervento di radicale rinnovamento del Museo Ostiense, come ha dichiarato il Direttore del Parco archeologico di Ostia antica Alessandro D’Alessio in occasione della sua riapertura, avvenuta il 10 luglio 2024 alla presenza del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e del Direttore generale Musei Massimo Osanna.
La necessità di riallestire il museo è nata dalla duplice esigenza di illustrare la storia e il contesto della città romana di Ostia attraverso un racconto museale del tutto nuovo rispetto al passato, e al tempo stesso di restaurare e mettere a norma, anche dal punto di vista dell’accessibilità, l’edificio ospitante, risalente al XVI secolo e noto come Casone del Sale, in quanto collegato allo sfruttamento delle saline presso il porto pontificio di Ostia. Dopo un periodo di abbandono, Pio IX, sotto il cui pontificato era stato dato impulso agli scavi, aveva pensato di adibirlo a sede espositiva e ne fece costruire la facciata neoclassica, ma preferì poi usare a tale scopo il Castello di Giulio II. Risale al 1934 l’inaugurazione del Museo Ostiense, alla presenza di Mussolini, in seguito al lavoro dell’allora Direttore degli Scavi Guido Calza. Un successivo riallestimento si ebbe nel 1962.
A distanza, quindi, di oltre 60 anni dall’ultima sistemazione (anche se nel frattempo furono inseriti man mano nuovi reperti), il museo è stato completamente riallestito. Oltre che sul piano scientifico ed espositivo, l’aggiornamento ha riguardato la dotazione impiantistica, illuminotecnica e tecnologica, al fine di conferire ai manufatti la piena godibilità. La realizzazione di tutto ciò è stata possibile grazie a un finanziamento CIPE, per un importo di oltre tre milioni di euro, che ha permesso di sostenere sia i lavori di adeguamento strutturale e di allestimento, sia il restauro di oltre cento opere inserite nel percorso espositivo.
Si è trattato, ovviamente, di un restauro specialistico, che ha affrontato diverse situazioni conservative, determinate dalla tipologia dei manufatti (sculture, rilievi, mosaici, pitture ecc.) e dai relativi materiali costitutivi, come pure dalle integrazioni e modifiche apportate alle opere dopo il loro rinvenimento nel corso del XX secolo.
Diversamente dal passato, si è deciso di non reintegrare quanto inesorabilmente perduto, proprio per favorire l’apprezzamento delle parti originali superstiti; pertanto, per una serie di sculture sono state studiate e dimensionate strutture autoportanti in metallo, in grado di consentire al visitatore di immaginare mentalmente le parti perdute, come avvenuto, per esempio, per lo splendido gruppo marmoreo di Amore e Psiche (inizi del IV secolo d.C., dalla Domus di Amore e Psiche), che sembra come sospeso nell’aria.
Al di là del nuovo look, la cosa che ci colpisce maggiormente è proprio la quantità impressionante di opere (ben 171), parte delle quali provenienti dai magazzini e quindi non esposte precedentemente.
“Si tratta di opere di altissima qualità – ha dichiarato D’Alessio – del tutto identitarie ed esemplificative della realtà ostiense. La città e il suo territorio (e dunque l’intero Parco archeologico, con le monumentali aree dei porti imperiali di Claudio e Traiano e della Necropoli di Porto all’Isola Sacra), infatti, rappresenta senza dubbio un caposaldo dell’archeologia e della storia dell’arte romana, per quel che riguarda sia la produzione scultorea, sia e soprattutto quella musiva e pittorica. E lo stesso può dirsi dell’architettura monumentale e dell’edilizia di Ostia, praticamente una summa delle tipologie e delle tecniche costruttive come della decorazione architettonica”.
Il racconto museale si snoda lungo 12 sale, articolandosi in 7 grandi macrotemi: le origini e l’età repubblicana, il potere imperiale, gli spazi civici, la gente, le religioni e i culti, le necropoli del territorio, le forme dell’abitare. Focus specifici riguardano il santuario di via della Foce, i contesti funerari dall’Isola Sacra e lo spazio “dei filosofi”.
All’ingresso del Museo ci accolgono due rilievi sepolcrali con togati (I secolo d.C.) e un’introduzione multimediale al Museo (nelle sale I e II), quindi si entra nel vivo della narrazione nella sala III, relativa al primo macrotema, dove si affronta, in particolare, la fondazione del castrum, la cittadella fortificata sorta a partire dal IV secolo a.C., con l’esposizione dei materiali fittili più antichi, rinvenuti negli scavi condotti da Calza. Più recente (II-I secolo a.C.) è la delicata statua in terracotta della cd. Fortuna, proveniente dal sacello di Iside; l’attigua sala IV è dedicata al santuario repubblicano di via della Foce, da cui provengono, tra le altre opere, il bellissimo torso di Asclepio (dio della medicina), risalente al II secolo a.C., un’iscrizione dedicata a Ercole e il rilievo dell’aruspice Fulvius Salvis (primi decenni del I secolo a.C.), raffigurato mentre predice a un comandante militare in partenza da Ostia l’esito vittorioso della sua campagna di conquista.
Nella sala V, dedicata al “potere imperiale”, troviamo al centro l’imponente statua loricata di Traiano (proveniente dalla cd. Schola del Traiano), che raffigura l’optimus princeps già divinizzato, e tutt’intorno molte altri ritratti, tutti del II secolo d.C., di altri personaggi imperiali, tra cui Marciana (sorella di Traiano), Adriano e la moglie Sabina, Settimio Severo e la moglie Giulia Domna, provenienti dall’area del Foro, dalle terme, dal teatro e da altri edifici pubblici.
La statua di Vittoria Alata, che un tempo decorava l’attico di Porta Romana, ci accoglie nella sala VI relativa agli “spazi civici e monumenti pubblici”. Alla sua sinistra è la statua della dea Roma, proveniente dal tempio di Roma e Augusto e sulla destra quella di Cartilio Poplicola (40-30 a.C.), dall’area sacra di via della Foce. Il suo nudo eroico è dovuto all’alta considerazione di cui godeva, essendo stato per ben 8 volte duoviro.
Nella stessa sala sono esposti i frammenti dei Fasti Ostiensi, l’iscrizione dedicatoria posta su Porta Romana e i frammenti del fregio della basilica del Foro.
La sala VII è dedicata alla “gente” comune: uomini e donne i cui i ritratti, per lo più anonimi, sono riuniti al centro della sala, coprendo un arco cronologico che va dalla metà del I secolo a.C. alla seconda metà del V secolo d.C. Sulle pareti sono esposti degli interessanti rilievi con scene di mestiere, tra i quali ricordiamo quello con bottega di marmorari, quello con ostetrica e quello con chirurgo, provenienti dalla necropoli di Isola Sacra.
La grande sala VIII ci fa scoprire come a Ostia fossero molto diffusi i culti provenienti dall’Oriente: nel centro campeggia, infatti, la statua di Mitra Tauroctono (proveniente dal Mitreo delle Terme del Mitra), firmata dall’artista ateniese Kriton.
Altri importanti reperti sono relativi a Cibele (con la statua proveniente dal cd. Campo della Magna Mater) e ai suoi sacerdoti, detti archigalli.
Della dea egizia Iside, che tanto successo ebbe in età imperiale soprattutto equiparata a Fortuna, si conserva la grande statua nera acefala del II secolo d.C. nella versione detta Pelagia o Pharia (protettrice del mare e quindi del Faro del porto), con accanto un serpente marino, proveniente dall’iseo di Porto.
Troviamo, allo stesso tempo, anche le raffigurazioni delle divinità più tradizionali, quali Apollo, Minerva, Venere, Diana e l’intero pantheon dei dodici dèi nel Dodekatheon, un’ara circolare neoattica del I secolo a. C., ritrovata nel sacello di Attis presso il Campo della Magna Mater, evidentemente perché le religioni orientali di tipo misterico coesistevano tranquillamente con la religione ufficiale.
A seguire nelle sale IX e X sono esposti gli importanti reperti provenienti dalle necropoli del territorio e in particolare da quella di Porto all’Isola Sacra, come la pregevole statua di Iulia Procula dalla tomba 106 e il raffinato Sarcofago delle Muse (con il suo corredo), recuperato nel 2008 con uno scavo d’emergenza, grazie a un’indagine della Guardia di Finanza, prima di essere venduto illecitamente all’estero. Tra gli altri sarcofagi non possiamo dimenticare quello proveniente da un mausoleo presso la basilica di Pianabella (restituito dai Musei Statali di Berlino) raffigurante una scena di compianto funebre tratta dall’Iliade e il sarcofago infantile con il compianto per la morte di Meleagro (rinvenuto sul Decumano), i quali documentano tra la metà e la fine del II secolo d.C. il clima culturale dei ceti sociali più elevati nella scelta dei repertori figurativi di derivazione classica.
Un altro elemento funerario di grande bellezza proviene dalla necropoli della via Ostiense e raffigura una porta sepolcrale decorata con putti alati che simboleggiano le stagioni.
Dopo le città dei morti, la sala XII indaga le case dei vivi, ovvero “le forme dell’abitare”. Mentre i mosaici, tranne qualche eccezione (come l’emblema pavimentale dalla Domus sotto il Caseggiato delle Taberne Finestrate), sono conservati in loco, sono esposti alcuni elementi di arredo (statue e trapezofori) e diverse pitture, come la decorazione di una vasta sala della Domus dei Bucrani e una selezione di frammenti di un pregevole fregio dipinto con nani dello stesso ambiente, databili al 40-30 a.C.
Tra i frammenti pittorici, particolarmente vivace appare quello con la raffigurazione di tre maschere, dal Caseggiato dei Lottatori, mentre una pittura raffigurante un Lare tra due serpenti appare emblematica del culto domestico all’interno delle abitazioni.
Un piccolo ambiente, quasi un cubicolo, è infine lo “spazio dei filosofi”, tra i quali si distingue l’erma di Temistocle dal Caseggiato del Temistocle. Le figure di filosofi, letterati e condottieri, che adornavano le case più prestigiose, sembrano testimoniare l’amore verso la grecità classica da parte di alcuni ricchi cittadini ostiensi.
Il percorso espositivo è integrato da un apparato multimediale che va a completare gli strumenti didattici tradizionali: su touchscreen si possono approfondire attraverso fotografie storiche e disegni conservati negli archivi ostiensi i principali monumenti e quartieri cittadini. Tra i ritrovamenti più rilevanti, cui è dedicato un approfondimento con la restituzione digitale, è la grandiosa decorazione policroma in opus sectile dell’edificio fuori Porta Marina, che è conservata attualmente a Roma nel Museo delle Civiltà e che ci si augura possa essere al più presto riportata a Ostia.
Il primo intento degli allestitori del nuovo Museo Ostiense è stato quello di
“ricomporre, come mai era stato prima e al netto dei pur imprescindibili aspetti museografici, la rete di relazioni, strettissime e biunivoche, che unisce i capolavori e gli altri oggetti esposti ai contesti urbani, infrastrutturali e funerari di pertinenza”,
come ha dichiarato D’Alessio. Solo in questo modo è stato possibile far emergere la società dell’epoca in tutte le sue componenti e articolazioni varie, nel quadro della storia urbana e civica della colonia ostiense.
Per accompagnare la visita del Museo è disponibile un’agile guida, a cura di Alessandro D’Alessio e Cristina Genovese, edita da Electa.
Nica FIORI Roma 14 Luglio 2024