di M. Lucrezia VICINI
INVENTARIO: N° 118. COLLOCAZIONE: IV SALA PROVENIENZA: COLLEZIONE DEL MARCHESE VINCENZO GIUSTINIANI
Esposizione: Caravaggio e i Giustiniani – Roma Palazzo Giustiniani- 26 gennaio-15 maggio 2001; Caravaggio e i suoi seguaci- Belo Orizonte 15 maggio-15 luglio 2012; San Paolo 25 luglio-30 settembre 2012; Buenos Aires 22 ottobre- 15 dicembre 2012
L’opera proviene dalla Collezione del Marchese Vincenzo Giustiniani (1) e va identificata con quella elencata al n° 55 dell’Inventario dei suoi Beni Ereditari del 1638, pubblicato da L. Salerno(2), così descritta:
“Un quadro sopraporto con la Madonna, e Cristo bambino, e S.Giovannino, che tiene una canestra di frutti, e S.Giuseppe, dipinto in tela, alta 6 e larg.8 in circa di mano di Monsù Valentino francese con cornice”.
Nel 1725 il Pinaroli (3) la indica ancora tra le opere di Palazzo Giustiniani, sebbene la registri semplicemente come “Sacra Famiglia”, omettendo la figura di S. Giovannino. Alla famiglia Spada è quindi passata successivamente a tale data, probabilmente in epoca ottocentesca se tra gli inventari del Fondo Spada Veralli viene menzionata per la prima volta nell’Appendice al Fidecommesso del 1862, dove è riportata col diverso titolo di “Adorazione del Bambino”, ma riferita correttamente al Valentin (4). E’ inoltre presentata nella “terza camera”, ossia nell’attuale terza Sala del Museo, diversamente da oggi, visibile nella quarta sala, insieme ad altre opere di matrice caravaggesca della Collezione Spada che Federico Zeri riunì nel 1951 durante la fase di riassetto della Galleria per la sua riapertura ufficiale al pubblico.
Nella stessa Sala , detta proprio dei “Caravaggeschi”, è presente un altro dipinto del Valentin, raffigurante “Salomè con la testa del Battista” appartenuto forse al Cardinale Bernardino Spada (1594-1661)(5). La “Sacra famiglia con San Giovannino” non fu tuttavia l’unica opera dell’eredità Giustiniani che giunse a Palazzo Spada. Essa venne accompagnata contemporaneamente da un altro dipinto, pure di grandi dimensioni, del pittore Angelo Caroselli (1585-1652) (6), raffigurante il biblico soggetto del “Figliol prodigo”, ora esposto nel Piano Nobile dell’edificio (7).
Sempre con il riferimento al Valentin e come “Adorazione del bambino” è ricordata nella ricognizione inventariale del 1925 effettuata dall’Avvocato Pietro Poncini, amministratore degli Spada, e nella coeva stima di Hermanin che la valuta £.15.000 (8). L’attribuzione al pittore da parte del Barbier de Montault (9) resta di seguito invariata (10). Anche Zeri (11) riconosce nell’opera la mano del Valentin e ne riscontra strette affinità sia con il nucleo dei dipinti del Museo del Louvre che con il “Martirio dei Santi Processo e Martiniano” della Pinacoteca Vaticana. Propone una datazione verso il 1630, corrispondente alla fase matura dell’artista, quando persistevano gli influssi di Simone Vouet che ravvisa soprattutto nella figura della Vergine.
Secondo Marina Mojana (12), la data di esecuzione del dipinto oscilla tra il 1626/1629, ed è prossima per motivi stilistici e di resa pittorica a quella del “San Girolamo” e del “San Giovanni Battista” della chiesa di S.Maria in Via di Camerino e contemporanea alla ”Erminia tra i pastori” dell’Alte Pinakothek di Monaco, caratterizzata dalla stessa animazione dei personaggi, legati tra loro da una comunione di gesti e sguardi.
Nato in Francia, a Coulomniers en Brie, il 3 gennaio del 1591, Le Valentin, detto de Boulogne per una supposta origine italiana(13), o più probabilmente in riferimento alla cittadina Boulogne-sur Mer, in Piccardia, come è più propensa a credere la critica moderna (14), si stabilì giovanissimo a Roma nel quartiere di S.Maria del Popolo dove strinse immediatamente contatti con la schiera di artisti nordici, lì residenti, attenti alla rivoluzione caravaggesca che ferveva nell’ambiente romano e di cui il lombardo Bartolomeo Manfredi (1582-1622) era considerato il massimo rappresentante.
L’adesione agli ideali caravaggeschi, suscitata da tali frequentazioni e senz’altro maturata e approfondita dallo studio diretto delle opere del Merisi che potè osservare in Santa Maria del Popolo e in San Luigi dei Francesi, apparve un percorso inevitabile per il giovane francese esordiente e di talento, ma privo di un proprio linguaggio artistico, con il solo bagaglio di esperienze acquisite nella bottega del padre, un artigiano pittore di vetri. Agli anni 1615/18 risalgono i suoi primi capolavori con temi cari agli artisti fiamminghi e olandesi e fortemente legati alla lezione caravaggesca, quali ad esempio “Cristo deriso e incoronato di spine”, di Collezione privata, Inghilterra; il “Concerto a tre personaggi” della Collezione Devonshire, di Chatswort.; il “Baro”, della Gemaldegalerie Alte Meister di Dresda; “Cristo caccia i mercanti dal Tempio”, delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini.
Opere attribuite talvolta allo stesso Caravaggio, contrassegnate dalla resa drammatica delle scene e della luce cruda che colpisce i protagonisti rivelandone le caratteristiche volumetriche e psicologiche, e che risentono in particolare, degli influssi del Manfredi nella materia compatta e nella tipologia dei volti; del Saraceni, che ebbe modo di conoscere, nella resa coloristica, e, nel modellato ben definito delle figure, del belga Gérard Douffet, attivo a Roma tra il 1614 1 il 1622 e con cui il Valentin divise l’abitazione in via Margutta tra il 1614 e il 1622(15).
Negli anni che seguono, fino alla morte avvenuta nel 1632, il Caravaggismo di fondo della prima attività, si evolve man mano in una visione più personale e meno drammatica, con toni dolci e malinconici, sensibilità raggiunte a contatto con le colte personalità degli ambienti del Marchese Giustiniani e di Cassiano del Pozzo nei quali fu introdotto dal Cardinale Francesco Barberini, suo protettore. I suoi interessi si spostano pertanto verso il Guercino, il Reni, l’ambiente napoletano del Ribera e soprattutto verso i connazionali francesi, specie il Vouet, la cui arte si pone alla base delle due opere Spada.
Nella “Sacra Famiglia con S.Giovannino” il fascio di luce caravaggesca che muove dalla figura di San Giuseppe e si irradia sempre più culminando sull’immagine di Maria, suggerisce anche un ideale percorso di lettura della scena. San Giuseppe, dallo sguardo preoccupato, spinge Giovanni Battista ad offrire al Cristo Bambino la cesta colma di pomi, elementi che prefigurano la sua morte in allusione ai pomi del peccato originale da lui redento, e di uve, simbolo del vino eucaristico e riferimento al sacrificio di Cristo. Ma il Bambino timoroso e perplesso, implora conforto alla madre che con docile fermezza, lo aiuta a tendere il braccio verso la croce stessa e i frutti. Il Battista, fu il precursore di Cristo, o nunzio del Cristo, colui che sulle rive del fiume Giordano preparò la sua venuta e profetizzò la sua passione andando egli stesso incontro al martirio. Proprio nell’altro citato dipinto del Valentin presente in Sala si assiste alla sua fine: Salomè, figlia di Erodiade, esibisce sul piatto d’argento la sua testa, dopo averne chiesto la decapitazione ad Erode Egli è quì raffigurato fanciullo, con il suo attributo della croce per preparare lo stesso Cristo, ancora bambino, alla sua futura missione di redenzione umana. La Madonna, che assiste il figlio incoraggiandolo a prendere i simboli che alludono al suo doloroso destino, rimanda ai significati di mediatrice nel disegno di salvezza dell’uomo e di Madre della Chiesa.
Il pittore si era già espresso con il tema della prefigurazione della Passione e Morte di Cristo nella giovanile opera raffigurante la “Sacra Famiglia con Angeli” (Madrid, Banco Exsterior de Espana) dove è Maria che nella sua funzione di mediatrice di salvezza solleva dalle mani dell’Angelo il vassoio di uve, mentre Giuseppe invita Gesù ad osservare la scena. A differenza della tela di Madrid, il dipinto Spada si caratterizza per la carica espressiva dei personaggi e per l’intenso colorismo, reso dalle pennellate fluide ed estese con toni lillà ed arancio. Soluzioni artistiche della fase matura del pittore che fanno dell’opera un eccellente esempio di interpretazione del caravaggismo a Roma in cui si avvertono gli influssi del Vouet nell’eleganza formale e descrittiva, con attenzioni verso i modi del Poussin, Guercino e Guido Reni (16).
Maria Lucrezia VICINI Roma 22 Dicembre 2024
NOTE