di Nica FIORI
Abituati come siamo alle bellezze artistiche di Roma, difficilmente pensiamo all’Urbe come a un centro vitale per le scienze, eppure questo importante aspetto della città emerge alla grande nella mostra “La scienza di Roma. Passato, presente e futuro di una città”, ospitata nel Palazzo delle Esposizioni dal 12 ottobre 2021 al 27 febbraio 2022, nell’ambito del progetto “Tre Stazioni per Arte-Scienza”.
La mostra, a cura di Fabrizio Rufo e Stefano Papi, è consigliata a tutti, e soprattutto alle scolaresche, perché narra dal punto di vista storico e scientifico le scoperte degli scienziati che hanno operato – e continuano a operare – nell’Urbe, esponendo importantissimi manufatti conservati in collezioni museali di Roma, sicuramente poco noti al grande pubblico e a volte inediti.
L’Azienda Speciale Palaexpo conferma il suo impegno nel fare incontrare discipline diverse in un progetto espositivo che coinvolge i più grandi centri di ricerca e 30 artisti che si sono confrontati con i linguaggi scientifici, dalla matematica, alla fisica, alla biologia molecolare. Come ha dichiarato il Presidente Cesare Maria Pietroiusti nel corso della presentazione, “Tre stazioni per Arte-Scienza” è forse il progetto più ambizioso degli ultimi anni, declinato attraverso tre mostre. Oltre a “La scienza di Roma”, possiamo vedere in contemporanea “Ti con zero”, che trae spunto da una notazione matematica con cui si indica il momento iniziale di osservazione di un fenomeno, e allo stesso tempo dal titolo di un racconto di Italo Calvino pubblicato nel 1967, per indagare le scienze dal punto di vista artistico (sono 50 le opere esposte) e, infine, “Incertezza”, il cui tema si impone senza alcun commento, chiamando in causa il contesto sociale in cui si muovono arte e scienza. La mostra evidenzia come la ricerca scientifica contemporanea può dirci molto sulle trasformazioni in atto e sugli scenari futuri (previsioni di terremoti, cambiamenti climatici, pandemie), anche se i nostri interrogativi non possono avere risposte certe, ma solo probabili.
Il termine “stazione” fa pensare a un punto di partenza, al movimento-progresso, alla stazione di ricerca per osservare e sperimentare, fino all’avamposto tecnologico dell’umanità nel cosmo, ma fa pensare anche alla “stasi”, e quindi alla quarantena imposta da un’emergenza pandemica, al lavoro da remoto e ad altre forme di apparente immobilismo.
Il punto di incontro di queste stazioni è proprio la città di Roma, che Quintino Sella, ministro dell’Istruzione e delle Finanze nel neonato regno d’Italia, voleva trasformare in una “capitale della scienza”, come ricordato in mostra dalle sue parole in un dialogo del 1881 con Theodor Mommsen. Ancora oggi nel territorio di Roma c’è la più grande concentrazione di università (tre statali e una quarantina di private) e di centri di ricerca e laboratori d’Italia. Citiamo in particolare l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Non esistono discipline che non abbiano trovato nella città di Roma la sede per il loro sviluppo e spesso il loro momento fondativo: pensiamo per esempio all’astrofisica, che nasce con Angelo Secchi, e alla fisica nucleare, i cui primi esperimenti si sono svolti nel celebre Istituto di Fisica di via Panisperna, sotto la guida di Enrico Fermi.
Data l’ampiezza del progetto espositivo, mi limito a parlare soltanto della mostra “La scienza di Roma”, ospitata al primo piano del palazzo. Il visitatore incontra nelle nove sezioni del percorso una tale ricchezza di reperti, di oggetti, di storie, da farne una sequenza di Wunderkammer, a partire dalla prima “camera delle meraviglie” intitolata “Roma prima di Roma”, dove sono esposti alcuni fossili rinvenuti a Roma e in particolare il cranio dell’uomo di Saccopastore (dal nome della località romana nei pressi della confluenza dell’Aniene nel Tevere): un uomo di Neanderthal ritrovato nel 1929. Un altro esemplare di neanderthaliano venne ritrovato nel 1935 insieme ad alcuni strumenti in selce, facendo scoprire un passato preistorico romano: un passato particolarmente interessante anche dal punto di vista geologico, dove i vulcani, le glaciazioni e le inondazioni hanno plasmato in milioni di anni il paesaggio che vediamo oggi.
Le materie trattate nella mostra vanno dalla chimica alla geologia, dalla paleontologia alla fisica, dalla matematica all’astronomia, dalla biologia alla medicina, e i loro protagonisti sono personaggi del calibro di Galileo Galilei, Angelo Secchi, Enrico Fermi, Giovanni Battista Grassi, Stanislao Cannizzaro, Guglielmo Marconi, Vito Volterra, per citare solo alcuni nomi di scienziati italiani, ma le loro storie si intrecciano con quelle di Niccolò Copernico, Dmitrij Ivanovič Mendeleev, Albert Einstein e tanti altri accomunati dalla stessa passione per la ricerca. Obiettivo dell’esposizione è quello di raccontare la storia delle idee scientifiche e il loro impatto nella società attraverso il rigore scientifico e l’emozione che suscitano ancora oggi gli oggetti esposti.
Purtroppo per raccontare il tutto vengono utilizzati dei pannelli esplicativi e didascalie di metallo grigio riflettente, e quindi scarsamente leggibili, che contrastano con l’intento didattico del contenuto. Peccato, perché mi è sembrato di cogliere nella mostra un cenno a quel concetto di “inclusione” nei confronti di chi ha problemi di vista (e non solo), che dovrebbe diventare la prassi nei nostri musei. Infatti è stato esposto un modello dell’interno del Pantheon, realizzato dal museo “Omero” di Ancona, fatto apposta per essere toccato da ciechi e ipovedenti. Giustamente il plastico del Pantheon è inserito nel settore “Matematica e bellezza”, perché esprime egregiamente il rapporto tra matematica, bellezza ed equilibrio, così come la cupola michelangiolesca di San Pietro, che viene pure presa in esame e, in tempi più recenti, la cupola del Palazzetto dello Sport, progettato da Pier Luigi Nervi.
Nell’ambito della matematica è trattata anche la sua didattica, che ha visto in Emma Castelnuovo e in Lucio Lombardo Radice gli artefici di un cambiamento radicale del suo insegnamento in Italia e nel mondo. Tra gli strumenti matematici, oltre a un abaco portatile di età romana, ci incuriosisce particolarmente la macchina Enigma del 1939, che usava un sistema per crittare e decrittare messaggi, ispirato al disco cifrante di Leon Battista Alberti. Questa macchina venne utilizzata dai tedeschi durante la II guerra mondiale, ma i loro messaggi segreti vennero decrittati da Alan Turing, il matematico britannico i cui studi sono alla base dell’informatica. È esposto anche un esemplare di ELEA 9003 Olivetti 1960, un supercalcolatore realizzato a partire dal 1956, su suggerimento di Fermi, nell’università di Pisa da un gruppo di ricercatori guidati dall’ingegnere romano di origine cinese Mario Tchou. L’acronimo ELEA vuol dire Elaboratore elettronico aritmetico, ma ricorda anche la città magnogreca di Elea (poi Velia), sede della scuola filosofica eleatica.
Nel settore dedicato alle scienze della terra troviamo esposti i primi sismografi, a partire da quello del 1818, definito “Sismoscopio a mercurio Cacciatore” (è stato ideato da Niccolò Cacciatore), che è il più antico al mondo tuttora esistente. È stato prestato dal CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria), insieme ad altri esemplari quali l’Avvisatore sismico Galli-Brassart per le scosse ondulatorie e sussultorie o a doppio effetto del 1884 e il Sismometrografo a massa stazionaria Brassart a vetro affumicato del 1886.
Troviamo anche una carta colorata a mano sulle osservazioni geologiche lungo la Valle Latina, realizzata dal geologo Giuseppe Ponzi e il volume Mundus Subterraneus di Athanasius Kircher (Amsterdam, 1664).
Nel settore della Chimica scopriamo che Roma diventa tra ‘800 e ‘900 una delle capitali della chimica europea e mondiale, grazie a Stanislao Cannizzaro, chiamato a insegnare all’Università di Roma nel 1872 e autore di una “regola”, la quale consente di definire i concetti di atomo, molecola e peso atomico. Il suo laboratorio di Chimica di via Panisperna forma un’intera generazione di chimici, fino ad arrivare agli studi – tra chimica e fisica – che faranno vincere il premio Nobel a Enrico Fermi. Tra i documenti esposti c’è anche una lettera di Mendeleev, il celebre inventore della Tavola degli Elementi, dove si legge “Considero Cannizzaro quale mio vero predecessore perché i pesi atomici da lui determinati mi hanno fornito il punto di riferimento necessario”.
Gli studi sulla malaria sono protagonisti del settore dedicato alla biologia e medicina. Sarà Giovanni Battista Grassi alla fine dell’Ottocento a scoprire che il vettore di trasmissione è la zanzara Anopheles. È dalla lotta contro la malaria che nasce nel 1934 l’Istituto di Sanità Pubblica, poi diventato Istituto Superiore di Sanità. Ed è questo istituto che vede nei suoi laboratori la presenza nel secondo dopoguerra di due premi Nobel per la medicina, Daniel Bovet, per i suoi studi sulla psicofarmacologia, ed Ernest Chain, che isola la penicillina, creando le condizioni ideali per la produzione degli antibiotici. A partire dal 1964 l’istituto è in prima linea nel debellare la poliomielite.
L’astronomia romana diventa una scienza all’avanguardia grazie al gesuita Angelo Secchi, che ha diretto l’osservatorio astronomico di Roma per i fenomeni celesti e atmosferici dal 1852 al 1878. È lui che per primo ha osservato lo spettro luminoso degli astri, ponendo le basi per la moderna astrofisica. Egli prosegue, inoltre, la tradizione osservativa, risalente a Galileo, delle macchie solari e studia il fenomeno della granulazione, dovuta ai moti convettivi presenti negli strati più esterni della struttura solare. Sempre a lui dobbiamo anche l’individuazione del meridiano di Monte Mario a Roma, detto anche Primo Meridiano d’Italia.
Il settore dedicato alla fisica espone gli strumenti originali dei “Ragazzi di via Panisperna”, il gruppo di giovani scienziati guidati da Fermi, che, attraverso lo studio degli effetti del bombardamento dei nuclei atomici con neutroni rallentati dall’idrogeno (neutroni lenti), darà il via alla realizzazione del primo reattore nucleare a fissione.
Sono pure esposte gigantografie fotografiche che ricordano questi studiosi e alcuni documenti, come per esempio la tesi di laurea di Ettore Majorana, una pagella liceale di Enrico Fermi (prestata dal Liceo classico Pilo Albertelli, che all’epoca di Fermi si chiamava Liceo Umberto), e una lettera del 3 dicembre 1938 dello stesso Fermi al Segretario del Capo del Governo, in cui chiede di “poter essere ricevuto dal Duce” prima della sua partenza per Stoccolma per il conferimento del Nobel, cui avrebbe seguito un corso di conferenze a New York. Sulla lettera si legge un bel “No” e anche la motivazione: “Ha la moglie ebrea ed ha fatto ebrea la figlia”.
Il trasferimento di Fermi in America segna la fine della vicenda dei “Ragazzi di via Panisperna”, che nello stesso 1938 aveva visto la misteriosa scomparsa di Majorana. L’anno dopo Franco Rasetti emigra in Canada. Emilio Segrè è costretto a lasciare l’Italia dalle leggi razziali e si stabilisce in California, dove insieme a Fermi partecipa all’attività di ricerca per la realizzazione della bomba atomica, mentre Rasetti decide di dedicarsi ad altri studi (biologia). Segrè nel 1959 riceve il Nobel per la scoperta dell’antiprotone. Bruno Pontecorvo si trasferisce a Parigi, poi negli Usa e infine in Russia (nel 1950).
Del gruppo originario rimangono a Roma il chimico Oscar D’Agostino, che fonda il reparto di Radiochimica presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e successivamente nell’Istituto Superiore di Sanità e il fisico Edoardo Amaldi, che contribuisce alla nascita nel 1951 dell’INFN e lancia il progetto di un laboratorio dotato di un acceleratore di particelle. Tra gli oggetti in mostra troviamo l’elettrosincrotrone di Frascati, il primo acceleratore di particelle in Italia, che entra in funzione nel 1959.
Un altro celebre Nobel per la Fisica ricordato in mostra è Guglielmo Marconi, che da autodidatta scopre le onde radio e diventa così uno scienziato di fama mondiale. Dopo aver ottenuto il Nobel nel 1909, Marconi diventa un abile imprenditore, che discute con papi e capi di stato, e nel 1927 Benito Mussolini lo nomina presidente del CNR dopo aver allontanato il suo fondatore, il matematico Vito Volterra, noto soprattutto per la biomatematica.
Una sala della mostra è dedicata alla “Roma di Galileo e Kircher”, che presenta affascinanti oggetti secenteschi relativi alla nascente astronomia.
Vere rarità sono il manoscritto del Nuncius Sidereus del 1610 con gli acquarelli delle fasi lunari disegnati dallo stesso Galilei e le tavole sciateriche del 1636, attribuite ad Athanasius Kircher. Queste tavole, dipinte a mano su ardesia, sono basate sullo studio degli orologi solari e rappresentano la maggiore testimonianza della cosmologia kircheriana.
La Roma di quegli anni non è una città chiusa alla scienza, al contrario è un ambiente scientificamente curioso, dove all’attività di istituzioni come il Collegio Romano, dove l’eclettico gesuita Kircher realizza il primo archetipo di museo, si affianca il fervore culturale dei membri dell’Accademia dei Lincei. Galileo inizialmente è accolto favorevolmente, ma in seguito viene processato e condannato per le sue idee rivoluzionarie, basate sul sistema eliocentrico di Niccolò Copernico. Per salvarsi viene costretto all’abiura e i suoi libri messi all’indice.
Sono in mostra alcuni documenti, il suo telescopio (replica), un cannocchiale, un globo celeste di Matthaeus Greuter (1636, INAF) e altri interessanti strumenti. Un grande dipinto (olio su tela cm 256×1709), realizzato da Carlo Felice Biscarra nel 1859, raffigura “Galileo che spiega la teoria del moto della terra dinanzi ai commissari dell’Inquisizione di Roma”. È stato prestato dal Castello d’Agliè, Direzione Regionale Musei Piemonte.
Il settore “Lo spazio” racconta la storia nella gara per la conquista dello spazio grazie a scienziati come Luigi Broglio e l’ingegnere Giulio Costanzi, che per primo ipotizza un viaggio nello spazio. Ed è a Roma che nasce il progetto “San Marco” negli anni Sessanta, che prevedeva una stretta collaborazione con gli Usa, la costruzione di satelliti scientifici e di una base di lancio in mare. Oltre al satellite San Marco, del 1960, fa un certo effetto in mostra la presenza del razzo Scout (III e IV stadio) del 1970, prestato dalla Sapienza Università di Roma (Scuola di Ingegneria Aerospaziale).
Infine troviamo “Il futuro”, che è altrettanto affascinante del passato quando propone l’orto spaziale, la tecnologia delle particelle ondulate astratte, lo studio dei fenomeni sociali complessi con il robot NAO, il DNA che svela migrazioni e diversità della Roma antica, il modello di cervello in 3D o il telescopio CTA per la ricerca astrofisica.
Per chi volesse approfondire le tematiche trattate nelle “Tre Stazioni per Arte-Scienza” sono in programma una serie di incontri con esperti, che si svolgeranno nella Rotonda del Palazzo delle Esposizioni tutti i giovedì, a partire da giovedì 21 ottobre alle 18,30 (ingresso a € 4) e una rassegna cinematografica dal titolo “Tarkovskij e il trascendente nel cinema”, a partire da giovedì 28 ottobre alle ore 20 (nella Sala Cinema), a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria tramite il sito www.palazzoesposizioni.it
Nica FIORI Roma 17 ottobre 2021
Tre Stazioni per Arte-Scienza
Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale, 194 Roma
Orari: martedì, mercoledì, giovedì e domenica dalle 10 alle 20; venerdì e sabato dalle 10 alle 22; lunedì chiuso. Biglietti: intero € 12,50; ridotto € 10; € 6 dai 7 ai 18 anni; € 4 nei giorni degli incontri dalle ore 18 in poi; gratuito per i bambini fino ai 6 anni