La seconda edizione del Festival Letterario “Parola per Parola” porta la “Mail Art” alle pendici dell’Etna

di Francesca SARACENO

Dopo la prima fortunata edizione, torna a Belpasso (CT) il FESTIVAL LETTERARIO “PAROLA PER PAROLA” (fig.1), dal 10 al 13 aprile 2025. Quest’anno l’evento si terrà sotto il patrocinio del Comune etneo, in collaborazione con la Fondazione Carri di S. Lucia e la Pro Loco, e con i contenuti multimediali curati da Visivus Produzioni.

Fig. 1) Logo ufficiale del Festival Letterario Parola per Parola 2025

Si conferma all’organizzazione la squadra 2024, composta da Antonino Girgenti (Presidente della Fondazione Carri di S. Lucia), Tony Carciotto (Presidente della Pro Loco), Gianni De Luca, Emmanuele Giuffrida, Antonello Signorello, con la direzione artistica della giornalista e scrittrice Katya Maugeri.

Il dream team di visionari operatori culturali ha confezionato quest’anno un’edizione davvero ricca e innovativa, con due nuove sezioni che daranno modo ad artisti e scrittori di esprimere talento e creatività in tutte le forme possibili.

All’interno del Festival, il concorso “Belpasso tra le righe” è riservato ai virtuosi del “mezzo parola” che, in questa edizione, si confronteranno sul tema della Metamorfosi. Mai, come in questo periodo storico, il “cambiamento” è un’evidenza quotidiana, un’esigenza di adattamento, ma anche un’opportunità di costruzione del futuro che coinvolge tutti. I partecipanti potranno esprimersi attraverso quattro sezioni: poesia, narrativa/saggio, opera dialettale e la novità dei cortometraggi. Quest’ultima sezione, in particolare, darà modo a registi affermati o semplici amatori dell’arte cinematografica, di integrare due potenti strumenti di comunicazione come la parola e l’immagine, testimoni e artefici, nel tempo, delle più grandi trasformazioni artistiche e culturali.

Oltre al concorso letterario, sarà allestito anche uno spettacolo teatrale, quest’anno più intrigante che mai, perché il tema sarà il “carteggio”, lo scambio epistolare. Verranno interpretate importanti lettere di diverse epoche, che trasporteranno gli spettatori in una dimensione profonda e sconosciuta dell’animo umano. Lo spettacolo, che coinvolgerà gli studenti delle scuole del territorio, trasformerà – è proprio il caso di dire – l’evento letterario in un laboratorio artistico esperienziale.

“Questo dialogo tra arte e didattica”, scrivono infatti gli organizzatori, “dimostra come il teatro possa essere uno strumento potente per educare, emozionare e stimolare la crescita personale”.

E a proposito di “scambio epistolare”, la grande novità del Festival belpassese 2025 sarà la possibilità, per artisti e appassionati, di cimentarsi in una forma d’arte tra le più libere e “democratiche” che si conoscano, ovvero la MAIL ART (fig. 2).

Fig. 2) Illustrazioni varie di Mail Art

Chiunque, infatti, potrà partecipare inviando, a mezzo posta, opere realizzate su cartoline, lettere, buste e scatole, a tema libero e con qualsiasi tecnica. Tutte le opere inviate saranno esposte, durante il Festival, in una mostra allestita a Palazzo Bufali. Un’iniziativa davvero pregevole ed entusiasmante, perfettamente in linea con l’idea di “cambiamento” che guida questa edizione.

Perché in un’epoca che corre veloce sul filo dell’immediatezza della comunicazione, tra web e social media, la MAIL ART restituisce una valenza quasi sentimentale alla trasmissione del pensiero, alla circolazione delle idee, alla diffusione di valori universali, attraverso l’arte e la creatività. Ma soprattutto ci riconnette con qualcosa di cui non abbiamo quasi più contezza: il tempo. Vivere in un eterno presente crea l’urgenza del “tutto e subito”, quasi una necessità esistenziale, senza la quale ci sembra di rimanere tagliati fuori dalla storia. La MAIL ART, con i suoi “tempi” di creazione, di invio e di attesa di una risposta, ci riporta alla dimensione umana della comunicazione, accrescendone il valore culturale. Non più “post” virtuali, non più email, ma “posta” vera, tangibile; pensata, creata, e inviata concretamente da qualcuno “per” qualcuno. La grande bolgia dei social fornisce l’illusione di essere parte di una grande comunità, di “esistere” in quanto membri di un gruppo, di “valere” in quanto sostenitori di una stessa idea; la MAIL ART restituisce a ciascuno la propria “unicità”. Ed è questa la sua grande forza: ridare valore al singolo pensiero e alla singola persona che, attraverso una missiva appositamente creata, diventa oggetto e meta di quel pensiero; l’arte diventa “dono”, per chi la fa e per chi la riceve.

Non a caso si dice che la MAIL ART sia nata, concettualmente, quando Cleopatra fece “dono di sé” a Cesare, facendosi letteralmente “recapitare” presso il suo palazzo avvolta in un tappeto. La leggenda, però, rende bene quello che è il senso profondo di un’arte scaturita non solo come decorazione di lettere, cartoline, buste e francobolli, ma come idea di “interscambio”. L’opera d’arte viene infatti inviata e ricevuta in un flusso continuo di creatività, in cui chi riceve l’opera diventa a sua volta creatore di un’altra opera che potrà spedire a quello stesso mittente e a mille altri destinatari, che potranno fare lo stesso a loro volta.

Sorta come movimento avanguardistico dell’arte moderna, la MAIL ART affonda le sue radici nell’Inghilterra della prima metà del XIX secolo, quando, nel maggio del 1840, il servizio postale britannico emette un primo pacchetto di materiale pre-affrancato per il lancio della Penny Post; per questa occasione l’artista William Mulready aveva creato fogli di lettere e buste di cancelleria postale illustrati sulla parte frontale (fig. 3), con un particolare sistema di piegatura e chiusura.

Fig. 3) Carta da lettere Mulready da un penny, 1840

I fogli di Mulready, però, vennero fraintesi nella loro accezione comunicativa, e rigettati per l’elaborato sistema di piegatura, suscitando – peraltro – non poco timore presso i produttori di cartoline e carta da lettere, minacciati nei loro interessi economici da ciò che di fatto era un francobollo ma era anche, esso stesso, carta da lettere. Si produssero così una grande quantità di opere caricaturali create da altri autori proprio per schernire i fogli di Mulready, inviate e ricevute sempre a mezzo posta, originando un flusso imponente di cartoline e buste illustrate.

La MAIL ART trovò consenso e sviluppo nella temperie artistica di un periodo storico in cui tutto ciò che era “moderno” suscitava un’enorme attrattiva. Per tale motivo questa forma di arte postale vide una grande diffusione già nei primi anni del Novecento, con alcuni esponenti del movimento artistico Futurista, attraverso cartoline e lettere create da Giacomo Balla (fig. 4), Fortunato Depero (fig. 5), Francesco Cangiullo, e i collage di Ivo Pannaggi (fig. 6).

Fig. 4) Luca e Giacomo Balla, cartolina, Riconoscenti saluti, 9 settembre 1925. Fonte: bologna.repubblica.it
Fig. 5) Fortunato Depero, Cartoline delle Province italiane, 1938. Fonte: Depero. L’uomo e l’artista, Egon, Rovereto, 2009
Fig. 6) Ivo Pannaggi, Collage, 1926. Fonte: moma.org

Ma l’idea di un’arte che “viaggia” e connette potenzialmente migliaia di persone, forniva anche l’opportunità a molti artisti di far conoscere le proprie opere col minimo esborso di un francobollo, e a chi le riceveva di potersi fregiare di una creazione originale in maniera del tutto gratuita. Le mostre implicavano costi di trasporto e allestimento non indifferenti che la MAIL ART annullava, offrendo in più la certezza della visione dell’opera, a prescindere dal successo dell’evento espositivo.

Fig. 7) Ray Johnson, Senza titolo (Si prega di aggiungere e restituire a Ray Johnson), non datato, fotocopia di Mail art. Fonte: rayjohnsonestate.com

Negli anni Cinquanta e Sessanta si affermò il movimento Fluxus ad opera di Ray Johnson, artista statunitense fondatore della New York Correspondance School of Art che, nel 1962, sperimentò una forma di MAIL ART detta Add to and Return (fig. 7), inviando per posta alcune sue opere a diversi critici e storici dell’arte, e chiedendo loro di rimandargliele indietro insieme a un loro parere critico. Si originò una grande produzione di buste, francobolli, timbri autoprodotti, e numerose opere realizzate con le più disparate tecniche e tematiche, protagoniste di una iniziativa artistica su larga scala, estremamente d’impatto.

Da qui l’idea dell’opera come dono, come interscambio culturale, e non più oggetto “da vendere” com’era in passato, ma anche in epoca moderna.

La MAIL ART rigettava il concetto di mercificazione dell’arte, che si affermava con forza nella nuova società dei consumi e del profitto. E questo valore di “rottura” con l’idea corrente, trovò nuove espressioni mail-artistiche nei movimenti Punk degli anni Ottanta e nelle rielaborazioni in chiave collettiva e riproducibili di quegli artisti, attivisti e performers che, negli anni Novanta, si indentificavano nello stesso pseudonimo di Luther Blissett.

Nell’era dell’Intelligenza Artificiale, delle connessioni interplanetarie in tempo reale, come può inserirsi una forma di arte “artigianale” come la MAIL ART? Potrebbe sembrare un controsenso, un tornare indietro a una modalità di comunicazione ormai desueta e finanche “inutile”. Ma se la funzione originaria si è modificata nel tempo, il valore intrinseco della MAIL ART è rimasto quello degli esordi: creare “fisicamente” per donare una parte di sé, un’oggetto, un’immagine, che veicoli un pensiero, un sentimento “personale” a una “persona”; ed è proprio ciò che dovremmo ritrovare oggi, in questo presente intasato di immagini e contenuti ma vuoto di concretezza, in cui siamo tutti “profili” senza identità, senza corpo; mittenti e destinatari di raffigurazioni e pensieri impersonali, omologati, creati in serie.

Per questo motivo l’iniziativa degli organizzatori del Festival belpassese di rispolverare una forma artistica come la MAIL ART, assume un valore – oserei dire – rivoluzionario, soprattutto per le nuove generazioni, nate e cresciute nell’era digitale, che hanno perso quasi del tutto il senso primario della comunicazione, che quasi non sanno più tenere in mano una penna, e meno ancora una matita o dei pennelli. Creare “con le mani”, oggi, ha il sapore della scoperta di una nuova frontiera; la sperimentazione nell’uso dei materiali, la trepidazione di sapere una “parte di sé”, della propria creatività, in viaggio verso una meta, il valore dell’attesa di una risposta altrettanto “voluta”, sono cose che fanno riscoprire la dimensione umana della comunicazione, e il peso – anche sentimentale – di un messaggio creato appositamente per qualcuno.

E l’idea che chiunque possa esprimere il proprio talento, la propria creatività, e condividerla “materialmente”, è il valore aggiunto; la trasversalità che rende tutti partecipi, attivamente e concretamente.

Come hanno avuto modo di dire gli organizzatori:

“Il Festival Letterario Parola per Parola si propone di costruire un ponte tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro, dove il racconto della metamorfosi non è solo tema, ma esperienza vissuta e condivisa”;

e in un tale contesto la MAIL ART diventa uno strumento culturale altamente innovativo, pur mantenendo salde le radici nella tradizione, creando un sistema di comunicazione virtuoso in cui l’arte, la bellezza, la creatività, possono connettere concretamente persone e idee, e portare un contributo importante di cambiamento “costruttivo”.

Il Festival Letterario Parola per Parola ha valore nazionale; chiunque volesse partecipare troverà il bando completo e i moduli di iscrizione sul sito www.prolocobelpassoaps.it

©Francesca SARACENO Catania, 2 febbraio 2025.