di Gianni MANUSACCHIO
Gianni Manusacchio (Torino, 1970). Si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma ma la sua passione artistica trova piena forma nel cinema e nel teatro. Scrive, produce e dirige diversi corti, reportage, documentari, piéce teatrali. Docente di Arte e immagine, cinematografia e teatro per ragazzi. Direttore artistico di Simposi sulla tutela, valorizzazione e promozione del territorio ripese e molisano. Da anni attento studioso della copia della Sacra Sindone di Ripalimosani. Vive e lavora in Molise.
La Sindone: originale o fake?
Il 24 aprile del 2020 sul settimanale di cronaca, cultura, politica e attualità “Il Venerdì” di Repubblica a pag. 79, nella rubrica Ora d’Arte curata dallo storico dell’Arte Tomaso Montanari, ho letto un articolo dal titolo “La Sindone, quel fake profondamente umano”.
Da un accademico come Montanari ci si aspetta una disamina frutto di una approfondita ricerca corredata da citazioni colte e non leggere un pamphlet (fine a se stesso) che mettesse insieme Belle Epoque e mistero della fede, Sacra Sindone e Tour Eiffel, Sabato Santo e Covid-19, storia della tessitura e arte sacra di un manufatto medioevale francese realizzato al tempo della Peste Nera.
Bisogna dissentire anche da storici dell’arte di rango quando vengono sopraffatti dalla propria personalità a discapito del bello, del vero, e del giusto. Allora mistero risolto sul documento archeologico più studiato e controverso al mondo attraverso ”due incontestabili verità scientifiche” ossia una semplice comparazione iconografica di una sacra rappresentazione tardo gotica e una datazione al radiocarbonio vecchia anni luce?
Mi sembra banale e riduttivo anche perché negli ultimi anni si è riaperta la questione della datazione radiocarbonica della Sacra Sindone da parte di uomini di scienza che escludono sia stata realizzata in epoca medievale (cfr. Archaeometry del 22 marzo 2019). E poi allo storico dell’arte bastava che si soffermasse per qualche istante sulle numerose testimonianze iconografiche precedenti il trecento, come ad esempio su un avorio bizantino del XII sec. in cui il riferimento alla Sindone è evidente, per non cadere in errore, conservato proprio al Victoria & Albert Museum di Londra da lui stesso citato nell’articolo.
Da anni studio la copia sindonica di fine cinquecento di Ripalimosani (in provincia di Campobasso) che custodisce gelosamente come fosse il santo graal.
Non abbiamo conquistato la felicità terrena ma avere un manufatto artistico (una reliquia da contatto che ha avuto come primo destinatario Filippo II d’Asburgo Re di Spagna) antico oltre quattro secoli che ha fatto il giro dell’Europa e dell’Italia passando tra le mani di regnanti potenti, nunzi apostolici, vescovi, feudatari e arcipreti ci inorgoglisce particolarmente.
Una copia della Sindone, così come altre in Italia, Europa e addirittura oltre oceano, furono realizzate su richiesta o quale dono da offrire a monasteri, chiese, confraternite, congiunti di casa Savoia con l’intento esplicito di divulgare il culto cattolico e il loro prestigio attraverso l’immagine flagellata del corpo di Gesù. Sono a grandezza naturale, simili per forma e colore al suo “originale” con l’aggiunta di iscrizioni semplici “EXTRACTUM EX ORIGINALI TAURINI ANNO 1653” come nel caso di quella conservata a Savona
o più complesse come nel caso ripese “VERA IMMAGINE DEL S.S. SUDARIO DEL SALVATORE TRATTA DALLA SACRA SINDONE DEI SAVOIA RICEVUTA DA GIULIO CESARE RICCARDO ARCIVESCOVO DI BARI E NUNZIO DI CLEMENTE VIII”
ma che differiscono sostanzialmente da esso perché sul Sacro lino di Torino non sono presenti pigmenti misti ad olio o collanti naturali ma macchie di sangue e tracce di luce abbagliante e rapida scaturita dal suo interno che hanno fissato per sempre sulla sua superficie l’immagine negativa-positiva di un corpo martoriato…del corpo del figlio di Dio descritto nei Vangeli. Consiglio di vedere il finale del film di Mel Gibson del 2004 “La passione di Cristo” per immaginare ciò che potrebbe essere successo nel Sepolcro.
Luce e ombra, l’antico dilemma che molti artisti hanno vissuto nel corso della Storia dell’Arte, forse è diverso da quello spirituale del credente, ma per molti aspetti simile nell’impeto primordiale della creazione.
Da studioso, per affrontare un discorso sulle copie sindoniche, ho dovuto necessariamente fare ricerche e confrontarmi con esperti italiani e spagnoli ed aggiornarmi in continuazione sulla “fonte di origine” prima di accingermi a scrivere un libro sull’argomento…figuriamoci se l’argomento da trattare fosse stato la Sindone! L’ignoto artista che ha dipinto la copia sindonica di Ripalimosani tra il 1595 e il 1598, presso la corte del Duca Carlo Emanuele I di Savoia al cospetto della Sacra Sindone, non ha potuto titubare davanti ai segni ematici della flagellazione impressi sull’Uomo sindonico, non ha dovuto optare tra luce e ombra, bene e male. Ha riprodotto fedelmente ciò che i suoi occhi, il suo credo, la cultura del proprio tempo e le istanze controriformiste gli suggerivano di fare. E per concludere da un provocatore come il Prof. Montanari, che nel suo articolo descrive un Clero piemontese di fine ottocento che “sbiglietta” con una cupidigia simile a quella condannata da Martin Lutero per la vendita delle indulgenze, non ci si aspetta un finale buonista considerando i suoi articoli “contro” durante questa pandemia che ad oggi nel nostro Paese, in poco più di due mesi, ha strappato alla Vita quasi trentamila anime nel buio più profondo, culturale, politico ed esistenziale dell’inizio di una nuova Era.
Gianni MANUSACCHIO
Bibliografia
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Nicola Maria Minadeo, Prima Ostensione de la S. Sindone in Ripalimosani (Sannio), Torino, Tipografia Salesiana, 1899
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Nicola Arciprete Minadeo, La Sacra Sindone di Torino ed una copia autentica venerata in Ripalimosani, Siena, Tipografia Edit. S. Bernardino,1900
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La memoria di Cristo – Le copie della Sindone: verità di fede e verità storica, Siena, Protagon Editori Toscani, 2000
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Emanuela Marinelli e Marco Fasol, Luce dal sepolcro – Indagine sull’autenticità della Sindone e dei Vangeli, Verona, Fede & Cultura, seconda ristampa aprile 2018