di Eleonora PERSICHETTI
I Macchiaioli a Torino. L’arte italiana verso la modernità.
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, fino al 24 marzo 2019
C’è tempo fino al 24 marzo 2019 per una visita ad una delle mostre più grandi e importanti sui Macchiaioli per la prima volta alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
Gli antefatti, la nascita e la stagione iniziale e più felice della pittura macchiaiola, ossia il periodo che va dalla sperimentazione degli anni Cinquanta dell’Ottocento ai capolavori degli anni Sessanta, sono i protagonisti dell’esposizione.
“I macchiaioli. Arte italiana verso la modernità” presenta oltre 80 opere provenienti dai più importanti musei italiani, enti e collezioni private, in un ricco racconto artistico sulla storia del movimento, dalle origini al 1870, con affascinanti confronti con i loro contemporanei italiani.
L’esperienza dei pittori macchiaioli ha costituito uno dei momenti più alti e significativi della volontà di rinnovamento dei linguaggi figurativi, divenuta prioritaria nella metà dell’Ottocento. Fu a Firenze che i giovani frequentatori del Caffè Michelangiolo misero a punto la ‘macchia’. Questa coraggiosa sperimentazione porterà a un’arte italiana “moderna”, che ebbe proprio a Torino, nel maggio del 1861, la sua prima affermazione alla Promotrice delle Belle Arti. Negli anni della sua proclamazione a capitale del Regno d’Italia, Torino visse una stagione di particolare fermento culturale. È proprio a questo periodo, e precisamente al 1863, che risale la nascita della collezione civica d’arte moderna – l’attuale GAM – che aveva il compito di documentare l’arte allora contemporanea.
Il percorso prende il via con il racconto della formazione dei protagonisti. Dalle opere di pittori e maestri accademici di gusto romantico o purista, come Giuseppe Bezzuoli, Luigi Mussini, Enrico Pollastrini, Antonio Ciseri, Stefano Ussi, ai giovani futuri macchiaioli come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Cristiano Banti, Odoardo Borrani: attraverso il confronto delle opere viene evidenziata la loro educazione tradizionale, rispettosa dei grandi esempi rinascimentali.
Ci sono le opere presentate alle prime Promotrici di Belle Arti e alla prima Esposizione nazionale di Firenze del 1861. Sullo sfondo è la visita all’Esposizione Internazionale di Parigidel 1855, che fu un avvenimento decisivo per i giovani macchiaioli, suscitando grande curiosità ed emulazione nei confronti della nuova visione “oggettiva” e diretta. In questa cornice, viene presentato il dialogo che sospinse alcuni artisti tra Piemonte, Liguria e Toscana a condurre le ricerche “sul vero”. Furono anni di sperimentazione in cui le ricerche sul colore-luce, condotte en plein air, crearono un comune denominatore tra pittori legati in gruppi e cenacoli, di cui l’esempio più noto fu quello dei Macchiaioli toscani.
Si affronta poi la sperimentazione della macchia applicata al rinnovamento dei soggetti storici e di paesaggio, con opere degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta, durante i quali talvolta gli amici si trovavano vicini a dipingere lo stesso soggetto da angolature di poco variate, così da evidenziare il loro percorso comune e il proficuo dialogo intessuto in quegli anni di profondi mutamenti non solo artistici, ma politici e culturali in senso ampio.
A seguire, si propongono le scelte figurative dei macchiaioli dall’Unità d’Italia a Firenze capitale e gli ambienti in cui maturò il linguaggio macchiaiolo: dalle movimentate estati trascorse a Castiglioncello, nella tenuta di Martelli, ai più pacati pomeriggi autunnali e primaverili a Piagentina, nell’immediata periferia fiorentina, ove gli artisti si erano ritirati a lavorare al riparo dalle trasformazioni della Firenze moderna, accentuate dal 1865 dal suo ruolo di capitale dell’Italia unita.
L’ultimo capitolo del viaggio affianca alle opere l’esperienza cruciale di due riviste: il «Gazzettino delle Arti del Disegno», pubblicata a Firenze nel 1867, e l’«Arte in Italia», fondata due anni dopo a Torino e che accompagna le vicende artistiche italiane sino al 1873. Sulle colonne del «Gazzettino» Martelli, Signorini e altri critici presentano il loro sensibile e acuto spirito di lettura nei confronti delle espressioni contemporanee europee e la consapevolezza di una ulteriore svolta evolutiva della pittura, che si lascia alle spalle il pur glorioso linguaggio della macchia, che, a quel punto, mostrava di aver compiuto il suo ruolo innovatore. Un impegno sul fronte della critica destinato idealmente a proseguire sul mensile «L’arte in Italia», rivista che contribuì al rinnovamento dell’ambiente artistico piemontese con personalità come Giovanni Camerana, tra i più lucidi sostenitori delle ricerche sul vero condotte da Fontanesi e dalla Scuola di Rivara.
Ciò che la mostra restituisce è quindi l’occasione non solo per ammirare i capolavori assoluti della pittura macchiaiola, ma permetterne una migliore comprensione sottolineando il dialogo che ha unito gli artisti di varie parti d’Italia nella ricerca tesa alla modernità.
di Eleonora PERSICHETTI Torino novembre 2018