La storia di una grande amicizia in un nuovo inedito “Ritratto di Giuseppe Casciaro” di mano di Antonio Mancini

di Cinzia VIRNO

Antonio Mancini: “scoperto” un altro ritratto di  Giuseppe Casciaro.

Giuseppe Casciaro nato a Ortelle in provincia di Lecce, nel 1861, compie i suoi studi  all’Accademia di Belle Arti di Napoli e rimane a vivere nella città partenopea per tutta la vita. Pittore, soprattutto pastellista, predilige il paesaggio del quale è uno dei massimi rappresentanti. Non sappiamo esattamente quando conobbe Antonio Mancini ma questo avvenne certamente molto presto. Quando Casciaro, giunto a Napoli si iscrive all’Accademia di Belle Arti e inizia a studiare con Morelli e Lista, quindi viene in contatto con quelli che, qualche anno prima, erano stati i maestri di Mancini e che di lui continuavano ad essere l’“humus” culturale. Così, nonostante la differenza di età – Mancini, era più grande di nove anni – divennero amici molto stretti. Casciaro aveva grande stima del più anziano pittore e continuò ad essere in contatto con lui anche quando questi, nel 1883, si stabilì definitivamente a Roma, aiutandolo anche a risolvere alcuni problemi pratici rimasti in sospeso a Napoli[1].

Per alcuni decenni, tuttavia, i rapporti dovettero diradarsi o quantomeno non sono attestati da lettere o documenti. E’ solo nell’ultimo periodo della sua vita che Mancini rivede il più giovane amico nella città partenopea [2]. Vi torna infatti una prima volta nel 1921, in occasione della biennale napoletana dove partecipa vincendo la medaglia d’oro, con una mostra di trenta pezzi [3]. In quell’occasione è suo ospite nella villa in via Luca Giordano al Vomero. Passa per Napoli anche l’anno successivo, ma solo di passaggio, per recarsi sulla costiera Amalfitana, e ancora nel 1923 quando riceve la cittadinanza onoraria, ed è nuovamente ospite nella villa Casciaro [4]. In quest’ultima occasione realizza, tra l’altro, il ritratto a pastello dell’amico, oggi esposto al museo del Novecento a Napoli (Fig.1).

1) Antonio Mancini, Ritratto di Giuseppe Casciaro, 1923, Museo del Novecento a Napoli, in comodato dalla collezione Girosi.
2) Da sinistra: Antonio Mancini, Vincenzo Gemito e Giuseppe Casciaro nella villa di quest’ultimo a Napoli nel 1923

Gli incontri tra Mancini e Casciaro ai quali partecipò anche lo scultore Vincenzo Gemito, amico del primo sin dall’infanzia, sono documentati da alcune foto realizzate nel giardino della villa Casciaro stessa. Una di queste, particolarmente significativa, realizzata nel 1923, mostra i due vecchi amici che discorrono e Giuseppe Casciaro che guarda verso l’obiettivo (Fig. 2).

Quest’immagine è oltremodo interessante perché ci mostra l’aspetto di Casciaro a quella data, ovvero all’età di 62 anni, quando viene ritratto da Mancini. L’artista pugliese era un uomo, alto e robusto, aveva soprattutto un bel volto e una bella testa sicuramente interessanti dal punto di vista pittorico. Certamente quel che di lui saltava agli occhi in quel periodo era la folta e mossa capigliatura bianca e gli altrettanto candidi e folti baffi.

Finora si era ritenuto che il ritratto suddetto fosse l’unico fatto da Mancini all’amico più giovane. Ma ultimamente ho avuto il piacere di ritrovare in una collezione privata un’altra opera a pastello con lo stesso soggetto ad oggi sconosciuta (Fig. 3) [5].

3) Antonio Mancini, Ritratto di Giuseppe Casciaro, recentemente ritrovato, collezione privata

I due ritratti, ambedue a mezzobusto, potrebbero essere coevi, forse addirittura realizzati nella stessa occasione, quella, appunto, del ritorno di Mancini a Napoli nel 1923, quando sembra si trattenne più a lungo[6]. Tuttavia l’immagine dell’uomo e l’intera composizione sono molto diversi, concettualmente e nel modo di rappresentare la figura, come pure nelle tinte e nell’utilizzo del pastello. Nel ritratto noto il profilo è verso sinistra, lo sguardo fisso davanti a sé. L’uomo poggia la mano su un mobile alto dove macchie di colore rosso sembrano accenni di fiori. Il tratto è veloce ed essenziale, la composizione ariosa, piena di luce. Una grata lascia intravedere l’esterno con un bagliore naturale molto forte e tratti di verde che suggeriscono un giardino. Solamente l’abito scuro e il colletto bianco sono macchie compatte di colore che danno corpo a una composizione quasi  evanescente.

Diversamente il ritratto ritrovato è ambientato in un interno chiuso. Il fondo è una parete. La composizione è tutta giocata sui toni scuri come in un notturno. Prevalgono i bruni i marroni, il nero e il grigio. Le zone più chiare sono il volto dell’uomo e la cornice di un giallo dorato. La figura, sempre di profilo, questa volta guarda verso destra. L’abito scuro e il colletto bianco sembrano gli stessi dell’altra opera della quale ritroviamo anche la chioma ingrigita con ancora qualche tratto scuro sulla nuca. Ma qui i lineamenti del volto sono definiti e molto più attenti alla resa fisionomica. E’ sicuramente un ritratto più dettagliato e meno veloce dell’altro.

Fig.3.Antonio Mancini, Ritratto di Giuseppe Casciaro, Collezione privata, part.

Casciaro tiene tra le mani, fisso davanti a sé, un piccolo quadro dalla spessa cornice dorata. Sembra averlo appena afferrato e lo guarda con grande attenzione come se dovesse esaminarlo, giudicarlo. Questo elemento ci sembra particolarmente interessante per il significato che Mancini vuole dare all’opera. L’artista “immortala” in questo caso la figura del collezionista cogliendo un altro degli aspetti importanti della personalità del poliedrico personaggio[7].

Della sua villa al Vomero Casciaro aveva fatto anche una sorta di galleria privata d’arte moderna, collezionando diverse centinaia di pezzi di pittori e scultori contemporanei con una netta prevalenza per gli artisti napoletani o comunque attivi a Napoli. A questa galleria aveva dato un assetto museale vero e proprio contrassegnando ogni sala con un numero e, in qualche caso, con il nome dell’artista maggiormente presente o il tipo di opere esposte (acquerelli, disegni, ecc. )[8]. L’intera raccolta, di grandissima importanza, fu purtroppo in parte dispersa nella mostra di vendita avvenuta l’anno dopo la morte dell’artista nel 1942[9].

Di Mancini Casciaro possedeva molti pezzi, al punto tale che una delle stanze della sua villa era chiamata “Salone Mancini”. Oltre ai citati due pastelli con i propri ritratti e a quello della moglie Giovina, diversi rari paesaggi del primo periodo come quello oggi di IntesaSanpaolo – Gallerie d’Italia, il notissimo capolavoro: “La verità[10] l’Autoritratto della follia del 1878, Bevo la birra, solo per citare qualche esempio[11]. In una foto d’epoca che mostra questo ambiente, il ritratto in collezione Girosi, è parzialmente visibile in basso a destra sotto a quello di Giovina (Fig. 4). Come si vede, le opere, in grande quantità erano sistemate una sull’altra “a quadreria”, con grande attenzione ai soggetti e alle dimensioni.

4) Il “salone Mancini” di villa Casciaro a Napoli ( foto post 1923).

Il quadro all’interno della cornice, che Casciaro sta guardando nel suo ritratto ritrovato, non è in alcun modo delineato e risulta pertanto illeggibile. Tuttavia non è escluso che Mancini abbia voluto rappresentare Casciaro con una delle sue tante opere presenti in collezione, forse, dalle dimensioni di uno dei suoi piccoli paesaggi. Magari un pezzo appena acquisito o da vagliare, per questo lo guarda con tanta attenzione.

Siamo naturalmente nel campo delle ipotesi non verificabili, che pertanto restano tali anche se suggestive. Tuttavia l’aspetto del Casciaro collezionista che Mancini ha voluto sottolineare ci fa comprendere quanto fosse importante allora anche questo suo ruolo oltre a quello di straordinario artista e di promotore delle arti a livello nazionale e internazionale. Per questa ragione e, in generale per l’importanza del soggetto e l’indubitabile qualità, il ritrovamento di quest’opera aggiunge un importante tassello all’intreccio storico tra Mancini e Casciaro, due nomi che tanto hanno dato alla cultura artistica italiana tra Otto e Novecento.

Cinzia VIRNO  Roma 23 Febbraio 2025

NOTE

[1] Fu lui, tra l’altro a portare personalmente a Roma il cavalletto e i colori rimasti nello studio napoletano di Mancini. Cfr. Cinzia Virno, Antonio Mancini, Catalogo ragionato dell’opera, De Luca editori d’arte, Roma, vol. II, Repertori, p. 512
[2] Nato a Roma nel 1852 morirà nella stessa città nel 1930.
[3] Vedi I Esposizione Biennale Nazionale d’arte della città di Napoli, Napoli, maggio- ottobre 1921, catalogo della mostra, Casa Editrice Bestetti & Tumminelli, Roma – Milano – Napoli 1921.
[4] Cinzia Virno, ivi, p. 524 – 526
[5] Ringrazio per la segnalazione Vito Carbonara a cui si deve la monografia più approfondita finora pubblicata su Casciaro: Giuseppe Casciaro, l’artista e le stagioni pittoriche a Nusco, Mephite 2022, che sarà completata e integrata dell’altra in corso di pubblicazione.
[6] Tali opere saranno inserite da chi scrive nel prossimo volume del Catalogo Ragionato di Antonio Mancini su pastelli, grafica e arti minori.
[7]  Per notizie su Casciaro  collezionista si vedano: G. Cassese, La casa d’artista e l’artista collezionista tra Ottocento e Novecento: Il Museo privato del pittore Giuseppe Casciaro, dottorato di ricerca in discipline storiche dell’arte medioevale moderna e contemporanea, Università degli Studi Federico II, Facoltà di lettere e filosofia, Napoli 1995 e Giuseppe Casciaro: un protagonista di profilo europeo nella storia dell’arte tra Ottocento e Novecento, in C. Romano e M. Tamajo ( a cura di), Depositi di Capodimonte, Storie ancora da scrivere, Museo e Real Bosco di Capodimonte, catalogo della mostra, 21 dicembre 2018  – 15 maggio 2019, Editori Paparo,  pp. 101 – 107    , pp. 101 – 107.
[8] G. Cassese 1995, cit. pp. 106
[9] Vedi:  I pittori napoletani dell’800 e di altre scuole nella “Raccolta Casciaro”, presentazione di Carlo Hautmann, Galleria d’Arte, Associazione Nazionale degli Artisti, 16 maggio – 10 giugno 1942, XX.
[10] Oggi a Pescara, Museo dell’Ottocento Fondazione Di Persio – Pallotta.
[11] Non tutte le opere di Mancini in collezione Casciaro sono ad oggi rinvenute.