La “Vestale” trionfa a Jesi per celebrare i 250 anni dalla nascita di Gaspare Spontini.

di Claudio LISTANTI

La Vestale di Gaspare Spontini ha inaugurato lo scorso 18 ottobre, ottenendo un vistoso successo, la 57° Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi che ha dedicato la serata al genio musicale del compositore di Maiolati che, assieme a Giovanni Battista Pergolesi, è uno dei vanti di questa zona delle Marche entrambi ricordati in città per la loro vita e per i loro capolavori grazie all’attività scientifico-culturale della Fondazione Pergolesi Spontini.

Fig. 1 Il compositore Gaspare Spontini in una stampa d’epoca. Foto Stefano Binci.

Con questa inaugurazione Jesi ha voluto celebrare i 250 anni dalla nascita di Gaspare Spontini avvenuta il 14 novembre del 1774. Una proposta musicale alla quale tutta la città ha voluto partecipare convenendo al limite della capienza presso la deliziosa sala del Teatro Pergolesi testimonianza della stima e del rispetto per questo loro importantissimo conterraneo.

Prima di riferire della recita e del suo successo, vogliamo mettere in risalto con forza la decisione del teatro di Jesi e della Fondazione Pergolesi Spontini e ringraziarla per il coraggio di produrre una esecuzione di una partitura così impegnativa per le strutture di un teatro. Ha così nobilitato una celebrazione purtroppo dimenticata dal resto d’Italia, soprattutto da quelle istituzioni musicali che sono ai vertici della produzione operistica, destinatari di cospicui finanziamenti statali ed in possesso delle strutture necessarie per mettere in scena un’opera come questa che racchiude in sè tutte le caratteristiche del grand opéra francese.

Oltre a Jesi, protagonisti di questo nuovo allestimento sono stati anche la Fondazione Teatri di Piacenza, la Fondazione Teatro Verdi di Pisa e la Fondazione Ravenna Manifestazioni alle quali vanno estesi i ringraziamenti di tutti coloro che amano l’opera lirica per una co-produzione che sarà poi ospitata nelle rispettive città.

L’importanza storico musicale de La Vestale.

La Vestale può essere considerata un punto di svolta per la personalità artistica di Spontini e, nel contempo, anche per lo sviluppo e la storia dell’Opera Lirica. Infatti questa caratteristica rappresenta, storicamente, uno di quei rari casi dove due elementi si incontrano per produrre un cambiamento determinante.

Gaspare Spontini mostrò immediatamente propensione verso la Musica rendendo vani i desideri dei suoi genitori che volevano indirizzarlo verso la carriera ecclesiastica. A Jesi i suoi primi studi musicali ma vista la sua propensione verso questa Arte, venne inviato ad approfondire gli studi presso una delle piazze più importanti in Italia e in Europa, Napoli. Nella città campana arriverà nel gennaio del 1793 per essere inserito tra gli allievi del famoso Conservatorio della Pietà dei Turchini dove ebbe la possibilità di fruire degli insegnamenti di Nicola Sala ed iniziare con le prime composizioni.

Fig. 2 Teatro Pergolesi Jesi. Carmela Remigio e Daniela Pini in una scena de La Vastale. Foto Stefano Binci.

Le sue prime produzioni furono per lo più di carattere brillante, comico e buffo con circa una dozzina di opere presentate per il pubblico. Fra queste La finta filosofa, La fuga in maschera (rappresentata in una passata edizione del Festival Pergolesi Spontini) e I quadri parlanti che sarà riproposta nel prossimo novembre sempre nell’ambito della 57° Stagione Lirica di Tradizione di Jesi.

Ma, come capita spesso per i geni, anche Spontini sentiva la necessità di travalicare i confini entro i quali, fino al momento, aveva operato, ricercando una via che consentisse un rinnovamento ed un’evoluzione della sua arte. Per ottenere ciò si trasferì a Parigi, vera fucina dell’arte e della musica europea. Vi giunse nel 1803 e dopo alcuni lavori presentati all’Opéra-Comique come La petite maison e Milton venne la grande occasione con La Vestale.

Fig. 3 Teatro Perolesi Jesi. Carmela Remigio (Julia) e Bruno Taddia (Licinius) protagonisti de La Vestale. Foto Stefano Binci.

All’inizio della sua esperienza parigina Spontini si dedicò all’attività di preparatore e accompagnatore dei cantanti e, allo stesso tempo, ebbe occasione di ascoltare e studiare i grandi capolavori dell’epoca trai quali quelli di Christoph Gluck, Iphigénie en Tauride, Alceste e Iphigénie en Aulide che dominavano il palcoscenico del Académie impériale de Musique. Fatto che contribuì ad amplificare gli orizzonti del giovane musicista di Maiolati.

A stimare Spontini ci fu il conte Auguste-Laurent de Rémusat, ciambellano di Napoleone e segretario dei comandi dell’Imperatrice, sposato con Elisabeth Greavier de Vergennes, scrittrice e dama d’onore dell’Imperatrice, la quale presenterà Spontini a Marie-Josèphe-Rose Tascher de la Pagerie, meglio nota come Giuseppina di Beauharnais, moglie di Bonaparte.

Giuseppina, donna colta e amante di tutte le arti e degli artisti giovani, soprattutto quelli eleganti e di grande talento, rimase favorevolmente colpita dall’ascolto de La finta filosofa provando simpatia per il musicista che le dedicò anche la partitura del Milton, dopo di che fu nominato compositore della sua corte e direttore della sua cappella musicale. Siamo nel 1805 e a Spontini si apre la strada di un luminoso e grandioso futuro. Proprio grazie all’Imperatrice ebbe l’incarico per la composizione de La Vestale e, elemento non trascurabile, la possibilità di sormontare tutti quegli ostacoli che via via si presentavano sempre in concomitanza della produzione di nuove opere. Durante le prove de La Vestale vi furono molti intoppi e contrattempi, tra i quali spiacevoli contestazioni dei suoi nemici ad un concerto e, addirittura, gli scenari danneggiati nell’agosto 1807 da un violento uragano che si scatenò su Parigi.

La Vestale, la cui partitura fu dedicata da Spontini all’Imperatrice Giuseppina, si basa su un libretto in lingua francese di Victor-Joseph Étienne de Jouy inspirato dall’opera di Johann Winckelmann intitolata Monumenti antichi inediti del 1767. La Prima rappresentazione avvenne al Théatre de l’Académie Impériale de Musique di Parigi il 15 dicembre 1807. Ebbe un successo enorme ed entrò subito in repertorio per essere rappresentata con grande frequenza. Basti pensare che il 4 gennaio 1830 all’Opéra di Parigi andò in scena la duecentesima replica.

L’azione, come contenuto nel libretto si basa su un resoconto storico relativo all’anno di Roma 269, narrato nell’opera di Winckelmann prima citata. È in tre atti e presenta una trama piuttosto lineare. C’è Licinius che al ritorno da una vincente campagna militare nella Gallie dice al suo amico Cinna di essere innamorato di Julia. La giovane è destinata ad essere Vestale e si lamenta di ciò con la Grande Vestale che però la esorta a dedicarsi alla dea. Si celebra poi il trionfo per la vittoria e Julia e Licinius si danno appuntamento al tempio.

Fig. 4 Teatro Perolesi Jesi. Un momento della rappresentazione de La Vestale. Foto Stefano Binci.

La Grande Vestale e tutte le Vestali pregano nel tempo benedicendo il fuoco divino di Vesta. Julia e Licinius si incontrano e si giurano amore. Il fuoco di Vesta si spegne e Cinna fa fuggire Licinius Accorrono i sacerdoti e incolpano Julia dello spegnimento. Le Souverain Pontif chiede a Julia chi fosse l’uomo; lei si rifiuta ed è condannata ad essere murata viva.

Licinius sconvolto per la condanna decide con Cinna di far cessare il rito e di salvare Julia. Intanto, la ragazza viene condotta nella tomba. Mentre procede il supplizio, entrano Licinius e Cinna per porre fine al rito. Improvvisamente un fulmine cade dal cielo, squarcia il velo da vestale di Julia e riaccende il fuoco sacro. L’avvenimento è giudicato lo scioglimento della condanna e la riappacificazione con la divinità. Tripudio finale con Julia e Licinius liberi di amarsi.

Su queste basi Spontini ha costruito un vero capolavoro assoluto che possiede, per l’epoca, grandi elementi di novità ponendo con questa partitura le fondamenta sulle quali crescerà poi la grande stagione del Grand Opéra parigino che sarà coltivato da Rossini e Meyerbeer e che si esaurirà con i grandi affreschi storico/musicali di Verdi. Molta cura è donata all’orchestrazione e all’arricchimento armonico installando così un sinfonismo di corpose dimensioni ed intensità. Particolare importanza è data alla parte corale ed all’imponenza dell’insieme che porta l’ascoltatore ad immaginare la grandiosità di Roma antica. La linea di canto è piuttosto incisiva, essenziale, rivolta integralmente all’espressività e all’esternazione degli stati d’animo dei personaggi che si esplicita con forza nel declamato come nelle arie, nei duetti e in tutti i pezzi d’insieme, con il fine ultimo di rendere intelligibile lo svolgimento dell’azione. Numerosi i pezzi d’insieme e cospicua anche la parte danzata che conclude il primo atto con i festeggiamenti per la vittoria militare e il finale dell’opera con i festeggiamenti del lieto fine sofferto, insperato per tutti noi che siamo dalla parte di Julia, tonificante per il nostro stato d’animo.

Fig. 5 La cantante Caroline Branchu in un ritratto di Léopold Boilly. Musée_Carnavalet

La prima esecuzione de La Vestale si concluse tra il delirio degli spettatori per una serata caratterizzata dalla sacralità donatale della presenza dell’Imperatrice Giuseppina dedicataria del libretto e della partitura e dalla presenza di una importante compagnia di canto nella quale spiccava il nome di Alessandrina-Caroline Branchu la prima Julia della storia ed interprete di altri capolavori spontiniani. L’entusiasmo della serata cresceva con il procedere dell’esecuzione, scena dopo scena, fino al trionfo finale.

La Vestale si aggiudicò anche il premio decennale istituito nel 1809 da Napoleone per le migliori opere degli ultimi dieci anni. Inoltre l’opera è stata spesso ammirata da grandi musicisti come Karl Maria von Weber che dichiarò il duetto tra Licinius e Le Souverain Pontife fu tra i più stupefacenti che lui conoscesse. Totale la stima anche da parte di Hector Berlioz e di Richard Wagner.

Questo folgorante successo spalancò le porte dell’ambiente musicale francese a Spontini per il quale produsse diversi capolavori come Fernand Cortez, ou La conquête de Mexique e Olympie e, conseguentemente, anche di quello tedesco per il quale produsse Agnes von Hohenstaufen oltre ad edizioni in lingua tedesca delle opere precedentemente citate.

La Vestale, però, con il passare degli anni e con i mutati gusti del pubblico, soprattutto per il lieto fine che ad ‘800 inoltrato divenne desueto nel teatro lirico, andò incontro ad un ingiusto declino che si invertì poi a metà del ‘900 con il pieno suo recupero dal punto di vista critico musicale ma che non trova pieno riscontro nelle esecuzioni pubbliche e questa occasione regalataci da Jesi e dalle Fondazioni co-produttrici dello spettacolo ha reso al capolavoro la meritata giustizia.

Fig. 6 Teatro Perolesi Jesi. Carmela Remigio (Julia). Foto Stefano Binci.

La rappresentazione di Jesi

La rappresentazione jesina de La Vestale, era basata sulla revisione sull’autografo della Scuola di Filologia dell’Accademia di Osimo a cura di Federico Agostinelli e Gabriele Gravagna -Edizione G. Ricordi & C. S.p.A. realizzata in collaborazione con Centro Studi Spontini di Maiolati Spontini. Oltre ad essere eseguita in lingua originale francese era anche pressocché integrale (operati solo tagli minimi hanno evidenziato gli esecutori) comprendendo anche la cospicua parte ballettistica spesso falcidiata (se non completamente escissa) nei casi in cui sono previsti, obbedendo a immaginari, controproducenti e inspiegabili criteri estetici. Tutto ciò fa onore al Teatro Pergolesi di Jesi ed alla Fondazione Pergolesi Spontini che pur non disponendo di strutture stabili come orchestra, coro e, soprattutto, corpo di ballo, ha offerto uno spettacolo intenso, partecipato e di ottimo spessore.

Questo grazie alle cure del regista Gianluca Falaschi che ha concepito uno spettacolo basato su un impianto scenico piuttosto semplice nell’insieme arricchito da un utilizzo essenziale delle luci che riusciva a dare quel senso di antico necessario per evocare l’epoca di ambientazione della storia. Utilizzata anche la parte perimetrale dl palcoscenico per una rappresentazione suggestiva dell’interno del Tempio di Vesta del secondo atto. L’antichità dell’insieme non era in linea con i costumi che Falaschi ha concepito rendendo omaggio a Maria Callas ed alla sua interpretazione milanese degli anni ’50 che consentì a questo capolavoro di uscire dall’oblio nel quale era precipitato, rappresentazione de La Vestale famosa anche per l’allestimento di Luchino Visconti.

Fig. 7 Teatro Perolesi Jesi. Carmela Remigio (Julia) e Bruno Taddia (Licinius) protagonisti de La Vestale. Foto Stefano Binci.

Di quella Vestale milanese è evocato il costume reso famoso dalla celebre fotografia che ritrae la ‘divina’ Maria nei panni di Giulia. Ad esso erano alternati costumi di epoca anni ‘50, nella quale la Callas fu dominatrice assoluta creando forse una realizzazione complessiva piuttosto contrastante con la storia narrata nell’opera come il personaggio di Licinius che appare incomprensibilmente dedito al bere o alcune scene d’insieme dove sopra gli smoking dei personaggi apparivano elementi di abbigliamento storico romano con effetto da gala in maschera. Tutti i movimenti scenici però, quelli del coro e quelli dei singoli cantanti, sono parsi molto curati nell’insieme e prevalentemente di buon gusto.

Fig. 8 Teatro Perolesi Jesi. La Vestale. Una scena di balletto. Foto Stefano Binci.

Per i balletti Luca Silvestrini ha curato la coreografia destinandola ad un gruppo di otto danzatori tutti scelti dopo una attenta selezione basata anche sull’esperienza di ognuno dei componenti. Otto danzatori, certo, possono sembrare pochi per un’opera che è considerata l’antenata del grand opéra ma Silvestrini ha fatto un lavoro più che convincente, ben inserito nella semplicità dell’insieme riuscendo a dare omogeneità a tutto lo spettacolo. Vogliamo citare i nomi di tutti gli otto danzatori: Luca Braccia, Leonardo Carletti, Francesco Condello, Luana Filardi, Rebecca Mazzola, Noemi Piva, Elisa Ricagni e Liam Raffaele Zingarelli.

Per concludere il discoro sulla parte visiva è necessario citare Emanuele Agliati per l’importanza delle luci e gli assistenti Mattia Palma e Giuditta Verderio, rispettivamente per regia e scene costumi.

Fig. 9 Teatro Perolesi Jesi. Carmela Remigio (Julia) e Daniela Pini (La Grande Vestale). Foto Stefano Binci.
Fig. 10 Teatro Perolesi Jesi. Carmela Remigio (Julia). Foto Stefano Binci.

Concludiamo con la realizzazione musicale che è riuscita a connettersi con i pregi della realizzazione scenica per offrirci uno spettacolo felicemente omogeneo nell’insieme rispettando quegli elementi di grandiosità e spettacolarità che ne sono alla base. Il merito va al direttore Alessandro Benigni artista il cui curriculum ci dice essere in possesso di una notevole esperienza nel canto lirico con una preparazione professionale che con ogni evidenza è stata utile per l’esecuzione, impreziosita anche dalla presenza dell’orchestra La Corelli, formazione strumentale formata da validi solisti provenienti da diverse orchestre italiane e particolarmente esperta nel campo del teatro d’opera che ha saputo dare un contributo importante per la riuscita di tutto lo spettacolo.

La compagnia di canto è risultata valida nell’insieme a partire dalla Julia del soprano Carmela Remigio cantante dalla provata esperienza sia nel canto da camera che nell’opera. La sua interpretazione era molto attesa per la particolare ‘valenza’ di questa parte. Il suo repertorio comprende molti personaggi della grande tradizione ottocentesca a partire dai ruoli belliniani e donizettiani per finire con Verdi senza dimenticare Mozart ed il barocco. Questa esperienza le dona un bagaglio ideale per Julia che le ha consentito di affrontare con sicurezza la parte impreziosita da una buona dizione francese e da un declamato particolarmente espressivo che si perfezionava con la non facile linea vocale delle arie e dei brani d’insieme. Una prova completata da una recitazione spigliata e coinvolgente. Per lei un successo personale di notevoli dimensioni.

Accanto alla Remigio abbiamo apprezzato molto le prove del baritono Bruno Taddia un Licinius intenso ed appassionato così come la Grande Vestale del mezzosoprano Daniela Pini dalle emissioni sicure e avvolgenti abbinate, anche per lei, ad una notevole presenza scenica.

Fig. 11 Teatro Perolesi Jesi. Un momento de La Vestale. Foto Marco Pozzi.
Fig. 12 Teatro Perolesi Jesi. Il tenore Joseph Dahdah (Cinna). Foto Stefano Binci.

Completavano la compagnia il tenore libanese Joseph Dahdah un Cinna preciso e credibile. Buona anche la prova del giovane basso Adriano Gramigni (Le Souverain Pontife) dalla voce robusta che fa pensare ad un roseo futuro e di Massimo Pagano nel doppio ruolo di Le Chef des Auruspices e Un Consul.

Per la parte vocale apprezzabile è stata la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati molto ben inserito nell’esecuzione.

Successo di grandi dimensioni tributato del foltissimo pubblico che affollava la deliziosa sala del Teatro Pergolesi di Jesi sottolineando il proprio gradimento con diversi applausi a scena aperta e con numerose chiamate al proscenio per gli interpreti tutti al termine della rappresentazione.

Dopo il confortante e meritato successo di Jesi La Vestale approderà a Piacenza dove una recita sarà trasmessa in streaming sul sito www.operastreaming.com e disponibile per sei mesi, regalando quindi a tutti la possibilità di assistere a questa importante esecuzione.

Claudio LISTANTI  Roma 27 Ottobre 2024