di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
VILLE ROMANE
LA VILLA LUDOVISI
Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna, divenuto papa assunse il nome di Gregorio XV (1621-23); suo nipote sarà il cardinale Ludovico Ludovisi, protettore dei Gesuiti per i quali fondò a Roma nel 1626 la chiesa di Sant’Ignazio. Malgrado la brevità del pontificato la famiglia consolidò una cospicua e duratura ricchezza. Con straordinario tempismo, nel 1622 il cardinale Ludovico acquista dal cardinale Del Monte i terreni e i casini intorno a Porta Pinciana e inizia la costruzione della grande Villa a cui il nome della famiglia Ludovisi sarà per sempre legato (fig.1).
Il figlio Giambattista non avendo figli passò l’eredità alla sorella Ippolita, sposa nel 1681 di Gregorio Boncompagni da cui si originò l’omonimo casato.
L’ingresso della Villa era nell’angolo di via Friuli che costeggia il muro posteriore dell’ambasciata americana in via Veneto. La Villa si estendeva dalle mura Aureliane a via di Porta Pinciana, fino all’angolo dell’attuale via Ludovisi; seguiva i confini degli orti di Sant’Isidoro e dei Cappuccini, dove si aprono le moderne via Veneto e Bissolati e quindi la strada per Porta Salaria fino al confine della Villa Altieri.
Due grandi boschi occupano la zona scoscesa verso via di Porta Pinciana (fig.2).
I viali che li percorrevano proseguivano fino alle mura, attraverso giardini, vigne, orti; vi erano cinque edifici. La palazzina residenziale (fig.3) sorgeva accanto all’ingresso, all’incirca sull’area dell’attuale ambasciata americana e fronteggiava palazzo Barberini dall’altra parte della valle; sulla destra dell’ingresso si ergeva un lungo padiglione con le collezioni archeologiche.
L’unico fabbricato ancora esistente è il Casino dell’Aurora, oggi ristretto tra le attuali via Lombardia, via Aurora, via Ludovisi. Prendeva il nome dall’affresco del Guercino ancor oggi conservato in uno dei saloni principali.
Il Casino fu costruito sulle imponenti rovine delle Terme di Costantino; il Palazzo che sarà della famiglia Ludovisi fu iniziato nel 1613 su progetto di Flaminio Ponzio per volontà di Scipione Borghese; il vasto parco, con giardini e boschi, era costellato di piccoli casini; fra questi il più celebre sarà il Casino dell’Aurora.
Realizzato da Giovanni Vasanzio, che lavorò alla facciata del palazzo Borghese dell’omonima Villa, il Casino dell’Aurora è uno dei capolavori del barocco romano: a struttura cruciforme vi si accede da una doppia rampa, la cosidetta Scala della Pastorella che conduce a un giardino pensile sul quale si affacciano le tre grandi vetrate del padiglione centrale del Casino (fig.4).
E’ sulla volta del salone che Guercino dipinse il celebre affresco dell’Aurora che vola e sparge fiori sulla terra mentre precede il Carro del Sole guidato da Apollo (fig.5).
Nonostante la bellezza del luogo Scipione Borghese vendette la tenuta alla famiglia Altemps; la tenuta fu poi acquistata dalla famiglia Boncompagni Ludovisi e quindi, ma solo in parte, nel 1708 dalla famiglia Pallavicini-Rospigliosi.
La villa restò famosa e ospitò molti fra i più celebri visitatori della città. Ne scrissero Goethe, Frances Elliot, Nicolai Gogol, tutti entusiasti della bellezza e vastità dei giardini della Villa. Così la descriveva Henry James (Portrait of Places 1883).
“Certamente non c’è nulla di meglio a Roma, e forse nulla di così bello. I prati e i giardini sono immensi….Là dentro v’è di tutto: viali oscuri sagomati da secoli con le forbici, vallette, radure, boschetti, pascoli, fontane riboccanti di calami, grandi prati fioriti, punteggiati qua e là da enormi pini obliqui”,
come rappresentati nella pittura della Villa Ludovisi di Claude Vernet (fig.6).
Stendhal gli dedicò molte pagine delle sue Passeggiate Romane:
” Il cardinale Ludovico Ludovisi….nipote di Gregorio XV abitò questa villa sul versante nord del Monte Pincio…Abbiamo errato con delizia negli immensi viali alberati del giardino che ha un miglio di perimetro….cosa chiediamo di più a un posto così bello?….era quasi notte, ma abbiamo potuto esaminare egualmente il celebre gruppo di Bernini il Ratto di Proserpina”
allora conservato nella Collezione Ludovisi(fig.7),
Nel 1872 la Villa fu data in affitto a Vittorio Emanuele II. Lo scrittore Henry James ricorda che la Villa fu la residenza della “signora famigliarmente conosciuta nella società romana come Rosina, moglie morganatica di Vittorio Emanuele”.
Pochi anni dopo, mentre la Villa veniva distrutta per essere trasformata in suolo edificabile, così ne scriveva Herman Grimm in La distruzione di Roma del 1886:
“Bellissimi viali ombrosi di querce e di allori, qua e là frammezzati da alti e grossi pini, tranquillità e aria balsamica facevano della villa Ludovisi un incanto della Città Eterna. Si io credo che se si fosse domandato qual’era il più bel giardino del mondo, coloro che conoscevano Roma avrebbero risposto senza esitare: villa Ludovisi…..Predire che sotto il nuovo governo la villa dovesse andare distrutta, come oggi accade…..neanche il più acerrimo nemico della nuova Italia avrebbe osato recarle danno, perché sarebbe sembrata un’enorme follia.”
Eppure il 29 gennaio 1886 fu firmata la convenzione per la lottizzazione dei terreni della Villa fra il sindaco di Roma Leopoldo Torlonia e la Società Generale Immobiliare che così esordì costruendo il primo quartiere destinato all’alta borghesia della nuova capitale.
L’anno prima lo storico Teodoro Mommsen era stato a colazione dal principe Boncompagni Ludovisi; il principe gli mostrò alcune fotografie; erano foto della Villa che esisteva allora da 260 anni. “Villa che come sa – disse il principe – dovrà presso scomparire”. Vedendo che Mommsen rifiutava accigliato … il principe insistette: “…. è solo un ricordo …”
“Non sapevo – rispose Mommsen – che i principi Ludovisi si facessero fotografare le proprie vergogne”.
Il principe rimase a bocca aperta; pareva fulminato. E’ questo un aneddoto riportato nel 1975 da Antonio Cederna, in La distruzione della natura in Italia.
La realizzazione del quartiere Boncompagni Ludovisi da Porta Pinciana a Piazza Barberini fu uno degli episodi principali dell’immane febbre edilizia cui Roma fu sottoposta alla fine del XIX secolo ma fu anche all’origine del dissesto della Banca Romana, fortemente implicata nella speculazione edilizia della Capitale.
Tutto il complesso di 247.000 mq. fu sacrificato dai Boncompagni Ludovisi e la Villa fu cancellata dalla topografia di Roma. L’Unione Romana che rappresentava gli interessi finanziari del Vaticano fu parte attiva dell’amministrazione capitolina proprio quando il Parlamento votava gli stanziamenti per le nuove costruzioni edilizie della Capitale.
Eravamo nel 1880: una volontà distruttrice si abbatté sui viali della Villa; furono rimossi busti e statue, tagliati gli alberi; distrutti i quindici edifici del parco; nel 1885 Rodolfo Boncompagni vendeva 4.000 mq. di terreno intorno al Casino dell’Aurora; fu abbattuto il bosco lungo tutto il tratto di Porta Pinciana.
Prima della sacrilega strage la villa era stata fotografata “come un cadavere sul letto funebre”, rievocherà Domenico Gnoli, anch’egli impotente testimone
“…e gli antichi cipressi che forse avevano veduto il cavallo di Belisario e l’irrompere barbarico dei Goti, caddero con la compostezza dei martiri, mentre l’elci s’agitavano nelle convulsioni della morte”.
Della Villa Ludovisi distrutta l’unico monumento rimasto è il Casino dell’Aurora, dislocato nel nuovo quartiere su un piccolo rilievo fra le odierne via Veneto, via degli Artisti, via Francesco Crispi, via di Porta Pinciana (fig.8).
Originariamente era situato nell’area degli Orti Loculliani e, secondo il Rossini (1826), era circondato “da un bel teatro di statue antiche” (fig.9).
La struttura originaria si sviluppava al piano terra in quattro sale; il primo piano replicava la struttura del piano terreno; la torretta consisteva in una sala quadrata fiancheggiata da due terrazze panoramiche (fig.10).
L’odierna sala di ingresso era in origine la Loggia per entrare nel casino e svolge la funzione odierna del portico di accesso aggiunto nel XIX secolo; la seconda stanza è la famosa Sala dell’Aurora datata al 1621 e realizzata a tempera sulla volta del piano terreno. Dell’opera si danno due interpretazioni: secondo un significato è la luce che vince le tenebre; il Giorno e la Notte seguono il trionfo dell’intelligenza sull’oscurantismo (fig.11).
L’affresco dipinto dal Guercino ed incorniciato da stucchi dorati, è circondato da opere di altri esponenti della prima pittura barocca: due fregi di Antonio Tempesta, quattro riquadri con le stagioni di Paul Brill e i putti alati di Cherubino Alberti. Completano la decorazione busti marmorei e sculture di epoca romana fra cui le celebri Artemide Cacciatrice e Athena Rospigliosi. I due ambienti laterali conservano altri dipinti della straordinaria Collezione Pallavicini con opere di Guido Reni e Luca Giordano.
Il piano nobile è costituito da cinque stanze; in una saletta di passaggio è un soffitto decorato da pitture ad olio con Giove, Nettuno e Plutone, unica opera su muro di Caravaggio che ne fu incaricato alla fine del Cinquecento dal proprietario della Villa dell’epoca, il cardinale Francesco Maria del Monte (fig.12); rappresenta i vari elementi: l’Aria – Giove con l’aquila -, l’Acqua – Nettuno con il cavallo marino – la Terra – Plutone e Cerbero; al centro l’Universo con il sole e la terra nel globo attraversato da una fascia di segni zodiacali.
E’ vero, forse, che Caravaggio non aveva dimestichezza con la tecnica dell’affresco, mentre conosceva a fondo la tecnica della pittura ad olio. Tuttavia è opinione del prof. Alessandro Zuccari, ordinario di Storia dell’Arte moderna presso l’Università la Sapienza di Roma e direttore della rivista “Storia dell’Arte”, che recentemente ha effettuato una perizia di stima del valore attuale del Casino dell’Aurora, che
“la sfera celeste al centro del dipinto, con quei riflessi, quella trasparenza, con la mano di Giove che si vede attraverso di essa, non poteva che essere resa ad olio”.
La Collezione Ludovisi fu costituita da varie donazioni; un inventario del 1819 riportava una lista di 96 pezzi di scultura. Marmi e Antichità non andarono dispersi e nel 1901 passarono definitivamente allo Stato che li conservò nel Museo Nazionale Romano e nel chiostro dell’ex Certosa di Termini.; oggi è esposta in Palazzo Altemps, acquistato all’inizio del XXI secolo dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; è dunque in Palazzo Altemps che è possibile ancora ammirare il famoso Trono Ludovisi (fig.13).
Francesco MONTUORI Roma 7 novembre 2021