di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
Ville di Roma
LA VILLA MEDICI A TRINITA’ DEI MONTI
Nella “Veduta panoramica con Villa Medici” del 1683 Gaspar van Wittel detto il Vanvitelli ritrae la Villa dalla scalinata della chiesa di Trinità dei Monti; in primo piano il terrapieno e lo stradone in salita che lambisce la Villa, teatro di una tranquilla ed elegante passeggiata: carrozze, cavalieri, madri con per mano il loro bambino, cagnetti senza padrone ed una vecchina che chiede l’elemosina. Viene indicata con precisione l’ingresso di accesso al convento e poco oltre l’ingresso ai giardini che terminavano, come ancor oggi, con una linea di cipressi che racchiudono il fronte laterale della Villa Medici. In primo piano il terrapieno su cui sorge la Villa ed il viale alberato che la congiunge all’attuale via di San Sebastianello (fig.1).
Nella veduta del Vanvitelli si notano le cupole gemelle di piazza del Popolo, l’obelisco della piazza ed il prospetto interno della porta, il campanile e la cupola di santa Maria del Popolo. Si intravede sulla sinistra in fondo la celebre fontana di granito, opera di Annibale Lippi voluta nel 1589 da Ferdinando de Medici, preposto da Sisto V, celebre per il quadro ad olio di Corot “ la Vasque de l’Academie de France” con la cupola di San Pietro al centro, sullo sfondo, oggi conservata alla Galleria d’Arte moderna di Dublino (fig.2).
Di fronte alla fontana si erge la facciata con l’ingresso principale della Villa Medici; essa è costruita sul tratto iniziale dell’asse sistino che dalla chiesa di Trinità dei Monti, la via Sistina, la piazza e il palazzo Barberini, san Carlino alle Quattro Fontane, conduce alla grande basilica di Santa Maria Maggiore e e quindi a Santa Croce in Gerusalemme (fig.3).
Villa Medici sorge nel luogo dove un tempo Lucio Lucino Locullo, generale romano, fece sistemare i suoi giardini alle pendici di una collina oggi conosciuta come il Pincio. Locullo, tra il 66 e il 63 a.C., fece costruire negli horti una grande villa; essa si configurava con una serie di terrazze alle quali si accedeva tramite scalee monumentali: la parte più alta era conclusa da una grande esedra, al di sopra della quale era un edificio circolare, il tempio dedicato alla Fortuna situata dove ora si trova il belvedere di Villa Medici. Gli horti luculliani occuparono le pendici di una collina oggi conosciuta come Pincio (fig.4).
La storia di Villa Medici inizia nella seconda metà del Cinquecento; la modesta casa era stata abbellita da un ingresso monumentale e l’antico edificio trasformato da Annibale Lippi e da suo padre Nanni di Baccio Bigio; lavori furono eseguiti da Giacomo della Porta che aveva rimpiazzato Nanni come architetto personale del Ricci, quando Pirro Ligorio, pittore, architetto e “antiquario” che scavò a Villa Adriana e allestì la Villa d’Este a Tivoli, ripropose la ricostruzione del complesso architettonico loculliano che occupava le pendici del colle pinciano: una serie di terrazzamenti collegati da ampie scalinate a due rampe concluse da un esedra. Al di sopra dell’esedra immaginò un edificio circolare, un grande muro absidato di sostegno, un giardino a forma di edificio e un grande portico curvo alla sommità del giardino (fig.5).
Tuttavia dopo la distruzione degli acquedotti nel corso delle guerre gotiche, la sommità della collina pinciana non fu più alimentata dalla rete pubblica.
I proprietari della Villa, Giovanni Ricci da Montepulciano prima e Ferdinando dei Medici in seguito, cercarono di migliorare la rete idrica della città; Sisto V realizzò il nuovo acquedotto dell’Acqua Felice e i terreni della Villa furono collegati nel 1568 all’acquedotto Vergine. Grazie all’acqua l’ingegnere Camillo Agrippa sistemò i meravigliosi giardini; nel 1576 Ferdinando de’ Medici si convinse a comprare i terreni pinciani e a progettare una nuova, grandiosa sistemazione del palazzo e dei giardini luculliani.
Ferdinando de’ Medici incaricò l’architetto Bartolomeo Ammannati di trasformare il palazzo ed i giardini; fu modificata la parte centrale dell’edificio, creando al di sopra della Loggia un appartamento nobile ed aggiungendo un’ala ad angolo retto, destinata ad accogliere una galleria di statue; fu aggiunta una seconda torre verso Trinità dei Monti, dopo aver rielaborato quella già presente ed averle congiunte con un terrazzo coperto a tetto (fig.6).
La facciata interna, ritmata da nicchie e lesene fu adornata con una soluzione da museo-giardino, non dissimile da quella ideata da Pirro Ligorio. Il nuovo gusto di incastonare bassorilievi e statue su una facciata fu il riflesso della nuova moda del collezionismo antiquario che si diffuse a Roma alla fine del ‘500 per l’enorme quantità di materiale archeologico, una facciata ad imitazione dei ninfei delle antiche ville con al centro i grandi rilievi provenienti dai sarcofagi e dalle monumentali ghirlande dell’Ara Pacis come vediamo in un disegno di Vanvitelli (fig.7).
Dall’interno dalla scala chiocciola laterale si accede alla Loggia dei Leoni che si affaccia verso il giardino “all’italiana”. La Loggia dei Leoni è così denominata per la presenza di due leoni marmorei posti fra colonne di cipollino e granito egiziano; è inserita nella facciata retrostante ed è sorretta da esili pilastri con il capitello ionico che inquadrano la serliana centrale; essa fungeva da teatro per le rappresentazioni con il giardino sullo sfondo, tipica soluzione scenografica e spettacolare già sperimentata dall’Ammannati a Villa Giulia. Era il luogo dove rifugiarsi per pranzare nelle giornate estive, punto di congiunzione fra lo spazio chiuso della residenza e lo spazio aperto dei giardini e comunica con il salone interno a doppia altezza; l’ala a destra del salone ospita l’appartamento del direttore dell’Accademia e presenta, al piano superiore, tre sale affrescate da Jacopo Zucchi, esponente del manierismo romano (fig.8).
Il giardino, tipico di una villa di città, mantiene oggi le caratteristiche che si ripeteranno inalterate nei secoli: quelle di uno spazio libero nelle immediate vicinanze dell’abitazione; è costituito da quattro grandi quadranti intersecati da viali rettilinei, composti da siepi alte ben tre metri con le aiuole fiorite, i viali ombrosi e la terrazza piantata a cipressi. Il giardino conserva ancor oggi il tracciato originale anche se Balthus, quando divenne direttore dell’Accademia negli anni ‘60, preferì favorire la vegetazione spontanea, accentuando le caratteristiche di un bosco spontaneo (fig.9). A differenza dalla Villa Borghese o dalla Villa Aldobrandini i giardini di Villa Medici sono concepiti in funzione del Palazzo, come prolungamento dell’architettura con l’intento di intima fusione fra casa e giardino. Dagli ingressi della Villa partono gli assi viari che tagliano il giardino e ne segnano le dimensioni, il confine con la campagna circostante. Il giardino, di conseguenza, è regolato dalle leggi di un’architettura simmetrica rinascimentale: suddiviso in aiuole fiorite bordate di erbe varie; nel giardino di fiori ed agrumi, nel giardino segreto, di piccole dimensioni, quasi nascosto dalla Galleria delle statue (fig.10).
Nel bosco infine era sistemato il Mausoleo, circondato da cipressi, un Parnaso dalla cui sommità scendeva l’acqua con ingegnosi schizzi meccanici
Tutte le vedute illustrano la ricchezza di una facciata verso il giardino completamente ricoperta di rilievi, busti, statue (fig.11);
fu un esempio innovativo, presto imitato per la decorazione di palazzi e ville romane: la Galleria Borghese, il Palazzo Antici Mattei (fig.12), la Villa Doria Pamphilj.
Quando Ferdinando divenne Granduca di Toscana, la Villa restò in possesso del cardinale Alessandro de’ Medici che fu eletto papa con il nome di Leone XI. Egli provvide ad arricchire la collezione di famiglia con importanti reperti archeologici, tra i quali il gruppo dei Niobe e dei suoi figli (fig.13).
Nella loro Villa sul Pincio i Medici raccolsero una collezione di 128 statue, 54 busti e ritratti marmorei, 28 bassorilievi, 31 colonne.
Fra le statue la celebre Venere Cnidia detta dai Medici, rinvenuta negli scavi di Villa Adriana, databile al I secolo a.C. oggi conservata nella Tribuna della Galleria degli Uffizi (fig.14).
La collezione Medici divenne un modello da imitare, in particolare in epoca barocca. Le decorazioni della sua facciata interna rappresenteranno nel XVI secolo un avvenimento di eccezionale importanza nella storia delle collezioni romane di antichità; rimarrà intatta per due secoli e costituirà un modello per i palazzi del seicento.
In seguito le opere più famose furono trasferite a Firenze; dal 1780 la spoliazione della Villa divenne sistematica; sono trasferiti nei palazzi fiorentini i bassorilievi dell’Ara Pacis e le sculture più significative come gli originali ellenistici del gruppo di Niobe e dei suoi figli. Le statue furono trasferite agli Uffizi dove, nel 1791, fu allestita dall’architetto Gaspare Maria Paoletti una sala atta a contenere tutte le sculture. Nel periodo in cui fu proprietà dei Medici, la Villa divenne la sede degli ambasciatori fiorentini alla Corte Vaticana.
Vi soggiornarono il pittore spagnolo Diego Velasquez, che qui dipinse nel 1650 l’Entrata della Grotta nel Giardino di Villa Medici oggi al Prado di Madrid (fig.15) e Galileo Galilei durante il periodo del suo processo.
Quando la proprietà venne acquistata da governo francese si cercò di ridare al complesso il suo carattere fastoso: sulla facciata furono posti frammenti scultorei ed architettonici, alcuni dei quali recuperati dal giardino, per colmare il vuoto lasciato dai rilievi e dalle statue mancanti. Nel 1803 Napoleone Bonaparte in persona volle che la Villa divenisse la nuova sede dell’Accademia di Francia, fondata da Luigi XIV nel 1666, per consentire ai giovani pittori francesi di studiare a Roma (fig.16).
Nicolas Poussin fu uno dei primi consiglieri dell’Accademia, Ingres ne fu il direttore e piantò molti dei pini marittimi che costituiscono una particolarità della Villa. Frequentarono la Villa celebri artisti: Fragonard, Hubert Robert, Corot, Berlioz, Debussy ed il pittore Balthus (fig.17).
Ancora oggi l’Accademia di Francia accoglie ogni anno un nuovo gruppo di borsisti, selezionato da una giuria internazionale in base a criteri di eccellenza e attraverso un concorso. La selezione è aperta per molte discipline e generi della creazione artistica: architettura, arti visive, composizione musicale, design, letteratura, fotografia, scenografia, regia oltre alla storia dell’arte e al restauro delle opere d’arte e dei monumenti.
Francesco MONTUORI R OMA 10 ottobre 2021