La Walchiria. Richard Wagner torna con successo al Teatro dell’Opera di Roma.

di Claudio LISTANTI

Lo scorso 6 ottobre la stagione sinfonica del Teatro dell’Opera di Roma proponeva al pubblico romano un concerto basato sull’esecuzione in forma oratoriale del Primo Atto di Die Walküre di Richard Wagner. L’occasione, oltre che la pregevole esecuzione, ci regala la possibilità di porre in essere una serie di considerazioni circa le poco frequenti proposte wagneriane presenti nei cartelloni del massimo ente lirico romano ed il successo di pubblico ottenuto da questo concerto dimostra che, con ogni probabilità, è giunto il momento di superare questo stato di cose.

Fig. 1 Siegmund, Sieglinde e Hunding in una illustrazione di Arthur Rackham

L’ultima esecuzione wagneriana al Teatro dell’Opera risale al 2016 quando andò in scena un applaudito Tristano e Isotta, un fatto che dimostra però come le esecuzioni di un autore come Wagner siano qui a Roma piuttosto rare nonostante la fama e l’importanza che questo musicista possiede nell’ambito della storia del teatro d’opera. Inoltre, se consideriamo solamente Walküre, le esecuzioni con gli anni si sono diradate sempre di più.

Se nei primi anni di vita del Teatro Costanzi, dopo la prima esecuzione del 1899, si possono contare numerose rappresentazioni negli anni immediatamente successivi, 1905, 1908, 1912, 1919, le esecuzioni si sono sempre più rarefatte anche se fino al 1946 hanno fatto comunque registrare una certa frequenza anche all’interno di diverse esecuzioni dell’intero ciclo del Ring. Nel secondo dopoguerra si arriva fino al 1966 dopodiché non se ne ravvisa traccia fino ad oggi con esclusione, nel 1999, di una esecuzione in forma completamente oratoriale.

Cercare le cause di questo ‘ostracismo di fatto’, non è semplice anche se c’è senz’altro da dire che il presente status è riscontrabile un po’ ovunque in Italia forse dovuto alla concorrenza della cultura operistica del nostro paese che è orientata di più verso la grande, e per certi versi incontrastata, tradizione operistica italiana che è considerata una sorta di ‘faro’ nell’ambito del percorso esecutivo. Nel mondo di oggi, variegato e multiculturale, c’è senza dubbio la necessità di una spiccata cultura di più ampio respiro.

Tornando al concerto dell’altra sera al Teatro dell’Opera, è stata operata una scelta certamente parziale nei contenuti anche se, in definitiva, questo primo atto possiede elementi di autosufficienza. Il primo atto di Walküre è stato a volte presentato autonomo come nel caso della celebre registrazione di Bruno Valter negli anni ’30 con i Wiener Philarmoniker per giungere anche a Toscanini che in un concerto e nella relativa pubblicazione discografica presentò la terza scena del primo atto.

Fig. 2 Allison Oakes e Stanislas de Barbeyrac durante l’esecuzione. © Fabrizio Sansoni / Teatro dell’Opera di Roma.

Ascoltare isolatamente il primo atto di Walküre non da l’idea della frammentarietà anzi regala un certo senso di completezza. Dopo Das Rheingold che introduce ai contenuti della Saga, Walküre segna l’inizio dello sviluppo del dramma che poi percorrerà le tre ‘giornate’ fino alla distruzione finale. In questo primo atto è molto evidente la struttura musicale ‘wagneriana’ il susseguirsi dei ‘temi’ che costituiscono il tessuto connettivo della partitura che si intrecciano e si fondono per dare una cornice musicale omogenea e trascinante. Risultati ottenuti grazie all’utilizzo di un efficace declamato abbinato ad una sapiente orchestrazione che esalta questa fusione di temi ed incisi per ordire una trama robusta ed accattivante per l’ascoltatore.

Nel primo atto, che si apre con una tempesta splendidamente resa musicalmente che porta Siegmund ad entrare in una abitazione dove trova Sieglinde moglie di Hunding. Non si conoscono e tra loro nasce l’amore che solo dopo si viene a sapere essere incestuoso in quanto i due scoprono di essere fratello e sorella. Ciò avviene in un coinvolgente ed appassionato duetto che mette in risalto un amore ‘folle’ ma che solo così consentirà di far nascere l’eroe puro.

Fig. 3 Il direttore Omer Meir Wellber durante l’esecuzione. © Fabrizio Sansoni / Teatro dell’Opera di Roma.

L’esecuzione ascoltata al Teatro dell’Opera è stata senza dubbio pregevole. Questo grazie al direttore israeliano Omer Meir Wellber che per l’occasione debuttava sul podio dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma. È un musicista di grande esperienza in quanto attualmente è direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo dopo aver ricoperto il medesimo ruolo presso la Volksoper di Vienna. Ha fornito una prova del tutto convincente materializzatasi con una interpretazione intensa ed attenta alla complessità della partitura per la quale ne ha esaltato tanto l’omogeneità quanto la teatralità. Ha dedicato particolare attenzione alla cantabilità, elemento che in Wagner risulta essere sempre fondamentale, ed alla cura tra le parti vocali amalgamandole bene con la parte prettamente strumentale.

A margine della sua interpretazione vogliamo citare una tematica emersa nell’intervista operata dallo scrittore e giornalista Alberto Mattioli e pubblicata nel programma di sala. Il tema è il divieto che persiste in Israele di eseguire Wagner, conseguenza di una disposizione legislativa che è in atto fin dai tempi della seconda guerra mondiale. Un argomento che molto giustamente l’intervistatore ha posto all’attenzione di una personalità come Wellber, di nazionalità isrealiana. Il direttore ha risposto in maniera molto netta. Pur riconoscendo l’antisemitismo di Wagner, le simpatie di Hitler per il musicista e rinnovando anche il ricordo che all’interno dei campi di sterminio si suonavano quelle musiche, a suo giudizio i tempi sono maturi per un ripensamento sugli effetti di questa disposizione che, oltretutto, non è fondamentale per l’ordinamento legislativo israeliano. Oggi c’è la possibilità di scindere gli orrori della Shoa (per i quali la condanna pensiamo sia definitiva e pressocché unanime), dalla musica di Wagner che la si può ascoltare senza implicazioni di ideologie politiche augurando infine un definitivo ripensamento. Inoltre, l’impossibilità di eseguire Wagner è stato uno svantaggio per l’Orchestra Filarmonica di Israele perché, a suo giudizio, ne limita le possibilità interpretative impedendole di raggiungere gli alti livelli esecutivi senza dubbio alla sua portata. Pensieri, questi, che ci sentiamo di condividere in pieno.

Fig. 4 Il direttore Omer Meir Wellber con Allison Oakes e Stanislas de Barbeyrac durante l’esecuzione. © Fabrizio Sansoni / Teatro dell’Opera di Roma

Anche i tre cantanti scelti per l’esecuzione hanno debuttato con questo concerto al Teatro dell’Opera.

Iniziamo con il tenore francese Stanislas de Barbeyrac che per l’occasione ha debuttato nel ruolo di Siegmund. Wagner è da poco entrato nel suo repertorio. Infatti recentemente ha interpretato il ruolo di Erik de L’Olandese volante sul prestigioso palcoscenico della Staatsoper di Berlino. Qui a Roma ha dimostrato di avere le carte in regola per affrontare questo repertorio mettendo in mostra duttilità nelle emissioni e una buona frequentazione nel registro acuto elementi accompagnati da efficaci sfumature che hanno reso   credibile l’interpretazione del personaggio.

Siegliende era l’inglese Allison Oakes che, al contrario del collega precedente, possiede una vasta esperienza nei ruoli wagneriani che le cronache ci dicono essere stata valida Isotta, Brunilde (La valchiria e Sigfrido) e Senta (L’olandese volante) ed inoltre ha partecipato tra il 2013 e il 2015 al Ring di Festival di Bayreuth diretto da Kirill Petrenko sostenendo le parti di Freia (L’oro del reno), Gerhilde (La valchiria) e Gutrune (Il crepuscolo degli dei). Ha una corposa voce di soprano drammatico indispensabile per i ruoli wagneriani mostrando una vocalità dalle emissioni sicure e controllate che sono emerse con travolgente evidenza nel duetto che conclude il primo atto. Nella piccola ma importante parte di Hunding c’era il basso inglese Brindley Sherratt che ha interpretato diverse volte questo ruolo dimostrando qui al Teatro dell’Opera di realizzare il personaggio con grande passione e professionalità grazie anche alle sue splendide note nel registro grave che evidenzia con facilità e sicurezza.

Fig. 5 Omer Meir Wellber, Allison Oakes e Stanislas de Barbeyrac durante l’esecuzione. © Fabrizio Sansoni / Teatro dell’Opera di Roma.

Al concerto ha assistito un pubblico molto folto che ha accolto con entusiasmo la proposta ‘wagneriana’ decretando al termine un caloroso successo con lunghi e reiterati applausi rivolti in special modo all’Orchestra del Teatro dell’Opera che ha dimostrato ancora una volta di essere compagine valida a tutto campo.

Grande approvazione anche per la prova del direttore Omer Meir Wellber e per i tre cantanti tutti chiamati più volte al proscenio da un pubblico veramente entusiasta per l’inusuale serata musicale. Ci accodiamo a questo plauso che dimostra che il pubblico romano è maturo per apprezzare un repertorio come questo auspicando che questa serata sia la prima tappa di un ritorno stabile e duraturo di Wagner nei cartelloni del Teatro dell’Opera.

Claudio LISTANTI  Roma 8 Ottobre 2023