L’affresco staccato con “Tre teste”: un importante lavoro del Parmigianino alla Galleria Spada.

Maria Lucrezia VICINI

Mentre pubblichiamo con piacere questo contributo di Maria Lucrezia Vicini, ci corre l’obbligo, per completezza di informazione, di richiamare la recente pubblicazione della Galleria Spada interamente dedicata all’opera in questione Parmigianino. Le Tre teste della Galleria Spada. Ricerche e restauro, Roma 2023, ed. Artemide. Il volume dà conto delle novità documentarie e collezionistiche – l’opera è di provenienza Giustiniani – , nonché del restauro e delle indagini diagnostiche. Contributi di A. Capriotti, M.C. Chiusa, C. De Lisio, M.B. De Ruggieri, A. Felici e C. Giantomassi. Ringraziamo la Galleria Spada per aver gentilmente concesso la pubblicazione del dipinto restaurato
Parmigianino, Tre Teste  affresco staccato. Post restauro (courtesy Galleria Spada)

FRANCESCO MAZZOLA detto il PARMIGIANINO (Parma,1503-Casalmaggiore, 1540)

Tre Teste, affresco staccato riportato su masonite. cm 71 x 60, Inv. n. 220; collocazione II^ sala (pre restauro)

Esposizioni: Parmigianino e il Manierismo europeo. Parma Galleria Nazionale, 8 febbraio-15 maggio 2003

-In the light of Apollo- Italian  Renaissance and Greece– Atene Galleria Nazionale, 10 dicembre 2003-31 marzo 2004

L’affresco, ritenuto frammento di un grande complesso decorativo, entrò a far parte della Collezione Spada in epoca imprecisata, probabilmente ottocentesca, se negli inventari del Fondo Spada Veralli è possibile identificarlo per la prima volta al numero 156 dell’Appendice al Fidecommesso del 1862 dove  è presentato nella Galleria terrena del Palazzo col titolo: Tre teste e con l’esatto riferimento al Parmigianino (1). Nella ricognizione inventariale del 1925 effettuata dall’avvocato Pietro Poncini, amministratore degli Spada e nella coeva stima di Federico Hermanin, che valuta lire 5000, è ricordato con l’attribuzione alla Scuola Emiliana del ‘600 e descritto come: Donna con putto e vecchio (affresco staccato) (2). Figura inoltre trasferito nella quarta sala del Museo, diversamente da oggi, visibile nella seconda, tra le opere più antiche della raccolta che qui riunì Federico Zeri nel 1951 durante la fase di riordino della Galleria per la sua riapertura ufficiale al pubblico

Dopo  Hermanin, si pronuncia  a favore del Parmigianino il Venturi, in base al confronto con gli affreschi di Palazzo Sanvitale a Fontanellato (3). Anche Froelich-Bum elenca l’affresco tra le opere del Parmigianino (4), seguito da Porcella (5) che propone una datazione intorno al 1531, rapportandolo sempre agli affreschi di Fontanellato, e da Armando Quintavalle (6) secondo cui l’affresco raffigurerebbe una Sacra Conversazione dipinta dall’artista  verso il 1534. Per Copertini (7) si tratterebbe invece di una  Concezione, realizzata da un ignoto superficiale imitatore del maestro che si ispira, nel volto della Vergine, alla Madonna che sviene della Deposizione di Cristo del Parmigianino, conosciuta attraverso le  due incisioni di Jacopo Bertoia, e del Parmigianino stesso. Freedberg (8)  ribadisce  con fermezza  l’attribuzione ad un allievo del pittore per la scarsa qualità dell’opera. Di opinione opposta sono Zeri (9) e Longhi (10)  che di fatto  la restituiscono  al Parmigianino.

Zeri  dal suo canto resta della convinzione  che il soggetto rappresenti  una Allegoria delle Tre età dell’uomo piuttosto che una Sacra Conversazione proposta da Quintavalle e che sia veramente parte di un vasto ciclo pittorico, come avanzato dalla critica precedente a lui. Attraverso le  note che qui di seguito si riportano, egli  ci informa dello stato di  degrado  cui versava all’epoca l’opera:

il  frammento è spezzato in quattro parti, all’incirca secondo due fratture perpendicolari, che si incontrano alla destra della bocca della figura femminile. Lungo le fratture, cadute di intonaco, ridipinte. La mancanza più estesa interessa la guancia destra della figura femminile. Altre rotture minori nella parte  destra della figurazione.

L’affresco mantiene tali condizioni fino al 1969, quando è finalmente sottoposto ad un provvidenziale e delicato restauro promosso da Luisa Mortari, in questo periodo Direttrice del Museo. Alla luce dei risultati ottenuti, la studiosa conferma l’attribuzione al pittore nella relativa scheda di restauro che si vuole in questa sede riproporre quale  tappa significativa del percorso storico artistico  dell’affresco :

Dal restauro è risultato che il frammento di affresco staccato era imbevuto di cera, probabilmente a caldo come si usava nel secolo scorso, forse per ravvivarne le tonalità. Anche per tale motivo aveva perduto la delicata freschezza dei dipinti ad affresco e presentava un aspetto oleoso. La superficie viscosa aveva molto favorito l’assorbimento della polvere. Si è dovuto procedere ad una difficile pulitura con bisturi, solventi idonei e con l’aiuto di lampade a infrarossi. Tale operazione ha consentito di migliorare in modo insperato lo stato di conservazione del dipinto che a parte i segni delle lesioni subite in passato, di cui parla Federico Zeri nel catalogo della Galleria, ha riacquistato anche vigore espressivo, confermando un’esecuzione di tanto alta qualità da escludere ogni dubbio nei riguardi della paternità al Parmigianino (11).
Parmigianino, Madonna di Santa Margherita, 204×149 cm, 1529, Bologna, Pinacoteca nazionale

L’anno successivo Augusta Ghidiglia Quintavalle (12), grazie all’indagine condotta  sull’affresco,  può definirne con precisione  i limiti cronologici, che pone tra la fine del periodo bolognese e gli inizi del secondo parmense del Mazzola per le inconfondibili  somiglianze stilistiche  con la pala di Santa Margherita della Pinacoteca di Bologna, dipinta a  Bologna nel  1529  e con le decorazioni  della chiesa  di Santa Maria della Steccata di Parma, iniziati nel 1531.

Nell’affresco Spada la scultorea  immagine femminile si protende malinconicamente in un’ardita torsione a guardare il cielo, sfiorando il manto con le lunghe dita che si perdono nello scorrere  movimentato delle pieghe. Alla sua destra un bimbo dalle guance paffute e  sguardo ammiccante verso lo spettatore e a sinistra un vecchio dalla barba fluente. Caratterizzazioni stilistiche tipiche della fase post romana dell’artista che ormai arricchito dell’esperienza a contatto con le opere di Michelangelo, Raffaello e Rosso Fiorentino, riesce a sciogliere  la rosea e calda iniziale materia di matrice correggesca in un  ritmo più ondulato delle linee, mentre le figure diventano elegantemente statuarie e allungate secondo una sua  personalissima maniera (13).

M. Lucrezia VICINI  Roma 8 Dicembre 2024

NOTE

1) Cannatà R., Vicini M.L.,  La Galleria di Palazzo Spada. Genesi e storia di una Collezione, Roma,  1992, p. 192
2) Cannatà R., Vicini M.L. 1992,cit., pp.194 e 199
3 )Venturi A.,Storia dell’Arte Italiana, Vol.IX, La Pittura del ‘500, parte 2, Milano, 1926, p.62, nota 1
4) Froelich-Bum L.,  sub Voce Mazzola Francesco, in Thieme-Becker, „Kunstler Lexikon, Vol.XXIV, Lipsia, 1930, p.311
5) Porcella A.,, Le pitture della Galleria Spada, Roma, 1931, pp.125 e 148
6) Quintavalle  A, Il Parmigianino, Milano, 1948, pp.150,181,195
7) Copertini G., Il Parmigianino, Parma, 1932, Vol. I, pp.79 e 95, nota 30
8)Fredberg  S. J., IL Parmigianino, Cambridge, U.S.A., 1950, P. 224
9)Zeri F., La Galleria Spada in Roma, Firenze 1954,p.98
10)Longhi R.,  Il nuovo Parmigianino, in Paragone, n. 99, marzo 1958, p.35 
11) Mortari L., Attività della Soprintendenza alle Gallerie del Lazio, Roma, 1969,pp.23, tav.23
12) Ghidiglia Qintavalle A., Gli ultimi affreschi del Parmigianino, Milano, 1970, p.14,tav.4
13) Fagiolo Dell’arco M.,  Il Parmigianino. Un saggio sull’ermetismo nel cinquecento, Roma 1970, p. 289; Gould C.,  Parmigianino, New York 1994, p.192;Cannatà R., LA Galleria di Palazzo Spada, Roma, 1995, p.78;Vicini M.L., Guida alla Galleria Spada, Roma, 1998, p.50;Vicini,M.L., scheda  in Parmigianino e il manierismo europeo, catalogo della mostra,   Parma 2003, p. 240