L’anno del Drago. Il drago e il suo simbolismo nei miti euro-asiatici.

di Nica FIORI

Sebbene il drago cinese sia diventato, al pari di altri esseri mitologici, soprattutto un elemento grafico-decorativo della cultura moderna, conserva ancora un suo ruolo ben definito all’interno del folklore cinese. Si celebra, in particolare, il mito dei Re Dragoni, che presiedono i quattro mari della Cina, durante il capodanno cinese.

Quest’anno il capodanno, detto anche festa della primavera, è caduto il 10 febbraio (la data è variabile perché legata a un calendario lunisolare) e ha segnato l’inizio dell’anno del Drago. Si tratta della più importante festività annuale in Cina, paragonabile per importanza e per durata alle nostre festività natalizie. Ricordiamo che l’astrologia cinese si basa su un ciclo di dodici anni, ognuno dei quali corrisponde a un segno dello zodiaco: topo, bufalo, tigre, coniglio (o lepre), drago, serpente, cavallo, capra (o pecora), scimmia, gallo, cane, maiale (o cinghiale). L’anno del drago per gli orientali è un anno di prosperità, tanto che molte coppie sperano di avere un figlio proprio nel corso di questo anno.

1 Capodanno cinese a Roma

Il periodo festivo dura 15 giorni e si conclude con la festa delle lanterne, così detta perché vengono usate lanterne dal tipico colore rosso per addobbare strade, case e negozi. Riposarsi e rilassarsi con la propria famiglia, dopo un anno di duro lavoro, augurandosi che l’anno successivo sia fortunato e prospero – secondo la credenza che un buon inizio porti fortuna – sono le consuetudini di una tradizione che trae le sue origini dalle antiche civiltà agricole.

Vista la nutrita presenza di cinesi in Italia, sono diverse le città dove viene festeggiato il capodanno dalle comunità cinesi, anche con fuochi d’artificio e danze spettacolari come quella del leone e soprattutto quella del drago, che viene portato con movimenti sinuosi e ondulatori per le vie urbane. Roma è un punto di riferimento per molti cinesi e in particolare piazza Vittorio Emanuele II, una sorta di piccola China-town per la presenza nella zona (siamo nel rione Esquilino) di numerosi negozi e ristoranti gestiti da orientali.

2 Capodanno cinese a Piazza Vittorio
3 Bambini cinesi a piazza Vittorio

Il giardino della piazza, presso l’ingresso dal lato di via Conte Verde, è stato arricchito per l’occasione con coloratissimi addobbi rossi di gusto cinese con all’inizio la prima metà di un drago (quella con la testa) e alla fine con l’altra metà (con la coda), a significare l’inizio e la fine dell’anno.

A rappresentare le istituzioni di Roma domenica 18 febbraio è intervenuta Svetlana Celli, presidente dell’Assemblea capitolina, che ha dichiarato:

Siamo in un luogo simbolo di una città multiculturale e multietnica, per festeggiare il Capodanno Cinese e testimoniare la nostra vicinanza e il nostro abbraccio alla vostra comunità, una festa che è un tripudio di colori, gioia e musica con un programma di iniziative davvero bello e significativo e tra l’altro aperto a tutti”.
4 Capodanno cinese a piazza Vittorio

Questa ricorrenza può essere l’occasione per parlare di un affascinante animale fantastico presente in molti miti e tradizioni dei paesi euroasiatici, evidenziandone le differenze. Per i cinesi il drago è una sorta di nume tutelare e il Grande Drago, raffigurato in tanti vasi e pitture cinesi, era considerato il protettore dell’impero e degli imperatori, emblema dell’energia cosmica che regge e attraversa gli elementi, principio attivo e demiurgico, in grado di liberare le acque primordiali e l’Uovo del mondo.

5. Metà Drago
6 Altra metà del Drago

Nella tradizione greco-romana, essendo spesso assimilato al serpente, il drago rappresenta una forza sotterranea, il potere della terra e delle acque generatrici di vita. Il fatto che possieda le ali è un indizio del suo dominio sull’aria, mentre il fuoco che esce dalla sua bocca gli dà il potere di bruciare le impurità. Egli emerge dal caos e, come “uroboros”, il serpente che si morde la coda, rappresenta la continuità infinita, la ciclicità del tempo, ovvero l’eterno ritorno al punto di partenza.

7 Uroboros, dal trattato alchemico Synosius, 1478
8 Carro solare con draghi, in un cratere lucano con Fuga di Medea, 400 a.C.

Questo fantastico mostro era ritenuto di essenza divina, tanto che Svetonio lo chiama “divus draco”. Come tale, appare come uno dei principali emblemi del sole (troviamo il drago anche nelle raffigurazioni del carro solare che trasporta Medea, nipote del dio Helios).

L’occhio del drago, che vigila e trafigge, partecipa della natura celeste dell’astro solare. Si può ricordare a questo proposito che il verbo greco “dércomai” vuol dire vedere. Per questo motivo il drago ha spesso il compito di custodire i templi, gli oracoli, i tesori. Come quello posto a guardia del giardino delle Esperidi con i pomi d’oro dell’immortalità, che viene ucciso da Ercole, o quello, affrontato da Giasone, che custodisce il vello d’oro nel mito degli Argonauti. In entrambi i miti la lotta e la vittoria dell’eroe contro il drago può essere interpretata come una prova iniziatica per raggiungere l’immortalità o la conoscenza.

La stessa cosa del resto avviene in molte leggende europee. Pensiamo al nordico Sigfrido, che uccide il drago che custodisce il tesoro dei Nibelunghi, e che si asperge poi del sangue nero dell’animale per rendere il suo corpo invulnerabile.

Nella Bibbia il drago ha una connotazione negativa, forse proprio perché nell’Oriente pagano era un’immagine divina. In Asia Minore era considerato sacro a Cibele, la Grande Madre, mentre un grande drago era venerato dai Babilonesi.

Il drago rosso dalle sette teste descritto nell’Apocalisse di san Giovanni è simbolo del Demonio. Si contrappone alla figura di una donna che appare nel cielo, “vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle”. La donna, incinta, sta per partorire e il drago le si mette davanti per divorare il bimbo che nascerà, destinato a governare il mondo. Viene però combattuto da san Michele e i suoi angeli e fatto precipitare sulla terra.

9 Guido Reni, San Michele Arcangelo, Chiesa della Concezione Roma

Un altro santo che nell’iconografia cristiana combatte un drago è san Giorgio. Secondo una leggenda Giorgio, tribuno dell’esercito romano, giunse un giorno nella città di Silene, nei cui pressi si celava in un grande stagno un drago che sputava fuoco dalle fauci. Ogni giorno gli venivano offerte due pecore per calmarlo, ma, venute a mancare le pecore, si decise di sacrificargli una vittima estratta a sorte. Toccò alla figlia del re, ma per fortuna il santo arrivò in tempo per salvarla dalle grinfie del mostruoso animale.

10 Vittore Carpaccio, San Giorgio e il drago, 1516 Venezia

Pure l’apostolo Filippo è raffigurato talvolta nell’atto di schiacciare un drago col piede. Si racconta infatti che, mentre si trovava in Scizia, venne preso dai pagani e gli venne chiesto di sacrificare al dio Marte. Dal piedistallo della statua uscì allora un drago che uccise il figlio del sacerdote pagano e due tribuni. Allora Filippo spinse la folla a spezzare la statua e adorare al suo posto la Croce. Quindi ordinò al drago di ritirarsi in un luogo deserto. Stavolta l’animale simboleggia il male insito nel paganesimo.

11 Filippino Lippi, San Filippo scaccia il drago dal tempio di Hierapolis, 1587-1602, Firenze, Santa Maria Novella

Ma anche a Roma c’è stato un santo particolarmente abile nello sconfiggere questa terribile bestia. Si tratta di papa Silvestro I, lo stesso che, secondo una tradizione, aveva guarito l’imperatore Costantino dalla lebbra e aveva dato origine al potere temporale dei papi. Si racconta che nei primi anni del IV secolo, un ferocissimo drago abitasse una caverna ai piedi del Palatino, dal lato del Foro Romano.

Come tutti i draghi che si rispettino, anche questo era particolarmente vorace e amava cibarsi di carne umana. La popolazione atterrita decise perciò di rivolgersi a papa Silvestro, che aveva precedentemente liberato Poggio Catino da un drago.

Anche questa volta il pontefice riuscì nell’impresa. Secondo quanto narra Iacopo da Varazze nella sua Legenda Aurea, san Silvestro “entrato nella spelonca disse all’animale:

In nome di Nostro Signore Gesù Cristo, che è stato crocifisso e che verrà a giudicare i vivi e i morti, ti proibisco di continuare a mordere”.

Quindi legò la gola dell’animale con un filo di lana: quello perse immediatamente tutti i denti e poi stramazzò a terra. Il papa portò la carcassa all’altezza del tempio dei Castori, e lì la seppellì.

12 Maso di Banco, Papa Silvestro sconfigge il drago, 1336-37 Firenze, Santa Croce

Nei pressi sorse la chiesa di Santa Maria Antiqua, sulle cui rovine, nel XIII secolo, venne eretta Santa Maria Liberatrice, che richiamava nel nome l’espressione “Libera nos a poenis inferni (liberaci dalle pene dell’inferno)”, proprio perché il drago ucciso da san Silvestro veniva visto come un essere infernale. La chiesa fu poi demolita nel 1900 per consentire gli scavi del Foro Romano.

Comunque a Roma, a partire dal Rinascimento, appaiono anche draghi dal simbolismo positivo, a partire da quelli presenti nell’araldica, come, per esempio, il drago dello stemma Borghese che simboleggia la Vigilanza e l’Ardore. I draghi compaiono anche negli stemmi dei rioni Campitelli e Ludovisi e sono usati in alcuni decori ottocenteschi, soprattutto di lampioni e fontane, a simboleggiare il fuoco e l’acqua.

Nica FIORI   Roma 18 Febbraio 2024