P d L
Miriam Di Penta è una storica dell’arte nonchè una delle -poche- donne impegnata come gallerista nel settore dell’antiquariato; numerose le sue esperienze in entrambi i campi; ha partecipato a numerose conferenze e convegni sulla pittura del Seicento dando alle stampe una monografia su Andrea De Lione, ed è stata cofondatrice e codirettrice con Umberto Giacometti della GOMP (Giacometti Od Master Paintings) prendendo parte alle più importanti esposizioni internazionali, tra cui la Biennale dell’Antiquariato di Firenze, Tefaf Maastricht e Tefaf New York. Dal Giugno 2018 ha costituito la Miriam Di Penta Fine Art con sede a via Monserrato nel cuore di Roma. L’abbiamo incontrata dopo l’esperienza alla Fiera Antiquaria di Modena, cui patrtecipava per la prima volta
–Hai da poco terminato l’esperienza di Modena Antiquaria cui partecipavi per la prima volta; puoi tracciare un bilancio per quanto ti riguarda ma anche più in generale, per quanto concerne il mercato dell’antico
R: Modena l’ho trovata un’occasione di contatti, di scambi e di aperture, soprattutto fra colleghi, ma anche con collezionisti che non conoscevo, e poi una fiera senza dubbio all’altezza dal punto di vista organizzativo ed espositivo. C’erano mercanti di tutti i livelli con un’offerta di opere molto eterogenea e personalmente mi sono trovata molto bene e mi sono divertita. Ho anche comprato alcuni bei pezzi! Tuttavia, poiché la fiera si rivolge soprattutto a una clientela media, sotto questo aspetto devo ammettere che in questo momento la mostra risente un po’ delle difficoltà che il mercato dell’antico sta vivendo in Italia, in cui tutto sembra congelato, molto anche a causa della situazione politica ed economica troppo incerta; questo vale un po’ in generale, salvo che non si abbiano opere di altissimo pregio e valore, destinate ad altri contesti come il Tefaf di Maastrich o alle grandi aste internazionali, che sono le uniche in cui attualmente ancora si riesce a fare uno scambio di volume importante.
–Hai notato se tra la clientela ci fossero anche stranieri e in che misura.
R: Si, un poco ce ne erano, ma credo che Modena si distingua per essere una mostra essenzialmente Italiana, dove si va per incontrare nuovi clienti italiani. In questo senso tocchiamo un po’ punto dolente, perché con i lacci e lacciuoli di ordine amministrativo e burocratico presenti nella nostra legislazione per le esportazioni, che riguarda anche beni di qualità non necessariamente eccelsa, gli stranieri si tengono un po’ a distanza, non sapendo bene come affrontarli … Io personalmente cerco di fare tutte le pratiche di esportazione già prima della vendita, ma in generale sicuramente è un aspetto che, per gli antiquari italiani, rappresenta un ostacolo, un costo e un forte rallentamento dell’attività rispetto ai colleghi stranieri. Le norme andrebbero riviste, se ne è parlato proprio a Modena in un Simposio. La legislazione si dovrebbe adeguare a quella europea, innanzitutto elevando il limite dei prezzi delle opere per le quali è obbligatorio richiedere un permesso, ad un livello congruo.
–Mi pare che attualmente il limite sia quello dei 13,500€, dopo che si era vociferato di un limite di 100 mila€, più prossimo ai limiti degli altri paesi europei…
R: In realtà neanche il limite dei 13,500 € introdotto da Franceschini è stato mai reso applicativo; non c’è mai stato il decreto e quindi continuiamo a chiedere i permessi per ogni oggetto, anche di valore inferiore ai 13,5 mila euro. Sulle temporanee importazioni, anzi, c’è stata una stretta nel senso che il limite di 60 giorni entro il quale va presentata la richiesta, che già esisteva, è ora diventato tassativo. E una cosa che ci riguarda direttamente, perché tutti compriamo opere presso case d’aste straniere. Prima bastava la fattura, ora invece comprovare la provenienza estera, sulla carta non basta più per ottenere una temporanea importazione; bisogna rispettare i limiti di tempo, altrimenti è come se il bene fosse di origine nazionale, il che francamente è un po’ assurdo … E poi, come sai, c’è sempre il rischio del vincolo che impedisce l’esportazione: al di là dei criteri di applicazione, mi chiedo se davvero sia un principio che possa sempre garantire alla collettività di usufruire davvero del bene vincolato…
–Cioè, che vuoi dire?
R: Dico che un vincolo si giustifica e anzi si legittima come protettivo degl’interessi della comunità se, ad esempio, lo Stato acquistasse il bene messo a vincolo e lo esponesse in un Museo pubblico a beneficio degli studi e della comunità; ma questo non capita quasi mai, così che il proprietario del bene vincolato viene privato di un esercizio fondamentale, quello della libera proprietà, senza che davvero la comunità ne riesca veramente a usufruire in positivo. Nella maggior parte dei casi, i beni vincolati ai privati finiscono impacchettati in un magazzino o in un caveau perché il proprietario, anche solo per spostarlo da una casa all’altra o restaurarlo, non è autorizzato a procedere senza il permesso della soprintendenza; ne consegue che il privato non ne gode, il pubblico e la comunità scientifica quasi sempre nemmeno, e quindi paradossalmente si ottiene l’effetto contrario del principio che in teoria ispira la legge ossia non di valorizzare il patrimonio bensì in qualche modo d’insabbiarlo. Questo per me è il vero tallone d’Achille; inoltre, non è difficile capire che se ci fosse un legame tra vincolo e acquisto, lo Stato, dovendo acquistare, procederebbe con più cautela e maggiore attenzione di quanto non accada oggi, sottoponendo a vincolo solo ed esclusivamente i beni di reale rilievo da inserire nelle raccolte dei Musei Nazionali. Noi italiani siamo i custodi della bellezza agli occhi del Mondo! Se riuscissimo davvero a tutelare questa nostra identità con una seria e reale collaborazione tra Stato, mondo della cultura e impresa, il Paese se ne gioverebbe moltissimo, anche in termini di mantenere vive molte professioni artigiane che altrimenti sono destinati a soccombere e scomparire. E Questa, a mio avviso, sarebbe una perdita irrecuperabile!
–Tu hai mai pensato di trasferire la tua attività all’estero?
R: Beh, si certo che ci ho pensato! tra l’altro moltissime opere le compro all’estero e le riporto in Italia! Trasferendomi, non avrei più problemi a farle rientrare, chiedere appunto i permessi, spendere per il trasporto, ritrovarmi impigliata nelle logiche burocratiche del nostro paese, tuttavia io amo l’Italia, amo Roma, ho una galleria in un posto meraviglioso e mi piace stare qui, lavorare qui, con i nostri artigiani che hanno migliaia di anni di pratica nelle loro mani, oltre a sensibilità, cultura, occhio, tradizione, conoscenza delle tecniche e dei materiali; Siamo parte del Museo all’aperto in cui viviamo e in cui mi trovo quotidianamente immersa, viaggiando regolarmente tra Roma, Firenze, Napoli, Venezia e tutto il magnifico territorio italiano che costituisce il tessuto e il background del nostro lavoro! Io non vorrei mai vivere altrove! Credo che Roma sia unica, anche se oggi è ridotta male, e che potrebbe invece diventare luogo di riferimento per un mondo internazionale se la rendessimo più curata, vivibile e con un’offerta culturale più stimolante; molti stranieri la sceglierebbero come luogo appetibile anche come città residenza.
-Mi viene da chiederti se non ti penti ogni tanto di aver scelto questa attività, considerati tutti i problemi che potenzialmente possono sorgere; ecco, mi piacerebbe sapere come ti è venuto in mente, a te donna fra l’altro, di entrare in un campo peraltro quasi esclusivamente maschile.
R: Me lo chiedono spesso in molti! Anche perché non sono “figlia d’arte” e dunque questo lavoro per me è stata davvero una scelta elettiva! Ma ti rispondo intanto che non mi pentirò mai perché sono mossa da un’autentica passione per l’arte, per la ricerca storico artistica, per la scoperta, e dal desiderio di trovare cose antiche dimenticate e riportarle alla luce, non solo per il valore economico, ma proprio per la portata storica e culturale che trasmettono.
–E dunque quale è stata la molla?
R: Come dicevo, anche se l’aria che si respirava era colta, non posso dire di avere più di tanto ereditato questa passione dalla mia famiglia; avevo solo uno zio realmente appassionato d’arte, che quando mi veniva a trovare da bambina mi regalava libri di arte o archeologia e cartoline dei luoghi d’arte da lui visitati; per me senz’altro sono stati il desiderio di conoscenza e la passione a costituire lo stimolo che spinge sempre oltre gli ostacoli; se poi devo dirti come sono entrata in questo mondo, che effettivamente è a grande maggioranza maschile ed ereditario, ti dico che, già Storica dell’Arte, cominciai realmente ad interessarmi all’antiquariato quando vivevo a via del Babuino, proprio tra le Gallerie di Fabio Megna e Paolo Antonacci ! Iniziai con Tommaso Megna a frequentare le esposizioni d’asta, i restauratori, i rintelatori e a toccare e guardare gli oggetti con un altro approccio, nelle mie stesse mani. Così è nata in me la passione antiquaria, con il vero e proprio contatto con le opere!
–Ma poi hai bruciato le tappe.
R: E’ stato Alberto Chiesa, responsabile Dipinti Antichi alla Sotheby’s che vedendomi sempre attenta a girare e rigirare quadri e sapendo che ero una storica dell’arte, mi chiese di entrare tra i consulenti di quella casa d’aste nel 2007. Anzi lui inizialmente mi vedeva talmente intenta ad analizzare gli oggetti, che pensava fossi una restauratrice! Nel 2011 la Sotheby’s chiuse molti contratti e mi misi quindi in proprio come consulente di collezionisti privati; in quel periodo entrai in contatto con Umberto Giacometti, con cui poi ho costituito una società nel 2013; è con lui che ho potuto fare un salto in avanti; del resto ci legava una vera comunione d’interessi;
a me, ad esempio, piace particolarmente la pittura barocca napoletana, la studio come mia specializzazione e per questo andavo spesso a Napoli, anche perché in quel periodo avevo iniziato a studiare l’opera di Andrea De Leone, su cui poi ho scritto la monografia, anche grazie all’aiuto e all’incoraggiamento di Nicola Spinosa; insomma le cose che ci legavano erano molte e quindi, dopo la fine del sodalizio di Umberto con Silvano Lodi, decidemmo di provare un’avventura in comune nel campo dell’antiquariato; una cosa nata un po’ frettolosamente, se vuoi, ma comunque un’avventura positiva. Poi l’esperienza con Giacometti si è conclusa ed è nata la Miriam Di Penta Fine Arts.
–Non fai Tefaf quest’anno?
R: Purtroppo no, ma spero naturalmente di riuscire a rientrarvi quanto prima!
–C’è qualcosa di simile al Tefaf di Maastricht in Europa?
R: No, direi di no; ci sono altri eventi importanti tipo Paris Tableau, che ora non c’è più, o anche il Paris Fine Arts e il BRAFA, ma non sono la stessa cosa; con Maastricht il ritorno in termini di credibilità, professionalità, contatti ad ogni livello e visibilità è davvero altissimo;
–Sta capitando da qualche tempo –ed anche a Maastricht ormai è così- che le gallerie d’arte antica, anche alcune tra le più prestigiose, affianchino a dipinti, mobili e argenti antichi anche quadri ed opere contemporanee; in Italia alla Biennale di Firenze ormai è una consuetudine. Tu che ne pensi? Saresti disposta ad aprire a questo genere di lavori?
R: Io personalmente non credo che lo farò, ma non per principio; la verità è che oggi il mercato dell’antico si è terribilmente ristretto ad una clientela molto circoscritta e raffinata che cerca cose di altissima qualità; le vendite di opere decorative non sono quasi più oggetto di mercato, anche perché purtroppo il pubblico che le acquistava ha subito duramente gli ultimi 10 anni di crisi economica e non ha più la possibilità di farlo; anche l’ultima Modena ha confermato che questa strada si sta chiudendo. Ma la risposta secondo me non è buttarsi sul contemporaneo. O almeno nel mio caso, il contemporaneo non l’ho mai davvero seguito e quindi non lo conosco a fondo, anche se poi cerco di vedere tutto e mi piace seguire le esposizioni, le Biennali e le mostre. La mia vera passione e le mie competenze, insomma, ricadono sull’antico, qui mi portano i miei interessi, emozioni e istinto! Non potrei mai improvvisarmi in un settore che non conosco bene.
–E tuttavia le statistiche ci dicono che i giovani seguono quasi esclusivamente l’arte contemporanea; cosa si può fare a tuo parere per iniziarli all’attrazione per l’antiquariato e per i dipinti antichi in particolare?
R: Certo, che ci sia una fase, che ormai dura da tempo, di mancanza di ricambio generazionale è sotto gli occhi di tutti, e io stessa, quando ci rifletto, mi vedo come una specie in via estinzione oppure quasi come una “kamikaze”! è chiaro che da sola non posso cambiare lo stato dei fatti e a volte mi paragono ad una sorta di bandiera vivente che sventola l’antico, tuttavia è pur vero che l’antiquario non deve essere visto come un mestiere polveroso, come invece purtroppo è ancora troppo spesso percepito; l’antiquario è uno dei mestieri più attivi e dinamici che esistano, l’antiquario è un conoscitore e un imprenditore multitasking a tutto tondo, sempre con la valigia in mano!! E’ un lavoro appassionante, on the road, sempre in bilico tra una scoperta, un acquisto e una vendita, che nel mondo di oggi, così competitivo, sta in piedi in base solo alle proprie competenze! Credo che se i giovani potessero provare l’intensità di emozioni legate al nostro mestiere cambierebbero idea! Io credo di non essere propriamente una parruccona, ma una giovane donna assolutamente dentro la modernità, che cerca di coltivare e assecondare una passione molto viva, e credo che per tutti competenza e passione possano essere motivazione e motore. Certo, chi ama l’antico è chi lo conosce davvero, chi si emoziona davanti alla sua estetica e alla sua storia, per cui sicuramente bisognerebbe cercare di avvicinare i giovani ancora di più con l’educazione e l’istruzione, portandoli nei musei sin dall’infanzia, sempre di più avvicinandogli agli oggetti, fargli vivere l’arte nel quotidiano, visto che il nostro patrimonio culturale è così unico. Quello che cerco di fare con le mie figlie e le loro amiche! (che ormai capiscono a prima vista se un quadro è in primatela o no!). In generale credo che il compito degli Antiquari della mia generazione sia di far cambiare opinione al pubblico, soprattutto più giovane, rispetto all’antico! L’altro giorno un mio collega che tratta 8-900 è venuto a trovarmi e dopo 5 minuti che era in Galleria ha esclamato: “Però! Che meraviglia l’Antico!!”
–Insomma, possiamo dire che bisognerebbe cambiare la prospettiva di chi percepisce l’Antiquariato come un mondo vecchio e noioso?
R: Ecco, questa è la verità! L’arte, quando è alta, è sempre portatrice di contenuti, di vitalità, di valori ed emozioni, non importa di che epoca o cultura sia! Questo è il messaggio che dobbiamo riuscire a diffondere e possiamo farlo solo con la qualità del nostro lavoro e delle opere scelte! E poi, perché Armani, Prada, Gucci costituiscono delle bandiere del ‘made in Italy’ e dell’italianità, come anche Giò Ponti e Luigi Ghirri – entrambi attualmente in mostra a Parigi in location di prestigio – e invece l’Antiquariato e le Belle Arti no? Forse siamo anche noi addetti ai lavori che dobbiamo trovare modalità di comunicazione diverse, cercare di svecchiare l’immagine del nostro “prodotto”, riuscire a comunicare la vita che ogni oggetto d’arte contiene in sé e trasmetterlo alle prossime generazioni. Non è facile nell’era digitale farlo sentire, ma possiamo farcela, anzi dobbiamo, proprio attraverso i nuovi mezzi di comunicazione se vogliamo sopravvivere!
–Veniamo proprio a questo argomento, i social; tu sei una giovane imprenditrice che certamente non ha in proposito le remore di altri tuoi colleghi più anziani che faticano a rapportarsi con questo nuovo mondo.
R: Sono molto presente su Instagram, lo ritengo importante, ma devo confessare che ancora non posso registrare dei riscontri a livello di vendite! Però in questo senso ritornando al problema della mancanza di un cambio generazionale, il lavoro sui social sicuramente è importante. Se la pubblicità sul Giornale dell’Arte raggiunge un pubblico di addetti ai lavori e di collezionisti di una certa età, i social sono decisamente rivolti a alla mia, ma anche della generazione delle mie figlie! Bisogna essere presenti su entrambe le fasce!
–Torniamo agli Antichi Maestri, trovo personalmente molto affascinante il dipinto che hai presentato a Modena come front page, diciamo così, del tuo stand; si sa chi lo ha realizzato?
R: Probabilmente si tratta di un’opera di Nicolas Tournier, uno studio per una composizione più ampia;
sto aspettando che Axel Hemery, direttore del Musée des Augustins di Tolosa ed esperto del pittore me lo confermi quando verrà a Roma a breve. il dipinto è molto bello ed ho ricevuto numerose richieste, ma per il momento non siamo approdati a risultati concreti;
–Prima parlavamo di Fiere, a questo proposito tu te la sentiresti di organizzare un evento di questo tipo? ad esempio, dal momento che lo scorso anno la Biennale romana è saltata e che l’organizzatore tradizionale, Cesare Lampronti, ci ha detto che non ha alcuna intenzione di ridedicarcisi, tu potresti raccogliere il testimone ?
R: Mah … il mio obiettivo attuale è promuovere l’attività della galleria, seguire i restauri, organizzare eventi, studiare per le pubblicazioni, dialogare con gli altri studiosi, scrivere, cercare gli oggetti e occuparmi delle esposizioni, insomma portarla avanti sotto ogni punto di vista! Direi che in questo momento sono ancora in una fase di costruzione e di slancio verso la mia attività! Però mai dire mai! Diciamo che raccolgo la sfida e aspetto le occasioni favorevoli! Ma per il momento ho già molto da pianificare e sto bene così!
–Ci avviamo alla conclusione della nostra conversazione, ed una domanda tra il personale e il professionale devo portela: dopo un sodalizio durato alcuni anni con Umberto Giacometti, stai cercando altri partner lavorativi?
R: Chissà, magari si potrebbero creare nuovi sodalizi, vedremo! Per il momento ammetto che mi sento meglio da sola e ho trovato nell’ultimo anno un mio equilibrio; mi diverto e paradossalmente faccio meno fatica, per cui vorrei stabilizzarmi in questa situazione! quello che invece spero, è di riuscire a rientrare al più presto nel Tefaf e partecipare alla Biennale di Firenze di quest’anno!
–In effetti, una donna, per di più giovane e bella … ti dovrebbero stendere un tappeto rosso.
R: Io ci spero; i colleghi mi conoscono e sanno come lavoro; spero che nel tempo la fiducia nei miei confronti venga sempre più riconfermata!
–Ed ora cosa ti riprometti? Cosa c’è nel tuo futuro prossimo?
R: Innanzitutto, organizzare alcune mostre in galleria: una sulla Roma di Baglione, l’altra su Giaquinto, e poi, come ti dicevo, rientrare a Maastricht e nelle grandi fiere internazionali, proprio grazie alle mie competenze nel campo della pittura antica. Mi piacerebbe anche riprendere a scrivere come storica dell’arte del Seicento, e poi vorrei fare un catalogo delle mie opere per il primo anno della Galleria, in tempo per la Biennale di Firenze. Nel frattempo ho preparato dei cofanetti con le cartoline dei mei dipinti che hanno avuto un bel successo a Modena! Come quelle che si trovano nelle Boutique dei musei! insomma una cosa moderna col gusto dell’antico: quello che ci vuole nel nostro lavoro, e che rispecchia poi come mi sento anche come persona! Infine, col tempo, una nuova monografia dopo quella su Andrea De Leone….. ma non ti “spoilero” nulla, come direbbero le mie figlie … magari Lo scoprirai da Instagram.
P d L Roma marzo 2019