L’apostola peccatrice che sognò i sogni di Dio Bergoglio, o la wild card della pura fede davanti allo scandalo della guerra

di Chiara GRAZIANI

C’è una parola ricorrente nella catechesi del Papa dell’ultima settimana, la parola “sogno” tanto cara alla narrativa di Papa Francesco che da sempre assegna agli anziani il privilegio dei sogni (ed ai giovani la responsabilità di “fare rumore”).

Con il Giubileo della speranza l’anziano papa ha voluto introdurre l’udienza giubilare del sabato oltre a quella generale del mercoledì. Una fatica in più alla quale si dedica per ottenere dal tempo tutto il possibile in giorni in cui il mondo rotola, istante dopo istante, verso  una catastrofica fusione globale dei conflitti. La più macroscopica delle evidenze è l’implodere del diritto internazionale come strumento accettato, anche se non sempre onorato nei decenni, di convivenza fra i popoli. La crisi di legittimità di istituzioni nate dopo la seconda guerra mondiale nel sogno della giustizia universale, fa il pari con l’irrompere del ritorno della logica della clava o, se si vuole, del principio base della società feudale: là dove arriva la mia spada, là arrivano i miei confini. Un imperatore ed i suoi satelliti e, come conseguenza,  il degradarsi della cittadinanza delle persone, riportate all’antica sudditanza degli individui già archiviata, almeno per principio, dalla Storia.

L’elenco dei conflitti in corso il Papa lo ripete praticamente ad ogni Angelus. La “martoriata Ucraina”, Palestina, Israele, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Sud Sudan, Colombia, Libano, Siria, Myanmar, nord Kiwu sono al centro di un sotterraneo, disarmato e asimmetrico sforzo diplomatico che rappresenta un unicum nello scenario internazionale, una wild card geopolitica a disposizione di chi voglia usarla.

Ed anche nell’Angelus del 2 febbraio il Papa è tornato a ricordare, indirettamente, l’efficacia della wild card ai governanti, segnatamente a quelli di cultura – se non di fede – cattolica. Non è il primo appello che rivolge ai responsabili delle sorti delle Nazioni, da qualche tempo non manca di richiamare costantemente alla coerenza. L’ha fatto anche all’Angelus del 2 febbraio. Invito, ha detto

“i governanti che si dicono cristiani e cattolici a cercare la via della pace. sempre la guerra è una sconfitta. In questo Anno giubilare rinnovo l’appello, specialmente ai governanti di fede cristiana, affinché si metta il massimo impegno nei negoziati per porre fine a tutti i conflitti in corso”.

Ma non si può non ricordare anche la condanna, come una “follia” della allora semplice richiesta di alzare  al 2% del prodotto interno lordo la spesa in armamenti. Qualche mese è passato e la soglia psicologica del 2% è stata frantumata e digerita  dall’irrompere in scena del neoimperatore Donald J. Trump che ha innescato una bizzarra, e grottesca, battuta d’asta: al momento l’offerta massima per staccare il biglietto della guerra come legittimo guardiano internazionale dei cancelli, l’ha rilanciata il nuovo segretario generale della Nato Mark Rutte che ha valutato le necessità di difesa degli alleati (senza gli States) addirittura all’8% del Pil.

Donald J. Trump
Mark Rutte

Comunque la si veda, vorrebbe dire oggettivamente un mondo che, pur di pagarsi la guerra, non ha quattrini per sanità, istruzione, pensioni, diritti della persona. Senza neppure arrivare all’inimmaginabile 8%, di fatto una cannonata alla luna a scopo intimidatorio.

Di fronte all’apparente inefficacia degli appelli – non risultano pervenuti sforzi particolari di governanti di formazione cristiana se non cattolica che anzi ragionano con disinvoltura sulle tasse dei cittadini da trasformare in altre armi invece che in servizi – il Papa moltiplica la fatica personale; che non può che essere tanta, vista l’età di quello che è anche – e lui non manca di ricordarlo come un dato di fatto – l’ultimo monarca assoluto del Pianeta. Ogni secondo del Pontificato, e soprattutto in questo anno del Giubileo della Speranza che non delude, è dedicato all’assillo esistenziale della pace, nella consapevolezza che i rischi risorgenti sono gravi. Anche in quest’ottica il Papa ha raddoppiato le udienze settimanali, per dilatare gli spazi della catechesi. Sabato c’è stato anche l’inconveniente del bastone che si spezza, senza conseguenze, sotto il peso di Francesco che aveva deciso di presentarsi ai fedeli senza la carrozzella (per la cronaca il Papa non ha fatto una piega).

Eppure non si trova una parola “politica”, nel senso accettato del termine, nell’insegnamento del Papa. Il Papa ci parla di sogni. I sogni di Dio che entrano nella Storia se qualcuno sa farli propri.

Mercoledì, all’udienza generale, ha ricordato Giuseppe, sposo di Maria, uomo giusto e uomo di sogni (come il Giuseppe figlio di Giacobbe).  Un sogno gli rivelò che nella gravidanza di Maria c’era la speranza del mondo e non una vergogna;un sogno della Provvidenza messo nelle mani di un uomo, dopo che l’Annunciazione l’aveva affidato al grembo di una donna.  Anche nell’udienza giubilare di sabato il papa ha parlato di sogni capaci di incidere nella realtà, di portare cambiamenti ogni volta che li si contempla. Maria Maddalena è l’esempio:

“La misericordia l’ha riportata nei sogni di Dio e ha dato nuove mete al suo cammino…ognuno può dire: io ho un posto, io sono una missione! Pensate questo: qual è il mio posto? Qual è la missione che il Signore mi dà? Che questo pensiero ci aiuti a prendere un atteggiamento coraggioso nella vita”.

Anche il richiamo al coraggio, soprattutto nelle ultime settimane, è continuo e non casuale. Senza coraggio non c’è neppure speranza. Non c’è Maria Maddalena, la peccatrice salvata che “la tradizione ha chiamato Apostola degli Apostoli”. Un’apostola che ebbe il coraggio che mancò ai maschi, Pietro incluso, di sfidare il sinedrio recandosi alla tomba di Gesù.

Un linguaggio duro a capire, categorie profetiche troppo più sottili dell’alfabeto elementare della propaganda di guerra che non ammette analisi. Il Papa, questo Papa, sembra non essere in sintonia con il linguaggio, sedicente realista, delle cancellerie internazionali. Il Papa, verrebbe da dire, è a tutti gli effetti una wild card. Non si può non tenerne conto ma non lo si può ricondurre alle logiche generali della mediazione.  Dopo anni che lo osserviamo siamo sempre più convinti che il suo segreto sia quello che moltissimi, vicini e lontani, stentano a capire (forse per mancanza di strumenti). George Mario Bergoglio, Francesco, è totalmente e realmente affidato, come un bambino, alla speranza che propone agli altri. Cristo “salvezza, luce e segno di contraddizione”, come ha detto all’Agelus. Non ha alcun timore del futuro, i bastoni che si spezzano non lo turbano. Ci si creda o no, Francesco ha scelto di camminare nel sogno di Dio ed è totalmente imprevedibile per chi pratica altre logiche. Ci offre la sua wild card. Siamo certi che sia la più irrazionale?

Chiara GRAZIANI  Roma 2 Febbraio 2025