di Nica FIORI
Quando si parla della via Appia Antica, si tende a trascurare il fatto che il suo attuale aspetto, con l’inserimento lungo il percorso archeologico di pini e cipressi, che tanto hanno contribuito al suo successo turistico, è novecentesco. Fu, in effetti, all’inizio del XX secolo che il piano regolatore di Edmondo Saint Just e del sindaco Ernesto Nathan (1909) concorse con il mito della Romanità all’invenzione dell’Appia, divenuta Antica per contrapporla all’Appia Nuova (aperta da Gregorio XIII nel 1574, perché l’antica via consolare aveva ormai perso la sua funzionalità). Prima del suo risanamento, la campagna dalle vestigia monumentali, percorsa in parte dai viaggiatori del Grand Tour, era paludosa e solo pochi contadini e pastori si avventuravano tra i suoi ruderi, come ci mostra l’iconografia sette-ottocentesca.
Per porre in luce la storia recente della via è stata ideata la mostra L’Appia è moderna, che si tiene fino al 13 ottobre 2024 presso il casale di Santa Maria Nova, nel Parco Archeologico dell’Appia Antica.
L’esposizione, a cura di Claudia Conforti, Roberto Dulio, Simone Quilici, Ilaria Sgarbozza, è promossa dal Parco Archeologico dell’Appia Antica e dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, con l’organizzazione di Electa, che ha edito il catalogo. Dipinti, fotografie, illustrazioni, manifesti pubblicitari, progetti architettonici e documenti d’archivio restituiscono in sei sezioni la vitalità di un secolo che ha fortemente ridisegnato l’antica via, come parte vivente della città contemporanea e non solo testimonianza di un lontano passato.
Come ha dichiarato l’architetto Claudia Conforti, “La mostra celebra, o si augura di celebrare, la fine dell’antagonismo tra Appia antica e moderna”.
Sono passati, in effetti, settanta anni dalle doverose opposizioni a un uso spregiudicato dell’Appia, la cui situazione è stata disciplinata intorno al 1965. Pensiamo a tutte le battaglie (condotte in particolare da Antonio Cederna) per la salvaguardia del suo patrimonio archeologico e paesaggistico, la cui integrità rischiava di essere dispersa quando la via, negli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, è stata invasa dal traffico automobilistico. Ricordiamo, inoltre, che solo negli anni ‘90 è stato eseguito un restauro che ha restituito dignità all’Appia, con l’interramento del Grande Raccordo Anulare che spezzava in due il suo asse stradale.
La Conforti ha ricordato alcune architetture dell’Appia Antica, che partiva da Porta Capena (così detta da Capua, che era la prima meta della via, prolungata poi a Brindisi) e successivamente da Porta San Sebastiano, il cui nome deriva dalle catacombe omonime. La zona dell’Appia era il più grande santuario ipogeo per via delle innumerevoli cave utilizzate per le sepolture dei cristiani, tanto che per facilitarne la visita sul finire del XVII secolo nacque l’Appia Pignatelli (il cui nome è dovuto a Innocenzo XII Pignatelli), che raccordava l’Appia (antica) con la Nuova.
La sezione espositiva dedicata agli “Architetti dell’Appia” evidenzia come nel periodo tra le due guerre Marcello Piacentini, i Busiri Vici, Raffaele De Vico, Enrico Del Debbio abbiano progettato ville sull’Appia, conformandole all’ideologia bucolica e antichizzante imposta dalla normativa.
“Et in Arcadia ego” è il titolo del testo in catalogo dedicato a queste ville, con chiaro riferimento a due celebri dipinti (uno di Guercino e l’altro di Nicolas Poussin) che hanno come tema i pastori d’Arcadia. Non possiamo non ricordare che proprio a Roma alla fine del Seicento nacque l’Accademia dell’Arcadia, i cui letterati si rifacevano alla semplicità pastorale dell’antica Grecia e della Roma arcaica: è forse per questo che alcune iscrizioni poste sulle ville sull’Appia sembrano ispirate a questo gusto bucolico, come “Beata solitudo” al n. 199/B, cui si contrappone al n. 201 “Sola beatitudo”.
Nel secondo dopoguerra altri progettisti prestigiosi e brillanti, tra cui Luigi Moretti, Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti, Lucio Passarelli, Carlo Aymonino hanno sfidato quegli stereotipi tentando di rendere l’Appia più contemporanea.
È in questo periodo che la Regina viarum diventa l’Olimpo dei divi del cinema: piscine moderne e classici ninfei nelle ville degli attori, fotografati sui rotocalchi, accendono l’immaginazione popolare, creando nuovi stereotipi di massa. Essi si attestano come immaginario alternativo, opposto e inconsapevolmente provocatorio rispetto a quello culturale del “più grande museo archeologico a cielo aperto”.
Tra i progetti dell’Appia è ricordato anche quello del Mausoleo o Sacrario delle Fosse Ardeatine, dalla drammatica volumetria che ricorda la tragedia dei 335 martiri della Resistenza, massacrati il 24 marzo del 1944 per rappresaglia ad una azione partigiana che aveva portato all’uccisione di 33 soldati tedeschi in via Rasella. Proprio nel luogo dell’eccidio, presso le cave di pozzolana della via Ardeatina, nel 1949 venne inaugurato il Sacrario, progettato dagli architetti Giuseppe Perugini e Mario Fiorentino con altri collaboratori; a esso si accede da un cancello di bronzo a traforo di spine, simbolo del martirio, dominato da un gruppo di tre figure in travertino dovute a Francesco Coccia.
L’ultimo episodio progettuale è il viadotto di via Cilicia, che supera l’Appia all’altezza del I miglio di fronte a Porta San Sebastiano. Ideato da Sergio Musmeci e ultimato dopo la sua morte nel 1981 da sua moglie Zenaide Zanini, è stato concepito come una sorta di scultura monumentale, che lascia alla vista le antiche rovine.
Non solo l’architettura ma anche le arti figurative – tra verismo, simbolismo e astrazione – hanno lasciato il segno nel racconto moderno di questa parte di città. Sono esposti, tra gli altri, lavori di Giulio Aristide Sartorio, che tra il 1918 e il 1932 visse in via di Porta San Sebastiano, Carlo Socrate e Mimì Quilici Buzzacchi, Duilio Cambellotti, Francesco Trombadori.
In mostra anche i fotogrammi inediti dell’Appia estrapolati da una pellicola cinematografica del 1930 ca. di Mariano Fortuny, che ci rivelano lo sguardo dell’artista sulla Via Appia Antica. Al 1957 risale l’inaugurazione della galleria “Appia Antica” di Emilio Villa, all’interno di un complesso edilizio che comprendeva anche una fornace per ceramica. Tra gli artisti che vennero lanciati si ricordano, tra gli altri, Mario Schifano e Piero Manzoni.
Tra le opere degli artisti contemporanei, ci colpiscono quelle di Massimo Catalani, in particolare Punti cospicui per reti neurali (2023, Collezione privata, Roma), che mostra il Mausoleo di Cecilia Metella con un colore rosso vivo.
Una sezione mette in luce la permanenza della “pregnanza pop” dell’Appia che si manifesta, a distanza di decenni, nel cinema (dall’episodio Latin Lover di Francesco Indovina nel film I tre volti, ai notissimi La dolce vita di Federico Fellini e La grande bellezza di Paolo Sorrentino), nei fumetti (sono in mostra due numeri di Topolino che utilizzano l’Appia come scenario) e nella pubblicità, come quella della Lancia Appia berlina, i cui pregi ricalcano quelli della prestigiosa via.
Sono in mostra anche dei manifesti relativi a circuiti e raduni automobilistici.
In occasione di questa mostra è stato chiesto a Francesco Jodice di portare il suo sguardo sulla Via Appia: otto sono le fotografie esposte che ne offrono il personale racconto, dalla Villa dei Quintili (in bianco e nero, ma con un cielo rosso) alla piscina della villa De Laurentiis-Mangano, progettata da Michele Busiri Vici, dall’iscrizione dedicatoria a Cecilia Metella a quella moderna con versi frammentari (dalla canzone “Spirto gentil” di Petrarca) in via di Porta San Sebastiano.
Significativa come testimonianza dell’evoluzione del paesaggio urbano dell’Appia appare la sede espositiva, ovvero il Casale di Santa Maria Nova, un edificio medievale sorto su precedenti strutture romane e ristrutturato dall’architetto Luigi Moretti nel 1950 per conto del proprietario di allora. Il nome non deve trarre in inganno, perché non c’è nessuna chiesa e il riferimento è ai monaci Olivetani di Santa Maria Nova (ora basilica di Santa Francesca Romana) nel Foro Romano, che acquistarono la tenuta sull’Appia in epoca medievale.
Il casale ospita in contemporanea al pianterreno la mostra “Patrimonium Appiae. Depositi emersi”, della quale si consiglia vivamente la visita, se non altro per ammirare l’imponente statua marmorea di uno sconosciuto raffigurato come Ercole, rinvenuta nel 2023 ed esposta subito dopo alle Terme di Diocleziano nella grande mostra “L’istante e l’eternità”.
Nica FIORI Roma 26 Maggio 2024
“L’Appia è moderna”
Dal 18 maggio al 13 ottobre 2024
Casale di Santa Maria Nova, via Appia Antica, n. 251
Orari: aprile / settembre: 9,00 – 19,15, ottobre: 9,00 – 18,30
Costo del biglietto: La mostra è inclusa nel biglietto combinato 4 siti (8€), nel biglietto cumulativo settimanale (12€) e con la Mia Appia Card (25€)
Sito ufficiale: http://www.parcoarcheologicoappiaantica.it