di Simone LUCCICHENTI
Il neo razionalismo europeo, un linguaggio comune in una Europa divisa.
La retorica creativa del periodo decostruttivista di cui la mia generazione di architetti si è impregnata, ha mostrato da tempo i suoi limiti nell’incapacità di formare una cultura condivisa e una vera ipotesi di futuro plausibile.
L’ideale di dottrina autonoma proprio del progetto decostruttivista si mostrò a suo tempo come una rivendicazione anarchica di libertà che dispensava tutti noi dal prendere posizione nella realtà della professione del costruire. Come ogni ciclo innovativo ha attraversato fasi entusiasmanti e altre deludenti; penso comunque di poter dire che gli anni universitari in quel contesto culturale ci hanno lasciato un forte spirito critico e un vasto vocabolario senza tabù.
Questa produzione architettonica stanca ma in parte ancora dominante, esaurita ogni vitalità si rivela oggi in tutta la sua inadeguatezza a formulare scenari futuribili, continuando al contrario a proporre una dittatura dell’eterno presente .
La tendenza dell’architettura a diventare moda, puro gesto formale, è uno dei caratteri più deteriori del nostro tempo. Un meccanismo questo derivato in parte dal dominio tardo capitalista della cultura che tende alla mercificazione di tutta la scena artistica.
In questo frammentato contesto una tendenza inversa che mira alla restaurazione di una architettura propriamente europea è ora in una fase matura e ci permette di apprezzarne le qualità.
Una prima generazione di neo razionalisti cominciò a formarsi nei primi anni 70 con Oswald Mathias Ungers, seguito tra gli altri da Hans Kollhof, Giorgio Grassi e Max Dudler. Si restaura cosi l’asse italo –svizzero tedesco, da sempre fertile bacino di progetti dal forte tratto materico, quasi a sottolineare una funzione ancora legata alla tipologia dell’edificio autonomo, tra il palazzo e la fortezza.
Ancora una volta è il ciclico superamento del passato che rafforza e condensa la coscienza storica europea, l’idea di progresso si basa sempre su un forte riconoscimento del passato come “database” di possibili scenari futuri e come laboratorio di maturazione e sperimentazione.
Una seconda generazione dall’approccio più libero ma sempre legato linguaggio razionale è da circa 20 anni a lavoro con un passo lento ma costante soprattutto in Inghilterra ed in Svizzera. Adam Caruso è forse il più riconosciuto di un gruppo che include altri come gli studi Sergison Bates e Duggan Morris la cui profonda comprensione della città storica è il punto di partenza per qualsiasi progetto.
“Architettura come continuità” è la base che accomuna la loro disciplina con quella dei maestri del razionalismo . Il rifiuto del costruire come operazione mediatica e la restaurazione di una modernità che non sia per forza sinonimo di “modernismo”, sono alcuni elementi di interesse messi in campo da questa generazione di architetti.
Nei loro studi la concentrazione è massima quando si parla di qualità costruttiva e si indaga il mondo dell’ornamento nella sua veste più autentica, quella di supporto espressivo del progetto.
Le loro qualità sono quelle di architetti manieristi che operano sulle orme di maestri sempre piu’ spesso italiani, avvolte dimenticati come Mario Asnago e Claudio Vender frequentemente citati nei loro progetti.
Questi pionieri del razionalismo minimale, sin dai primi anni 30 senza alcuna esposizione mediatica hanno dato a Milano una dignità moderna in sintonia con la storia in grado di elevare l’edilizia ordinaria e renderla architettura.
I loro progetti sono fatti di piccoli gesti e lievi asimmetrie, impostati su una griglia razionale dal funzionamento impeccabile. Una espressività quasi bidimensionale che rafforza l’inatteso legame tra pittura e architettura, entrambe materie praticate da Mario Asnago in particolare. Una architettura grafica in cui l’astrazione del progetto si esprime silenziosamente in uno stile propriamente borghese.
Le loro scelte compositive sembrano definire brani di città sospesi quasi metafisici, in attesa di essere animati dall’uomo, scopo ultimo del progetto architettonico.
Sono questi i principi che tornano ad essere la ricetta per i contesti urbani del vecchio continente.
La città Europea, densa di tensioni tra antico e moderno si dimostra sempre più come un prodotto straordinario della creatività umana. Un luogo dove un eterno antagonismo tra conservazione e stratificazione dà vita ad una energia vitale in bilico costante tra successo e oblio. Nell’era dell’inarrestabile espansione urbana in Asia, l’Europa si pone come l’unico vero modello sostenibile perchè inclusivo, diversificato e conservativo allo stesso tempo.
Simone LUCCICHENTI , Londra 2 / 3 / 2018
Didascalie fotografiche:
-1 : Giorgio Grassi , Isola artificiale a Groningen ,Paesi Bassi .1987
-2 : Max Dudler , Complesso uffici a Lübeck , Germania. 2015
-3 : Studio Daggan Morris , Monmouth House , Londra 2015
– 4 : studio Caruso St John, Complesso residenziale , Zurigo . 2015
– 5: studio Asnago Vender, Edificio per abitazioni in via Plutarco, Milano 1948.
-6: studio Asnago Vender , Edificio per abitazioni in via Ruffini ,Milano, 1954