L’arte dei papi da Perugino a Barocci. La mostra a Castel Sant’Angelo realizzata per il Giubileo 2025 (fino al 31 agosto).

di Nica FIORI

Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

Questa frase evangelica, espressa sulla tela da Carlo Sapelli nell’opera Il tributo (1819), scelta come immagine guida della mostra “L’arte dei papi da Perugino a Barocci”, ospitata a Castel Sant’Angelo, esprime pienamente l’antitesi tra spiritualità e potere, che nel papato in realtà si è fusa in una sintesi. Che cos’è stato il papa per secoli se non il nuovo Cesare della cristianità, il sovrano assoluto dello Stato della Chiesa che ha reso Roma una città piena di opere d’arte? E lo stesso Castel Sant’Angelo, che da mausoleo imperiale è stato trasformato in fortezza papale (fastosa dimora dei pontefici, ma anche carcere e luogo di pena capitale), non è forse un emblematico esempio del potere dei papi e allo stesso tempo della tensione verso Dio, simboleggiata dal suo arcangelo Michele?

Al di là di questa considerazione, la mostra, ideata dal Centro Europeo per il Turismo e la Cultura, presieduto da Giuseppe Lepore, in collaborazione con Castel Sant’Angelo, diretto da Massimo Osanna, e con il patrocinio del Dicastero per l’Evangelizzazione Giubileo 2025, presieduto dall’arcivescovo Rino Fisichella, sembra pensata ad hoc per i pellegrini dell’attuale Giubileo, posto da papa Francesco sotto il segno della Speranza.

1 Presentazione della mostra

L’anno giubilare, che si ripete ciclicamente ogni 25 anni, può essere inteso come un itinerario spirituale in una città che sogna ogni volta di rinascere “santa”. Se lo percorriamo, partecipando con il cuore e con la mente, riviviamo le emozioni di una storia che si ripete, ma non si esaurisce nella ripetizione, proprio come la stessa arte sacra, basata sul desiderio di esaltare la bellezza, la memoria e la tradizione cristiana. Le scene e i personaggi raffigurati risultano dai testi sacri, ma l’artista, che non li ha mai visti, li crea, ispirato dalla sua fede. E altri, dopo il primo, li ripetono all’infinito: anche se lo stile cambia nei secoli, non cambia il significato.

Ed ecco che queste immagini appaiono come se fossero reali davanti ai nostri occhi e noi non possiamo che pensare: questo è Cristo, questa è la Madonna, questi sono i Santi, questi sono gli Angeli, perché riconosciamo i loro volti, i loro atteggiamenti, i loro simboli.

Allo stesso tempo le opere selezionate per questa mostra, ben 38, narrano i sogni e le aspirazioni dell’essere umano nel riconoscere la sacralità della vita. Raccontano con un linguaggio diretto e universale

storie di fede, speranza, redenzione e perdono, ma anche di dolore e sacrificio, in un dialogo profondo tra l’uomo e il divino”,

come afferma Massimo Osanna nella sua presentazione.

La mostra, a cura dello scrittore e professore Arnaldo Colasanti, in collaborazione con Annamaria Bava, direttrice della Galleria Sabauda di Torino

“vuole oltrepassare i confini della storia dell’arte, offrendo un viaggio spirituale attorno alla bellezza come riscoperta del senso della vita”,

e lo fa con un criterio tematico e non cronologico.

2 Allestimento mostra L’arte dei papi.

Quanto al titolo, che evidenzia i nomi di due grandi pittori come Perugino e Barocci, potrebbe forse trarre in inganno i visitatori, spinti a credere che dal Rinascimento si arrivi al primo Seicento, mentre in realtà sono presenti anche opere degli artisti contemporanei Bruno Ceccobelli, Giuseppe Salvatori, Luigi Stoisa e Giorgio Di Giorgio (morto nel 2024), a dimostrazione della vitalità dell’arte sacra ai nostri giorni.

Tra i nomi di artisti famosi troviamo Andrea del Sarto, Jacopo Bassano, Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, il Cavalier d’Arpino, Annibale Carracci, Pietro da Cortona, Battistello Caracciolo, Pompeo Batoni, Anton Raphael Mengs, mentre altri sono meno noti, ma hanno comunque realizzato opere interessanti, a partire proprio dal Cristo della moneta (Il tributo) di Sapelli, un olio su tela di grandi dimensioni proveniente dai Musei Reali di Torino, che, pur essendo ottocentesco, ricorda la pittura del Seicento e ci incanta per i significativi gesti delle mani.

3-Carlo Sapelli Il Tributo inv. 804 Musei Reali Galleria Sabauda Torino

Nel percorso espositivo facciamo la conoscenza con alcuni papi, che sono stati anche mecenati d’arte, in particolare Sisto V, ritratto da un anonimo verso la fine del XVI secolo, Clemente IX, splendidamente ritratto da Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio (1667-69), Pio VI in un bellissimo olio di Pompeo Batoni (1775), Benedetto XIV, ritratto da Agostino Masucci (1740-58) e Pio VII ritratto da un anonimo nel 1804. Sono stati pontefici come questi (e ovviamente molti altri) a comprendere il valore delle immagini come strumenti di fede e di governo, di propaganda temporale e spirituale, arrivando anche alla ridefinizione architettonica della città, come nel caso di Sisto V (uno dei protagonisti della mostra Papi e Santi marchigiani a Castel Sant’Angelo, da poco conclusa), che in soli cinque anni (1585-1590) ha trasformato l’aspetto di Roma, coadiuvato dal suo architetto Domenico Fontana, tanto che è stata coniata l’espressione “Roma Sistina”, per indicare i rettifili e gli snodi viari, con le visuali sulle cupole e sugli obelischi da lui fatti innalzare e consacrati a Cristo, dopo l’abbandono in cui versavano durante il Medioevo.

4 Esposizione dei Ritratti dei papi

L’infanzia spirituale. Il volto della Vergine Maria” è il tema della prima sezione, che si sviluppa in una delle sale dette di Clemente VIII Aldobrandini. Saltano subito agli occhi quattro tavole di Benedetto Bonfigli, raffiguranti Angeli che offrono vassoi con rose (tempera su tavola, 1465-66, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria).

Come scrive Colasanti con il suo linguaggio poetico, queste tempere “sono state mescolate dalle carezze” e in effetti si tratta di immagini dolcissime e nella loro offerta floreale sembra di cogliere il profumo delle rose che si addicono tanto alla Madonna, quanto al Bambin Gesù. Quel Bambinello che appare addormentato nell’Adorazione dei pastori di Luigi Crespi (1742) e in una Sacra Famiglia del Sassoferrato, databile al 1660-70, mentre ha un cardellino in mano (simbolo della futura Passione) nella Madonna con il Bambino, San Giuseppe e San Pietro Martire di Andrea del Sarto (XVI secolo), e un fiore in mano nella tela di Federico Barocci, detta Madonna di San Giovanni (1564-65 ca.).

5 Benedetto Bonfigli – Angeli che offrono rose, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
6 Allestimento sezione L’infanzia spirituale

Il curatore vede in queste opere “la gioia dell’esser famiglia”, che si ritrova anche nell’opera di Giovan Girolamo Savoldo Adorazione del Bambino con San Girolamo e San Francesco (olio su tela, 1525 ca. Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda). A prima vista questa tela potrebbe essere scambiata per una Sacra Famiglia, ma la figura a sinistra è in realtà san Girolamo (il Padre della Chiesa traduttore della Bibbia, vissuto tra il 347 e il 420), riconoscibile dall’abbigliamento da asceta (anche se mancano il consueto leone e il cappello cardinalizio, che ci saremmo aspettati di trovare), raffigurato mentre solleva un panno verde, come per svelare il Bambino davanti a san Francesco. Il suo accostamento a Gesù può essere spiegato dal fatto che Girolamo trascorse gli ultimi 34 anni della sua vita a Betlemme e si fece seppellire vicino alla Grotta della Natività. In seguito le sue spoglie furono portate a Roma, nella basilica di Santa Maria Maggiore, per riposare vicino alla reliquia della culla di Gesù.

7 G. Savoldo, Adorazione del Bambino con i santi Francesco e Girolamo, 1525 ca. Torino Galleria Sabauda

Il gesto del santo, che guarda verso lo spettatore, suggerisce un messaggio religioso, allusivo alla Rivelazione, ma per il visitatore della mostra un’opera come questa può rappresentare semplicemente un momento di stupore e di estatico raccoglimento, che solo l’arte sa offrire.

La scuola del perdono. Visioni dell’amato innamorato” è il capitolo successivo ispirato da Il perdono di Assisi (1575 circa) di Barocci, dalla Galleria Nazionale delle Marche, che è il bozzetto dell’opera poi realizzata per la chiesa di San Francesco. In questo dipinto ci colpisce la particolare postura di san Francesco, inginocchiato in preghiera e con lo sguardo rivolto in alto verso Cristo.  Tra le visioni troviamo L’Eterno benedicente di Perugino (cimasa del polittico di Sant’Agostino 1513- 1523) racchiuso in una mandorla formata da testine angeliche, la secentesca Trinità di Pietro da Cortona, la Visione di Giacobbe (con la scala che conduce al Paradiso), attribuita a Cristofano Allori e databile al 1595-1605, e Il miracolo di Bolsena di Francesco Trevisani (XVIII secolo, Roma, Accademia Nazionale di San Luca).

8 Sezione Visioni dell’amato innamorato
9 Alestimento con a destra la Trinità di Pietro da Cortona
10 Francesco Trevisani, Miracolo di Bolsena

Nella sezione “Le donne del cuore cristiano. Il dolore, la povertà e la speranza” ci accolgono l’Annunziata di Carlo Maratti (olio su rame, XVII secolo), la Maddalena, raffigurata in due tele, una di Giovanni Baglione caratterizzata dalle lacrime che scendono lungo la guancia (XVII secolo) e l’altra, meno patetica, di Mengs (XVIII secolo), e il grande Martirio di santa Martina di Pietro da Cortona e collaboratori (olio su tela, 1660 ca. Roma, Accademia Nazionale di San Luca), che appare scenograficamente collocato nella Sala di Apollo.

11 Sezione Le donne del cuore cristiano
12 Allestimento del Martirio di Santa Martina nella Sala di Apollo
13 Bruno Ceccobelli Omaggio a Grünewald

Il dolore si trasforma in dramma realistico nella Deposizione (olio su rame, XVI secolo) di Annibale Carracci, prosegue nella Strage degli innocenti di Sébastien Bourdon (1650 ca. Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda), ambientata in un paesaggio che ricorda Roma (e in particolare la Piramide Cestia), più che la Palestina, e si conclude nella Pietas naturalis. Omaggio a Grünewald (recto e verso, tecnica mista su tavole, 2020) di Bruno Ceccobelli, il cui riferimento è alla terrificante Crocifissione del Polittico di Isenheim (1512-15) di Matthias Grünewald, conservato a Colmar (Francia).

Il secentesco dipinto di Giovanni Baglione Cristo lava i piedi agli apostoli ci parla, invece, di umiltà. L’autorità del maestro sembra quasi messa in discussione da quell’umile gesto, che può apparire alquanto strano. Potrà il mondo, sembra dirsi la gente, vivere al contrario, negando la gerarchia tra chi dovrebbe essere onorato e coloro che, invece, sono certamente inferiori?

Come si legge in un pannello esposto nella sala:

È come se al pittore fosse stato concesso il privilegio massimo per un artista: capire quello che accade nella realtà; incontrare sulle proprie pupille l’evento, percependone la radicalità dell’attimo eterno. Il quadro è molto altro che una pagina evangelica. Svela che la pittura, quando vera, è sempre un esercizio di conoscenza della nostra verità di uomini”.

L’ultima sezione, intitolata “La Sapienza dei santi. L’arte dei papi” conclude il percorso espositivo con altri dipinti poco noti, tra cui San Gregorio Magno con un angelo del caravaggesco Battistello Caracciolo (XVII secolo, Collezione privata) e il settecentesco San Tommaso in preghiera di Tommaso Chiari, raffigurato con gli attributi del suo martirio, e con i già citati ritratti dei pontefici, raccolti nella Sala della Giustizia.

14 Clemente IX e Benedetto XIV

Un punto di forza di questa mostra è il fatto che abbiano collaborato al progetto molti istituti nazionali del Ministero della Cultura, quali le Gallerie Nazionali Barberini Corsini, la Galleria Nazionale dell’Umbria, la Galleria Nazionale delle Marche e i Musei Reali di Torino, oltre all’Accademia Nazionale di San Luca e ad alcune istituzioni comunali quali il Museo della Città civico diocesano di Acquapendente, portando alla conoscenza soprattutto opere provenienti dai depositi, e quindi raramente esposte al pubblico.

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Silvana editoriale, che presenta testi istituzionali e alcuni saggi, ma non le schede di approfondimento delle singole opere.

Nica FIORI  Roma 9 Marzo 2025

L’arte dei papi da Perugino a Barocci

Castel Sant’Angelo Roma, Lungotevere Castello 50

Orari: dal martedì alla domenica, dalle ore 9.00 alle ore 19.30 (ultimo ingresso ore 18.30).

Chiuso il lunedì.

Biglietti e tariffe: intero € 16,00; ridotto € 2,00 (18-25 anni); gratuità di legge

Biglietti acquistabili in loco oppure online https://www.museiitaliani.it/acquista-biglietto

Il biglietto include l’ingresso a Castel Sant’Angelo e alla mostra

info@centroeuropeoturismo.it