di Claudio LISTANTI
Un Festival NON da tre soldi.
Questo è il titolo dei concerti d’estate organizzati dall’Associazione InCanto di Terni, istituzione presieduta da Carlo Podestà e diretta artisticamente da Fabio Maestri che ha ravvivato l’estate culturale del territorio ternano proponendo interessanti appuntamenti musicali nei chiostri di Collescipoli, Amelia e San Gemini per una rassegna che ha l’incontrovertibile significato di essere un positivo segnale che auspichi una ripartenza che giunga fino al ritorno a quella ‘normalità’ che la tragedia sanitaria che stiamo vivendo ha interrotto repentinamente ma per la quale ci sono già discreti segni di miglioramento che lasciano ben sperare.
Come il nostro lettore sicuramente noterà il titolo di questo ‘festival’ rimanda ad una delle composizioni musicali più importanti di tutta la storia della musica, l’Opera da tre soldi di Brecht-Weill, un titolo che ci fa sicuramente comprendere come le intenzioni degli organizzatori siano state rivolte a dare una importanza alla valenza qualitativa del programma proposto nel quale è anche contenuto un evidente approfondimento dell’arte musicale di Kurt Weill.
Una iniziativa del tutto lodevole perché ci ha consentito di assistere ad una sorta di ‘festival nel festival’ che ha permesso al pubblico di conoscere una parte importante delle composizioni di Kurt Weill, musicisti tra i più significativi di tutto il ‘900 musicale europeo.
A questo tema sono stati dedicati quattro concerti che sono partiti il 27 agosto con una versione ridotta dell’Opera da tre soldi, Kleine Dreigroschenmusik (Piccola musica da tre soldi) eseguita dalla formazione giovanile Filarmonica Sabina Foronovana e diretta da Lorenzo Rosati con la partecipazione del soprano Lucia Filaci.
Il 31 agosto a San Gemini c’è stata la serata più significativa per questa iniziativa musicale con due concerti molto applauditi per i loro contenuti particolarmente stimolanti.
Al primo, intitolato Quanti denti ha il pescecane? Con sottotitolo Storie di mendicanti, pirati e cannoni, hanno partecipato la pianista Silvia Paparelli e la cantante Lucilla Galeazzi proponendo una sorta di lezione-concerto utile per approfondire l’importanza musicale e storica dell’Opera da tre soldi.
A condurre il discorso è stata la stessa Silvia Paparelli che oltre ad essere pianista è anche valente musicologa e insegnate di Storia della Musica. Ha messo in risalto i valori ‘innovativi’ di questo tema che prende le origini fin dal 1728 con la Beggar’s Opera (Opera del mendicante) una satira socio-politica di quel momento storico, ambientata nei bassifondi di Londra con la quale l’autore John Gay prese di mira gli aristocratici raffigurati alla stessa stregua di delinquenti e ladri che agiscono tra rapine, tradimenti, prostituzione e delitti vari per una storia plasmata dalla musica, di carattere ‘italiano’ del compositore Johann Christoph Pepusch.
Duecento anni dopo, nel 1928, Bertolt Brecht rimasto affascinato dal contenuto innovativo del capolavoro di Gay/Pepusch lo prese a modello ambientando la sua Die Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi) nell’epoca vittoriana ed evidenziando anche che tutti i mali in esso rappresentati sono i medesimi di due secoli prima. Per questo testo, e per la sua affermazione, contribuì in maniera determinate la musica di Kurt Weill che seppe produrre una partitura di stampo certamente popolare, ben comprensibile a tutti, ma di grande pregio musicale, per la sapiente orchestrazione e per il discorso musicale che appare sempre incisivo e straordinariamente coinvolgente.
Era il 1928, il capitalismo tedesco stava riprendendo la sua predominanza dopo lo shock della Prima Guerra Mondiale ed il nazismo avanzava a grandi passi verso la nuova barbarie che ha sconvolto il ‘900. I contenuti dell’Opera da tre soldi confliggevano con questa nuova ideologia imperante e l’opera, assieme ad altre, furono vietate e Brecht-Weill costretti ad abbandonare il loro paese. Nessuno, però, riuscì a tacitare lo ‘spirito’ di questa opera che mantiene tuttora i suoi valori politici ed economici di critica sociale.
Il programma scelto per la serata è risultato del tutto funzionale ad esplicare l’importanza musicale e storica dell’Opera da tre soldi. Buona parte dei brani proposti proveniva da questo grande capolavoro: la Canzone di Re Salomone, La ballata di Mackie Messer, Jenny dei pirati, Ballata del macrò. Ad essi sono stati aggiunti un famosissimo brano da Happy End, Surabaya Johnny, e due delizie pianistiche, la versione per piano solo di Liebeslied la canzone d’amore tratta dal primo atto dell’Opera da tre soldi e un brano del 1935 di Hanns Eisler, Suite per pianoforte.
L’esecuzione è stata in linea con le caratteristiche di lezione-concerto grazie a Silvia Paparelli ed al suo testo particolarmente efficace nell’esposizione della parte storica così come nell’accompagnamento musicale al pianoforte. Per la parte vocale apprezzabile è stata l’interpretazione di Lucilla Galeazzi cantante specializzata nel repertorio popolare, che si esibisce spesso in concerti dal vivo ai quali alterna anche il ruolo di protagonista di stage di canto. È in possesso di una vocalità senza dubbio adatta all’interpretazione delle opere di Kurt Weill il cui canto è rivolto soprattutto all’espressività per valorizzare momenti e situazioni, doti che le hanno consentito di emergere nel concerto. Il pubblico ha applaudito a lungo al termine e le due interpreti hanno ringraziato con due bis, Barbara Song (Canzone di Barbara) sempre dall’Opera da tre soldi ed un canto operaio Semo de Centurini (o Cinturini), canto delle lavoratrici dello iutificio Centurini di Terni che è stato un po’ il suggello ideale a questo concerto in quanto lo si può considerare un avvicinamento all’elemento popolare sempre presente in Weill.
Nella stessa serata, subito dopo questo concerto che abbiamo recensito, c’era la punta di diamante di Un Festival NON da tre soldi, vale a dire l’esecuzione della prima opera musicale di Kurt Weill il balletto-pantomima per bambini Zaubernacht (Notte magica) per voce e piccola orchestra.
Si tratta della prima composizione di Weill allora ventiduenne. Fu rappresentata per la prima volta il 18 novembre del 1922 al Theater am Kurfürstendamm di Berlino. Lo spettacolo, che ebbe buone recensioni, era diretto da George Weller e per la parte visiva ci furono le scene di Wladimir Boritsch e la regia di Franz-Ludwig Hörth. Qualche tempo dopo, nel 1925, ci fu la prima esecuzione negli Stati Uniti, A New York, ma in una diversa produzione che aveva la scenografia affidata a Boris Anisfeld e la coreografia a Michio Ito.
L’esecuzione ascoltata è stata la prima italiana dell’edizione critica definitiva di Zaubernacht.
Zaubernacht narra la storia di un gruppo di bambini che si trovano nella loro camera dopo che gli adulti sono usciti. Appare la Fata dei giocattoli che con una magia riesce a dare vita ai loro giocattoli. Sognano, e interagiscono con i giocattoli provando divertimento ma anche spavento. Affrontano poi i personaggi usciti da un libro di fiabe tra i quali c’è la presenza di una strega. Quando l’orologio segna le sei la magia finisce. Gli adulti ritornano a casa e i libri di fiabe con tutti i personaggi allo stato originale.
Il punto di interesse principale di questa riproposta è senza dubbio quello di capire come si colloca la composizione nell’ambito della produzione del musicista, considerando i suoi ventidue anni, e a quale solco appartiene nell’ambito della musica europea di quegli anni. Senza dubbio si possono riconoscere alcuni tratti della poetica musicale di Ferruccio Busoni che, dopo i primi insegnamenti che Weill ricevette a Berlino ed alle conseguenti lezioni di contrappunto di Philipp Jarnach, furono proprio le masterclass del compositore italiano ad influenzare la sua personalità di musicista.
In Zaubernacht certamente non si incontra il Weill maturo ma nelle sue sonorità si può scorgere quella sensazione che si può dedurre anche ascoltando il Busoni sinfonico orientato verso la ricerca dell’innovazione, del quale il musicista italiano era certamente propugnatore, pur rispettando i valori della tradizione. Un elemento questo che si può rinvenire anche nei grandi capolavori di Weill.
Zaubernach prevede l’utilizzo di una piccola orchestra i cui ruoli qui a San Gemini sono stati affidati agli abbili strumentisti dell’Ensemble InCanto formato da Vincenzo Bolognese violino I, Anna Chulkina violino II, Lorenzo Rundo viola, Michele Chiapperino violoncello, Franco Fraioli contrabasso, Fabio Colajanni flauto e ottavino, Andrea Corsi fagotto, Giulio Calandri percussioni e Silvia Paparelli pianoforte.
Per quanto riguarda la realizzazione scenica è stata scelta la via dell’esecuzione in forma di concerto sostituendo gli interventi pantomimici e coreutici con la proiezione di alcune filastrocche create appositamente per questo spettacolo da Sandra Petrignani che sono riuscite a donare allo spettacolo quel senso di ‘magico’ e di ‘soprannaturale’ indispensabile. La parte vocale, in questa esecuzione, è essenzialmente composta da due lieder collocati, rispettivamente, all’inizio ed alla fine della composizione e rappresentano l’intervento della Fata che ne costituisce il motore di quanto avviene sulla scena. Il soprano Patrizia Polia ha affrontato con sicurezza il ruolo grazie alla sua specializzazione per un tipo di repertorio come questo nel quale l’abbiamo spesso ascoltata.
Infine c’è da ricordare la direzione musicale di Fabio Maestri grazie al quale abbiamo potuto apprezzare questa coinvolgente partitura alla quale ha riservato la consueta cura verso tutti gli elementi dell’esecuzione, colori, timbri e ritmo, riuscendo a dare, anche grazie alla collaborazione di tutti gli interpreti già citati, una prova di ampio respiro musicale e di omogeneità d’insieme.
Il pubblico ha applaudito al lungo al termine di questo concerto che ha concluso una serata davvero di grande interesse che, per motivi di carattere meteorologico, è stata interamente spostata dal Chiostro di San Francesco all’attigua sala teatrale di San Gemini.
Venerdì 3 settembre l’atto definitivo di questo omaggio dedicato a Kurt Weill con un concerto dedicato a quel periodo della vita del musicista che lo ha visto emigrato negli Stati Uniti dove si rifugiò a partire del 1935 per sfuggire alla barbarie nazista che imperversava non solo in Germania ma anche nel resto d’Europa. Fu l’ultimo periodo della sua breve vita che si concluse nel 1950.
Il Chiostro di San Francesco a San Gemini ha ospitato il concerto Kurt Weill & friends on Broadway presentato dalla cantante Lorna Windsor e dal pianista Antonio Ballista.
Il programma prevedeva alcune ‘songs’ di Weill scritte in quel periodo di esilio forzato esponendo un filo conduttore volto a porre in evidenza quanto il musicista tedesco abbia influito sul mondo del musical dell’epoca ottenendo riflessi artistici che si sono rafforzati nel tempo, anche oltre la sua vita.
Nella serata sono state eseguite canzoni di Kurt Weill assieme a quelle di altri famosi autori che costellarono quel periodo d’oro e che hanno fatto la storia del musical. Un repertorio vasto ma significativo di ciò che ha prodotto la cultura musicale statunitense nel corso dello stesso secolo. Brani come Lonely House da Street Scene o la mitica September Song sono stati avvicinati a quelli di George Gershwin come Somebody loves me o I got rhythm, di Cole Porter come I get a kick out for you o You’re the top, di Irving Berlin con Puttin‘ on the Ritz, di John Kander con All that jazz e When you’re good mama e di Stephen Sondheim con Send in the clown. Il programma della serata, da noi esposto in modo purtroppo parziale vista la sua ricchezza, è stato anche completato da alcuni ‘medley’ per piano solo dedicati a due tra i più significativi musicisti presenti nella locandina: Cole Porter e George Gershwin.
Un repertorio, quindi, significativo e raffinato molto ben interpretato da Lorna Windsor e Antonio Ballista, componenti di un duraturo sodalizio artistico che ha prodotto sempre prove di altissimo livello; una coppia di musicisti, forse, ideale ed insostituibile per una serata costruita su queste basi. L’esecuzione nell’insieme è risultata molto curata in tutti i particolari ed espressivamente elegante grazie all’interpretazione vocale della Windsor alla quale si è contrapposta la raffinata arte pianistica di Antonio Ballista, elementi che si sono felicemente fusi per regalare al pubblico una serata musicale che possiamo definire con certezza ‘speciale’ applaudita a lungo dai numerosi spettatori presenti.
Come accennato il concerto è stato il giusto suggello per questo importante, e significativo, omaggio all’arte ad alla vita di Kurt Weill che ci ha fornito una panoramica non comune della personalità artistica di un musicista che è stato uno dei più grandi di tutto il ‘900.
Claudio LISTANTI Roma 5 settembre 2021