di Gloria GATTI
Il 25 novembre a Palazzo Barolo, Torino, avrebbe dovuto inaugurare la mostra di Marc Chagall “Gli stati dell’anima”, organizzata da Next Exhibition.
La mostra, invece, non è mai stata aperta al pubblico e gli organizzatori, hanno comunicato la sospensione dell’esposizione sino «a data da destinarsi», per verifiche «legate alla collezione», richieste dalla Siae, a seguito di una segnalazione arrivate dagli eredi di Chagall.
Gli eredi dell’artista sono i medesimi che lo scorso anno hanno messo in asta molte opere del lascito, da Christie’s a Londra, prima, e, poi, ad Hong Kong (le opere sono pubblicate nei cataloghi “Marc Chagall, Colour of Life: Works Formerly from the Artist’s Estate”[1] e “Marc Chagall, Colour of Life: Works Formerly from the Artist’s Estate (Part 2)[2]).
Gli eredi sono gli stessi che hanno istituito il Comité Marc Chagall che rilascia i certificati di autenticità per le opere dell’artista e si dichiara unico legittimato a farlo (sic!), come la “nostra” Fondazione Manzoni. Il New York Times ha di recente riportato a questo proposito le disgrazie della collezionista Stephanie Clegg che aveva acquistato da Sotheby’s nel 1994 uno Chagall dal titolo “Le Couple au bouquet de fleurs”, ritenuto falso dal temutissimo Comité (chissà cosa avrebbero decretato se lo avesse comprato da Christie’s).
Il comitato è temutissimo non tanto per la sua autorevolezza, quanto per la sua aggressiva difesa del diritto morale, fatta di distruzioni e di una negazione censoria degli altrui pareri che, guarda caso, nel mondo dell’arte travolge soltanto le opere degli artisti defunti sotto la soglia dei settant’anni..
Sul caso Clegg, un esperto di mercato dell’arte ha dichiarato al New York Times che l’autorità del Comitato Chagall è assoluta:
“Si potrebbe avere una fotografia di Chagall che dipinge il quadro. Se il comitato dice che non è dell’artista, non è dell’artista”.
Ogni chiesa ha il suo battista e anche il mercato delle aste ne aveva bisogno e pensava di averlo trovato nell’ “occhio” del parente più prossimo dell’artista defunto di turno “spersonalizzatosi” grazie alla creazione di un ente morale per ingenerare un’idea di terzietà”.
Com’era prevedibile e il caso de “Le Couple au bouquet de fleurs”, lo dimostra ampiamente, lo schema non ha retto e un’opera comprata da Sotheby’s è stata dichiarata falsa dai parenti dell’artista che avevano messo in vendita le loro opere dalla concorrenza.
In Italia, il monopolio e l’arbitro hanno trovato, però, un arresto e la Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 7148 del 3 novembre 2021, riformando integralmente la pronuncia del Tribunale di Milano, n. 6004 del 28 ottobre 2020, ha finalmente riconosciuto che nei processi aventi come presupposto la falsità o contraffazione di un’opera d’arte o ricettazione, nel caso in cui l’Archivio sia anche parte civile, non basti la sola sua testimonianza per giustificare una sentenza di condanna e la confisca dell’opera. Secondo il Collegio
“il vaglio di attendibilità [sulle dichiarazioni rese] deve essere ancora più penetrante, in considerazione del fatto che l’Archivio, possiede il monopolio sul rilascio dei certificati di autenticità”
e quando risulta
“proprietario di opere e, quindi, inevitabilmente portatore di interessi economici sul mercato, dovendosi ipotizzare anche un potenziale conflitto d’interesse”.
Il tradimento al mercato delle aste farà il resto e finalmente si potrà tornare a parlare di libertà di opinione.
Gloria GATTI 17 Dicembre Milano 2023
[1] Si veda il link. https://www.christies.com/auction/auction-21598-cks (consultato il 17 dicembre 2023)
[2] Si veda il link https://www.christies.com/auction/auction-22179-hgk/browse-lots (consultato il 17 dicembre 2023)