di Nica FIORI
La perfetta letizia spirituale, anche nei momenti di grande sofferenza fisica, ha caratterizzato la vita di Francesco d’Assisi (1181/1182 – 1226): un santo che, nella sua ricerca dell’Assoluto, si è distinto per un’ispirato e ineffabile amore per Dio che, inebriandolo completamente, lo rendeva decisamente singolare agli occhi della gente comune.
Quel faro d’intensa spiritualità, che avrebbe profondamente rinnovato la storia del cristianesimo, inizialmente non è stato compreso dal mondo circostante, prima di tutti dal padre Pietro di Bernardone, ma nonostante ciò è andato avanti nel suo cammino di fede, rifiutando tutti i beni materiali in una sorta di sposalizio mistico con Madonna Povertà, e giungendo perfino a immedesimarsi con Cristo nel momento in cui ricevette le stimmate sul monte della Verna.
Nel 1224, quando era particolarmente dolorante e quasi cieco (in seguito a un’operazione agli occhi per curare una malattia contratta probabilmente in Egitto, al tempo della quinta crociata), Francesco dettò ai suoi confratelli il Cantico delle creature, un’opera poetica di 33 versi che è una delle prime testimonianze della tradizione letteraria italiana.
Dal punto di vista del contenuto, il Cantico rappresenta un’esplicita professione di fede cristiana basata su una salda base teologica. L’uomo può solo lodare il Signore, l’Altissimo, – ci dice Francesco nei primi versi – e poi via via tutte le sue creature, a partire dal Sole, ragion per cui il cantico è noto anche come Cantico di frate Sole:
“Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature, / spezialmente messor lo frate Sole, / lo qual è iorno et allumini noi per lui. / Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: / de Te, Altissimo, porta significazione”.
Meravigliose parole sull’astro che in tutte le civiltà precristiane è stato visto come manifestazione del sacro e ha dato origine a dei culti molto particolari (pensiamo per esempio al mitraismo). Che cos’è il Sole se non la ierofania luminosa di Dio? Non dimentichiamo che, nella concezione degli antichi, è grazie alla luce che le tenebre non prevalgono.
Amando tutto il creato, Francesco ama Dio. L’uomo stesso è una creatura di Dio, fratello di tutte le manifestazioni del Creatore: oltre al Sole, La Luna e le stelle, il Vento, l’Acqua, la madre Terra che ci sostenta e infine la Morte corporale.
A 800 anni dalla stesura del testo, la copia più antica del Cantico di Frate Sole (contenuta in un codice risalente all’ultimo quarto del XIII secolo) viene esposta a Roma per la prima volta nel Museo di Roma a Palazzo Braschi nella mostra “Laudato sie: Natura e Scienza. L’eredità culturale di Frate Francesco”, insieme a 93 opere tra manoscritti e libri del Fondo antico della Biblioteca Comunale di Assisi, conservati presso il Sacro Convento della città umbra.
Aperta al pubblico dal 2 ottobre 2024 al 6 gennaio 2025, la mostra, promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata dalla St. Francis Day Foundation con il Sacro Convento di Assisi, l’Italian Academy Foundation e l’Associazione Antiqua e con il patrocinio del Comune di Assisi, inaugura il calendario di eventi pensati per l’anno giubilare. Dopo la fase romana, l’esposizione proseguirà ad Assisi, nelle sale del Sacro Convento, dal 7 aprile al 12 ottobre 2025.
La mostra vuole richiamare l’attenzione su temi sempre attuali, come si evince dalla dichiarazione del sindaco di Roma Roberto Gualtieri:
“A distanza di secoli e in un contesto culturale profondamente mutato, è ancora possibile trarre insegnamento dall’esperienza di Francesco e dei suoi seguaci, che anzi risuona in un modo particolarmente pregnante in un’epoca in cui i temi dell’ambiente e della sostenibilità sono tornati prepotentemente al centro del dibattito pubblico”.
Ricordiamo a questo proposito che nel 2015 papa Francesco, rifacendosi al Cantico del santo dal quale ha preso il nome, ha scritto l’enciclica Laudato si’ per protestare contro il male che provochiamo al nostro pianeta e proprio a Palazzo Braschi si tenne subito dopo la mostra “Sorella Terra”, con l’esposizione di fotografie di National Geographic.
Anche se san Francesco d’Assisi non fu un filosofo nel senso stretto del termine, le sue riflessioni sulla vita, sulla morale, sulla religione, sulla natura ebbero una rapidissima diffusione: nacque così il francescanesimo, che ebbe una grandissima influenza nell’Europa a partire dal XIII e XIV secolo. Non dobbiamo pensare ai francescani solo come a umili e bonari fraticelli che predicavano la povertà, contrapponendoli ai più eruditi predicatori domenicani, perché al francescanesimo aderirono molti illustri filosofi di quel periodo, tra i quali san Bonaventura da Bagnoregio, Ruggero Bacone, Duns Scoto, Guglielmo di Occam, né dobbiamo dimenticare che alcuni francescani furono eletti papi (Niccolò IV, Sisto IV, Sisto V, Clemente XIV). La mostra, secondo l’intento dei due curatori, Paolo Capitanucci e Cecilia Panti, si propone di offrire ai visitatori
“l’accesso al sapere dei francescani, elaborato in forza del loro ingegno e tratto dalle letture, dalle annotazioni e dallo studio e affidato alla loro custodia, per secoli, nella ricca biblioteca, in un reciproco scambio tra riflessione teologica e sapere scientifico”.
Un’impresa non facile, perché gli scritti, soprattutto quelli più antichi in latino, non sono certo alla portata di tutti, ma ognuno può, in effetti, emozionarsi nello scoprire cosa studiavano i francescani, cosa leggevano e quali testi scrivevano.
Va precisato che questa non è una mostra devozionale e non è neppure una mostra d’arte. Basti pensare che non c’è nessuna sezione dedicata a san Francesco, del quale non è esposta nessuna immagine. Un vero peccato, dal mio punto di vista, perché non posso non pensare alla spiritualità del suo volto ascetico e mi sarei aspettata almeno qualche immagine fotografica dei dipinti che raffigurano episodi significativi della sua vita, magari in relazione con gli animali (predicazione agli uccelli, incontro con il lupo a Gubbio). Animali che, anche se non sono citati nel Cantico, per Francesco sono tutti nostri fratelli.
Non è neanche una mostra sulla natura, anche se la sala immersiva che si trova all’inizio del percorso permette di entrare in contatto con alcuni elementi presenti nel Cantico e l’ultima sala presenta anch’essa un video, dove le immagini delle piante, animali e uomini e i significati a loro attribuiti consentono di riconnettersi a una visione “integrale” del mondo che ci circonda.
La mostra ha come unica protagonista la biblioteca di Assisi con i suoi preziosi testi, restaurati per l’occasione, che vanno dal Medioevo all’età moderna. I visitatori potranno ammirare la raffinatezza delle illustrazioni dei libri e dei manoscritti, dei quali un apparato multimediale evidenzia alcune pagine. L’allestimento, piuttosto sobrio, richiama qua e là qualche disegno dei libri o le iniziali miniate dei codici. Le didascalie sono ridotte al minimo. Qualche spiegazione sui temi è data dai pannelli, uno per ogni sala.
L’ispirazione delle origini: Bibbia, teologia e filosofia è il tema della prima sala, relativa allo studio della Bibbia e delle opere filosofiche antiche, che hanno contribuito a una visione complessiva del significato della natura e del ruolo dell’uomo nell’universo. Si prosegue, quindi, con le altre sezioni (nove in tutto), per concludersi nell’ultima sala con il Cantico delle creature, in quella che in realtà è la prima sezione, ovvero Laudato sie: lo stupore riconoscente di fronte al creato.
Una scelta questa che è stata fatta per favorire una sorta di “climax ascendente” del percorso, come ha dichiarato il curatore Paolo Capitanucci, anche se
“l’intera esposizione è chiaramente centrata sul Cantico e sull’esperienza diretta di Francesco nel suo originale e spontaneo rivolgersi verso tutta la realtà del Creato. Immaginando il percorso espositivo ispirato al modello dell’albero è nel Cantico che trova la profonda e sottostante radice dalla quale tutto nasce e tutto si alimenta”.
Nella sezione I francescani e il sapere enciclopedico particolarmente significativa appare proprio la metafora dell’albero, la cui rappresentazione figura nell’edizione a stampa veneziana del 1483 dell’opera di Isidoro di Siviglia Etymologiarum opus del secolo VII (quindi molto precedente a Francesco d’Assisi).
Nel disegno, che è uno schema di albero genealogico, si legge inferiormente Haec est arbor consanguinitatis (questo è l’albero dei legami di sangue). Certo qualche spiegazione in più non avrebbe guastato. Secondo la metafora cui allude il curatore, le profonde radici dell’albero affondano nelle parole del Cantico di Frate Sole, per risalire il tronco della riflessione francescana, fino ai rami e alle foglie di un rigoglioso albero della conoscenza.
A questo punto il mio pensiero corre a un episodio, raccontato da Bonaventura da Bagnoregio, relativo all’incontro che frate Francesco ebbe con Innocenzo III per convincerlo a riconoscere l’Ordine che aveva fondato. Il papa, lì per lì, non fu particolarmente impressionato dalle parole di Francesco, ma poi, di notte, sognò una palma che cresceva gradualmente ai suoi piedi ed ebbe, come per un’illuminazione divina, la certezza che quella palma rappresentava l’umile fraticello.
Un altro emblematico albero appare anche nell’Arbor Scientiae di Raimondo Lullo (sec. XIII-XIV, stampato a Lione nel 1635). Ai fianchi dell’albero sono raffigurati lo stesso Raimondo e un monaco, che egli avrebbe incontrato mentre piangeva sconfortato all’ombra della pianta: fu il monaco a chiedergli di scrivere un libro su tutte le scienze, che fosse facile da capire. Anche in questo caso non c’è nessuna spiegazione, perché i curatori se la sono tenuta per sé.
Nella stessa sezione è presente la Biblioteca Universale sacro-profana, Venezia 1701, del frate minore conventuale Vincenzo Coronelli che, seppur incompleta, si può considerare la prima grande enciclopedia in lingua italiana. Il volume è aperto sull’illustrazione che mostra l’autore inginocchiato davanti a papa Clemente XI.
Nella sala dedicata a Sora Luna e le stelle: astronomia e geografia notiamo, oltre all’Almagestum di Tolomeo e a opere di Galilei, Sphaera mundi (Venezia 1501) e il Trattato della sfera di Giovanni Sacrobosco. Questo testo, scritto in latino nel 1230 circa, era il trattato di astronomia più diffuso nel Medioevo; in questa mostra è esposta un’edizione a stampa in italiano (sec. XVII-XVIII).
Nella sala Del numero e della visione: matematica e ottica si comprende l’importanza che i francescani, ben prima dell’affermarsi della visione scientifica del mondo, attribuirono alla matematica e alla scienza della luce, studiata, questa ultima, sia dal punto di vista fisico-matematico sia fisiologico. Tra le opere figura l’importante Trattato della prospettiva (sec. XIII-XIV) di Giovanni Peckham.
Si prosegue con Nel mondo tutto è in movimento: la fisica, dove sono esposti i più antichi manoscritti che testimoniano l’influenza delle teorie aristoteliche sui maestri delle università medievali, e poi diversi volumi a stampa fino al XVIII secolo. Tra i nomi che incontriamo vi sono anche Guglielmo di Occam, Raimondo Lullo e Niccolò Tartaglia. Il libro più recente è Elettricismo artificiale di Gianbattista Beccaria (Torino 1772).
L’alchimia ha anch’essa una sezione dedicata a Gli elementi, i minerali, i metalli e la loro trasformazione. Nonostante i divieti ecclesiastici, dovuti al fatto che l’arte alchemica si proponeva di trasformare i metalli vili in oro e quindi era equiparata alla magia, molti illustri componenti dell’Ordine ne subirono il fascino. Un esempio emblematico è il Liber Compostelle: una grande “enciclopedia alchemica” del XV secolo attribuita a fra Bonaventura da Iseo. Un libro di Giano Lacinio, intitolato Praeciosa ac nobilissima artis chymiae collectanea de occultissimo ac praeciosissimo philosophorum lapide (Norimberga 1554), fa riferimento alla pietra filosofale ed è aperto su una tavola che raffigura il forno alchemico (atanor).
Nella sezione La Fabrica del corpo: medicina, anatomia e chirurgia emerge l’interesse che i francescani ebbero anche per la medicina e per tutto ciò che vi era connesso. Uno dei testi più antichi in esposizione è l’Antidotarium Nicolai: tra i più noti ricettari del Medioevo, fornisce un elenco di medicamenti e ricette in ordine alfabetico.
Riferimenti alla cura e ricette isolate appaiono anche in manoscritti che ospitano testi di tutt’altra natura, come in un interessante codice che a varie questioni metafisiche e di filosofia naturale accosta una singolare Ricetta per fare acqua celestiale, utile per la cura di piaghe e ferite.
Nella biblioteca compaiono testi che hanno scandito la storia dell’anatomia e della chirurgia. È il caso del De humani corporis Fabrica di Vesalio, pubblicato nel 1543, contenente oltre trecento tavole. L’intento che anima il trattato è quello di studiare i corpi per come apparivano realmente attraverso lo studio diretto dell’anatomia.
Dopo aver esplorato le varie sezioni della mostra e percorso il tronco dell’albero della conoscenza fino ai rami più alti, siamo pronti a cogliere una visione d’insieme di quanto conservato nella Biblioteca dei francescani di Assisi, attraverso le principali divisioni del creato: mondo vegetale, mondo animale e l’essere umano, cosa che avviene nella sala denominata Cum tucte le tue creature.
Nel Liber de moralitatibus, attribuito a Fra Marco d’Orvieto, autore francescano del XIII secolo, troviamo la descrizione di corpi celesti, elementi, uccelli, pesci, animali, piante e pietre preziose, sia nel loro aspetto fisico sia nel loro significato spirituale, moralizzati attraverso citazioni bibliche.
Un trattato di botanica con bellissime illustrazioni è l’Herbolario volgare di Iacopo Dondi (Venezia 1536). Certamente affascinante è anche l’opera Ornithologiae di Ulisse Aldrovandi (Bologna,1562), interamente dedicata agli uccelli. È aperta sulla tavola che riproduce il pellicano, un uccello equiparato a Cristo, perché si riteneva che si squarciasse il petto per nutrire col suo sangue i pellicanini.
Un libro che attira la nostra curiosità è Metoposcopia di Girolamo Cardano (Parigi, 1658). La tecnica che vi è descritta, basata sulla lettura delle linee della fronte, combinava calcoli astrologici e osservazioni di una vasta casistica di volti umani, nel tentativo di comprendere le sfaccettature caratteriali dell’uomo. Qualcosa che ricorda la fisiognomica e la frenologia che hanno influenzato nell’Ottocento Cesare Lombroso a elaborare la teoria del “criminale per nascita”.
Dalla visione di questa mostra documentaria emerge indubbiamente lo spessore culturale dei francescani, che non era “erudizione” nel senso negativo del termine, ma acquisizione della consapevolezza dell’impronta divina del creato, con grande umiltà. Come ha affermato nel corso della presentazione la curatrice Cecilia Panti:
“La cultura per i francescani non è ostentazione del proprio sapere: non significa coltivare il proprio Ego, ma mettersi al servizio del mondo”.
Nica FIORI Roma 6 Ottobre 2024
“Laudato sie: Natura e Scienza. L’eredità culturale di Frate Francesco”,
Museo di Roma Palazzo Braschi, Piazza San Pantaleo, 10 – Piazza Navona, 2 – 00186 Roma
2 ottobre 2024 – 6 gennaio 2025
Orario: dal martedì alla domenica ore 10:00-19:00 (ultimo ingresso un’ora prima)
Info: tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)
www.museodiroma.it; www.museiincomune.it; www.zetema.it.