L’dea, il bozzetto … e poi l’opera. Un Bozzetto inedito spiega la tecnica pittorica di Giacomo Favretto.

di Simone Di FILIPPO

Il principio, l’incipit, il primo vagito da cui scaturiscono le forme e l’anima del pensiero primigenio, il punto di partenza vero e proprio e fondamento di un’opera d’arte; questi sono i bozzetti; genesi dai quali ineluttabili scaturiscono i tratti distintivi di ogni artista, il momento più vero in cui  egli si disfa delle proprie “sovastrutture” e plasma l’ immagine delle proprie idee. Sono elemento imprescindibile di studio, il bandolo da cui risalire per ripercorrere metodo di lavoro e dinamiche stilistiche che consentono ad ogni studioso appassionato di identificare un’artista attraverso “l’essenza” vera della sua arte.

Da sempre essi sono oggetto di culto da parte collezionisti sensibili che subiscono il loro fascino e li custodiscono nelle proprie raccolte come quella da cui riemerge l’opera protagoniste di questo articolo ; il bozzetto autografo di Giacomo Favretto relativo alla “Ragazza Veneziana del 700” conservato nella Galleria Cà Pesaro di Venezia (Figg. 1 – 1a – 2).

Fig 1

Ed è da questo fortunato e fortuito ritrovamento che colgo l’occasione per trattare un argomento che mi sta a cuore e che da sempre è stato oggetto dei miei interessi ; mi riferisco alle dinamiche e metodi di lavoro nella realizzazione delle opere pittoriche sia murarie che su tela e su carta . Ed è per questo che per meglio procedere alla disamina di questo squisito olio su tavola, direi sia opportuno riassumere  le varie fasi esecutive di un’opera pittorica in genere; si può partire da uno schizzo su carta per definire le preliminari linee fondamentali, per poi passare al primo bozzetto preparatorio al quale possono seguire altri successivi a seconda della complessità dell’opera o delle esigenze specifiche dell’autore, per poi dipingere i modelli ultimi prima di realizzare l’opera definitiva. Ed ecco il nostro bozzetto ; opera “prima” eseguita nel 1887 da quel Giacomo figlio di un povero falegname che dovette mandare il figlio a lavorare presso un cartolaio dove il giovinetto inizierà a disegnare i primi lavori e dove verrà notato dal Vason che lo aiuterà ad entrare all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove resterà studente fino al 1870 istruito da maestri illustri come Grigoletti, Nani, Moja e Molmenti.

Fu il Nani a trasmettergli la passione per le scene di genere, mentre la magistrale visone delle figure fu appresa da Molmenti; ma fu Grigoletti, al quale Giacomo fu legato da profondo affetto, ad infondere al pittore il gusto per il ritratto caratterizzato da una acuta visione psicologica.

Favretto fu il pittore che seppe più di ogni altro mediare i tratti  dalla tradizione letteraria veneta di Carlo Goldoni e poi figurativa del Tiepolo per trasportarli nella complessità della propria arte eccelsa ed eccellente fino a giungere a quelle volumetrie che sembrano guizzare fuori dalle sue tele con la stessa schiettezza vivida e popolaresca di una “Mirandolina” goldoniana. Sono proprio questi i caratteri del ritratto conservato nella Galleria Cà Pesaro in cui una giovinetta ritratta di profilo è il manifesto di un modo di ritrarre che riesce a divenire aulico nella propria informalità ed aristocratico nell’assoluta semplicità.

Così come appare in questo bozzetto “finito” nell’incarnato del volto (Figg. 3 – 4 ) quanto rapido nell’escussione del vestito in cui i bruni della manica ( Figg.5 – 6)

appena accennata fanno comprendere il motivo di un’operetta da considerare come il taccuino di un cronista che appunta i tratti salienti di una notizia che poi elaborerà ; così la nostra tavoletta è  l’appunto genuino eseguito dal vero dove il volto viene già “fissato” allo stato definitivo per non perderne la memoria del carattere e la naturalezza da riportare nell’opera definitiva, passando per  un percorso esecutivo rivelatore della vera tecnica pittorica del Favretto.

Egli apprende dalla “verità” delle cose come un reporter e poi svolge come un poeta attraverso un gioco di equilibri dove nessun elemento prevale sull’alto fino a delineare attraverso un tratto puntuale e minuzioso i caratteri più intimi dell’effigiata che probabilmente è un membro della famiglia Favretto.

Il dipinto conservato nella pinacoteca di Venezia fu donato nel 1897 alla neo costituita Galleria d’Arre Moderna  direttamente dagli eredi di Giacomo Favretto per poi essere esposta in occasione della Biennale del  1899 nella retrospettiva a Lui dedicata; sono portato a pensare che il bozzetto fosse rimasto nella disponibilità delle famiglia del pittore prima di disperdersi e giungere alla sede attuale.

Simone Di FILIPPO   Roma  13 Febbraio 2022