di Francesco MONTUORI
Migranti sull’About
di Massimo Martini e Francesco Montuori
Le cattedrali romaniche di Tuscania
Parte Seconda
LA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE
Nella mappa della città del 1778 pubblicata in “Memorie Istoriche della Città di Toscanella” da Antonio Turiozzi, apprendiamo che l’antica Tuscania, cinta dalle mura medioevali del XIII secolo, era ancora più estesa dell’attuale città. Le prime testimonianze archeologiche, riferibili all’insediamento etrusco, risalgono all’VIII secolo a.C.; Tuscania divenne poi municipio romano, borgo altomedioevale, potente vescovado, grande comune con i suoi castelli. La città medioevale si estendeva verso sud e comprendeva il Colle San Pietro e la basilica di Santa Maria Maggiore, sita in prossimità di una delle porte della città (fig.1).
Il luogo era abitato da tempo. Poco distante a nord della basilica di Santa Maria esisteva un complesso termale romano di epoca imperiale le cui rovine sono ancora ben visibili; più a sud erano localizzati gli horrea, grandi magazzini e granai destinati alle provviste degli accampamenti militari romani (fig. 2).
Non sorprende dunque che nel corso dei restauri del 1966, dopo il più recente terremoto che colpì la città, siano venute alla luce sotto le fondamenta della basilica antiche strutture di opus reticulatum. Non solo: la massiccia torre campanaria, posta di fronte alla facciata della basilica, svolgeva anticamente anche la funzione di torre di avvistamento e di difesa, considerata la sua posizione strategica presso la confluenza di numerose strade che collegavano la città a Tarquinia, Viterbo, e attraverso la via Clodia alla zona vulcente ed a Roma. La struttura di base, la sproporzione della muratura verticale con le monofore raggruppate lungo l’asse centrale di ogni lato, la autonoma collocazione fanno supporre che la torre risalisse ad una precedente fondazione (fig. 3).
Situata su un leggero pendio ai piedi del Colle San Pietro l’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore potrebbe essere stata fondata fin dal V secolo. La chiesa fu sede dei primi vescovi, ebbe la dignità di sede episcopale ed espresse la sua autorità di collegiata nel priore e nel collegio dei chierici. E come chierici si rincorrono Totò e Ninetto Davoli mentre si inseguono, nel sagrato davanti alla Cattedrale (fig. 4a e 4b).
La chiesa venne ricostruita con una semplice navata e un transetto trasversale; nella seconda metà del XII secolo; i costruttori, probabilmente lombardi, aggiunsero le due navate laterali inglobando il transetto preesistente. L’irregolare planimetria dell’edificio attuale nasce dal sovrapporsi della nuova costruzione sulla vecchia. Agli inizi del XIII secolo furono aggiunte le due campate terminali e si diede inizio all’attuale facciata, riducendo il sagrato antistante alla torre campanaria. Sappiamo che Alessandro III rinnovò alla chiesa il privilegio della fonte battesimale; la basilica ebbe dunque lo statuto di pieve e fu consacrata il 6 ottobre 1206 (fig. 5).
Il fronte della basilica è suddiviso in tre distinti partiti: il corpo centrale, leggermente aggettante, con il grande portale e i portali laterali in corrispondenza delle rispettive navate; domina nella lunetta centrale la Vergine con il Bambino in trono, immagine legata alla dedica della chiesa; nel registro superiore si imposta la loggetta ad archetti sostenuti da colonnine marmoree, chiusa ai lati dai grifi; infine il partito superiore pressoché quadrato con il grande rosone con i simboli degli evangelisti, coronato da mensoline inginocchiate a forma di S e due corpi laterali a tetto spiovente (fig. 6).
Il grande parallelepipedo centrale, a differenza della facciata della basilica di San Pietro, indipendente dalla copertura a “capanna” della navata centrale, è concepito come un piano verticale assolutamente astratto (fig. 7)
Siamo in una fase in cui l’architettura in Italia e nel Lazio si rinnova profondamente, ma, al tempo stesso mantiene, come nelle due basiliche di Tuscania, alcuni evidenti storici dettami. Il tema del piano è la chiave della struttura architettonica del monumento; piano libero è la facciata; piani sono i partiti murari che dividono le navate; piani le murature perimetrali interne.
L’architettura sacra del Duecento conservò a Roma e nel Lazio, più che altrove, le antiche tradizioni. Nell’età del romanico non utilizzò le novità costruttive delle regioni del nord Europa che informarono e convinsero delle loro novità i costruttori lombardi. Nel Lazio gli architetti mantengono lo schema basilicale a colonnati e tetto; tardano a compiere il passo decisivo, quello dell’adozione di un sistema strutturale interamente voltato e restano fedeli all’impianto basilicale coperto a tetto. Non il pilastro ma la parete muraria, il piano a due dimensioni, rimane l’elemento protagonista dei valori plastici.
La tecnica “gotica” incontrò le resistenze più tenaci; mentre nell’Italia settentrionale esperimenti innovativi venivano condotti su un tipico elemento costruttivo dell’architettura gotica, la volta a crociera su costoloni, con il complesso disegno dei pilastri su cui scaricano i pesi delle volte, su punti e non su muri, nell’Italia centrale dominava ancora un’architettura ove la funzione del muro rimaneva inalterata.
La trasformazione della pianta a T in pianta basilicale avviene nella seconda metà del XII secolo; i costruttori lombardi impostano sei campate con ampie arcate a pieno centro sostenute da colonne (fig. 8);
intradossi ornati da formelle decorate da motivi floreali sorreggono due partiti murari limitati in alto da una cornice su modiglioni; arcate cieche impostate su semicolonne ritmano le pareti perimetrali (fig. 9).
In corrispondenza del presbiterio due grandi pilastri cruciformi ricevono la spinta degli archi traversi che dividono il presbiterio dalle navate laterali; un grande arco trionfale sorregge una parete affrescata dal Giudizio Universale. La compatta muralità della navata centrale è rotta da una cornice modanata sostenuta da mensole sulle quali compaiono volti umani, mostri, animali. Il motivo decorativo è usato con assoluta libertà.
Lo spazio interno appare fluido ed indeterminato come indefinita è la volumetria dell’ambiente interno. Esso ospita volumi minori liberamente posizionati nel libero spazio della basilica: il pergamo o ambone, da dove leggere le sacre scritture (fig.10); l’altare maggiore che ha per paliotto un pluteo altomedioevale ed è sormontato da un ciborio con coperture piramidale (fig.11); al centro il trono vescovile circondato da un sedile semicircolare; nella navata destra la fonte battesimale, una vasca ottagonale su piattaforma rialzata.
Uscendo sul sagrato si comprendono più a fondo l’architettura e le decorazioni della facciata. Come le pareti murarie dell’interno, il fronte della basilica fu concepito come astratta superficie; significativa è la non corrispondenza con l’interno coperto a tetto; la facciata è luogo pensato per la decorazione plastica e per ricordare ai fedeli i significati religiosi. Tutta l’ornamentazione architettonica, le colonne, le paraste, le lunette degli archi, la loggetta, il rosone con i simboli degli evangelisti, utilizzano il piano della facciata per accentuarne il valore plastico, le valenze cromatiche e le indubbie finalità didattiche dei significati.
L’adozione dell’altorilievo e del tutto tondo delle sculture esalta il divario fra la stereometria astratta del fronte e la grande ricchezza delle decorazioni figurate.
All’interno della basilica, sui capitelli addossati ai pilastri compositi ed ai semipilastri posti all’incrocio tra navata e transetto, figurazioni fantastiche tratte da un diffuso repertorio romanico – leoni, uccelli, demoni – modellano la superficie muraria con forti contrasti di luci ed ombre (fig.12).
All’esterno nei tre portali si esprime compiutamente lo spirito decorativo dei monaci che lavorarono alla basilica. Il programma iconografico del portale centrale risponde esplicitamente ad un preciso valore didattico (fig.13).
Due colonne tortili fiancheggiano il portale sorrette da due leoni stilofori; nelle strombature trovano alloggio ai due lati colonnine marmoree; sulle colonne ai lati del portale, vengono rappresentati in rilievo mostri, animali, serpenti che simboleggiano gli aspetti del male e del mondo degli inferi, visione moralizzante degli aspetti terrificanti del peccato e della morte nel peccato; negli stipiti ai lati della porta ammoniscono i fedeli gli apostoli maggiori, Pietro e Paolo; nella lunetta la figura di Maria con il Bambino in trono nell’immobile frontalità, nella fissità dello sguardo, vuole ricordare a tutti a chi questa basilica fu dedicata.
Ricchissima di immagini, S. Maria Maggiore è testimonianza di uno straordinario fervore religioso, ma certamente anche della volontà politica della Chiesa di allora di creare una forte e potente diocesi vescovile nella città di Tuscania e nel Patrimonio di San Pietro.
Francesco MONTUORI Roma 18 Ottobre 2020
N.B.