di Chiara GRAZIANI
«La pace ha un suo segreto: non odiare mai nessuno. Se si vuole vivere non si deve mai odiare» (Intervista a E. Bruck, in “Avvenire”, 8 marzo 2022).
La guerra mondiale non più solo a pezzi, come profeticamente va ripetendo da anni papa Francesco, si va saldando in un unico quadro. E quando il cerchio sarà chiuso, ed il quadro composto, nessuno lo guarderà più dall’esterno. Se “a pezzi” è stato finora letto come “non per noi ma per loro”, ecco che – dice il Papa al corpo diplomatico del mondo accreditato in Vaticano – può arrivare l’ora del “per tutti”. Non ancora inevitabile.
“Le dense nubi della guerra possono essere spazzate via da un rinnovato vento di pace”, dice, pur “di fronte alla sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale.”
Il compito è principalmente, ma non solo, nelle mani del corpo diplomatico e della politica , quest’ultima “la più alta forma di carità” nel dedicarsi al bene comune.
L’anziano ed infaticabile papa, nel suo discorso del 9 gennaio sullo stato del pianeta – semplifichiamo così il cruciale messaggio annuale che rivolge agli ambasciatori dei Paesi accreditati – fa un ragionamento universale. E si rivolge, come iniziò a fare il predecessore Giovanni XXIII – ai figli della Chiesa anche in quanto parte del popolo universale formato da ogni essere umano di buona volontà. Non è l’essere cristiani, o cattolici in particolare, che obbliga alla ricerca della pace. E’ l’appartenenza al genere umano, dove ognuno ha in comune con l’altro l’essenziale “sete di verità”.
E’ su questa base comune che il capo di una delle più antiche, esperte, diffuse, credibili diplomazie del pianeta – nonché fra le pochissime vere autorità morali del pianeta – si rivolge ai portavoce delle singole nazionalità chiedendo loro un’alleanza per la pace sulla base di una comune umanità. E lo fa a partire da un’analisi molto laica delle precarie condizioni di salute della verità, del linguaggio comune e – di conseguenza – delle istituzioni multilaterali nate dalla tragedia della seconda guerra mondiale, e dei trattati che la comunità internazionale si era data per far sì che il “mai più” pronunciato davanti all’orrore indicibile della Shoah e dello sterminio di diversi e disabili – non fosse solo un “mai più per noi”.
La perversione dell’uso delle parole, adoperabili in un senso modificato a piacere in base agli interessi di precisi club (li chiama così il Papa, “like-minded clubs”, qualcosa di più pervasivo e transnazionale dell’abituale termine “lobby” che in genere usa), sarebbe alla base della corruzione della verità che passa dal recidere il nesso fra la realtà ed il linguaggio, come avviene sempre più di frequente, avvelenando i pozzi del dialogo. E chi crede che il papa faccia teoria, non ha che da ricordare la feroce polemica sulle fake news – che ogni parte, o like-minded club che dir si voglia – rinfaccia al rivale, o nemico. Nessuno dubita che siano distorsive della realtà e delle coscienze (come afferma il Papa nel suoi messaggio). Ognuno, però, è portato ad additare quelle degli altri senza rendersi conto di quelle del proprio club. Per iniziare dal cortile di casa nostra, basterebbe ricordare il tentativo dell’amministrazione Biden di dichiarare, circa un anno fa, “non attendibili” il numero dei morti palestinesi a Gaza. Essendo la comunità gazawa una comunità censita regolarmente non fu difficile per Al Jazeera recuperare nomi e numeri di documenti di identità di persone reali. (Ed oggi una ricerca britannica, appena pubblicata su Lancet, avverte che la conta ufficiale di 46mila sarebbe sottostimata del 40 per cento).
In quanto al cortile degli altri, ricordiamo l’allarmante denuncia del governo francese che prima delle elezioni europee scorse, contava 193 siti – disse il ministro degli esteri dell’epoca – pronti ad inquinare la campagna elettorale con una narrazione pro-Cremlino. In sostanza il vero terreno di scontro, quello che chiude ogni forma di dialogo ed ogni porta alla pace, è quello di generare comunità like-minded, tramite verità alternative gestite da opposti clubs. Fra gli esempi che il Papa dà del potere distorsivo delle coscienze delle fake news – chiunque le propali conta davvero poco – mette due attentati del 2024, quello al primo ministro slovacco Robert Fico e quello al presidente eletto statunitense, Donald Trump.
Disinquinare i pozzi, ricostruire un linguaggio comune (dove due più due faccia quattro e lo si possa dire) significa restituire gli strumenti base per un leale confronto diplomatico che escluda dal tavolo – in quanto irrazionale, dannoso e condannato dalla storia – ogni sentimento di odio. Se vuoi vivere, dichiarò la scrittrice Edith Bruck scampata alla Shoah ed amica personale del Papa – non devi odiare. Semplice. Qualche like-minded parlerebbe di poesia per anime belle. Ma si tratta di fake narratives che cercano, ci pare, di lanciare fumogeni sul cuore del problema: il Papa – autorità morale globale ma anche attore internazionale che in pochissimi possono permettersi di ignorare – lo mette a nudo per l’ennesima volta nel suo messaggio sullo stato del mondo. Il mercato delle armi, ammonisce, è l’attore invisibile che siede in ogni club del pianeta e che si autoalimenta di ogni giorno in più di guerra.
Lo scorso 4 dicembre Il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) ha fissato in 632 miliardi il giro internazionale dei profitti del mercato di armi nel 2023. Il 4,2% in più dell’anno precedente ed il traino sono, ancora di più oggi, i conflitti in Ucraina e Medio Oriente. Gli analisti del Sipri rilevano un diffuso ottimismo nell’ambiente, che recluta personale, per il trend 2024/25. L’unico produttore di armi ucraino, per dire, è cresciuto dell’oltre il 60%.
Prima del Sipri, prima del Papa, lo diceva già Trilussa: “la guerra è un gran giro de quatrini” ( e aggiungeva “che prepara le risorse pe li ladri de le Borse”). L’elenco degli Stati che le producono e le smerciano, con l’inevitabile effetto benzina sul fuoco delle tensioni, è talmente trasversale e sovranazionale che verrebbe da dire che sia questo il club dei club dei like-minded. Inevitabile che la sua massa cerchi di imprimere, per inerzia, la direzione ai governi ed alle diplomazie, spinte ad essere, vogliamo ripeterlo, like minded anche loro. Occorre una diplomazia della speranza, dice il Papa che alla speranza che non delude ha dedicato il Giubileo 2025. Ma per averla occorre, dice, una diplomazia della verità.
La verità via della pace. Il Papa, davanti al corpo diplomatico rivendica quanto sia inaccettabile, ad esempio, “parlare di un cosiddetto “diritto all’aborto” che contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta – ribadisce – in ogni suo momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere” come nessun anziano o malato deve essere scartato. Negare i diritti umani, anche “cambiando il significato dei termini o reinterpretando unilateralmente il contenuto dei trattati sui diritti umani”, pensa il pontefice è condizione per alimentare la guerra. Una guerra che sta per farsi mondiale senza più freni, ammonisce, a meno di non mettere mano a tre opere. La prima, la riforma delle istituzioni multilaterali nate dalla seconda guerra mondiale, non in grado di garantire quello per cui erano nate: pace, sviluppo umano integrale, cura del pianeta, lotta alla fame. La seconda la remissione dei debiti dei paesi poveri: non come opera compassionevole, si badi, ma anche come riconoscimento del debito ecologico contratto da chi inquina ai danni di tutti, spingendo alle migrazioni popoli incalzati da povertà e mutamento climatico (da qui discende che anche la responsabilità della cura dei migranti alle frontiere rientra nel risarcimento del debito contratto fin dalla rivoluzione industriale e dalle guerre di colonizzazione). La terza, come già chiesto nell’enciclica Fratelli Tutti, dirottare gli investimenti in armi in un
“un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa”.
E’ nel quadro di questa analisi che il Papa torna ad invocare pace per la martoriata Ucraina, il rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre, e pace per Gaza dove, dice “la situazione umanitaria umanitaria è gravissima e ignobile” e la popolazione palestinese deve immediatamente ricevere gli aiuti umanitari necessari. La diplomazia della verità deve essere diplomazia di giustizia. “L’inosservanza del diritto internazionale umanitario – chiede con forza – non deve più essere un’opzione”.
Nell’anno giubilare il Papa chiede che venga rafforzato, puntellato e difeso con azioni positive, riforme, investimenti. E con parole di verità, la base semantica senza la quale ogni sforzo diplomatico, alla lunga, sarebbe vano.
Chiara GRAZIANI Roma 12 Gennaio 2025