di Elena GRADINI
Sotto i Cieli d’Europa. Le Città del Desiderio
Un vento nuovo di creatività soffia sulle metropoli contemporanee. Stazioni, musei, biblioteche e auditorium: la città conquista e seduce attraverso lo stupore che suscita nel viaggiatore, che sovente si lascia sorprendere dal tessuto urbano sempre più frenetico e artificiale. La riqualificazione architettonico-urbanistica, cui sono andate incontro le numerose città europee nel corso degli ultimi anni, ha consentito un sempre più crescente sviluppo della rigenerazione urbana alla scoperta di città d’arte o capitali europee maggiormente à la mode come Lisbona, Berlino, Londra, Amsterdam, Parigi, Valencia e Bilbao, di cui il ‘vecchio continente’ è testimone privilegiato. Progetti spettacolari invadono tanto le capitali “accreditate” nei decenni quanto quelle emergenti, non per questo meno interessanti, dinamiche ed anticonformiste, che fino a pochi anni fa giacevano ancora sotto le pieghe della storia dei vari totalitarismi unificanti. Dopo il 1989 infatti sono spuntate foreste di moderne torri di vetro e acciaio, emblemi di un ritrovato capitalismo che infervora i vari distretti. Il denominatore comune sembra essere la creatività smart and easy. In certo modo siamo tutti fruitori culturali alla ricerca di emozioni e il successo delle opere è dovuto in larga misura al loro potere di seduzione sul pubblico; dalle architetture decò a quelle high-tech, dalle fabbriche dismesse colonizzate da studi di pittori e teatri di posa, i volti della città sono in perpetuo movimento.
Oggi, con l’apporto delle nuove tecnologie, è possibile diversificare l’idea progettuale per avvicinarsi ai gusti differenziati dei consumatori. La rivoluzione informatica consente di attuare un prodotto ad hoc, su misura. Dal momento in cui comunichiamo sempre di più con mondi e spazi virtuali, la città diventa l’indispensabile crocevia degli spazi reali, degli incontri alogici, del contatto con la fisicità e la comunicazione diretta tra le persone. Le nostre vite si stanno sempre più virtualizzando e ciò facendo ben si integrano con lo spazio urbano ed architettonico che ci circonda, verso quella che viene definita “Augmented reality”. Questo tipo di realtà, ancora in fase di sviluppo, consente la riproduzione di un mondo fisico e reale nel quale alcuni elementi sono aumentati e generati da sensori e computer. Le forme fluide create dalla realtà digitale andranno a convivere come un palinsesto con le rovine degli antichi monumenti permettendo al fruitore di essere sempre in presa diretta con il cambiamento, immerso nello scorrere di quella “modernità liquida” di cui parla il sociologo Zygmunt Bauman.
Con la Public Art si assiste ad un’arte dislocata nello spazio pubblico o in quei luoghi da riqualificare attraverso l’intervento artistico, recuperando ciò che la città getta. In questo modo attraverso l’arte si celebra la memoria di un luogo e del suo genius loci identitario che lo denota. Validi esempi sono a riguardo il Parco d’Artista “Fiumara d’arte” in Sicilia, realizzato nel 1980 e dislocato tra le provincie di Messina e Palermo grazie all’intervento di numerosi artisti italiani e internazionali, oppure la “Fontana Stravinsky” che si trova vicino al Centre Pompidou di Parigi, creata nel 1983 dagli scultori Jean Tinguely e Niki de Saint Phalle con pezzi meccanici e opere colorate che si muovono sulle note di Igor Stravinsky. Mediante tale procedimento arte e memoria si ibridano. Nella città attuale la creatività tende a recuperare il rapporto con il pubblico, evitando di ridurre l’azione artistica ad un’esperienza puramente spettacolare, in modo che la natura, le piazze, le strade, gli edifici, perfino le metropolitane diventano siti prescelti per collocarvi opere d’arte in grado di creare sinergiche “reti” tra artista e pubblico, inteso come soggetto sociale.
All’interno di questa transitorietà del vivere si colloca il prodotto creativo, inteso come pratica volta a testimoniare un valore condiviso dalla società. Anche la fragilità dei materiali diviene il riflesso di una condizione in cui niente si manifesta come certo e immutato. Nelle culture globalizzate il rapporto tra l’uomo e la metropoli diviene il nodo centrale del vivere collettivo strettamente connesso con i mutamenti urbani, ove l’artista contemporaneo accoglie su di sé i cambiamenti in continua trasformazione, restituendoli infine attraverso il suo lavoro creativo, basato sul rapporto intercomunicativo tra opera e ambiente. La città contemporanea si è andata così modificando attraverso strumenti e linguaggi nuovi, che hanno trovato la loro radice negli allestimenti ad hoc. La Light City, così come la definisce Lucio Altarelli rappresenta la descrizione della città che vive della propria leggerezza, trasparenza ed instabilità, trasformando l’immobilità dei centri storici in paesaggi della contemporaneità. La crisi dell’individuo, denudato di fronte agli eventi e alla consapevolezza di non poter dare un senso stabile alle cose, fa dell’uomo contemporaneo un “uomo dislocato“, che secondo la definizione di Lyotard diviene un soggetto frammentato, continuamente esposto alla velocità del mutamento e al sopraggiungere dei più diversi accadimenti i quali esigono da lui lo sforzo di comprenderne la diversità di significato. Analogamente accade ai linguaggi urbani che si modulano sulla base di nuovi giochi linguistici. Un caso su tutti, il fenomeno virtuale di Second Life, piattaforma artistica dove è possibile “incontrarsi” virtualmente per inserire i propri progetti ed avere un confronto immediato con lo scambio di idee. Second Life rappresenta l’alter ego dell’artista che in questo modo ha la possibilità di lavorare dietro il monitor e contemporaneamente di essere connesso con il resto del mondo. Essere artista in una metropoli come Berlino, Londra, Madrid, significa infatti avere la capacità di autoprogrammarsi e restare costantemente al passo con i mutamenti culturali che la città offre nelle sue infinite sfumature, dovute di certo ai molteplici eventi che l’hanno interessata nei decenni passati.
La città viene vissuta come grande scenografia in cui il pubblico fa da spettatore, dove si articola il mobile intreccio di incontri casuali, di eventi inattesi, coincidenze fortuite, nelle quali lo spettatore è coinvolto in un rovesciamento della vita quotidiana. Gli esempi qui riportati racchiudono le complesse tematiche analizzate relative ai concetti di eterotopia, gentrification, city user, light city, e consentono di individuare il tipo di impatto che architetture simili hanno avuto negli anni sulla città, sulla memoria del suo passato fatto di forti tradizioni locali e sul proiettarsi di quella stessa realtà urbana nel futuro, allineandosi all’interno di un circuito basato sull’impiego della tecnologia come irrinunciabile espediente architettonico ed antropologico. Si riesce a comprenderne la portata del cambiamento sui cittadini oltre che sul consumo turistico, il quale induce una crescita culturale sempre più massiccia all’interno del contesto urbano di turisti, curiosi, fruitori, tutti accordati dal comune ed irrinunciabile espediente dello “Slow Tourism”, inteso come medium tramite il quale godere appieno dei luoghi in maniera “rallentata”, assaporandone identità, fruizione, passato e presente storico, alla ricerca di quel turismo esperienziale che oggi è tanto bramato quanto più veloci sono i ritmi delle nostre quotidiane esistenze.