Le preziose matrici calcografiche del volume di Michele Del Giudice “Descrizione al real tempio e monasterio di Santa Maria Nuova di Monreale”. Nuovi spunti di ricerca

di Lisa SCIORTINO

Le preziose matrici calcografiche del volume di Michele Del Giudice “Descrizione al real tempio e monasterio di Santa Maria Nuova di Monreale”. Nuovi spunti di ricerca

 In memoria del Professore Riccardo Mazzarino[1]

 Il progetto di restauro delle matrici calcografiche che corredano il volume di Michele Del Giudice Descrizione al real tempio e monasterio di Santa Maria Nuova di Monreale, ideato parecchi anni fa, ha coinvolto da subito il compianto Prof. Riccardo Mazzarino, docente di Tecniche dell’Incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, il quale lo ha avviato e parzialmente portato avanti in sinergia con l’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici di Monreale, la Direzione del Museo Diocesano e la Soprintendenza di Palermo. Tale progetto prevedeva in un primo momento il restauro di sette matrici, all’interno di un programma di recupero più ampio che avrebbe interessato tutte le lamine in custodia, a quel tempo, presso il deposito del Palazzo Arcivescovile.

1. Pittore siciliano, Ritratto dell’Arcivescovo Giovanni Roano, olio su tela, fine XVII secolo, Monreale, Palazzo Arcivescovile

La scelta delle prime matrici su cui intervenire si giustificava con la delineazione del percorso espositivo dell’allora costituendo Museo Diocesano che includeva un ampio spazio dedicato alla committenza vescovile, compresa la seicentesca cappella del Crocifisso annessa al Duomo, voluta e ideata dall’Arcivescovo Giovanni Roano (Fig. 1), con al suo interno i manufatti artistici da lui commissionati, tra cui proprio le matrici in esame. Restaurate dall’équipe di lavoro guidata dal Prof. Mazzarino, con competenza pari all’entusiasmo profuso, le lamine sono state esposte per parecchi anni nella cappella del Crocifisso. I successivi lavori di restauro del piccolo edificio e il progetto di adeguamento delle teche hanno fatto sì che le opere fossero trasferite presso l’Archivio Storico della Cattedrale e ricongiunte con le altre, alcune delle quali restaurate ancora una volta da Mazzarino[2].

Il recupero delle matrici, oltre a consentirne la tutela, ha soprattutto concesso nuovi spunti per la loro analisi scientifica e lo studio del libro di cui fanno parte, argomento approfondito in questo contributo.

L’attenzione di storici e viaggiatori dell’Ottocento per la Basilica normanna di Monreale è parte di una tendenza assai diffusa in Europa; colpisce invece la rarità degli studi dedicati al Duomo normanno tra la fine del XVI e gli inizi del XVIII secolo, un arco temporale in cui tale tipologia di monumento veniva considerata con scarso interesse. Nel 1596 a Roma fu pubblicata la Historia della chiesa di Monreale, priva di immagini, firmata da Giovan Luigi Lello e dedicata al Cardinale Ludovico II Torres, anche se è noto che l’autore del volume fosse proprio il porporato. Lo studio ebbe un successo tale che, alla fine del XVII secolo, il citato Roano propose al padre benedettino don Michele Del Giudice di curarne una nuova edizione. Oltre all’aggiornamento del testo di Lello, Del Giudice commissionò numerose tavole incise all’acquaforte in cui fu possibile osservare i diversi spazi architettonici del Duomo e gli elementi decorativi descritti.

2. Gaetano Lazzara, Ritratto dell’Arcivescovo Giovanni Roano, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale

L’antiporta del volume, edito dalla Regia Stamperia d’Agostino Epiro nel 1702, presenta il ritratto del committente dell’opera, l’Arcivescovo Giovanni Roano, inserito entro una ghirlanda ovale e incorniciato da un drappo damascato. In basso, lo stemma dell’alto prelato sormonta un cartiglio circondato da carnose foglie acantiformi che reca l’iscrizione ILLVSTRISS. ET REVERENDISS. DN./ D. IOANNES/ RVANO/ XXXVII ABBAS ET XXXVI ARCHEP./ S. METROPOLI AECCLES./ MONTIS REGALIS[3] (Fig. 2).

La matrice incisa per l’antiporta fu la prima ad essere restaurata da Mazzarino nel 1998 quale prova dell’intervento scientifico cui sarebbero state sottoposte le altre. Anche se priva di firma, dal confronto con le lamine della serie a sua firma risulta evidente la mano di Gaetano Lazzara[4], cui Agostino Gallo non risparmia di rivolgere critiche per la ‘crudezza’ di esecuzione[5]. Nella premessa encomiastica del volume, Michele Del Giudice, incaricato dall’Arcivescovo Roano di

“scrivere alcune brevi Osservazioni sopra le Fabbriche, e Mosaici, e la continuazione dell’Istoria della Metropolitana chiesa di Monreale[6],

non si limita negli elogi al reverendissimo committente e ai suoi avi materni e paterni, ma con profusione di parole esalta il casato del prelato spagnolo e il luogo che si accinge a descrivere minuziosamente, partendo da una breve poesia di Bartolo Sirilli che apre il libro[7]

Il Vago monte à cui real corona / Fà su bei marmi assiso un tempio d’oro, / Che meraviglia à riguardanti dona / Dell’opera non men, che del tesoro / Hor di Parnaso herede, e d’Helicona / Fia grat’albergo al Sant’Aonio coro; / E i ricchi fregi suoi d’allori, et mirti / Fregio faran de’ più pregiati spirti

Non tralascia il Del Giudice di menzionare anche il Cardinale Ludovico II Torres, a Monreale dal 1588 al 1609, e la sua grande

“diligenza (…) nel raccogliere tutte le misure della celebre Basilica di Monreale, e tutte le notizie degli Arcivescovi, che fino al suo tempo Governarono questa insigne Metropoli, per pubblicarle sotto il nome del suo Segretario Gio: Luigi Lello (…). Maggiore ammirasi l’attenzione dell’Illustrissimo Monsignore Arcivescovo presente, nel voler, che si mantenessero vive con la ristampa puntualissima di quel Libro, ormai fatto assai raro, l’inclite Memorie degl’Illustri suoi Predecessori, e le Bellezze visibili della sua Sposa”[8].

Il ricco volume sulla Cattedrale di Monreale, con la sua dettagliata descrizione architettonica e decorativa, le biografie degli Arcivescovi e i privilegi dell’episcopato, fu un complesso lavoro di revisione del libro di Luigi Lello[9], di aggiornamento e soprattutto di integrazione con le matrici calcografiche in rame a corredo, realizzate da più autori, che costituiscono documento prezioso e testimonianza unica, ad esempio, di alcuni interventi sulla Fabbrica del Duomo avvenuti nel corso dei secoli e offrono immagini “fotografiche” di personaggi e scorci architettonici dell’epoca, consentendo una migliore comprensione generale sia della storia ecclesiastica locale sia dei mutamenti di stile e di gusto succedutesi nei secoli all’interno della Basilica.

La Lamina I Pianta della Chiesa, Monasterio, e Palazzo Arcivescovile della Città di Morreale (Fig. 3), disegnata e incisa da Gaetano Lazzara, riporta la planimetria di tutto il complesso architettonico del Duomo, con i palazzi annessi, il chiostro e gli altri edifici che lo circondano.

3. Gaetano Lazzara, Lamina I della Pianta della Chiesa, Monasterio, e Palazzo Arcivescovile della Città di Morreale, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

È completata dalle diciture della rosa dei venti, Tramontana, Mezzogiorno, Levante e Ponente, e dalla scala metrica. La descrizione, segnata in pianta con i numeri progressivi, è di facile lettura e consente di conoscere le destinazioni d’uso originali dei diversi settori. Presso il cosiddetto Palazzo Torres, edificato per volere di Ludovico II Torres nel 1591[10] sui resti del Palazzo Reale, è indicata la sede del “Seminario de’ Chierici con sue officine, e Dormitorj[11] e nello stesso sito, con atrio verdeggiante successivamente pavimentato, si custodiva l’Archivio storico. Nell’Oratorio dedicato a S. Placido Martire, l’odierna sala San Placido del Museo Diocesano[12], risultava ubicato

“un quadro assai grande del Martirio di detto Santo, Pittura di Paladino forse l’opera più ammirabile di questo valentissimo Artefice[13],

ma della tela rimangono unicamente le notizie documentarie. In pianta [14], l’atrio del Palazzo Arcivescovile, oltre ad essere completato da una fontana con protomi leonine di cui si dirà più avanti, presentava scaloni e loggiati sul prospetto dell’edificio in parte non più esistenti. Al n. 15 della planimetria, il cosiddetto “Salotto Rosso” del Palazzo Arcivescovile è descritto come “Sala seconda, dipinta da Monsignor Torres I con l’Arme, e i Nomi di tutti gli Arcivescovi antecessori”.

Il salone, come gli altri del Palazzo, fu completamente rimaneggiato durante il lungo episcopato di Domenico Benedetto Balsamo[15], dal 1816 al 1844, che fece ribassare il soffitto affidandone la decorazione a Francesco Manno, occludendo gli antichi dipinti cinquecenteschi citati da Del Giudice, alcuni dei quali pubblicati in un mio studio di qualche anno fa[16]. Il n. 16 indica il piccolo giardino privato all’interno del Palazzo

“in cui un fonte hà per vaso una Cassa sepolcrale in marmo bianco, ove di basso rilevo sono scolpiti li Giochi Circensi[17].

Tale sarcofago (Fig. 4), oggi al Museo Diocesano, presenta infatti fori aperti sul prospetto che ne indicano il riutilizzo come fontana.

4. Maestranze romane, Sarcofago, marmo, fine II-inizi III secolo, Monreale, Museo Diocesano.

Riferibile a botteghe romane della fine del II e l’inizio del III secolo, è istoriato sul recto, privo di coperchio e relativo a sepoltura infantile. Il bassorilievo rappresenta la gara di quattro brighe guidate da amorini. La corsa si svolge in un circo, come dimostrano alcuni inconfondibili elementi che corredano la scena, ovvero le metae a tre coni, poste alle estremità del muro attorno a cui si effettuavano i giri previsti dalla gara, e le sette uova, tolte una per volta ad ogni compimento del giro di pista. Dei carri in corsa, il primo si rovescia sbalzando l’auriga dal cocchio[18].

Nella Lamina II Prospettiva esteriore della Parte Occidentale Settentrionale della Metropolitana di Morreale (Fig. 5), opera del Lazzara, si rileva che

“sopra il Portico [laterale] tra gli ornati de’ Merli vi stà collocata in nicchio decorato un’Imagine della Vergine Santissima postavi dall’Arciv. Lodov. Torres[19].
5. Gaetano Lazzara, Lamina II Prospettiva esteriore della Parte Occidentale Settentrionale della Metropolitana di Morreale, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.
6. Ambito gaginiano, Madonna col Bambino, marmo, prima metà del XVI secolo, Monreale, Museo Diocesano

Parrebbe trattarsi della scultura di ambito gaginiano raffigurante la Madonna col Bambino, attualmente custodita nella sala del Rinascimento al Museo Diocesano[20], il cui marmo mostra evidenti segni di esposizione agli agenti atmosferici (Fig. 6). Nel 1835 la statua risulta ancora collocata sul portico del Duomo, come documentato da un’incisione pubblicata sul volume di Jacques Ignaz Hittorff e Ludwig Zanth Architecture Moderne de la Sicilie, sopravvivendo al rovinoso incendio del 1811 che interessò i tetti della Cattedrale. La matrice documenta anche lo stato di abbandono del Dormitorio dei benedettini, raffigurato privo del soffitto, e la condizione originaria della torre sud della Cattedrale con la copertura conica non più esistente. Il portico principale della Basilica, ripreso di sbieco e che si intravede appena nell’incisione, non è quello che si ammira oggi. La facciata principale della Cattedrale di Monreale fu sin dall’inizio concepita con la presenza di un portico e, nelle osservazioni dei Regi Visitatori del Cinquecento, esso è indicato come elemento architettonico in precarie condizioni e bisognoso di restauro[21].

Lo descrive Del Giudice:

“Sotto li tre Archi sostenuti da quattro Collonne, nel primo ingresso dell’Atrio, sono in cinque tondi cinque Imagini di Santi per Arco. Non ne comparisce il loro Nome. Nel Muro di fronte la Porta Maggiore (…) sono due Angeli, e certamente sono S. Michele, e S. Gabriele (…). Li Quadri di Mosaico sono alla destra. E sinistra parte della Porta Maggiore, e seguitano nelle Mura ai lati. Vi sono dipinte le azioni più principali della Vita della Vergine Santissima[22].

Già nel 1633 il portico era stato restaurato e impreziosito dalle pitture del monrealese Pietro Novelli per volere del Cardinale Cosimo Torres[23] ma nel 1770 l’Arcivescovo Francesco Testa ne commissionò la ricostruzione dopo il crollo della struttura preesistente. Il progetto del sacerdote monrealese Antonino Romano fu affidato al palermitano Ignazio Marabitti e completato nel 1777 con il grande stemma di marmo, sormontato dalla corona borbonica e fiancheggiato da due putti, posto sull’arcata centrale del portico, rimosso un secolo dopo per ragioni di sicurezza[24] e oggi esposto sotto la loggia d’ingresso alla Basilica (Fig. 7).

7. Ignazio Marabitti, Stemma borbonico con angeli, marmo, 1777, Monreale, Cattedrale.

La Lamina III Prospettiva esteriore della parte Orientale, cioè della Tribuna, e Cappelle collaterali della Metropolitana, con la veduta del Palazzo Arcivescovile di Morreale (Fig. 8), firmata da Gaetano Lazzara, consente la visione dei portici del Palazzo, i già citati loggiati voluti nel Cinquecento dall’Arcivescovo Ludovico I Torres e aboliti nella prima metà del XIX secolo, ribadisce l’abbandono in cui versa l’attiguo Dormitorio benedettino dal tetto scoperchiato e indica la presenza della fontana nel cortile, cui si accennava.

8. Gaetano Lazzara, Lamina III Prospettiva esteriore della parte Orientale, cioè della Tribuna, e Cappelle collaterali della Metropolitana, con la veduta del Palazzo Arcivescovile di Morreale, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Si tratta del Sarcofago in marmo bianco convenzionalmente considerato il primo sepolcro che ospitò le spoglie mortali di re Guglielmo II, anche se le fonti riferiscono di una sua originale sepoltura sul pavimento della Cattedrale[25], accanto alla tomba in porfido del padre Guglielmo I. L’opera, che si colloca alla metà del III secolo, è ornata da strigilature convergenti al centro e ai lati presenta un leone scolpito che atterra un asino (Fig. 9).

9. Maestranze romane, Sarcofago, marmo, metà III secolo, Monreale, Museo Diocesano.
10. Maestranze siciliane, Stemma dell’Arcivescovo Domenico Benedetto Balsamo, marmo, 1816-1844, Monreale, Museo Diocesano

Durante i citati lavori di risistemazione del Palazzo Arcivescovile, commissionati a metà dell’Ottocento dall’Arcivescovo Balsamo, fu realizzato uno stemma in marmo per essere posto sopra il sarcofago trasformato in fontana e ubicato nel giardino del Palazzo. Lo stemma, in esposizione al Museo assieme al sarcofago, è circondato dall’iscrizione AUGUSTOS CINERES VILLELMI HÆC URNA MANEBAT HUNC SALUTEM FONTEM CONDECORARE DATUM[26] (Fig. 10). Questa matrice, dunque, è l’unico documento che mostra il riutilizzo del sepolcro quale fonte per adornare il giardino del Vescovo.

D’altra parte, la pratica di riciclare nell’uso manufatti antichi non è nuova né inusuale: i sarcofagi, con la loro tipica forma a vasca, bene si adattavano a conche per la raccolta dell’acqua zampillante da cannule, trasformandosi così in fontane.

La descrizione di edifici e spiazzi attorno alla Basilica normanna, riportata sulla matrice, restituisce un’immagine molto diversa dalla condizione attuale. Tutto il complesso monumentale, tra Palazzo Arcivescovile, Duomo e Seminario, godeva di ampi spazi circostanti che consentivano una maggiore fruizione visiva dei monumenti, a partire proprio dalla ricca cromia esterna delle absidi. L’odierna via Arcivescovado, che costeggia la parte posteriore del Duomo e le alte pareti del giardino del Palazzo Arcivescovile, era in parte costituita da una scalinata, che partiva dalla relativa porta d’accesso, e da una stradella che collegava il quartiere della Ciambra al non più esistente convento dei Cappuccini. Lo si vede chiaramente anche nella litografia di Andrea Terzi pubblicata nel 1859 da Domenico Benedetto Gravina.

Nella Lamina IV Pianta della Metropolitana Basilica di Morreale (Fig. 11), realizzata da Lazzara, “s’incomincia (…) a distinguer le parti[27] della Basilica.

11. Gaetano Lazzara, Lamina IV Pianta della Metropolitana Basilica di Morreale, dal volume di Michele Del Giudice, 1702.

Al n. 12 si legge:

“Luogo fino a tempi moderni disegnato per il Solio Arcivescovale, circondato per tutto da Mura, con tavole di marmo, scolpite a cartocci ne’ recinti, e nel mezzo à Mosaico. Si suppone essere ivi i Scalini, acciò gli Arcivescovi e gli altri Ministri non voltassero mai le spalle al Solio Reale, che stà dirimpetto. Malamente però sarebbe stato contentarsi più tosto voltassero le spalle all’Altare. Quindi ragionevolmente potrebbe supporsi essere stato questo luogo l’Ambone usato anticamente in tutte le Chiese (…). E se il Lelli ne mette il luogo al principio del Coro sopra la Cappella di San Giovanni Battista (…) ben può supporsi esservi stato poi trasferito l’Ambone[28].

Michele Del Giudice, in opposizione a quanto sostenuto fino a quel momento dall’analisi descrittiva del Duomo pubblicata da Lello[29], ipotizza che il soglio vescovile, posto di fronte a quello del re, fosse in realtà la sede originaria dell’ambone della chiesa, poi trasferito sopra la cappelletta con il fonte battesimale e infine abolito in epoca successiva. Il cosiddetto “Pavimento del Coro” al n. 17 della lamina “tutto di marmo, lavorato con maestrevole intreccio di fregi, e cordoni di Mosaico, che chiudono tavole rotonde di Porfido[30] risulta privo dell’altare centrale, commissionato solamente nel 1898 dall’Arcivescovo Domenico Gaspare Lancia di Brolo[31]. Delle otto colonne in porfido, quattro per lato, citate nella descrizione della lamina [32] al n. 19, volute a metà del XVII secolo dall’Arcivescovo Ludovico Alfonso Los Cameros, non rimane traccia essendo stata più volte modificata quella sezione della Cattedrale. Interessante, invece, è ciò che si legge a proposito dell’altare dedicato a San Girolamo, già ubicato nel transetto nord della chiesa:

“E qui è da notarsi, che in tutti i Mosaici della Chiesa, dove sono copiosi Santi latini, S. Girolamo non vi hà luogo, per la contrarietà contratta da Greci con questo Santo per la sua Versione della Bibbia dall’Ebreo, per la quale ne restò sventato il fasto Greco, col quale vantavansi, che presso loro solamente erano le Sacre Scritture[33].

L’altare era impreziosito da “una tavola di marmo (…) di assai lodevole lavoro[34] oggi esposta nella Sala del Rinascimento del Museo Diocesano[35] (Fig. 12).

12. Antonello Gagini (attr.), San Girolamo penitente, marmo, inizi XVI secolo (1508?), Monreale, Museo Diocesano.

Il rilievo marmoreo con la raffigurazione di San Girolamo penitente è attribuito ad Antonello Gagini. L’opera, che ritrae il Santo eremita nel deserto, è caratterizzata dall’equilibrato impianto dell’acefala figura centrale, dall’attenta resa prospettica e dal pittoricismo dello sfondo, peculiarità queste che ricordano le impostazioni sceniche delle tribune di Antonello. L’altare dedicato al Dottore della Chiesa fu poi rimosso come le due tombe vicine, indicate in pianta con i numeri 25 e 26, di cui si dirà più avanti. Il numero 36 indica i gradini che consentono l’accesso al presbiterio e mostra la presenza dello stemma dell’Arcivescovo Ludovico Alfonso Los Cameros[36], alla guida della Diocesi dal 1656 al 1668. Annota in proposito Del Giudice:

“Questa Chiesa era fabricata nel Coro, secondo l’antico Rito, con le mura, che lo dividevano dalla Nave. E benché vi si potesse così ammirare da’ più eruditi un ultimo vestigio dell’antica disciplina ecclesiastica; essendosi però, per maggior decoro, mutate in altre chiese quelle prime forme di sacre usanze, parve al nostro Arcivescovo [Los Cameros], doversi questa Chiesa uniformarsi con tutte l’altre di nova struttura, le quali dal primo ingresso presentano agli occhi de’ Fedeli, tutta insieme visibile, la rilevata, e venerabile Maestà dell’Altare, e del Santuario. Ottenutane la licenza da’ Regi Ministri, vi levò le mura, ch’erano avanti al Coro, e ancora alle parti dell’ali, e allargandone il suo piano, con magnifica scalinata di marmo, lo chiuse solamente dalla nave, con una ricca cancellata d’ottone dorato. Ne resta ivi nel pavimento la memoria con questo scritto: ‘Ludovicus tertius de los Cameros hujus Sanctæ Metropolitanæ Ecclesiæ Archiepiscopus et Abbas, disiectis ex hoc locum Parietum septis, Chorum reclusit, cancellis muravit, et odoeis hinc inde impositis exornavit anno M.DC.LIX’[37].

La nuova vista della Cattedrale dal fondo della chiesa fino all’abside maggiore, pur modificando sensibilmente l’idea originaria di chi la volle, dovette certamente impressionare i fedeli catturandone l’ammirato stupore e consentendo di contemplare la grandiosità del Pantocratore mosaicato. L’Arcivescovo Los Cameros non esitò, quindi, a far abbattere i muri che separavano il presbiterio dalle navate, facendoli sostituire da una ricca cancellata traforata per una visione totale della monumentale Basilica. Le iscrizioni e lo stemma, realizzati sul pavimento a memoria di questa trasformazione sono andate perdute ma la matrice in esame li documenta posti immediatamente sotto al gradino del presbiterio[38].

Continuando l’analisi della quarta lamina, segnata dalla progressione numerica, ci si accorge che, a partire dal n. 37 (e precisamente quando si indicano gli stemmi marmorei sul pavimento della navata centrale), si crea una discrepanza tra ciò che viene indicato dal numero cardinale e quello che viene descritto[39]. Un errore, ad oggi mai evidenziato, che non agevola l’identificazione degli ambienti. Addossati alla parete d’ingresso della Cattedrale sono segnati in pianta quattro altari, due a destra e due a sinistra della porta del Paradiso, non più esistenti. A sinistra vi era un altare

“dove prima era l’Imagine del Santissimo Crocefisso, che oggi è nella Cappella fabricatavi da Monsignor D. Giovanni Roano, al presente dedicato a S. Cristofalo[40]

ossia il Crocifisso ligneo che domina l’eponima cappella barocca all’interno della Basilica (Fig. 13),

13. Scultore spagnolo di cultura valenzano-andalusa, Crocifisso, legno policromo, seconda metà del XV secolo, Monreale, Cattedrale, Cappella del Crocifisso.

e

“Altare dedicato alla Santissima Vergine, & ai Santi Crispino, e Crispiniano, dove è una Tavola di pittura assai antica, di assai ben inteso colorito[41].

Si tratta del dipinto con la Madonna in trono col Bambino e i Santi Crispino e Crispiniano (Fig. 14), esposto al Museo Diocesano, attribuibile a Girolamo Paladino e che presenta numerosi spunti di raffronto con i modi di Mario di Laurito[42].

14. Girolamo Paladino (attr.), Madonna in trono col Bambino e i Santi Crispino e Crispiniano, olio e tempera su tavola, fine XVI-inizi XVII secolo, Monreale, Museo Diocesano.

A sinistra vi era un “Altare dedicato alla SS. Trinità, dove è consimile tavola antica, e di buon colorito”, opera ad oggi non meglio identificata, e un altro

“Altare freggiato di Maruni rossi dalla devozione di D. Francesco Guarnieri, già Arcidiacono di questa Chiesa, e Vicario Generale nella Sede vacante dopo l’Arcivescovo Venero nel 1628. Era il detto della Città di Taormina, e devoto ad una Imagine della Beatissima Vergine col Bambinello in braccio riverita nella sua Patria, ne fece fare Copia, e dedicogli questo Altare, dotandolo di un congruo benefizio (…). Questa Imagine, essendo dipinta di color fosco, è chiamata volgarmente S. Maria la Bruna, comparendo speciosissima alla devozione del Popolo, che ne conseguisce spesse Grazie[43].

Michele Del Giudice indica l’Arcidiacono Guarnieri (ovvero Raineri) quale committente della tavola raffigurante la Madonna Bruna, la celebre icona detta “di Guglielmo”, datata dopo l’ultimo restauro alla metà del XIII secolo[44], ma Gaetano Millunzi puntualizza in proposito che

“Dal sapersi che il Taormitano D. Francesco Raineri (…) restaurò l’altare di questa Madonna e lo dotò di un annuo benefizio, l’Abate Giudici argomentò che anche il quadro fosse stato dipinto per ordine suo, mentre per ordine suo fu solo restaurato[45] (Fig. 15).
15. Pittore meridionale, Madonna Odigitria, metà del XIII secolo, Monreale, Cattedrale.

Nella Lamina V Veduta della mezza Chiesa di Morreale del lato sinistro per cui entra, a man destra dell’Altare Maggiore (Fig. 16),

16. Gaetano Lazzara, Lamina V della Veduta della mezza Chiesa di Morreale del lato sinistro per cui entra, a man destra dell’Altare Maggiore, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

sulla quale è inciso Gaet. Lazzara des. et inc. e che è costituita da due sezioni, si evince la presenza dell’organo

“fatto fabricare di nuovo dall’Arcivescovo D. Luigi Alfonso de los Cameros, e per accrescere l’armonia ne’ musicali concerti, e per fare eguale ornamento sotto il vacui di questi grandi Archi del Coro; havendovi dall’altro lato collocato l’Organo antico fatto ne’ tempi dell’Arciv. Card. Borgia[46].

Prosegue Del Giudice:

“Levò l’organo da dove era (…) e lo collocò sotto l’Arco maggiore della Cupola del lato sinistro; e prima di partirsi, ne fece fabricare un’altro di egual grandezza (…) e artificio, e riposelo dall’altro lato destro sotto l’Arco, aggiungendovi spaziosi lettorini di marmo, e tavole di porfido, per li Musici (…). Dietro il predetto Organo se ne legge di tali magnifiche opere onorato ricordo. ‘Ludovicus Alphonsus de los Cameros hujus Metropolitanæ Ecclesiæ Archiepiscopus et Abbas, amantissimus Suæ Sponsæ, Regium hoc Tempum jam antea antiquitate obumbratum, difruptis parietibus intermediis, vivaciori luce illustravit. Polvere decoloratum, profusis balneis extersit, et musivum opus vetustatein multis partis denudatum instauravitæ. Misicæ hæc Pergama exuxit Nume deum ad novas Nuptias, ducentibus merti vocatus, novum hoc Organum veteri addidit; ut dolentis Sponsæ lacrymas temperaret, ac Sponsi amorem perenni Echo Templum omne refonaret. Anno Domini M.DC.LXVIII’[47].

La lamina, riproducendo l’opera, rimane l’unica testimonianza dell’organo commissionato da Los Cameros, impreziosito da volute, elementi fitomorfi, puttini e stemmi del committente, di cui faceva verosimilmente parte la coppia di pilastrini con l’emblema dell’Arcivescovo, oggi esposta al Museo Diocesano[48].

Già nell’intitolazione, la Lamina VI Veduta della Chiesa, come era anticamente nella Porta del Coro (Fig. 17), realizzata da Lazzara e l’unica datata in basso 1698, indica una argomentazione su elementi architettonici non più esistenti o smembrati e trasferiti già alla fine del Seicento.

17. Gaetano Lazzara, Lamina VI Veduta della Chiesa, come era anticamente nella Porta del Coro, matrice calcografica di rame, 1698, Monreale, Cattedrale.

Puntualizza il Del Giudice, infatti:

“S’è veduta nelle lamine precedenti la forma, come è la Chiesa al presente. Si vede in questa come fù fabricata dal Rè Guglielmo II (…) vi si vedono altre particolarità aggiunte in altri tempi”[49]. Occorre soffermarsi, ad esempio, sui due altari visibili sulla matrice, quello di San Paolo, rinnovato durante l’episcopato di Giovanni Roano e di cui si dirà a breve, e quello maggiore “tutto marmoreo, e lavorato nobilmente; come era anticamente[50]

rifatto a metà del Settecento per volontà dell’Arcivescovo Testa dall’orafo romano Luigi Valadier[51]. La matrice calcografica documenta anche la condizione strutturale del “Battisterio, e Cappella di San Gio. Battista tra Colonne di Porfido[52] prima dell’intervento apportato da Ludovico II Torres alla fine del Cinquecento. Il porporato, spinto dalle direttive del Concilio di Trento di diffusione della fede e dalle finalità pastorali, attuò una serie di modifiche alla Cattedrale ispirato alle disposizioni tridentine che giustificavano il riassetto dei luoghi di culto a favore della loro funzionalità e la rimozione di tutti gli elementi che rendevano disagevole l’attuazione dei riti liturgici[53].

Il Torres modificò, pertanto, la cappella del Battista, trasferì il mosaico con l’immagine a mezzo busto del Protomartire e la statua bronzea di San Giovanni, attribuita a Jacopo Laurentiani [54], in una nicchia nella navata destra della Basilica, dove è visibile ancora oggi, e spostò il fonte battesimale collocandolo tra la terza e la quarta colonna della navata [55], proprio dove da qualche tempo è stato riposizionato. Sulla lamina si vedono inoltre le porzioni di parete che dividevano le navate dal presbiterio, eliminate – come riferito – nel 1659 dall’Arcivescovo Los Cameros. La matrice presenta pure l’organo, non più esistente, voluto nel 1503 dal Cardinale Giovanni Borgia[56] e la struttura originale delle due tombe reali, site nella navata laterale del Duomo[57]. Sono visibili, infatti, sia il baldacchino in porfido del sepolcro di Guglielmo I, poggiante su sei colonne di cui si conservano frammenti in parte esposti al Museo Diocesano, sia le colonnine culminanti con sfere che affiancavano il cinquecentesco sarcofago di Guglielmo II, sollevato dal piano del pavimento da due gradini[58].

Nella Lamina VII Cappella laterale a man destra di S. Paolo, siglata G. LZR des. et inc. (Fig. 18), Michele Del Giudice precisa:

“S’è veduto nella lamina precedente (…) com’erano anticamente questi Altari, o Mense; (…) In progresso di tempo in questa di S. Paolo vi si pose la Custodia, per conservarvi la SS. Eucaristia; in quella di S. Pietro l’imagine scolpita in legno della Beatissima Vergine del Popolo[59].
18. Gaetano Lazzara, Lamina VII Cappella laterale a man destra di S. Paolo, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

L’Arcivescovo Giovanni Roano fece rinnovare i due altari delle absidi minori del Duomo, inserendo lo stile barocco all’interno del monumento normanno. Sia l’altare del Sacramento a sinistra che quello della Madonna del Popolo a destra sono affini negli elementi architettonici e decorativi generali. Forme, colori e intarsi lapidei sono simili per entrambi gli altari; uguale è la composizione strutturale che vede la coppia di colonne di porfido sorreggere l’aggettante trabeazione, completata da putti, volatili ed elementi vegetali; la sezione inferiore è chiusa dalla balaustra costituita dalla serie di colonnine in porfido rosso, aperta al centro per il varco d’accesso, ed ornata dallo stemma dell’Arcivescovo committente. L’altare del Sacramento ospita il tabernacolo ligneo dalla forma di piccolo edificio centrico con cupola [60].

L’altare dedicato alla Madonna del Popolo che accoglie, entro una nicchia, il simulacro ligneo della Vergine commissionato a metà del XV secolo dal Cardinale Ausias de Spuig[61] è raffigurato nella Lamina VIII Cappella laterale a man sinistra di S. Pietro (Fig. 19), realizzata ancora da Lazzara.

19. Gaetano Lazzara, Lamina VIII Cappella laterale a man sinistra di S. Pietro, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Sopra la trabeazione è posta la grande corona sostenuta da due putti e affiancata, in asse con le colonne, da due grandi vasi. Gli zoccoli delle colonne recano l’iscrizione JOES ROANO/ AR.PVS., mentre in prossimità dei capitelli, entro cartigli, sono raffigurate dodici stelle gialle in campo nero. Nei pennacchi curvilinei della nicchia sono intarsiati il Sole e la Luna e al di sotto delle basi delle colonne si vedono la torre accompagnata dall’iscrizione ARMATURA FORTIUM e la fontana con il motto SALIENTIS IN VITAM. Il paliotto, ornato da volatili, corolle di fiori e riccioli vegetali, presenta al centro il monogramma mariano coronato[62]. Le due matrici che raffigurano gli altari differiscono solo in alcuni dettagli dall’esecuzione finale. Vale la pena soffermarsi ad osservare l’immagine della Madonna del Popolo raffigurata abbigliata, secondo la tradizione locale. Per secoli, infatti, la Vergine fu vestita con preziosi tessuti e solo dopo il restauro del 2000 i fedeli ne hanno conosciuto la sagoma lignea celata dai ricchi paludamenti.

Quello dei sepolcri all’interno del Duomo è un argomento in parte già trattato da Del Giudice nelle lamine IV e VI, rispettivamente per l’altare di San Luigi IX[63], che ne custodisce le reliquie, e le tombe dei re Guglielmo I e II[64]. La Lamina IX Sepolcri, che sono nella Metropolitana di Morreale (Fig. 20), il cui autore rimane ignoto, integra e completa la descrizione delle urne[65].

20. Incisore siciliano, Lamina IX Sepolcri, che sono nella Metropolitana di Morreale, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Nel transetto nord della Basilica, oltre al citato altare dedicato al re di Francia, vi è un sepolcro di marmo bianco e

“nel mezzo v’è scolpito un Delfino avvolto all’Ancora: Simbolo proporzionato alla maturità, che si scorse nella vita de’ Principi qui sepolti (…). Sono alli due lati due Donne mature, vestite, che lottano con due Genj nudi, e può supporsi siano le Parche”[66].

Qui giace Ruggero, primogenito di Guglielmo I, morto a nove anni nel 1161. Dell’altro sepolcro in marmo bianco, posto sulla stessa parete, scrive Del Giudice:

“per le figure, che vi sono scolpite, non è inverisimile, esservi dentro il Principe Enrico. Vedesi nel mezzo una medaglia rotonda con figura di Donna matura, con manto su le spalle alla Romana, tiene in mano un’involto chiuso. Forse è una delle Parche (…). Ad ogn’uno de i lati evvi un Leone, che sbrana un Cavallo[67].

La tomba della regina Margherita, madre di Guglielmo II, è in porfido e ornata da elementi musivi. Non più esistenti sono gli ultimi due sarcofagi annoverati da Michele Del Giudice e unicamente documentati dalla matrice in esame. In quello che custodiva le spoglie dei primi due Arcivescovi Monaci Fra’ Teobaldo (a Monreale negli anni 1176-1178) e Fra’ Guglielmo (a Monreale dal 1178 al 1189), in marmo bianco

“alli lati vi sono due Leoni, che devorano due Agnelli, significanti la mansuetudine Religiosa de’ Sepolti (…). Sono scolpite di mezzo rilievo in fronte alle Cassa le quattro Stagioni[68].

Quello che ospitava gli Arcivescovi Paolo de’ Lapi (in carica dal 1379 al 1407) e Giovanni Ventimiglia (a Monreale dal 1418 al 1449), più tardo nella composizione decorativa, era ornato al centro con l’immagine di Cristo e ai lati erano due geni con canestri di fiori. In alto, ciascuno entro un elemento ogivale, erano le figure di un angelo, della Madonna col Bambino, di un Vescovo, ancora di un angelo[69].

Il portone principale della Cattedrale detto “Porta del Paradiso” fu realizzato in bronzo nel 1186 da Bonanno Pisano[70]. I battenti, ripresi nella Lamina X Imposte di Bronzo della Porta Maggiore da incisore siciliano, sono ornati da formelle istoriate con episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, di ispirazione classica, bizantina e con riferimenti ai bronzi renani. Sono inseriti tra le cornici architettoniche del portale, chiusi esternamente da una fascia ornata da foglie d’acanto che si alza verticalmente su entrambi i lati e forma in alto un timpano triangolare. Tutto il portale era concepito come preparazione alla visione dello splendore interno della Cattedrale.

Le Lamine XI, XII, XIII, XIV, XV Mosaici della Nave, che esprimono l’Istorie della Sacra Genesi, tutte firmate Michael Pinzellus des. et inc., descrivono i mosaici realizzati su due ordini nella navata centrale del Duomo (Fig. 21).

21. Michele Pinzello, Lamina XIV Mosaici della Nave, che esprimono l’Istorie della Sacra Genesi, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Annota Del Giudice:

“Concessa da Dio, cooperandovi la Pietà del gran Costantino ne’ principii del quarto Secolo la sua libertà alla Chiesa, incominciarono con più sicurezza i Fedeli, ad esporre nelle Chiese, per universal documento, ad essempio le Sacre Imagini delle Istorie de’ due Testamenti, o delle Figure de’ primi Eroi, e Santi del Paradiso”[71]. E continua “sono nel giro delle Mura della Nave, incominciando (…) dal lato destro per cui entra nella Chiesa in 42 quadri, collocati in due ordini, rappresentate a mosaico in fondo d’oro bona parte delle Istorie della Sacra Genesi, dalla Creazione del Mondo, fino alla lotta di Giacobe con l’Angelo”[72].

La mano di Pinzello, pur non raggiungendo l’eleganza esecutiva di Lazzara, ripropone fedelmente sulla lamina l’immagine musiva, tentando di riportare sul metallo anche gli elementi decorativi per così dire secondari, nonché tutti gli ornati che incorniciano le scene.

Interessante è quanto emerge dallo studio delle Lamine XVI, XVII e XXVI, tutte prive di firma. Esse mostrano una parte della serie di angeli e santi raffigurati nella Basilica (Fig. 22), ripresi non in successione fedele, e le due scene con l’incoronazione di Guglielmo II per mano di Cristo e con l’offerta della Cattedrale da parte del re alla Vergine.

22. Incisore siciliano, Lamina XVI Angeli e Santi, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Circa l’iconografia impiegata, precisa Del Giudice:

“N’era il disegno senza altro atteggiamento, che il solo venerabile e maestoso. Tutti vestiti, senza scoprire minima parte di nudo, né anco nelle figure di Angeli, e del Bambinello Cristo S.N. Gli abiti erano conformi ad ogni grado di santità, e solo diversi nella diversità dello stato loro, nel quale meritano l’eterna Beatitudine. Tutti in un modo di santi Vescovi, similmente sempre di un modo i Santi solo Sacerdoti, o Confessori, o Martiri (…). Le insegne, che gli mettevano nelle mani non erano ordinariamente le proprie secondo i fatti più illustri delle loro vite, ma le dovute a tutti della medesima Professione, ò stato di vita: come l’incensiere a tutti i Diaconi, il libro a’ Confessori, la Corona a’ Martiri. Sopra ogni Imagine vi scrivevano per inviolabile regola il Nome del Santo, che rappresentava, stimando abuso grandissimo riverire Imagini ignote[73].

La minuziosa descrizione dei Santi realizzata da Del Giudice[74], oltre a dilungarsi sul loro abbigliamento, sulle tipologie delle vesti, dei colori, degli elementi simbolici, delle capigliature e delle barbe, e ad elencare in ordine alfabetico tutti i personaggi raffigurati, si sofferma anche sulla Lamina XXVI chiarendo:

fù errore dello Scultore [che rimane anonimo perché, come accennato, la matrice non è firmata] di segnar col num. 26 questa lamina, che doveva essere del num. 18 sia l’avvertenza per legarla al libro appresso della lamina XVII”[75].

Estremamente meticoloso nella cura del prezioso volume, Michele Del Giudice ammise l’inesattezza dell’incisore nel realizzare la lamina XVIII, erroneamente segnata con il numero XXVI. Ma i soggetti della matrice in esame, in realtà, non sono strettamente legati agli ornati del Duomo di Monreale e la lamina

“Contiene molte Figure, levate da’ libri diversi, per dilucidazione maggiore, & essemplare di quel, che si è osservato sopra gli Abiti delle Imagini de’ nostri Mosaici[76].

Una lamina, dunque, che, pur contenendo un errore, mantenne la funzione didascalica ed esplicativa e servì a confrontare l’iconografia delle figure di santi rappresentati a Monreale con quelle di scene realizzate in altre chiese[77]. Un secondo errore fu evidenziato dallo stesso Del Giudice a proposito delle lamine XVI e XVII. Nella descrizione della matrice XVI si legge:

“Num. 21 Quest’Imagine è di S. Maria Maddalena, e per errore vi fù scolpito il Nome di S. Agata. l’Imagine di S. Agata è nella lamina seguente al n. 22”[78].

I nomi delle due sante risultano invertiti anche se, come riferito, la sequenza delle raffigurazioni dei personaggi sulle matrici non segue fedelmente quella dei mosaici e pertanto l’errore difficilmente salta agli occhi.

Con la Lamina XVIII Mosaici del Coro, che esprimono l’Istorie del Novo Testamento, priva di firma, inizia il racconto della vita di Gesù[79] diviso in sedici scene, dall’annuncio a Zaccaria della nascita del figlio Giovanni, Precursore di Cristo, a Gesù adolescente ripreso nel tempio. Lamenta Del Giudice che il riquadro numero 9 della matrice, con i Magi in viaggio verso il Bambinello guidati dalla stella, “è assai infelice nel disegno (…), nel quale li Cavalli camminano per aria, & essendo tre con soli nove piedi, come qui stanno copiati”[80] (Fig. 23).

23. Incisore siciliano, Lamina XVIII Mosaici del Coro, che esprimono l’Istorie del Novo Testamento, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale, part.

I tre Re, dunque, non sono correttamente inseriti nel contesto paesaggistico stilizzato così come musivamente raffigurato e i cavalli mancano di alcune zampe. Salta subito agli occhi la differenza di esecuzione con le matrici già esaminate e siglate con la firma che ne certifica la paternità: le opere presentano abissali differenze grafiche, suggerendo la probabile mancanza di un progetto unitario e coordinato nella realizzazione delle lamine.

Che l’affidamento iniziale fosse stato dato a Lazzara è fuori di dubbio, ma poi cosa accadde? Perché subentrò Pinzello ? E chi non firmò le lamine rimanendo anonimo che ruolo aveva ? Un apprendista inesperto ? Un giovane aiuto di bottega ? Ci fu forse un’improvvisa accelerazione nella consegna delle opere ? Probabilmente l’età avanzata del committente Roano impose una velocizzazione dei lavori al fine di pubblicare il volume prima della dipartita del prelato. In effetti, il libro fu edito nel 1702 e Giovanni Roano morì il 5 giugno 1703 all’età di 85 anni. Potrebbe essere questa la spiegazione alla realizzazione tanto sommaria di alcune matrici. Tutte le immagini delle storie della vita di Gesù risultano piatte e bidimensionali e mostrano errori che già Del Giudice non manca di evidenziare nel testo, chiaramente disturbato dall’esecuzione superficiale dell’incisione.

Ma l’analisi critica di Del Giudice riguarda anche la raffigurazione musiva, trasferita di conseguenza alle lamine. Egli scrive:

“V’è da osservarsi, che né in questo, né nel quadro seguente [i Magi] hanno insegna Reale, contro la comune opinione ricevuta dalla Chiesa (…). Evvi ancora notabile, che tutti tre sono di color bianco: non ammisero quegli Artefici la moderna, e non da tutti ricevuta tradizione, che ve ne fosse uno Etiopo, Re di Cranganor, o di Ceilan nelle Indie Orientali, di color nero[81].

Osserva ancora l’Autore che nel riquadro numero 10 della matrice raffigurante l’Adorazione dei Magi, Gesù è ripreso ben più grande di tredici giorni

“forse furono dell’opinione (…) che [i Re] vi fossero venuti dopo l’anno. È sostenuto [Gesù Bambino] dalla gran Vergine Madre, che siede sopra un pogiolo avanti pezzi di Architettura, che niente si confanno con la Spelonca, e Stalla di Betlemme, ove il ricercato Rè fece trovarsi. Si condoni tutto all’imperizia de’ buoni Pittori, si come nell’haver disegnati li Vasi de’ presenti in forma di Corone[82]

al posto dei consueti cofanetti per oro, incenso e mirra (Fig. 24).

24. Adorazione dei Magi, mosaico, Monreale, Cattedrale.

Del Giudice lamenta ancora la statura di Gesù raffigurata durante la Fuga in Egitto, nel riquadro 14, che, ad un anno di vita, gli consente addirittura di stare seduto sulle spalle del padre[83].

Il racconto della vita di Gesù prosegue nella Lamina XIX Istorie del Novo Testamento, ancora priva di firma e divisa in quattordici scene, che inizia con la raffigurazione delle Nozze di Cana fino al Miracolo della guarigione dell’idropico[84]. Oltre a far notare l’errore di raffigurazione della corona d’oro sul capo della sposa invece di una di fiori, nel primo riquadro della matrice, Michele Del Giudice si scusa per

“il disegno nel veder Cristo tutto sommerso, e trasparente nell’acque. Non seppero esprimerlo d’altra maniera gli più antichi Maestri[85] (Fig. 25).
25. Battesimo di Gesù, mosaico, Monreale, Cattedrale.

La raffigurazione del Battesimo di Gesù, criticata dall’Autore per le nudità appena celate, ricorda quella miniata nel Menologio di Basilio II, redatto a Bisanzio nel X secolo e custodito presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, che evidenzia invece una citazione colta da parte degli artisti che lavorarono alla decorazione musiva del Duomo. Del Giudice, inoltre, precisa:

“Non essendo le Istorie degli Evangelj espresse ne’ nostri Mosaici così ordinatamente, che se ne possa seguire la serie della Vita di N.S. Gesù Cristo, secondo gli anni della sua Predicazione, s’è dovuto nel più possibile modo accomodarsi all’ordine delle Pareti, ove sono dipinte (…) s’è dovuto avvertire (…) che qui non si scrivon Cronologie, ma si osservan Mosaici[86].

Nella matrice manca, peraltro, la scena della Guarigione della figlia della Cananea, presente invece tra i mosaici, l’ennesimo errore dell’ignoto incisore.

Nella Lamina XX Mosaici del Novo Testamento, non firmata e suddivisa in undici scene, si procede ancora con la narrazione della vita pubblica di Gesù dal Miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci alla Trasfigurazione sul monte Tabor[87], con continuazione nella Lamina XXI Istorie del Novo Testamento, perfettamente sezionata in nove riquadri tutti uguali e ancora priva di firma, che presenta le scene dal Miracolo della resurrezione di Lazzaro al Bacio di Giuda [88]. In questa matrice, Del Giudice si sofferma sulla prima immagine nella quale i mosaicisti

“osservarono il modo, e la forma del sepellir degli Ebrei. E prima, le loro Sepolture erano incavate nella pietra, nella quale, come in ben formata Stanza, s’entrava, e riponeansi i Cadaveri sopra pogioli (…). La maniera di curare i Cadaveri, prima di sepelirli, lavandoli, ungendoli, e fasciandoli strettissimamente co’ preservativi di preziosissimi aromati, gli Ebrei la tolsero dagli Egizj, primi inventori, e singolarissimi Artefici di tal pietoso ufficio a’ Defunti (…). Nel farvi però il volto [di Lazzaro] scoverto, è contro l’Istoria dell’Evangelio[89].

Nella Lamina XXII Istorie del Novo Testamento sono raffigurate nove scene, da Gesù condotto davanti a Pilato al Noli me tangere[90]. Nell’analisi della matrice, di ignoto autore, Del Giudice si sofferma sulla seconda raffigurazione, ovvero la moglie di Pilato che manda un servo dal marito affinché liberi Gesù, rimarcando che “per impulso Celeste si fossero procurati anco nel feminil Sesso Testimonj all’innocenza di Cristo, per farne quindi più inescusabili l’iniquità degli Accusatori, e la debolezza del Giudice”[91].

26. Incisore siciliano, Lamina XXII Istorie del Novo Testamento, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale, part.

L’Autore descrive anche l’iconografia della Crocifissione (Fig. 26), con la croce provvista di base sulla quale poggiano i piedi di Gesù, inchiodati separatamente e definisce la raffigurazione di Cristo con il capo privo della consueta corona di spine

“contro il sentimento, & essemplare universale de’ Fedeli, e delle Pitture (…). Già conficcato Cristo in Croce, gli posero per ultimo, ed ineffabile suo tormento la Corona di Spine quasi fin sopra degli occhi[92],

un errore clamoroso, a suo dire, non raffigurarla nei mosaici.

Nei nove riquadri della Lamina XXIII Istorie del Novo Testamento, priva di firma, sono raffigurate le scene della vita di Cristo dopo la resurrezione, dall’apparizione ai due discepoli di Emmaus alla Pentecoste[93].

Per l’analisi della Lamina XXIV Istorie della Vita di S. Paolo e della Lamina XXV Istorie della Vita di S. Pietro, l’Autore avverte:

“Per errore dello Scultore [ad oggi anonimo], essendone ivi confuso l’ordine, non osservossi nelle lamine la serie della Vita di questo Apostolo, sì come né meno di quella di S. Pietro, s’è giudicato spiegare li Quadri, non secondo l’ordine de’ numeri, ma dell’Istoria”[94].

La matrice numero 27[95], composta da due lamine uguali e rispettivamente divise in diciotto sezioni, non è segnata dal numero ordinale, come tutte le altre, né presenta la firma dell’incisore (Fig. 27 a-b).

27. a Incisore siciliano, Serie degli Arcivescovi di Monreale, dal volume di Michele Del Giudice 1702, part.
27 b Incisore siciliano, Serie degli Arcivescovi di Monreale, dal volume di Michele Del Giudice 1702, part.

Non è accompagnata dalla descrizione dell’Autore ma serve da incipit alla breve descrizione delle Vite degli Arcivescovi di Monreale, proposti in successione cronologica. Presenta la serie degli Arcivescovi di Monreale, con i prelati ripresi a mezzo busto corredati dal nome, dalla data di inizio episcopato e dallo stemma.

Questa scelta fu certamente prova di ortodossia, segno della levatura culturale del committente, sensibile soprattutto ai contenuti didascalici dell’opera, e costituisce un prezioso e unico documento per la storia della sede arcivescovile[96]. Le immagini dei Vescovi furono tratte dai dipinti che decoravano le pareti della cappella di San Castrense nel Duomo e che oggi sono custoditi nel Palazzo Arcivescovile.

La Lamina XXVIII[97] (Fig. 28) documenta la sezione della cappella di San Castrense nella sua struttura originaria, edificata per volere di Ludovico II Torres negli anni 1590-’96 a fianco della navata destra della Cattedrale.

28. Gaetano Lazzara, Lamina XXVIII Cappella di San Castrense, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

La matrice, firmata Gaet. Lazzara des. et inc., mostra la tripartizione della parete maggiore del sacello, scandita da lapidi marmoree uguali per forma e dimensione, con incise le Bolle papali riguardanti la cappella e incorniciate da marmo azzurro, e dalla tavola timpanata, ornata con lo stemma del committente, in origine in posizione centrale. Rimossa nel 1963 per collocarvi il sepolcro dell’Arcivescovo Ernesto Filippi, fu trasferita nel piccolo ambiente retrostante la sacrestia della cappella stessa[98]. Annota, in proposito, Michele Del Giudice:

Tavole di marmo dell’uno, e dell’altro lato della Cappella, ove stanno scolpiti i rescritti Pontificj, e la licenza concessa di trasferire la Cappella di S. Gio. Battista, (…) e della fondazione e dotazione di questa nova Cappella; & una Bolla di Gregorio XIII per la quale concede Indulgenza plenaria (…) per ogni messa, che vi si celebri, ogni giorno, da qualunque Sacerdote[99].

Come si evince dalla matrice in esame, le pareti erano pure impreziosite dal ciclo di ritratti di tutti gli Arcivescovi di Monreale, appesi al di sopra delle lapidi

“incominciando da Teobaldo fino al presente Monsignore. Sono li medesimi copiati nella lamina XXVII”[100].

I dipinti citati, come accennato, sono quelli oggi esposti al Palazzo Arcivescovile. Al numero 10 della matrice viene indicata la cripta fatta realizzare da Ludovico II Torres e si precisa che “Oggi è restato per solo Monumento del detto Fondatore, essendo egli sepolto in Roma[101].

L’Autore conclude la descrizione della cappella annotando:

“Quello che non s’è potuto mettere nel disegno, sono gli arredi ricchissimi, e copiosi, di pitture, e di apparati, e di vasi d’argento, e candelieri, delli quali n’è adornata, e piena la Sacristia, per il servizio dell’Altare, e della Cappella; non mancandogli, per tutte le solennità, cosa da dover cercare fuori. Stando tutto collocato, e conservato con ordinatissima disposizione. Vi si trova di più un armadio pieno di libri, legati nobilmente in corio, & oro pertinenti ad Ecclesiastici Riti[102].
29. Gaetano Lazzara, Portale d’ingresso Cappella Roano, dal volume di Michele Del Giudice 1702.

Della Lamina XXIX non vi è traccia né della lastra di rame né della stampa mentre la Lamina XXX (Fig. 29), firmata in basso da Lazzara, descrive il ricco decoro del portale d’accesso[103] alla cappella del Crocifisso, opera edificata a fundamentis dall’Arcivescovo Giovanni Roano alla fine del Seicento. L’ingresso presenta già l’esuberanza della decorazione barocca che caratterizza tutto il plesso, con la cornice esterna composta da due lesene coperte da alti zoccoli e culminanti con grandi volute, sulle quali si ergono le due statue della Speranza e della Fede. Il portale, che si restringe nella parte superiore, è sormontato da un cartiglio di marmo nero e da un rilievo raffigurante San Giovannino con la croce e l’agnello. La cancellata a motivi fitomorfi fu realizzata in ottone dorato dal palermitano Gaetano Signorello nel 1690.

30. Gaetano Lazzara, Lamina XXXI Planimetria Cappella Roano, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

La Lamina XXXI (Fig. 30), ancora firmata da Gaetano Lazzara, oltre a presentare il suggestivo decoro dell’esagonale pavimento istoriato con la celebre scena di Giona che precipita in mare inghiottito da una balena[104], mostra la planimetria della cappella e indica, con progressione numerica, le varie sezioni del sacello rimaste inalterate nei secoli.

Nel 2010, in vista dell’apertura al pubblico del Museo Diocesano, di cui la cappella è parte dell’itinerario espositivo, in sinergia con la Soprintendenza di Palermo si è liberata la sacrestia dalle pesanti teche lignee, realizzate nel XX secolo, che ingombravano il vano e che ospitavano parati e suppellettili variamente disposti e sono state realizzate teche più funzionali atte a custodire unicamente i sacri arredi commissionati da Roano[105] in occasione della solenne benedizione della cappella avvenuta il 14 settembre 1692[106].

La Lamina XXXII (Fig. 31 a-b), costituita da due elementi di rame e firmata in basso ancora una volta da Lazzara, mostra la sezione della cappella del Crocifisso, così come la Lamina XXVIII aveva fatto per la cappella dedicata al Patrono della città normanna.

31. a Gaetano Lazzara, Lamina XXXII Sezione della Cappella Roano, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.
31  b Gaetano Lazzara, Lamina XXXII Sezione della Cappella Roano, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

La matrice, finemente incisa, che presenta nel dettaglio sculture e colonne tortili, decori aggettanti e intarsi lapidei, documenta soprattutto l’ornato della copertura andato perduto[107]. Il vano esagonale della cappella è sormontato da una piccola cupola a costoloni che culmina con una lanterna con sei finestrelle.

Gli affreschi che la impreziosivano costituivano il coronamento dell’insieme decorativo, e tale proposito riferisce Michele del Giudice:

“La Pittura della battaglia degli Angeli è spiritoso disegno, e colorito di Antonino Grano, eccellentissimo Pittore Palermitano[108].

La scena incisa sulla matrice presenta un tripudio di angeli (oranti, musici, militi) e soffici nuvole che coprono tutta la superficie. In alto è la colomba dello Spirito Santo e Dio Padre che indica un grande cartiglio in cui è raffigurato il Figlio Risorto. Accanto è la croce sorretta da putti, mentre in basso si intravede una figura demoniaca sconfitta dal trionfo della Resurrezione. La scelta decorativa si presentava perfettamente in armonia con le altre volute dal prelato committente e rispondeva al progetto teologico e catechistico che egli aveva pensato di realizzare. L’affresco, tuttavia, andò perduto nel giro di pochi decenni a causa delle infiltrazioni d’acqua e l’ornato della cupola fu rifatto a partire dal 1769, come pubblicato in un mio studio di alcuni anni fa [109]. I disegni realizzati per la nuova decorazione settecentesca, opera dell’architetto Antonino Romano [110], prevedevano due diverse soluzioni in sintonia con l’esuberante cromia della cappella. Abbandonata l’idea dell’affresco, si optò per una lavorazione a stucco per mano di Baldassare Brunetti [111]. Il primo progetto prevedeva una sinuosa decorazione a motivi fitomorfi simmetricamente ordinata, il secondo un fitto ornato ad alveoli, ma quale dei due fu realizzato non è dato saperlo poiché la nuova decorazione della cupola andò perduta ancora una volta a causa dell’umidità.

32. Gaetano Lazzara, Lamina XXXIII Altare della Cappella Roano, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale

Nella Lamina XXXIII (Fig. 32), Gaetano Lazzara incise l’ornato dell’abside della cappella del Crocifisso, con il Cristo inchiodato all’albero di Iesse raffigurato tra i progenitori e sormontato dalla figura di Dio Padre benedicente.

Il restauro della matrice ha consentito la pulitura e il recupero dell’immagine originaria la cui stampa è stata scelta da S.E. Mons. Salvatore Di Cristina nel 2010 come pergamena-ricordo del proprio giubileo sacerdotale e nel 2011 quale omaggio ai più stetti collaboratori attivi nella realizzazione del Museo Diocesano di Monreale.

Il frontespizio della sezione Sommario dei privilegi dell’Arcivescovado di Monreale per ordine d’anni [112], all’interno del volume di Del Giudice, presenta un’incisione con una mitria, il pallio, il pastorale e la croce astile incrociati, tutti inseriti entro un ovale completato in basso dall’iscrizione IN FIDE ET LENITATE, la cui immagine si ritrova dipinta sul soffitto della cappella di San Castrense.

La piccola matrice calcografica, priva di firma e di numerazione ordinale, fa comunque parte della serie di lamine volute a corredo del libro di Del Giudice (Fig. 33).

33. Incisore siciliano, Insegne vescovili, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Ad integrazione della sezione del volume Notizie dello stato antico e presente delle possessioni, e diocesi dell’Arcivescovado di Morreale con l’addizione de’ più principali privilegj, bolle potificie, et altre scritture, per dilucidazione di dette Notizie, e di tutta l’Istoria [113], in coda al libro di Michele Del Giudice, è inserita l’ultima matrice, priva di numero ordinale e di firma. Raffigura la Pianta dell’episcopato di Monreale (Fig. 34) con a sinistra lo stemma dell’Arcivescovo Giovanni Roano in cornice fitomorfa completata da un cartiglio nastriforme su cui corre l’iscrizione Illustriss./ D. Ioannes/ Roano/ et/ Corniero/ Arch./ M.R.

34. Incisore siciliano, Pianta dell’episcopato di Monreale, matrice calcografica di rame, 1702, Monreale, Cattedrale.

Dal lato opposto della lamina, si vede lo stemma coronato della città di Monreale con la stella a otto punte e sopra un grande cartiglio con l’iscrizione ARCIUESCOUATO DI MONREALE mentre ai quattro lati sono le diciture dei punti cardinali. Galeoni in mare e alture nell’entroterra completano la descrizione del vasto territorio diocesano. In lontananza è l’alto cratere fumante di Mongibello. I numeri progressivi in pianta sono puntualmente descritti nel testo ed elencano possedimenti e paesi della diocesi.

Nei decenni a venire non mancarono ricerche e pubblicazioni sul Duomo di Monreale, basta ricordare il volume del 1838 di Domenico Lo Faso Pietrasanta Duca di Serradifalco e quello del 1859 di Domenico Benedetto Gravina, per citarne solamente un paio. Tuttavia, gli studi editi da Lello, integrati da Michele Del Giudice e corredati dalle incisioni, costituirono certamente un’impresa pionieristica, attraverso l’analisi dettagliata di un monumento unico al mondo che, con il supporto delle immagini, contribuiva ad ampliarne la conoscenza figurativa.

Da questo punto di vista, il lavoro di Del Giudice si inserisce a buon diritto tra le opere di editoria più emblematiche, in cui il rilievo ed il disegno costituiscono un primo passo per la divulgazione della conoscenza dell’architettura medievale.

Lisa SCIORTINO  Bagheria, 9 Febbraio 2025

NOTE

[1] Ringrazio il compianto Prof. Riccardo Mazzarino (1957-2024), docente di Tecniche dell’Incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, per il prezioso supporto durante le fasi del presente studio, per la professionalità sempre mostrata, per la sincera stima, per la profonda amicizia che ci ha legati per anni.
[2] Le matrici restaurate dal Prof. Riccardo Mazzarino sono: 1998, Lamina con Ritratto dell’Arcivescovo Roano (antiporta del volume); 2009/2010, Lamine I, VII, VIII, XXXI, XXXII, XXXIII; 2017, Lamine II, V, VI, XVII; 2021, Lamine X, XI, XIV, XV, XXII, XXIII.
[3]  M.C. Di Natale, L’illuminata committenza dell’Arcivescovo Giovanni Roano, in L. Sciortino, La cappella Roano nel Duomo di Monreale: un percorso di arte e fede, “Quaderni di Museologia e Storia del collezionismo” collana di studi diretta da M.C. Di Natale, n. 3, Caltanissetta 2006, p. 18.
[4] Architetto e decoratore, è considerato uno degli artisti più brillanti del Settecento palermitano. Allievo e collaboratore dell’architetto del Senato Paolo Amato, fu attivo nel capoluogo siciliano agli inizi del XVIII secolo. A lui si devono rilievi nel Duomo di Monreale, di Cefalù e decorazioni e stucchi in varie chiese palermitane. Cfr. F. Meli, Degli architetti del Senato di Palermo nei secoli XVII e XVIII, in “Archivio storico per la Sicilia”, IV-V (1938-39), pp. 383-384; L. Dufour, Atlante storico della Sicilia. Le città costiere nella cartografia manoscritta, Palermo 1992.
[5] A. Gallo, Notizie intorno agli incisori Siciliani, a cura di A. Anselmo e M.C. Zimmardi, Palermo 2000, p. 48.
[6] M. Del Giudice, Descrizione al real tempio e monasterio di Santa Maria Nuova, di Monreale. Vite de’ suoi Arcivescovi, Abbati e Signori col commissario dei privilegi della detta santa Chiesa di Gio. Luigi Lello, Ristampa D’ordine dell’Illustriss. E Reverendiss. Monsignore Arcivescovo Abbate Don Giovanni Ruano. Con le osservazioni sopra le fabbriche e mosaici della Chiesa, la continuazione delle Vite degli Arcivescovi, una tavola cronologica della Medesima istoria, e la notizia dello stato presente dell’Arcivescovado. Opera del Padre Don Michele del Giudice Priore Cassinense. Dedicata al Signor D. Giovanni Ruano e Rosso, Governatore Generale della Città e Stato di Monreale, Palermo 1702, p. I.
[7] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 2.
[8] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. VII. Cfr. pure E. Dotto, Il Duomo di Monreale illustrato di Domenico Benedetto Gravina, in AA.VV., Ikhnos. Annale di analisi grafica e Storia della Rappresentazione, Siracusa 2009.
[9] G.L. Lello, Historia della chiesa di Monreale, Roma 1596.
[10] L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte. La Committenza degli Arcivescovi, collana “Museo Diocesano di Monreale” diretta da M.C. Di Natale, n. 1, Palermo 2011, pp. 39-41.
[11] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 49.
[12] L. Sciortino, La sala San Placido nel Museo Diocesano di Monreale: sede della mostra, in Sicilia Ritrovata. Arti decorative dai Musei Vaticani e dalla Santa Casa di Loreto, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, G. Cornini e U. Utro, Quaderni “Museo Diocesano di Monreale”, n. 2, Palermo 2012, pp. 203-219.
[13] Ibidem.
[14] In pianta sono indicati con i nn. 11-12-13-14.
[15] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 149-151
[16] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 33. Secondo fonti orali, le decorazioni con gli stemmi degli Arcivescovi parrebbero sopravvivere nei sottotetti del Palazzo Arcivescovile ma le aree interessate sono ad oggi inaccessibili.
[17] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 50 e pp. 83-84.
[18] L. Sciortino, Il Museo Diocesano di Monreale, Palermo 2016, pp. 13-14.
[19] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 53.
[20] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 48; L. Sciortino, Il Duomo di Monreale, San Vendemiano 2012, p. 25; L. Sciortino, Memoria e Storia. Frammenti d’arte nelle matrici calcografiche del volume di Michele Del Giudice, in Censimento, Conservazione e Restauro di matrici calcografiche e litografiche antiche e moderne in Sicilia, a cura di R. Mazzarino, Palermo 2013, p. 33; L. Sciortino, Il Museo…, 2016, p. 30. Cfr. pure G.L. Lello, Historia…, 1596, p. 25; W. Krönig, Il Duomo di Monreale e l’architettura normanna in Sicilia, Palermo 1965, p. 103.
[21] Cfr. G. Millunzi, Mastro Pietro Oddo, Palermo 1890.
[22] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 197. Cfr. pure L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 136-137.
[23] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 79.
[24] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 137.
[25] “le ceneri del piissimo Rè Guglielmo [erano] state fino al 1575 in terra in un Sepolcro semplicissimo di Mattoni”, M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 72-73.
[26] L. Sciortino, Monreale.., 2011, p.152; L. Sciortino, Il Museo…, 2016, p. 13. Cfr. pure M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 83.
[27] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 57.
[28] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 60.
[29] G.L. Lello, Historia…, 1596, p. 4.
[30] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 61.
[31] Sulla mensa di marmo si legge REGNANTE D.NO N.RO HVMBERTO PRIMO DOMENICO GASPARE LANCEA EX DVCIBVS BROLIO S.B. ARCHIEPISCOPO MONTIS REGALIS ANNO DOMINI MDCCCLXXXXVIII, a memoria dell’intervento sul pavimento della sezione presbiterale voluto da Lancia di Brolo, a Monreale dal 1884 al 1919. Cfr. L. Sciortino, Il Duomo…, 2012, p. 167.
[32] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 61.
[33] Ibidem.
[34] Ibidem.
[35] M. De Luca, Il rilievo marmoreo con San Girolamo di Monreale. Una proposta per antonello Gagini, in Tesori Ritrovati 1968-2008 storia e cultura artistica nell’abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro e nel suo territorio dal XII al XIX secolo, catalogo della mostra a cura di M. Guttilla, Messina 2008, pp.172-173; L. Sciortino, Il Museo…, 2016, p. 29.
[36] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 86
[37] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 110-111.
[38] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 86; L. Sciortino, Memoria…, in Censimento…, 2013, pp. 35-36.
[39] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 62.
[40] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 63.
[41] Ibidem.
[42] G. Millunzi, Storia del Seminario Arcivescovile di Monreale, Siena 1895; E. De Castro, scheda I,1, in Mirabile Artificio. Pittura religiosa in Sicilia dal XV al XIX secolo, catalogo della mostra a cura di M. Guttilla, Palermo 2006, pp. 84-85; L. Sciortino, Il Museo…, 2016, p. 30.
[43] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 63.
[44] Cfr. M. Sebastianelli, G. Travagliato, L’Odigitria detta di ‘Guglielmo II’ della cattedrale di Monreale, Palermo 2019.
[45] G. Millunzi, Il mosaicista mastro Pietro Oddo ossia restauri e restauratori del Duomo di Monreale nel sec. XVI, Palermo, 1891, p. 46. Cfr. in proposito anche G. Travagliato, La ‘Madonna della Bruna’ di Monreale: un testimone della ‘maniera cypria’ nell’abbazia benedettina del re Guglielmo II, in M. Sebastianelli, G. Travagliato, L’Odigitria…, 2019, pp. 31-33.
[46] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 66.
[47] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 111; L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 86; L. Sciortino, Il Duomo…, p. 167; L. Sciortino, Memoria…, in Censimento…, 2013, pp. 36-37.
[48] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 86-87; L. Sciortino, Memoria e Storia…, in Censimento…, 2013, p. 37.
[49] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 71.
[50] Ibidem.
[51] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 138-141.
[52] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 72.
[53] A. Zuccari, Arte e committenza nella Roma di Caravaggio, Torino 1984, p. 12; L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 45; L. Sciortino, Memoria e Storia…, in Censimento…, 2013, pp. 33-34.
[54] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 45-46, che riporta la bibliografia precedente.
[55] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 44. Cfr. anche la planimetria della Lamina IV dove ai nn. 46 e 47 sono segnati sia la nicchia con l’immagine del Battista sia il fonte battesimale.
[56] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 21-22.
[57] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 72-73.
[58] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 80; L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 31; L. Sciortino, Memoria e Storia…, in Censimento…, 2013, p. 33.
[59] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 75.
[60] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 91-93; Cfr. L. Sciortino, La cappella Roano nel Duomo di Monreale: un percorso di arte e fede, “Quaderni di Museologia e Storia del collezionismo” collana di studi diretta da M.C. Di Natale, n. 3. Caltanissetta 2006, pp. 84-87.
[61] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 18.
[62] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 92. Cfr. L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 87-90.
[63] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 61.
[64] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 72-73.
[65] L. Sciortino, Il Duomo…, 2012, p. 163.
[66] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 82.
[67] Ibidem.
[68] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 83.
[69] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 82-83.
[70] L’opera è firmata e datata A. D.NI MCLXXXVI I.DICTIO.E III BONANVS CIVIS PISANVS ME FECIT. Cfr. M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 85-88; G. Bongiovanni, Le porte che solcarono il mare, in L’anno di Guglielmo, 1189-1989. Monreale: percorsi tra arte e cultura, Palermo 1989, pp. 121-136; L. Sciortino, Il Duomo…, pp. 20-25; La porta del Paradiso, a cura di N. Gaglio, Cinisello Balsamo 2024.
[71] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 89.
[72] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 90.
[73] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 101.
[74] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 101-157.
[75] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 136.
[76] Ibidem.
[77] Cfr. M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 136-137.
[78] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 135-136.
[79] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 159-162.
[80] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 160.
[81] Ibidem.
[82] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 161.
[83] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 160-161.
[84] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 163-165.
[85] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 163.
[86] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 164.
[87] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 167-168.
[88] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 169-171.
[89] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 169-170.
[90] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 173-179.
[91] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 173.
[92] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 176.
[93] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 181-186.
[94] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 187.
[95] La matrice XXVI è stata citata insieme alle XVI e XVII e presenta l’errore di numerazione. Cfr. infra.
[96] L. Sciortino, Memoria e Storia…, in Censimento…, 2013, p. 32.
[97] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 92-96; L. Sciortino, Memoria e Storia…, in Censimento…, 2013, p. 34.
[98] L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 53-54.
[99] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 94.
[100] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, pp. 94-95.
[101] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 95.
[102] Ibidem.  Cfr. pure L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 59.
[103] Cfr. L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 36-37.
[104] Cfr. L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 74-76.
[105] Cfr. L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 95-114.
[106] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 125.
[107] L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 55-56.
[108] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 124.
[109] L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 117-119.
[110] L. Sciortino, Monreale…, 2011, p. 137.
[111] L. Sciortino, La cappella…, 2006, pp. 118.
[112] M. Del Giudice, Descrizione…, 1702, p. 1-71.
[113] M. Del Giudice, Notizia dello stato antico e presente delle possessioni, e diocesi dell’Arcivescovado di Morreale, in Descrizione…, 1702, pp. 1-135.