di Weronika UMINSKA
Weronika Umińska si è laureata all’Universita Jagiellonica a Cracovia in archeologia classica con la tesi „Casinum – Cassino e Monte Cassino in Eta Romana”; ha pubblicato articoli si riviste polacche ed italiane. Nei mesi scorsi ha scritto il primo romanzo „Klejnot z Bizancjum” (Il gioiello dal Bisanzio) che uscira in Polonia quest’anno. Attualmente è imppegnata alla stesura di un secondo romanzo intitolato “Le tiare dall’Albania” una sorta di seguito al precedente “il gioiello dal Bisanzio” che prevedibilmente aprirà una lunga serie sulla famiglia dei gioiellieri romani protagonisti. Con questo articolo inizia la sua colaborazione con About Art.
Versione in Italiano
La gemma dell’ “anello del fidanzamento di Santa Kinga” custodito nel Tesoro del Convento delle Clarisse a Stary Sacz in Polonia. Una nuova proposta interpretativa.
Kinga – principessa ungherese e poi regina di Polonia (1234 – 1292)- ricevette dal suo fidanzato, il principe polacco Boleslaw, l’anello del fidanzamento. Prima di recarsi in Polonia gli fu chiesto da suo padre, Bela IV, il re d’Ungheria, cosa avrebbe maggiormente gradito di ricevere in dote, e la giovane Kinga espresse il desiderio che la dote più bella per lei sarebbe stata l’opportunita’ di portare con sè una delle miniere di salgemma, gia’ allora in funzione nel Regno d’Ungheria.
Ma come spostare una miniera in Polonia?
Prima della sua partenza Kinga fece un gesto molto singolare: durante una visita nella miniera di salgemma nel regione ungherese Maramures (odierna Romania) gettò l’anello ricevuto dal fidanzato in un pozzo. Una volta arrivata in Polonia, diede l’ordine di scavare in un posto indicato da lei. Con grande sorpresa di tutti, proprio li, gli scavatori scorpirono il giacimeno di sale, del tutto simile a quelli ungheresi di Maramures. E lo sconvolgimento di tutti fu ancora piu’ grande quando nel primo blocco di sale estratto, all’interno di esso ricomparve l’anello, proprio quello regalato a Kinga da Bolesław, che miracolsamente si era spostato dalla miniera in Ungheria, dove l’aveva gettato Kinga, fino lì, in Polonia dove venne ritrovato.
Tutto questo avveniva a Bochnia dove, insieme con la piu’ famosa Wieliczka, la scoperta di grandi giacimenti di salgemma in Polonia contribuì alla prosperita’ del paese per molti anni a venire. Cosi almeno ci dice la leggenda…
Ma l’anello di Santa Kinga esiste davvero!
E’ custodito nel Tesoro del Convento delle Clarisse (Kinga dopo la morte del marito divenne una di loro) a Stary Sacz nella Polonia meridionale (90 km. A Sud-Est da Cracovia).
L’anello in questione e’ decorato con un’ametista e proprio a questa gemma voglio dedicare il mio articolo. La pietra rosa in montatura quasi sicuramente moderna (Ottocento?) formata di 23 diamanti (due piu’ grandi e 21 piccoli) sembra molto piu’ antica.
E’ decorata con un’intaglio che raffigura due persone che si abbracciano. Una cosa che mi ha pero’ particolarmente colpito, mentre mi interessavo a quella raffigurazione, è il fatto che in quasi tutti i testi che trovavo dedicati a quell’anello, le descizioni della scena raffigurata sulla gemma mi apparivano assai vaghe e generiche. Quasi tutti gli studiosi si limitavano a individuare in quella rappresentazione o “due uomini barbuti che si salutano” o “un uomo e una donna che si salutano”, senza azzardarsi a proporre alcuna identificazione più precisa.
L’unico che ha cercato di farlo e’ stato Dariusz Niemiec che nel suo articolo dedicato alle reliquie di Santa Kinga a Stary Sacz, ha presentato una proposta molto originale e ben motivata, che pero’ non condivido. Dariusz Niemiec ha suggerito che la scena sulla gemma in questione potesse raffigurare l’incontro di San Gioacchino e Sant’Anna vicino alla Porta Aurea, un motivo conosciuto grazie agli apocrifi e spesso raffigurato dagli artisti.[1]
Devo amettere che l’abbraccio dei futuri genitori della Vergine sarebbe sembrato in effetti più che adatto per un anello del fidanzamento. E tuttavia, anche se penso che dobbiamo ricordarci della proposta di Dariusz Niemiec e tenerla in considerazione, a mio parere la scena dell’intaglio raffigura però tutt’altro abbraccio di tutt’altre persone.
La mia opinione è che la scena della gemma mostra i Santi Pietro e Paolo ed è l’esempio della loro raffigurazione nel canonico tipo “concordia apostolorum”. Quel modo di presentare gli apostoli della chiesa, cioè nel momento del loro incontro, mentre si abbracciano, è noto almeno dal IV sec. Gli esempi più antichi li conosciamo dalla Catacomba di Vigna Chiaraviglio sulla Via Appia a Roma, dalla Basilica di San Paolo fuori Mura a Roma (distrutto durante l’incendio nel 1823, conosciuto grazie a un acquarello del Seicento) e da una placchetta d’avorio (parte di una cintura) di Castellamare di Stabia. Il motivo della “concordia apostolorum” era adoperato sempre quando si voleva sottolineare d’accordo, la riconciliazione o il legame tra due, allora perfetto come motivo raffigurato sull’anello del fidanzamento.
Dobbiamo ovviamente essere consapevoli che il cosiddetto “anello del fidanzamento di Santa Kinga” conservato a Stary Sacz sicuramente non è quello regalato nel Duecento a Kinga da Boleslaw. La montatura moderna lo esclude. Ma disponiamo di tanti indizi che indicherebbero che l’ametista con la raffigurazione di due persone che si abbracciano, secondo me, come dicevo, i Santi Pietro e Paolo, facesse parte dell’anello originale, o proprio quello del fidanzamento, o un altro anello che fosse nel possesso della Santa.
Analizzando la storia di Santa Kinga e dell’anello in questione ho scoperto almeno due indizi che potrebbero avvallorare la mia proposta interpretativa del nosto cimelio.
Il vescovo di Cracovia ai tempi di Santa Kinga si chiamava Pawel (Paolo). Fu lui a offrirle la proposta di governare dopo la morte del marito e, dopo che Kinga non l’ebbe accettata, preferendo ritirarsi nel convento, fu sempre lui a consacrarla suora. Non avendo la certezza che la gemma dell’anello in questione facesse parte dell’anello del fidanzamento regalato a Kinga da Boleslaw, non possiamo escludere che si tratti della decorazione di un altro anello, forse ricevuto da Kinga in altre circostanze (forse proprio dal vescovo Pawel?).
Si deve poi aggiungere che prima di fondare il convento a Stary Sacz, Kinga trascorse qualche tempo a Skala (20 km. A Nord da Cracovia). Il nome di quella località in polacco significa “pietra”. “Tu est Petrus -disse Cristo a San Pietro – e su quella pietra edificherò la mia chiesa”. Cosi il nome del vescovo – Pawel-Paolo, e il nome del luogo – Skala-Pietra-Petrus, potrebbero spiegare la raffigurazione dei sue Santi sulla gemma.
Ma c’è un altro indizio, secondo me ancora più interessante e solido, che potrebbe accreditare la valenza della mia proposta. Jan III Sobieski – il re della Polonia- per celebrare la sua vittoria ottenuta contro i Turchi sotto Vienna nel 1683 si recò a Roma per un’incontro con il papa (il successore di San Pietro) prendendo con sè proprio l’anello di Santa Kinga. Si trattava di uno dei rarissimi casi in cui quell’anello veniva portato fuori dalle mura del convento a Stary Sacz. Sobieski era forse consapevole che la raffigurazione sulla gemma rappresentasse i Santi Pietro e Paolo – i due santi romani per eccellenza- e per questo motivo portò l’anello con sè nella Citta’ Eterna?
Dobbiamo essere consapevoli che il tipo di raffigurazione: “concordia apostolorum” proviene direttamente da un altro schema di rappresentazionec, aratteristico per il mondo romano: la “concordia augustorum”. Il piu’ famoso esempio di ciò sono le statue dei Tetrarchi di Roma e Venezia. La coppia Pietro e Paolo allude anche alle altre coppie collegate con Roma: i Dioscuri, i due consoli, Romolo e Remo. Non e’ casuale che la Festa dei Santi Pietro e Paolo si svolga il 29 Giugno, la data (dai tempi di Augusto) delle Quirinalia, la festa di Romolo fondatore della citta’.
Il mio auspicio è che la mia proposta interprettativa riguardante il cosiddetto “l’anello di fidanzamento di Santa Kinga” e gli argomenti che ho presentato per corroborarla possano contribuire alla migliore conoscenza di quel particolare artefatto e più in generale della cultura polacca, anche al di fuori della nostra nazione. Del resto, sono fortemente convinta che non possiamo limitarci a dare le interpretazioni delle opere d’arte generiche tipo: “due uomini barbuti che si salutano”. Dobbiamo sempre provare a indagare piu’ in profondita’ e proporre le identificazioni piu’ concrete, come ho cercato di fare io in quell’articolo. Perche’ aveva ragione San Paolo (che io ritengo raffigurato accanto a San Pietro sul nostro anello) scrivendo nella sua Prima Lettera ai Tessalonicesi: “Esaminate ogni cosa”.
Weronika UMINSKA Cracovia 21 febbraio 2021
[1] Dariusz Niemiec, Czy w starosądeckim klasztorze klarysek zachowały się przedmioty należące do św. Kingi?, in Konwent Klarysek skalskich a dziedzictwo kulturowe i artystyczne bł. Salomei, red. Michał Wojenka, Stanisław Langner, Kielce 2019.