Luoghi, eventi e facce della Roma “ombrosa e scintillante” degli anni 80, nei ritratti di Dino Ignani (con intervista all’autore).

di Marco FIORAMANTI

DINO IGNANI. 80’S DARK ROME

A cura di Matteo Di Castro
Museo di Roma in Trastevere

11/9 – 10/11/2024

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The dark side of (the) Rome

The Eighties: The way we were. Una nuova estetica di gruppo nella riconoscibilità e nella libertà espressiva del singolo, promiscuità indifferenziata di genere, bandita ogni omologazione. Punk, dark, rockabilly, skinhaeds, le sottoculture… Tutto raccontato, anzidirei proprio “celebrato” – nell’immediatezza di un unico scatto – attraverso i ritratti potenti e prepotenti di Dino Ignani che

ha ritratto la Roma ombrosa e giocosa, sotterranea e scintillante, degli anni Ottanta del secolo scorso. Il nucleo centrale della mostra è costituito da Dark Portraits: un ciclo di ritratti dedicato ai giovani che amavano la vita notturna dell’epoca e, in particolare, i luoghi e gli eventi legati alla scena dark”.
Foto 1. Dino Ignani fotografato da Marco Fioramanti nella mostra)

Così parte l’incipit dell’ampio, prezioso, pieghevole in bianco&nero (che, se aperto, diventa poster) diviso in sezioni, atto a documentare nei dettagli – attraverso il curatore Matteo Di Castro e lo stesso autore – l’intero spirito della mostra promossa da Roma Capitale in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Le lunghe sale del Museo sono divise in due sezioni.

2 Dino Ignani Serie “Dark Portraits”
3 Dino Ignani Serie “Dark Portraits”

La prima accoglie oltre duecento scatti in bianconero di giovani frequentatori delle discoteche dark della Capitale

4 Dino Ignani Serie “Dark Portraits”
6 Dino Ignani Serie “Dark Portraits”
Dino Ignani Serie “Dark Portraits”

(Piper, Black Out, Uonna Club, Olimpo, Supersonic, Angelo Azzurro, X-Club, Venice) tra i quali è riconoscibile un ventiquattrenne Pino Strabioli, (ora conduttore televisivo, attore e regista teatrale, ndr) avvolto da collanine con i capelli acconciati col ciuffo all’insù.

Foto 7 – Pino Strabioli (“Dark Portraits”)
È stato un po’ come portare nei club una cabina da fototessera, racconta il fotografo. Lavorando in pellicola, a mie spese, senza un intendimento commerciale, non potevo permettermi di concedere più di un fotogramma a persona. Ho dovuto fare di necessità virtù. I ritratti sono dunque perlopiù frutto di un unico scatto, anche se alcune persone è capitato di fotografarle in più occasioni.

La seconda sala focalizza ritratti di artisti e poeti ben noti al pubblico romano e non solo. Tra i primi troviamo in particolare una giovane Porpora Marcasciano, attivista del mondo LGBTQ e la musicista e cantante americana Diamanda Galás ritratta da Ignani in occasione di un suo concerto romano.

Foto 8 – Porpora Marcasciano
Foto 9 – Diamanda Galás

Gli scatti dei poeti sono presentati in sessioni di ritratto accanto alla foto che meglio li rappresenta.

Troviamo Patrizia Cavalli fotografata nella sua casa di via del Biscione – dietro Campo de’ Fiori – mentre suona il piano, o davanti a una grande carta geografica.

Foto 10 – Patrizia Cavalli

Valentino Zeichen, nella sua microcasa al Borghetto Flaminio, in pose divertenti, con la testa in mezzo ai libri, oppure davanti a dodici mele cotogne disposte su tra file sul tavolo della cucina.

Foto 11 – Valentino Zeichen

Amelia Rosselli, a via del Corallo, in una serie di scatti in cui lei è accomodata sul divano in evidente dialogo col fotografo.

Foto 12- Amelia Rosselli

Dario Bellezza, infine, nella sua casa in via dei Pettinari – in testa un cappello bianco da pescatore – è ritratto davanti a un poster di Montgomery Clift o accanto a una grossa pianta secca di peperoncini. “Li uso per cucinare e per tenere distanti le malelingue”, gli rispose il poeta.

Foto 13 – Dario Bellezza

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Intervista a Dino Ignani di Marco Fioramanti

– Ciao Dino, sono anni che ci conosciamo e mi fa molto piacere fare dialogare su questa tua interessantissima mostra che documenta un periodo preciso di cambio generazionale. Come ben sai, il mio mondo dark di riferimento, quello che pubblico su NIGHT ITALIA, è quello newyorkese, legato al secondo periodo della Factory – al 33 Union Square West ai locali come Max’s Kansas City e Studio 54 dove potevi incontrare Al Pacino, Lou Reed, Mick Jagger, Truman Capote, Paloma Picaso, senza bisogno dei bodyguard. Il transgender di allora era Candy Darling. E i fotografi erano Billy Name, Gerry Malanga, Marcia Resnick, Anton Perich, Gerald Bruneau e tanti altri. Gran parte di quegli scatti erano volutamente trash, basati sull’immediatezza del gesto e dello sguardo provocatorio, con la volontà di documentare la libertà espressiva di quei tempi, mostrare quello stile di vita decadente sex, drugs and rock‘n roll. I tuoi scatti sono invece volutamente scelti “in posa”. Raccontami…

R: Facevo un solo scatto per ogni persona, a volte scatti diversi in serate diverse. Non era una vera e propria posa. Dato che in quei locali c’era una forte scarsità di luce, di solito si usava una pellicola in bianco/nero e non ti permetteva di avere una grande latitudine di posa, quindi potevi scattare a 1600 ASA. Se andavi oltre cominciavi a vedere la grana. Io mettevo la macchina fotografica su cavalletto, uno stativo con un ombrello da fotografia e una lampada da 1000 watt. Quindi non era una vera e propria posa, era una schedatura. Mentre durante le performance non potevo allestire un vero set fotografico, allora lì scattavo con il flash.

– Qual è stata la spinta iniziale che ti ha portato a voler documentare quel periodo?

R: È stata una casualità, io in quel periodo, negli anni fine ’80 – inizio ’81 frequentavo un locale a Trastevere che si chiamava Fidelio, gestito da un tedesco che metteva soltanto musica classica e jazz. Infatti mi sono meravigliato quando ho capito che loro amavano tutto un altro genere di musica, e comunque sette-otto di loro sono venuti regolarmente tutte le sere, venivano a bere da Fidelio. Io, ovviamente, persona curiosa quale sono, ho cominciato a far loro delle domande, insomma… siamo entrati in confidenza. Mi hanno spiegato appunto che c’erano questi locali che, a rotazione, facevano una serata dark e mettevano musiche di quel periodo, i Clash, i Cure, Smiths, Siouxsie and the Banshees…

– Ma tu pensa, anch’io frequentavo Fidelio, ero amico di Walter e lo andavo a trovare ogni volta che scendevo a Roma dalla Berlino del Muro, dove vivevo all’epoca. Era forse l’unico posto a Roma dove potevi respirare la stessa aria di Kreuzberg.

R: Visto che hai detto Berlino, una cosa bella, visto che Walter ogni anno andava al Festival del Cinema di Berlino e ritornava con i manifesti, e li cambiava ogni anno, erano bellissimi. Sono belli ora, figuriamoci prima. E quindi è nato tutto lì, casualmente.

– Nel passaggio dall’analogico al digitale, con il grande vantaggio della postproduzione e del fotoritocco, come ti sei trovato?

R: Per me è stata una rivoluzione, una rivoluzione in positivo, perché dopo venticinque anni di camera oscura e stampare soltanto di notte, prima potevi intervenire un pochettino, con la mascheratura sull’ingranditore oppure con le carte più o meno contrastate, la n.1 fino alla n.5, intervenivi con le carte per aumentare il contrasto per avere un’immagine più morbida. Dopo 25 anni di respirare acidi ed essere costretto a lavorare solo di notte, quando è subentrato il digitale il passaggio è stato entusiasmante. C’è da dire che alla mascheratura sotto l’ingranditore fatta come si deve, io non sono mai riuscito ad arrivare, penso alle famose foto di Cassius Clay o James Dean, dove si vedono tutte le mascherature… Il digitale mi ha permesso, seguendo i tutorial, di arrivare a dei livelli incredibili. Insomma, posso arrivare a intervenire sulle ombre, ammorbidire una luce che può darmi fastidio, e poi lavorare a qualsiasi ora del giorno.

– Il rapporto invece tra i dark e i poeti, come interagiscono tra loro?

R: Questa è stata un’idea del curatore, Matteo Di Castro, ci tengo a citarlo. Adesso lo chiamo “progetto” ma all’inizio non era un progetto, il mio era un desiderio di fotografare, lì c’erano tutte le persone più belle che in quel momento potevo fotografare e loro erano contente se le fotografavo. L’idea dei poeti è nata a distanza di pochi mesi. Avevo assistito al Festival di Castel Porziano nel 1979 e quelle tre sere – io già fotografavo da quattro anni – non ho mai portato la macchina fotografica, è una cosa che rimpiango.

. C’era bella gente, Ginsberg, Burroughs, Evtušenko, Soriano, Victor Cavallo, Dario Bellezza…

R: Sì, anche Ferlinghetti… Mi è rimasto dentro il desiderio di conoscere e approfondire il discorso dei poeti. E da lì, tramite Elio Pecora, che era poeta e nello stesso tempo organizzava pure i reading, le letture. Lui ha cominciato a darmi una lista. Una prima lista di numeri di telefono fissi, parliamo dell’81-82 e poi da lì gli altri poeti che fotografavo: Caproni, Bertolucci… Addirittura in alcuni casi mi anticipava lui con una telefonata, chiedeva l’incontro, e poi, piano piano, mi davano indicazioni, perché io non sapevo minimamente qual era la situazione dei poeti a Roma. Infatti nel 1987, quando ho fatto una mostra alle Segrete di Palazzo Valentini, ho fotografato trentanove poeti a Roma, e non andavo oltre, non avevo il denaro per spostarmi eccetera, e poi non conoscevo le altre realtà. E poi non c’era più nessuno da fotografare. Adesso con le scuole di scrittura ci sono giovani che addirittura – dato che ho un sito dedicato ai poeti: Intimi ritratti – è diventato un punto di riferimento. Infatti molti blog, prendono le foto, libri allora molti giovani mi contattano e sono contenti di stare nella galleria, perché è come se fosse un’antologia. Io lo faccio volentieri, sono stimato infatti perché non ho mai preso un centesimo, lo faccio veramente per una passione mia, ovviamente quando le case editrici mi pubblicano, loro pagano…

– C’è qualcosa che vuoi dirmi sulla mostra? Su alcuni personaggi in particolare… Ad esempio, com’è nata la mostra?

R: La mostra è nata dal fatto che nel 2023 ho vinto il PAC un progetto per arte contemporanea del Ministero della Cultura. Mi è stato assegnato un certo quantitativo di denaro che ancora non ho preso. Loro hanno acquisito duecento immagini, quelle che vedi esposte sono una parte di quelle 200, non le abbiamo messe tutte perché non ci sarebbero entrate. Io non ho voluto prendere neanche un centesimo, questi soldi li ho investiti nel libro e nella mostra, con tutto quello che consegue, le stampe delle duecento immagini, queste dei poeti, gli allestitori eccetera.

– Sarà una mostra itinerante?

R: Questo ancora non lo so. Una piccola parte di quello che si vede qua in mostra è stata fatta dieci anni fa a Borgo, nella galleria ST di Matteo Di Castro, che è anche il curatore di questa mostra.

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Dino Ignani nasce a Roma il 4 febbraio 1950. Inizia a occuparsi di fotografia a metà degli anni Settanta, privilegiando il lavoro di documentazione della scena artistica e culturale romana e dei suoi protagonisti. Nel 1979 partecipa alla collettiva Roma città viva promossa del quotidiano “Paese Sera” presso il Museo del Folklore di Piazza Sant’Egidio. Tre anni dopo, insieme ad altri tre fotografi romani – Aldo Venga, Stefano Fontebasso De Martino e Maurizio De Rosa, torna ad esporre negli spazi dell’attuale Museo di Roma in Trastevere, in occasione della mostra Universo urbano, curata da Diego Mormorio. Da oltre quarant’anni Ignani si dedica a ritrarre “poete” e “poeti” italiani: nomi già consacrati (alcuni ormai scomparsi, come Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Amelia Rosselli, Dario Bellezza, Patrizia Cavalli, Valentino Zeichen), ma anche autori emergenti, che hanno via via arricchito il suo progetto. Nel 1984 una prima selezione di tredici fotografie viene pubblicata e presentata da Enzo Siciliano sulle pagine della rivista “Nuovi Argomenti”. Esposto poi in più occasioni, in Italia e all’estero, col titolo Intimi ritratti, questo progetto – unico nel suo genere – è entrato nelle collezioni del MUFOCO – Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisiello Balsamo e della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Frutto di uno di questi incontri è Nuvole ferite. Fotografie di Dino Ignani con un poemetto di Antonio Veneziani, edito da Stampa Alternativa nel 1991. Negli stessi anni in cui inizia a fotografare i poeti, a partire dal 1982 e fino a metà del decennio, Ignani inizia un ciclo di ritratti all’interno delle discoteche romane, in particolare nei club e nelle serate legati all’universo dark. Nel gennaio del 1985, con il titolo Invito alla notte, il lavoro viene presentato per la prima volta in pubblico, sotto forma di slideshow, nell’ambito della mostra collettiva Immagini per Roma. Archivio fotografico e divenire urbano, allestita a Palazzo Braschi. Nel 2013 s.t. foto libreria galleria riscopre e ripropone questo archivio con la mostra 80’s Dark Portraits, a cura di Matteo Di Castro e Paola Paleari. Nel 2014, la casa editrice Yard Press raccoglie tutti (o quasi) i fotogrammi dell’archivio in un volume di 576 pagine intitolato Dark Portraits Rome 1982-1985. Nell’estate 2022 il Museo Marino Marini di Firenze produce e ospita una nuova mostra, abbinando ai ritratti romani in bianco e nero quelli a colori eseguiti da Ignani a Firenze: Dark Portraits. Rome/Florence 1982-1985. Una selezione di duecento fotografie del ciclo Dark Portraits è risultata tra i vincitori del bando PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, entrando così a far parte delle collezioni della Soprintendenza Capitolina di Roma Capitale. Nel settembre 2024 il Museo di Roma in Trastevere presenta una sua personale: 80’s Dark Rome. Alla mostra si accompagna la pubblicazione del libro Dark Roma 1982-1985. Dino Ignani, edito da Viaindustriae, a cura di Matteo Di Castro, con testi di Daniela Amenta, Diego Mormorio, Emanuele de Donno e un’intervista a Dino Ignani.

(biografia tratta dal pieghevole della mostra Dino Ignani. 80’s Dark Rome)

Marco FIORAMANTI  Roma 22 Settembre 2024