di Francesca LICORDARI (testo e foto)
L’uomo del Circeo. Come si viveva in Italia 50.000 anni fa?
A lungo si è pensato che l’Uomo di Neanderthal, così chiamato dal primo rinvenimento avvenuto nel 1856 nella Valle di Neander presso Düsseldorf in Germania, fosse stupido e gobbo, ma questa credenza è ormai superata. Era un individuo intelligente, dalla postura eretta, con carnagione chiara e occhi chiari, il cui genoma è in minima percentuale (1- 4%) presente in quello degli attuali abitanti dell’Europa (Homo sapiens sapiens).
Le ultime novità sui Neandertaliani sono state oggetto della giornata di studi e divulgazione “Grotta Guattari. 80 anni dopo la scoperta. Appunti di memoria e prospettive”, che si è tenuta lo scorso 19 maggio 2019 al Circeo Park Hotel di San Felice Circeo (LT), organizzata dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti in collaborazione con enti di ricerca e università nazionali e con il Fondo Ambiente Italiano (FAI).
È proprio a San Felice Circeo che il 24 febbraio del 1939 venne alla luce l’ingresso di una grotta frequentata in epoca preistorica e rimasta obliterata, a seguito di una frana, 50.000 anni fa.
La sua scoperta avvenne in maniera del tutto casuale, durante i lavori di risistemazione dell’hotel Guattari, da cui il nome, e si intuì subito di avere a che fare con uno dei più significativi rinvenimenti archeologici del secolo scorso. La straordinarietà non consisteva solo nella grotta in quanto tale, con un’estensione di 15×12 m, ma in ciò che vi era all’interno: un paleosuolo con ossa di animali in superficie che documentano la ricca fauna dell’epoca, ora in buona parte scomparsa in Italia (iene, rinoceronti, ippopotami, elefanti, cervi, buoi primigeni, cavalli) e soprattutto un cranio umano in buono stato di conservazione, sia pure con alcune lacune relative alla base, il c.d. “uomo del Circeo”.
Un reperto eccezionale, che si è conservato perché, non essendo mai finito sotto terra, non è stato oggetto di schiacciamenti e decomposizioni. In aggiunta sono state rinvenute anche delle mandibole di altri uomini.
Diversi sono i protagonisti di questa storia. Il proprietario del terreno, Alessandro Guattari, avvertì per primo lo studioso di paleontologia Alberto Carlo Blanc, che però non poté accorrere subito poiché in viaggio di nozze. Fu allertato anche l’elettricista Damiano Bevilacqua della Società Romana di Elettricità (SRE), che possedeva una torcia che consentì di illuminare l’oscurità dell’ambiente. Per preservare l’integrità del prezioso reperto umano si preferì trasportarlo a Roma e affidarlo all’antropologo Sergio Sergi.
La grotta e l’uomo del Circeo sono rimasti a lungo al centro del dibattito scientifico per l’ottimo stato di conservazione del cranio umano e per la particolarità della sua posizione al centro di un circolo di pietre. Si ipotizzò che la collocazione non fosse casuale, ma dovuta a una cerimonia di cannibalismo rituale, pratica regolarmente diffusa tra i Neandertaliani. In realtà le analisi archeologiche e tafonomiche (che si occupano dello studio dei fossili) hanno smentito tale ipotesi. I danni sulla parte inferiore del cranio sarebbero da imputare all’azione di iene.
Il cranio si trova a Roma nel Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini dal 1960, ma non è esposto al pubblico per motivi di conservazione. Fin da subito si è cercato di preservarlo, tant’è che all’inizio non fu consentito nemmeno di ricavarne un calco per poterlo studiare meglio, ma si commissionò una copia a una studentessa di arte, che certo non poteva essere utilizzata scientificamente.
Dagli studi più recenti si può affermare che il cranio apparteneva a un neandertaliano maschio di età non precisata, ma presumibilmente al termine della fase produttiva, privo di denti. D’altronde questi ultimi erano fondamentali per la sopravvivenza; una volta persi era praticamente impossibile potersi nutrire.
La grotta è stata visitabile per tutta la giornata grazie alle spiegazioni degli “apprendisti ciceroni” del FAI, che si occuperà delle prossime aperture sabato 25 maggio e sabato 1° giugno dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 14.30 alle 17.30 (prenotazione obbligatoria al numero telefonico 3273230611).
Per eventuali aperture successive telefonare alla soprintendenza al n. 0773 510768 o scrivere a: sabap-laz.comunicazione@beniculturali.it
Francesca LICORDARI San Felice Circeo maggio 2019