“Luxuria in marmoribus”. L’eccezionale storia dell’urna in alabastro da Ciampino.

di Nica FIORI

In base a una legge del 1909, tutto ciò che si trova nel corso di scavi archeologici appartiene allo Stato, ma il fascino dei reperti antichi è tale da attirare i collezionisti a sborsare qualunque cifra pur di averli.

Lo sanno bene i cosiddetti tombaroli che sui rinvenimenti illeciti hanno fatto la loro fortuna. Purtroppo gli scavi clandestini, oltre a privare lo Stato di suoi beni, creano danni irreparabili dal punto di vista storico-scientifico-culturale, perché gli oggetti vengono asportati malamente e sradicati dal loro contesto di origine.

Una preziosa urna cineraria in alabastro cotognino, proveniente da un sepolcreto depredato nella zona di Ciampino, è apparsa sul mercato antiquario nel maggio 2021 e sequestrata dai carabinieri del nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) in seguito alla segnalazione di una casa d’aste. L’urna, datata al I secolo a.C. – I secolo d.C., è stata presentata per la prima volta al pubblico il 20 dicembre 2022 nella sede della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, diretta da Lisa Lambusier, che ha evidenziato come l’azione congiunta della Soprintendenza e del TPC sia stata fondamentale per il recupero completo dell’opera e per l’individuazione del sito di provenienza.

1 Presentazione dell’urna recuperata

L’evento, che si è svolto a palazzo Patrizi Clementi, dove l’urna è esposta per qualche giorno nel periodo natalizio, è stato chiamato “Luxuria in marmoribus”, per sottolineare il fatto che si tratta di un oggetto lussuosissimo, che rispecchia l’amore degli antichi romani per i marmi colorati, in questo caso un marmo egiziano dai caldi colori che vanno dall’ocra al giallo al marrone. Di questo tipo di urna, caratterizzata dal corpo stretto e allungato, si conoscono in tutto nove esemplari, mentre sono poco più di un centinaio le altre urne in alabastro a forma di “zuppiera”, la cui foggia si rifà a quella di elementi arcaici in metallo e ceramica, alcuni dei quali sono caratterizzati da un significato legato alla sfera rituale. Il picco di produzione e uso si ha a Roma ed è datato all’età giulio-claudia.

2 Urna in alabastro da Ciampino

Dalle ricerche bibliografiche è emerso che il reperto era stato rinvenuto a Ciampino, in località Sassone-Castellano, e documentato sul finire degli anni ‘70 del Novecento dall’archeologo Giovanni Maria De Rossi, che, nel descrivere un complesso funerario conservato poco distante dal km 3,3 della via dei Laghi, pubblicava una chiara foto dell’urna – dandola già come dispersa – e indicava con precisione la tomba dalla quale proveniva.

Un sopralluogo nel sito descritto da De Rossi, effettuato congiuntamente dal funzionario archeologo della Soprintendenza Gabriella Serio e dai carabinieri del TPC, ha permesso di constatare che l’area, pur ricoperta da una vegetazione più fitta e infestante, si trovava pressoché nelle stesse condizioni documentate nel secolo scorso. È stato così possibile identificare il luogo esatto da cui doveva provenire il vaso: un foro circolare colmo di terra e foglie, presente all’interno di una nicchia scavata nella parete rocciosa.

Dopo il primo sopralluogo Gabriella Serio ha deciso di approfondire le indagini e di tornare sul posto per effettuare lo svuotamento del foro, onde verificarne le effettive dimensioni, documentarle e confrontarle con quelle dell’urna che vi si sarebbe dovuta incastrare. Oltretutto l’archeologa si era resa conto che l’urna mancava di un pezzo, ovvero del piede. Tali oggetti, in effetti, si compongono di più elementi (contenitore, coperchio, pomello, piede) lavorati separatamente e legati con perni metallici.

3 Piede dell’urna
4 Piede dell’urna in verticale

 

 

Grazie a questa seconda operazione, effettuata nel dicembre dello scorso anno, è stato ritrovato con grande sorpresa il piede del vaso fortunosamente scampato al saccheggio.

5 Urna completa di piede

Elemento che sarà prossimamente ricongiunto all’urna dall’Istituto Centrale per il Restauro. Una volta terminato il restauro lo straordinario manufatto troverà la giusta valorizzazione presso una struttura museale nell’ambito territoriale di provenienza.

Il sito del ritrovamento ricade all’interno di una proprietà privata, cui si accede da vicolo del Sassone. Si tratta di un’area di circa 200 metri quadrati delimitata a sud/sud-est da pareti rocciose di peperino (l’antico lapis albanus), dove furono scavate numerose tombe a sepoltura mista.

Di grande interesse appare un sepolcro a camera rettangolare con abside sul fondo e lati lunghi leggermente divergenti verso l’ingresso.

6 Sepolcreto rupestre del Sassone

Parzialmente ricavato nella parete tufacea e con l’avancorpo realizzato in opera quadrata di tufo, presenta al suo interno tracce di un raffinato rivestimento in stucco. Il decoro era dato da singole rappresentazioni all’interno di pannelli rettangolari, separati da cornici cui erano sovrapposti riquadri di minori dimensioni alternati da fregi e cornici. Sulla parete laterale nord, appaiono due figure interpretate come Eracle e Alcesti, parte della figura di un satiro e labili tracce della partitura architettonica della composizione. La struttura generale della decorazione è accostabile a quella di lavori in stucco datati agli ultimi anni della Repubblica e ai primi dell’Impero.

Nel pavimento della tomba, originariamente rivestito da lastre di marmo bianco delle quali sopravvivono alcuni lacerti, sono presenti due fosse rettangolari che dovevano ospitare i corpi dei defunti.

7 Sepolcreto rupestre del Sassone

Immediatamente a sud-est di questa struttura, di fronte all’ingresso della camera sepolcrale, sono visibili due nicchie sovrapposte scavate nel banco tufaceo. Quella superiore è di forma rettangolare terminante a cuspide.

8 Sepolcreto rupestre del Sassone
9 Disegno relativo alla collocazione dell’urna

Quella inferiore, pure di forma rettangolare, presenta un foro circolare con due piccoli incassi laterali per ospitare le anse della preziosa urna in alabastro e sul cui fondo è stato rinvenuto, come già detto, il piede, che era lavorato a parte e unito al corpo del vaso mediante perni e incavi per l’incasso.

Nello stesso sepolcreto rupestre, procedendo a ovest, si incontrano due sepolture ricavate alla base della parete rocciosa e coperte da un monolito in peperino (m 2x1x0,70), presso il quale sono evidenti le tracce lasciate dai denti di una benna usata nello scavo illegale.

Nella parete soprastante è una piccola nicchia di forma rettangolare, forse destinata ad accogliere lucerne.

Un’altra edicola sormontata da un timpano si apre lungo la parete occidentale del complesso funerario, dove furono ricavate altre tombe a fossa e una rampa di scale che, superando un dislivello di circa 6 metri, raggiungeva il pianoro soprastante, dove fino alla metà degli anni ‘50 del Novecento erano visibili dei resti di murature di antichi edifici (sul margine della ferrovia Roma-Albano).

Data l’importanza del recente ritrovamento, l’area documentata da De Rossi e nel 2021 dalla Soprintendenza (che ha rinvenuto anche una coppia di orecchini d’oro e un anello privo di gemma) sarà sottoposta a un vincolo che si andrà ad aggiungere al provvedimento di tutela del 1983 riguardante un’ampia fascia di territorio, nota come area del Castellano.

La disposizione fissava come obiettivo la salvaguardia di numerose strutture archeologiche interpretate come pertinenti a una grande villa di età romana e recentemente collegate, secondo un accurato studio di Andrea Pancotti, all’insediamento dell’antico municipio di Castrimoenium.

Nica FIORI  Roma 22 Dicembre 2022

“Luxuria in marmoribus”

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