di Marco FIORAMANTI
Ponte sospeso.
È nel mezzo il punto / dell’estremità
(hai-K.O.)
Un atto poetico, esteso in versi eretici, sull’archetipo femminile, tutto giocato in chiave alchemico-oracolare.
A partire dalla data – palindroma – della “prima”, nella notte di micro luna piena (in vergine) e dalla scelta dei giorni della rappresentazione: la Figlia/Antigone associata alla frequenza del n.24 (il Silenzio), lo Spirito/Giovanna d’arco associato a quello del n.25 (l’amore universale). Chiude la terna la Madre/Maria Maddalena. Tre figure chiave scelte dall’autrice a rappresentare volti, simboli, atti estremi. Scrive Ortensia Sayre Macioci:
“Ho incontrato queste donne in momenti differenti, ognuna mi ha accompagnata per un po’, hanno avuto il loro tempo e poi si sono allontanate, a volte tornate, a volte rimaste presenti, un po’ in lontananza”.
Il pubblico entra a scena aperta, le due attrici (Giulia Quintigliani e Ortensia Sayre Macioci) sono in piedi al centro, di spalle, unite per le mani, chiusi gli occhi. Una voce fuori campo (Viola Graziosi) dà inizio alla rappresentazione e ci ricorda che “spetta creare dalle proprie idee…”.
Il primo monologo è quello di Giulia/Antigone che grida la sua fame di vita, di sconfinare, di esperire tutto e subito, senza i confini … evidenziata da una, ripartizione legata alla fisica quantistica: il fastidio fisico (materiale) in cui è costretta – estende le braccia, grida, si torce – (si fa dunque Anti-materia) che la porta a implodere (Annichilazione) fino a trovare un equilibrio nella consapevolezza del suo gesto/missione/destino (Metastabilità).
Segue il momento di Giovanna d’Arco, entrambe le sacerdotesse indossano lunghi mantelli incappucciati di stoffa grigia e rivolgono al pubblico, singolarmente, parole segrete (tripartite in Ancestre, o del destino; Anamnesi, o della fede; e infine Sacrificio, o del libero arbitrio).
Chiude Macioci/Maria Maddalena che ci emoziona con le fasi dell’Acqua, fluido benedicente dell’inconscio, della Terra, semina e raccolto e dell’Etere, risveglio dell’eterno femminino nella danza consapevole tra i due Generi, perché, racconta un hai-K.O., eterna è la “Sfida all’estremo/ ch’è ciò che non ha nome/raggiungibile”.
Dopo un lungo, meritato, applauso le attrici non riescono a trattenere impercettibili, furtive lacrime.
Marco FIORAMANTI Roma 25 Febbraio 2024