di Marcello FAGIOLO
Riflessioni mauriziane
Siamo arrivati all’epilogo, con la caduta dell’ultimo dei Maestri? No, un maestro come Maurizio resta sempre con noi, e lo vediamo sorridere sapientemente sornione nella sua nuova cattedra, testimone e arbitro delle nostre riflessioni, e dunque continueremo a speculare con lui di storia artistica come specchio dell’uomo e dell’universo.
Basterà un accenno alla riflessione subliminale sul Narciso di Caravaggio (non-Caravaggio?!?). Sappiamo che nel quadro di Palazzo Barberini la lettura formulata da Maurizio Calvesi della autoconoscenza spirituale sovrasta il dilemma della visione fisica (allegoria della Vista, secondo Maurizio Fagiolo) e del rapporto uomo-natura (secondo Maurizio Marini).
Il celebre passo ovidiano ci fa considerare il mito come metafora insieme della scultura (il corpo di Narciso) e della pittura (il riflesso bi-dimensionale nello specchio d’acqua): “il fanciullo, invaghitosi della forma che vede riflessa… attonito fissa se stesso… e rimane immobile come una statua scolpita in marmo di Paro…”. O, se vogliamo, in questa opera in nero la scultura prevale in alto (prefigurando la Medusa congelata di Bernini), e la pittura si profila con linee baluginanti nel buio fondo dell’abisso: videmus per speculum in aenigmate…
La tensione mistico-erotica espone al centro della composizione il ginocchio di Narciso, l’inginocchiamento ad-orante: le braccia portano al suolo il gesto, appunto, dell’orante (che appare più chiaro nella figura riflessa con le mani apparentemente in alto). Le mani si congiungono con quelle dell’immagine specchiata: la mano sulla sinistra sfiora la mano riflessa, mentre la mano sulla destra arriva a possedere la mano rispecchiata, sfiorando l’elemento liquido che appare sotto una linea segmentata di luce. Le labbra socchiuse aspirano al bacio del possesso, nel momento del raggiungimento dell’Amore autoerotico che sta per trasformarsi in Morte mistica. Le braccia che si saldano non esprimono la perfezione ideale del circolo che si chiude in stesso, alludendo alla divinità, ma piuttosto una immagine a forma di cuore, in sintonia con lo struggente amor sui di Narciso, il quale è stato giustamente interpretato come un autoritratto…
E la Fine è sempre un nuovo Inizio.
Marcello FAGIOLO Roma 25 luglio 2020