“Maremoto – Tidal Wave”. L’attualità più scottante nella personale di Pietro Ruffo alla galleria Lorcan O’Neill (fino al 17 aprile)

di Giusy EMILIANO

Maremoto – Tidal Wave

personale di Pietro Ruffo

Pietro Ruffo con la sua mostra personale “Maremoto – Tidal Wave” induce tutti noi a interrogarci rispetto ai temi attuali attraverso una grande dimensione concettuale di un’arte contemporanea mai scontata.

In un’epoca in cui la crescita esponenziale dell’attività umana raggiunge i limiti delle risorse terrene, si pone finalmente lo sguardo sulla tragica realtà di una natura maltrattata, che riflette nelle sue ferite la decadenza della nostra filosofia progressista.

Di fronte a questa disintegrazione concettuale dei nostri valori, come possiamo d’ora in poi immaginare che cosa potrà accadere?

Superati dallo sconforto, siamo tentati di volgere lo sguardo e lo spirito verso soggetti più accessibili alla comprensione. Alcuni artisti dichiarano il loro impegno a concentrarsi su questo buco nero del pensiero, nel tentativo di elaborare l’inizio di una potenziale risposta. Pietro Ruffo, il cui lavoro attuale è esposto nella galleria di Lorcan O’Neill  (dal 19 Febbraio al 17 Aprile), è uno di questi.

Pietro Ruffo elabora una serie di immagini che evidenziano tematiche sociali che devono essere ancora elaborate e sviluppate in modo efficace. Egli attraverso il suo lavoro, ha scelto di gettare i semi di una nuova convivenza attraverso la “natura”, l’ambiente, la sostenibilità, l’accoglienza territoriale mostrandoci i problemi che ne derivano. Il risultato dei murales eseguiti su mattonelle dal piccolo formato evocano un ambiente quotidiano. Proporre questo lavoro ad un grande pubblico diventa un faro acceso nei confronti di argomenti ai quali ci siamo negativamente abituati e per i quali l’assuefazione a consuete immagini mediatiche ci impedisce di prendere un personale posizionamento.

All’interno della galleria Lorcan O’Neill due sale bianche vengono utilizzate dall’artistaarchitetto in modo essenziale e funzionale: due strumenti artistici differenti declinano il tema, coinvolgendo il visitatore a un processo di fabbricazione di un pensiero rinnovato. Nella prima sala, pareti bianche accolgono tre grandi murales eseguiti su piastrelle smaltate lattiginose e riflettenti. Da sempre le opere monumentali permettono l’avvicinamento fisico in forma 1 a 1 (grandezza naturale) e permettono un contatto diretto e un’immersione fisica con la stessa.

Nella parete più grande è esposta una rappresentazione che pare essere “prestata” da una qualsiasi testata giornalistica; l’opera evidenzia i problemi delle ONG nel salvare due richiedenti asilo. Figure rappresentative e simboliche indicano gesti stigmatizzati attraverso un eccesso o un difetto di potere, entrando cosi in una bolla di frustrazione.

Nel secondo murales una scena relativa a un tema ambientale: il problema dei rifiuti. All’interno dell’opera alcune persone camminano su una discarica di plastica nella ricerca di rifiuti vendibili, utili alla loro sopravvivenza. Pietro Ruffo pare voglia spingere il pubblico a riflettere rispetto a uno spaccato di vita, di estrema povertà, nel quale il problema delle discariche dei rifiuti viene superato dal tema della sopravvivenza annullando completamente quello del tema ambientale. L’ultimo lavoro induce l’attenzione del pubblico verso la dignità umana, tema centrale di tutte e tre le opere, nel quale però in questa sono i giovani i veri protagonisti che attraverso la loro protesta portano al centro l’umanità.

Nella seconda sala bianca Pietro Ruffo espone alcune opere di carta dalle differenti dimensioni per offrire un progetto a lui molto caro: una visione più distaccata del nostro pianeta come un abile cartografo del 600.

I temi di geopolitica e di migrazioni sono affrontati attraverso sottili interconnessioni e riferimenti con gli affreschi del palazzo Farnese di Viterbo, costringendoci a interrogativi continui.

Le carte geografiche, mappe dipinte e carte celesti intagliate rappresentano differenti allegorie per confondere datazioni certe con dati incerti. Un lavoro dettagliato nel quale i chiari scuri si rincorrono attraverso piccoli spilli che fanno emergere, come da un passato recente, figure terrestri e di fantasia. Una narrazione attiva sulla quale può poggiare un vero cambiamento per la società attuale. Le opere sono adagiate in teche di plexligas quasi a rimarcare la potenza e la fragilità del tempo che avanza. Omaggio al famoso cosmografo Vincenzo Coronelli che dell’arte del dettaglio e dell’interpretazione dei suoi globi ha fatto la propria immortalità.

Pietro Ruffo ci invita a percorrere la strada delle potenzialità segrete non realizzate, ci fa intravedere il coraggio che possiamo mettere in campo. Il suo è un movimento più vicino a un movimento naturale che limita l’effetto dell’uomo sull’ambiente e che forse influisce negativamente sulla cultura della performance. Questo tipo di impresa non può prescindere dall’interrogarsi sulla nostra percezione del mondo, un rimodellamento dei sistemi concettuali alla base del nostro modo di vivere. Non si sa quando e a quali condizioni potrebbe esistere questo paradigma del cambiamento. Come accennato da Bruno Latour, l’apocalisse si rivela imminente, tuttavia, la nostra ecologia non è ancora riuscita a creare immagini sensibili e intelligibili che permettano veramente di far avanzare il pensiero insieme all’azione in contemporanea.

Quale cataclisma dobbiamo aspettare prima di attingere dal “macchinario simbolico”, come quello proposto da Pietro Ruffo, prima di attivare riflessioni fattive e contemporanee?

Giusy EMILIANO    Roma 1 marzo 2020