di Maria Grazia BERNARDINI
Un ricordo di Maurizio Fagiolo dell’Arco
Maurizio Fagiolo dell’Arco è stato per me un maestro, oltre che un amico, e lo ricordo sempre con molto molto affetto. E’ stato correlatore della mia tesi nel lontano 1972 e grazie ai suoi consigli mi avviai allo studio della storia dell’arte. Mi invitò a collaborare con lui e iniziai a frequentare il suo studio prima in via Pietro da Cortona e poi in piazza Rondanini. Lo studio era sempre affollato tra storici dell’arte, collaboratori, amici, era una fucina di idee, di attività, di scambi di opinioni, era bellissimo e affascinante per chi come me, ancora timidissima, cercavo di entrare in quel mondo.
Ricordo quei momenti con nostalgia, ma sono ancora più legata al periodo in cui insieme organizzammo la mostra su Bernini tra il 1998 e il 1999.
Se io era stimolata, affascinata e nello stesso tempo spaventata da una simile impresa, la realizzazione di una mostra di sculture, di uno degli artisti più famosi, a cui era stata dedicata qualche tempo prima una mostra alla Galleria Borghese, che poteva contare su opere straordinarie lì conservate, Maurizio era felice e per nulla scoraggiato dalla difficoltà dell’iniziativa.
Ricordo le discussioni inziali intorno al titolo: io ero per titoli più tradizionali e più banali, e poi Maurizio ne propose uno perfetto, che meglio di ogni altro poteva illustrare l’essenza dell’ attività artistica di Giovan Lorenzo Bernini: regista del barocco. Nella complessa organizzazione della mostra, nella ricerca dei prestiti così difficili e problematici, nel contattare i musei, i tanti studiosi, ho potuto conoscere e apprezzare ancora di più Maurizio. Mi affascinava il suo entusiasmo, la sua passione, la sua capacità di “regista”, la sua affabilità con le persone, ma anche la sua apertura verso di me, che sebbene conoscessi Bernini, non avevo certo la sua conoscenza. Discutemmo su tanti aspetti della mostra, e soprattutto come impostare il percorso, per illustrare la specifica attività artistica di Bernini, il suo essere artista a tutto campo, scultore per primo, ma anche architetto, pittore, scenografo, disegnatore e così via. Se io puntai di più sulla sua attività di scultore, Maurizio volle dare ampio spazio alla sua attività di “regista” nella costruzione della Roma barocca, e lo dice bene nella sua introduzione al catalogo “Una mostra del Bernini esiste già: si chiama Roma”, ma anche sul personaggio, su Bernini uomo. Questo suo interesse per la personalità, per la vita e gli aspetti umani di Bernini mi colpì, mi sorprese di fatto la sua attenzione al carattere e alla personalità della persona, perché, mi diceva, era fondamentale per capire la sua arte, la sua attività, i suoi principi e le sue teorie. E di fatti la mostra iniziava con una sezione dedicata a Bernini, “Il volto del genio. Autoritratti e ritratti” e finiva con “L’uomo al punto. Gli ultimi anni di Bernini”. Sono tanti gli episodi che mi tornano in mente ma desidero ricordarne almeno uno, quando Maurizio riconobbe in una piccola terracotta del Museo di palazzo Venezia, lo stemma che faceva parte del bozzetto dell’Accademia di Bologna, per la Fontana dei Fiumi. In quel momento, Maurizio Fagiolo dell’Arco scoprì il suo animo giovanile, curioso, appassionato. Questo rapporto professionale si trasformò ben presto in una stretta collaborazione e nacque una amicizia sincera, e i nostri incontri conviviali diventavano occasioni di lavoro, piacevoli, divertenti e interessanti. Così io lo ricordo, maestro e amico.
Maria Grazia BERNARDINI Roma 22 novembre