di Nica FIORI
Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961) è indubbiamente una delle figure più rappresentative dell’arte italiana del XX secolo. Non solo pittore, ma anche scultore, architetto, illustratore, scenografo, grafico, ha attraversato le diverse vicende del rinnovamento artistico della prima metà del Novecento, portandovi la maestria del suo segno e la forza di una visione poetica e tragica della vita. “Avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”, ha dichiarato, riferendosi a lui, Pablo Picasso, ma Sironi ha pagato lo scotto per la sua adesione al fascismo e solo alcuni decenni dopo la fine della II guerra mondiale è stato rivalutato.
Dopo l’approfondita retrospettiva che gli è stata dedicata a Milano nel Museo del Novecento a 60 anni dalla morte, a Roma, la città dove si è formato negli studi, la Galleria Russo propone la mostra “Mario Sironi. La poetica del Novecento. Opere dalle collezioni di Margherita Sarfatti e Ada Catenacci”, a cura di Fabio Benzi. Un’esposizione dal taglio interessante, che evidenzia l’acume e la competenza di due donne nel dare origine a due significative collezioni del ‘900.
Margherita Grassini Sarfatti, nata a Venezia da una nota famiglia ebraica, fu una vera “domina” dell’arte italiana tra il 1922 e il 1929, coltissima, poliglotta, cosmopolita, come ha evidenziato Fabio Benzi anche in una precedente mostra dedicata alla sua figura, sempre nella Galleria Russo. Nonostante la sua importanza come critica d’arte, è ricordata soprattutto per essere stata l’amante di Benito Mussolini (prima di Claretta Petacci), autrice del successo editoriale “Dux”, una biografia di Mussolini tradotta in moltissime lingue, dalla quale si sarebbe in seguito distanziata scrivendo nel 1955 “Acqua passata”.
È la Sarfatti che a Milano, dove aveva un importante salotto culturale e dove scriveva di arte nel quotidiano “Il Popolo d’Italia”, riuscì ad accentrare intorno a sé gli artisti che diedero vita al movimento Novecento, inaugurato in una mostra del 1923 alla presenza di Mussolini. Tra gli artisti vi era Mario Sironi, che aveva precedentemente aderito al movimento futurista grazie alla frequentazione con Giacomo Balla e all’amicizia con Umberto Boccioni e Gino Severini, aveva partecipato alla Grande Guerra e si era poi lasciato ammaliare dalle suggestioni dell’arte metafisica tra il 1921 e il 1922. Gli artisti del Novecento, pur molto diversi tra loro, tentarono di dare nuova vita al realismo, una sorta di ritorno all’ordine, dopo le sperimentazioni dell’avanguardia, proclamandosi come i rappresentanti dell’italianità dell’arte, senza complessi d’inferiorità nei riguardi del resto dell’Europa.
Se l’identificazione del movimento con la cultura fascista non si è mai consolidata, perché molti artisti presero le distanze dal regime, non fu così per Sironi che aderì al fascismo e persino alla Repubblica di Salò, tanto che rischiò di essere fucilato dai partigiani, se non fosse stato per l’intervento dello scrittore Gianni Rodari, che lo riconobbe e gli diede un lasciapassare.
Per quanto riguarda la Sarfatti, invece, il suo rapporto con Mussolini, sia politico sia privato, era finito nel 1932 e nel 1934 aveva ottenuto il passaporto per un lungo viaggio negli Stati Uniti. Con l’approvazione delle leggi razziali nel 1938 la sua fuga dall’Italia non venne impedita, mentre la sorella Nella Grassini, rimasta in Italia, venne deportata con il marito e morì ad Auschwitz.
Margherita Sarfatti, prima a Parigi e poi per sei anni nell’America Latina, continuò a mantenere il suo interesse per la cultura italiana, ma in modo meno visibile. Ritornò in patria solo alla fine della II guerra mondiale.
Proviene dalla collezione Sarfatti, tra le altre cose in mostra, il Paesaggio urbano del 1908, un pastello degli esordi che mostra una pennellata divisionistica, diversificata da quella dell’amico-maestro Balla dall’inserimento di componenti espressioniste. Del periodo futurista è La Ballerina, un collage del 1916 che appare più proteso verso le avanguardie russe, rispetto al cubismo francese praticato dall’amico Boccioni. Tipico della sua significativa produzione sul tema della desolata modernità urbana è l’altro “Paesaggio urbano” (olio su cartone) del 1922-23: una cupa visione della periferia, con il fumo di una ciminiera e un’automobile come unici segni di vita.
Un’opera degli anni di avvicinamento all’arte metafisica è “Figura con lo specchio” (tempera su carta incollata su tavola), datata al 1921-22: raffigura una donna seduta dalla possente plasticità, che nelle linee del volto richiama una purezza arcaica. Appaiono già i toni freddi e plumbei, che sono tipici di molte creazioni di Sironi degli anni successivi.
Un po’ più colorato è “Pastore” (olio su tela applicata su tavola), del 1931-32, che evidenzia nella sua classicità novecentista una visione solenne ed essenziale dell’arte, con una figura solitaria, quasi nuda nella sua povertà, che si erge tra montagne aguzze.
L’altra collezionista di Sironi è Ada Catenacci, una donna colta ed emancipata, figlia di un importante imprenditore tessile, che si avvicina al mondo dell’arte sul finire degli anni Trenta. Come spiega il curatore della mostra, il motivo che la spinge all’acquisto di dipinti e sculture, insieme al marito Giuseppe Balzarotti, è quello della ricerca di un investimento alternativo ai titoli esteri, di cui, dal 1935, è vietato il possesso. Dopo quel primo approccio casuale, Ada si appassiona sempre di più al mondo dell’arte, intrattenendo rapporti di amicizia con i più importanti artisti e galleristi di Milano. Anche lei, come la Sarfatti, intrattiene gli amici nel suo salotto culturale, in una bella dimora presso il lago di Garda, e, da vera mecenate, aiuta economicamente gli artisti acquistando le loro opere. Questa sua generosità è alla base della collezione di 344 disegni di Mario Sironi.
I disegni erano stati eseguiti per “Il Popolo d’Italia” nel lungo periodo di collaborazione di Sironi con il quotidiano fascista. Poco prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, l’amministratore del giornale affidò i disegni (alcuni ancora inediti) al gallerista Ettore Gian Ferrari, che, una volta accantonata l’idea di farne una mostra, decise, dopo la caduta del fascismo, di restituire i disegni allo stesso Sironi, che in quel momento si trovava in ristrettezze economiche.
Non era facile per l’artista piazzare i disegni, benché bellissimi, per via del loro esplicito contenuto politico. Ma Ada Catenacci li acquistò in blocco per aiutare l’amico. La cartella con i disegni riemergerà soltanto all’inizio degli anni 2000 dalla ricognizione dei beni ereditari del figlio Federico Balzarotti.
Sono proprio questi fogli (ne sono esposti quaranta), insieme ad altre opere grafiche in mostra, a evidenziare l’importanza del disegno nella ricerca di Mario Sironi, autore, nel corso della sua carriera, di un numero eccezionale di disegni, illustrazioni, vignette, manifesti e cartoline, che per il curatore costituiscono “un unicum che davvero lascia stupefatti per vastità, coerenza e sforzo progettuale”.
Del resto la stessa Sarfatti aveva evidenziato il dominante aspetto grafico nell’attività di Sironi, presentandolo nel 1924 alla Biennale di Venezia con queste parole:
“La maniera di Mario Sironi, un romano di educazione, nato di famiglia lombarda a Sassari nel 1885, sopra ogni cosa tende sempre alla sintesi della forma. Nei suoi disegni satirici del Popolo d’Italia, la stilizzazione, rude e squadrata, procede per masse apodittiche, quasi tipografiche di bianco e di nero; non si direbbe lo stesso artista che nei quadri arpeggia tanto duttilmente sui grigi e sui lionati, mentre dalle vellutate penombre e prospettive d’archi fuggenti, emergono figure muliebri, e sorridono con gravità”.
Tra le altre opere in mostra si segnalano gli studi preparatori per il Bassorilievo del Palazzo dei Giornali e per preparazioni murali, che rimandano all’impegno per l’architettura e al rifiuto dei quadri da cavalletto a favore dell’arte murale, ritenuta l’arte sociale per eccellenza. Sono presenti anche alcuni lavori del dopoguerra, segnati da una profonda disillusione e da un pessimismo esistenziale, amplificato dal suicidio della giovane figlia Rossana nel 1948.
Nica FIORI Roma 20 Marzo 2021
“Mario Sironi. La poetica del Novecento. Opere dalle collezioni di Margherita Sarfatti e Ada Catenacci”.
Galleria Russo, via Alibert 20 Roma, tel. 06-6789949.
Orario: dal martedì al sabato 10.00 -19.30, fino al 16 aprile 2022